sabato 29 giugno 2013

questa sì che è vita!

Ma si! Stamani mi sento proprio come un'abitante di Valledoro,  i piccoli abitanti di quella valle che immaginai un pò di tempo fa, e della quale ho scritto un raccontino che poi ho inserito  in questo blog...... Per chi è questo racconto? Per bambini forse? Per adulti senza un venerdì magari? O semplicemente per persone come me, che quando pensano a un mondo migliore non lo possono fare seguendo i parametri del nostro mondo, perché ne sono talmente shifati  che sennò rischiano nuovamente di infognarsi nei liquami?........Io ho sentito il bisogno di uscire da questo nostro grigio mondo per entrare in qualcosa di veramente diverso, assurdo, fantastico, ma tanto tanto piacevole..........
Per me è stata una necessità e così  quando ne sento la voglia, preparo una valigia e me ne vado per un pò di tempo a Valledoro. Che aria che si respira! E che natura che si vede! Questa sì che è vita!


Il popolo dei Val non era come tutti gli altri popoli. Oh sì! Anche loro avevano due gambe, due braccia, un naso, una bocca e due occhi, ma i loro occhi avevano tutti il colore della valle e la bocca era rossa come un lampone e come i lamponi piena di puntolini.
Le loro casette erano tutte bianche, traboccanti di fiori canditi e di gatti di pannolenci con i baffi di saggina. I cani invece avevano un bel pelo come quello dei tappeti persiani e le orecchie con le nappe. Tutti avevano cani e gatti. Qualcuno aveva persino un cavallo e una mucca. E non crediate che fossero come quelli che si vedono da noi, perché i cavalli erano a dondolo e le mucche avevano i boccoli biondi o bruni….qualcuna rossi, ma erano tutte delle vere signore.
In una delle ultime casette, vicino al torrente di marmellata vivevano Samo e Var. Nessuno sapeva da dove fossero giunti. Il giorno prima non c’erano e il giorno dopo erano lì, molto diversi dagli abitanti di Valledoro, ma molto disposti a fare amicizia con tutti loro. Samo era un uomo di nobile aspetto e di bel portamento , mentre Var era biondissima e leggiadra. Avevano una bellissima figlia che tutti i valligiani guardavano affascinati, per via del colore dei suoi occhi che era identico al colore del cielo in una calda giornata d’estate. Nessuno di loro aveva mai visto occhi simili, ma lungi dall’esserne invidiosi erano contenti di avere tra di loro una simile perla rara e tutti volevano bene a quella fanciulla bella come il sole, ridente come una giornata di primavera, candida come la neve dei monti, che aveva un nome scintillante come una goccia d’acqua attraversata dall’arcobaleno: Iris.
I genitori di Iris non avevano mai detto a nessuno la loro storia, ma le brave persone di Valledoro intuivano che non erano persone comuni e che solo per far perdere le loro tracce erano venuti ad abitare in quel luogo, così isolato dal resto del mondo, ma non avevano mai fatto domande e dopo un po’ Samo, Var e Iris, erano diventati parte di loro. Avevano una sala da the dove ogni sera si radunavano tutte le persone stanche della lunga giornata di lavoro, per fare un bel bagno nel the zuccherato. Non c’era niente di più tonificante di un bagno con abbondante zucchero di canna….e il popolo dei Val lo sapeva ormai da innumerevoli generazioni e sapeva anche che il bagno di the zuccherato conservava la giovinezza per lunghissimo tempo. Infatti non vedevi nessun abitante di Valledoro che avesse una ruga, neanche a cercargliela col lanternino................................


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la campagna si allargava davanti a loro in morbide colline di pannolenci dai colori smaglianti, piene di alberi da frutto, che lasciavano pendere i loro rami carichi delle più deliziose confetture di marmellata, mentre più in basso si stendevano ettari di vigne, i cui grappoli a forma di bottiglia si riempivano via via che la stagione si inoltrava e giungeva il momento della vendemmia. Allora bastava staccare la bottiglia dalla vite e tapparla, perché il pregiato nettare era già pronto per essere consumato.
Nel cielo cominciavano a volare i primi uccellini con la carica a molla e qualche volta, si vedeva passare anche il cucù, che di tanto in tanto si appoggiava sul ramo di qualche albero per riposarsi un po’, non mancando mai di ricordare l’ora.
Già si vedevano nei campi appena illuminati dal sole nascente, i fornai che, girando tra le spighe di grano, staccavano dal loro fusto i panini che di lì a poco avrebbero venduto nella panetteria del borgo.
Insomma tutta Valledoro si risvegliava e cominciava a lavorare di buona lena.























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