domenica 29 ottobre 2017

Il vaso rotto

"Solo un vaso antico, anche se incollato, conserva intatto il suo valore. Gli altri vasi diventano solo cocci"
da Piccoli Pensieri di Kind Butterfly



Ma quanto è vero! 
Un giorno di tanti anni fa, un bel vaso venne a rallegrare la mia casa. Mi piacque subito quel vaso, che portò con sé i colori del sole, e da subito lo sistemai nel punto più bello del mio salotto, dove potesse essere visto da tutti. E lì è rimasto per tanto tempo. Poi un giorno il vaso cadde e si ruppe. Mentre ne raccattavo i pezzi , mi dissi da subito che non l'avrei buttato via.....l'avrei incollato con pazienza e l'avrei lasciato nel posto che aveva sempre occupato, stando attenta a non maneggiarlo tanto perché non si rompesse di nuovo. Mentre facevo il mio lavoro da certosino, non mancavo di chiedermi  perché mai lo facessi?! Che motivo c'era di riappiccicare un vaso rotto, quando potevo comprarmene un altro forse anche più bello? La risposta veniva ed era sempre la stessa: quel vaso faceva parte della mia vita, gli ero affezionata, mi ricordava chi me l'aveva regalato. Il lavoro venne bene, così bene, che nessuno se ne accorse, salvo le poche persone alle quali l'avevo detto. Il tempo passò, ma inutilmente per quello che mi riguarda. Forse gli altri possono ancora ammirare il mio vaso, ma ogni volta che io passo davanti a lui mi ricordo che è un vaso rotto e anche se gli voglio ancora bene, per i bei momenti che mi viene a ricordare, so che non è nient'altro che un coccio. Se si fa il copia-incolla di questa breve riflessione, nella vita di tutti i giorni,mi accorgo che è la stessa cosa. Si riappiccicano i cocci di un vaso e quelli delle persone, che hanno rotto la loro immagine davanti ai nostri occhi. Cerchiamo di ridare il posto che avevano prima, ma con più distacco, forse per non vedere le cicatrici, ma non serve a niente. I cocci rimangono sempre cocci, salvo quelli dei vasi antichi.

venerdì 27 ottobre 2017

"Io sono solo io"

"IO sono Anna Frank"! Come è facile da dirsi vero? Altrettanto facile di come è stato dire "IO sono Charlie Hebdo" Così tanto facile, perché non è assolutamente vero. Io non posso essere Anna Frank, come non posso essere Charlie Hebdo, per il semplice motivo che non ho vissuto quelle stesse esperienze. Tutt'al più posso dire di essere empaticamente vicino a loro, e andando oltre posso condannare con tutta la mia forza, chi vuole esprimere la propria idea con l'uso della violenza, e condannare allo stesso modo l'ignoranza di persone che usano simboli senza neanche sapere chi sono,cosa hanno rappresentato, quale è il messaggio che hanno lasciato ai posteri,  perché, sembrerà strano a dirsi, ma c'è veramente tanta ignoranza in questo nostro mondo pressappochista, che si sta dimenticando la cultura e più che altro che non conosce la storia, e andando ancora più oltre, che non conosce la storia recente dei popoli, dei quali è l'erede.
No! Io non sono Anna Frank, ma come me non lo sono neanche gli altri, perché se veramente fossimo lei avremmo non solo trovato la forza di ribellarci a questi miserevoli atti  di  grettitudine e di ignoranza totale, ma avremmo lottato per costruire un mondo migliore, quello che lei vedeva nonostante la tragedia della sua vita. No! Io non sono Anna Frank, per onestà intellettuale, perché se dicessi di esserlo, affermerei che Anna Frank è una pecora belante come me, che vede accadere cose assurde intorno a lei e non fa niente per ostacolarle, neanche con una penna e un diario. 
" Io sono solo io". Mi alzo, lavoro, leggo le notizie, apprendo che forse ci faranno fuori con le bombe atomiche, e nel frattempo guardo una libreria di Ikea, preparo il pranzo, e guardo nuovamente le notizie, e apprendo che Anna Frank è stata usata come immagine dissacrante, da un gruppetto di tifosi oltranzisti, metto nel carrello la libreria di Ikea, vado a pranzo, poi a riposare e in serata do un'altra occhiata alle  news. C'è un'immagine che mi cattura. E' quella di una bambina siriana di appena un mese, morta di fame. Ma quella bimba non ha un mese, a un mese un bambino non ha quell'espressione che vedo nei suoi occhi e in tutto il suo corpo,  perché i suoi tratti sono quelli di una vecchia che ha vissuto totalmente il dramma della vita.Quella bimba porta in sé la storia mercantile dell'umanità Mi ritrovo a guardare lo schermo, mentre due lacrimoni mi scendono silenziosi. Potrei dire "Io sono la bambina siriana" ma non lo dico, perché so che non è vero..... ma per quanto ne so io,  non l'ho sentito dire da nessuno. Non faccio più l'ordine a Ikea.Non so perché, e se lo so, non vuole venire fuori, almeno non ancora.

venerdì 20 ottobre 2017

Come eravamo - La strana coppia

Ieri sera la mia mamma si è messa a raccontare. Un episodio della sua vita è riaffiorato, intatto e pieno di colore, e quando succede così, io mi siedo vicino a lei e la sollecito a parlare, e ad addentrarsi negli episodi dei suoi ricordi, perché mi piace sapere, per tramandare  anche i piccoli fatti, che sono cose suggestive e tenere, e che mi fanno capire più che altro quanto è cambiato il modo di vivere e di essere, nel giro di poco più di quarant'anni. E' vero che si parla del secolo scorso, e già dicendo così, sembra di ritornare alla preistoria, ma questo episodio è successo, da quello che ho capito, intorno al '68, ma per come la vedo io, potrebbe essere uno degli episodi di Don Camillo, di Guareschi, che non sono mai comici, ma strani senz'altro sì, e parlano ancora di un piccolo mondo antico, dove la gente, pur reduce da una guerra sanguinosa è rimasta stranamente semplice e piena di voglia di divertirsi.
La strana coppia era formata da due coniugi che più diversi non potevano essere, ma che evidentemente si compensavano benissimo l'uno con l'altro. Lui era taciturno per quanto lei era chiacchierina, lui era serioso e lei risacchiona, lui amava andare solitario per funghi e lei a ballare il liscio.
Un giorno si trovarono d'accordo per andare a un matrimonio a Faenza, dove erano stati invitati da un cugino di lei. Fecero tutti i preparativi, indossarono il vestito buono e salirono sul treno che li doveva portare dai monti alla piana solatia della Romagna. E fu proprio in treno che a lei venne un mal di denti terribile, uno di quei mali che non perdona e che fanno vedere tutte le stelle che sono in cielo. Dopo la cerimonia, che fu una tortura per entrambi, sia per il dolore al dente, sia per la cravatta che stringeva troppo, si ritrovarono davanti a una tavola imbandita di ogni ben di dio, ma lei si accorse di non poter mettere in bocca neanche un tortellino, per il dolore che aumentava sempre di più. "Bevi un pò di vino, - le disse lui - che con l'alcool può darsi che ti si calmi" ma lei non poteva neanche bere e così ogni volta che lei si lamentava lui beveva un sorso e forse ne bevve uno di troppo, perché a un certo punto si alzò e disse: "Vado a sentire tuo cugino, se ha un calmante da darti" e si allontanò. Ritornò poco dopo accompagnato dal cugino, che anche lui forse aveva bevuto un sorso di troppo, ma essendo il padre della sposa era giustificato. "Abbiamo trovato la soluzione" disse lui e il cugino tirò fuori un paio di pinze, dicendo: "Andiamo un pò più in là, che ora il dolore te lo faccio passare io!" E detto e fatto, il dente non ci fu più, e lei cominciò a mangiare, e a ballare per tutto il pomeriggio. 
Finita la festa, salirono in treno per tornare a casa e forse sarà per il vino, forse sarà per il ballo, fatto sta che si addormentarono tutti e due e così non scesero alla stazione, ma andarono a finire dritti dritti al deposito del treno, dove li trovò ore dopo un ferroviere, che per riportarli a casa non trovò altro mezzo che caricarli nel cassone della sua ape.
E' una semplice storia, ma proviamo a pensarla ai giorni nostri, in questi nostri giorni dove tutto è complicato dalle nuove conoscenze e dove tutto deve essere sterile, perché sennò l'infezione, il tetano, e chi più ne ha più ne metta,................. ed è senz'altro vero, ma allora ancora evidentemente non ci si curava molto di queste cose, perché non c'era l'informazione di oggi, né c'erano le multe di oggi se fossimo scoperti dentro il deposito del treno a bivaccare dopo una giornata di festa, Proviamo a immaginare se ciò potrebbe essere possibile nel nostro mondo in guanti di lattice e in divieti sempre più pressanti......proviamo, proviamo, sogniamo un pò e a un certo punto vedremo passare davanti ai nostri occhi un cammello e ci verrà in mente, anche se in maniera poco appropriata che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che.............

giovedì 19 ottobre 2017

ORIGIN

Ho terminato di leggere ORIGIN, il libro pensato e scritto da Dan Brown. Ho terminato e già mi manca. E anche se ne ho altri due da cominciare, ed entrambi di autori famosi e molto bravi, addirittura uno di un Nobel per la letteratura, so che devo aspettare a cominciarne la lettura, perché ancora io sono a testa in su dentro la Sagrada Familia, a bearmi delle meraviglie di quella basilica uscita dalla mente di Gaudì. Mi ha sempre affascinato quest'opera del grande architetto,senza neanche sapermene spiegare la ragione, ma solo per il fatto che risponde alla mia voglia di mistero, di natura, di oltre il compensibile, di al di là degli schemi e il ritrovarmela nel romanzo di Dan Brown, me l'ha fatta gustare anche di più e mi ha indotto ad andare ad informarmi maggiormente. Quale la mia sorpresa nell'accorgermi che anche lì c'è un quadrato magico e tanti simbolismi, dei quali ancora devo andare a cercare il significato preciso. Sono venuta anche a conoscenza, con meraviglia,devo dire, che c'è anche una chiesa palmariana, di cui ignoravo l'esistenza, che è una chiesa cattolica scismatica che ha addirittura un papa tutto suo. E che dire del teorema di Turing, sul quale mi scervello, quando vado a legger i miei libri scientifici, nei quali ci capirò poco, ma che sicuramente mi affascinano tanto? Per non parlare del Guggenheim di Bilbao, che per come si presenta non poteva ospitare nint'altro che un museo di arte moderena. A me l'arte piace in tutte le sue manifestazioni, anche se devo ammettere che per capirla ho bisogno dei miei tempi. Ma una volta che il suo messaggio mi è arrivato l'ammiro in maniera incondizionata e provo lo stesso stupore che mi hanno fatto provare gli occhi del Salvator Mundi di Leonardo da Vinci. E l'informatica, genitrice dell'intelligenza artificiale, che sarà sempre più nostra compagna di strada, mi ha preso a tal punto, che mi è venuta voglia di leggere cose più approfondite su questo argomento. 
Insomma è stato come se Dan Brown, mi avesse preso per mano e, dando voce al mio pensiero, mi avesse condotto a fare un viaggio tra passato e futuro, dove la mente si apre a cose che oggi sembrano impossibili e che invece faranno parte del domani dei nostri figli, fino ad arrivare a una parola magica: Entropia. Una meraviglia!
Sembrerà strano, che mentre correvo con i protagonisti, da Bilbao a Barcellona, andando a cercare la password per entrare nel computer che avrebbe rivelato l'origine della vita, una musica si materializzasse dentro di me, dapprima quasi in sordina e poi sempre più dirompente, e stavolta non era il Bolero di Ravel, ma 'O fortuna' dei Carmina Burana di Carl Orff, ma è proprio così. Non so perché, ma so che prima o poi lo scoprirò.

martedì 10 ottobre 2017

A proposito di Colombo

Nel 1864, durante la guerra di secessione americana, avvenne una delle battaglie indiane maggiormente degne di infamia, denominata non a caso il  Massacro di Sand Creek, e chi ha voglia di andarselo a leggere si accomodi pure. Né del resto fu l'unica perché altre scaramucce simili, c'erano state prima e continuarono dopo. In quell'anno, comunque il buon Cristoforo Colombo era già terra da pipe da ben trecentocinquantotto anni, ma se andiamo a scavare bene bene, e risaliamo il corso degli anni e dei fatti, sicuramente un motivo per dire che la colpa di quel massacro è imputabile a lui verrà trovato, e magari, non potendosi appigliare a nient'altro, il motivo si troverà nel fatto che  in un giorno lontano, ebbe l'ardire di andare a scoprire un continente, magari con lo stesso spirito che ha animato gli astronauti americani e l'enturage che gli stava dietro, quando sono andati a calpestare per la prima volta il suolo lunare.
Questo per fare il cappello a proposito della guerra delle statue, tra le quali c'è anche quella di Colombo, diventato improvvisamente eroe negativo, addirittura accusato di genocidio. Per quello che mi riguarda, continuo ad ammirare il navigatore che ha scoperto le Americhe, che guarda caso devono il loro nome a un altro grande navigatore per l'appunto italiano anche lui. Sarà una coincidenza? Del resto ciascuno la pensa come crede, e io, che credo fermamente e orgogliosamente nella mia italianità, continuo ad ammirare non solo lui, ma le tante, tantissime figure di 'grandi nostrani, che ci giungono dal passato, che sono nel presente, checchè se ne dica, ma non voglio certo mettermi a fare un elenco,  e che saranno nel futuro, non solo dell'Italia, ma del Mondo, e che hanno portato tanto della nostra intelligenza, della nostra intraprendenza, e del nostro adattarsi a tutte le circostanze, a beneficio di tutti.
E chi non ha capito che è inutile buttare giù le statue, non ci ha capito proprio una cippalippa,  perché la storia non si cancella e se anche non ci saranno i simulacri a ricordare chi ha fatto la storia e reso noi ciò che siamo oggi, ci sarà comunque una memoria ancestrale, che anzi, ingigantirà ancora di più queste figure, che oggi si vogliono obliterare, perché noi e solo noi uomini, siamo i depositari della storia, biblioteca universale e incancellabile.
Io credo che nel cammino dell'uomo ci siano sempre stati rimpasti etnici e culturali, sin da quando esiste l'umanità. L'uomo è un viandante della strada e del mare e ora anche del cielo e nel suo cammino distrugge e costruisce, rinnovandosi continuamente. Basta guardare la nostra storia attuale, anche degli ultimi giorni, per capire che niente è immutabile e che il più forte sottomette il più debole, non solo con il genocidio, ma anche con le imposizioni di nuovi usi ed abusi.
Il nostro adattarsi a tutte le circostanze, che in certi casi può sembrare anche un cammino strisciante, però ha fatto sì, che noi italiani, popolo che ha conosciuto la sua unità solo nella storia recente, potessimo continuare a mantenere la nostra  identità, a dispetto dei tanti, che si sono spartiti le nostre terre e le nostre menti,  in ogni parte del mondo in cui siamo andati, per cui non sarà certo una statua divelta a toglierci il sonno.

giovedì 5 ottobre 2017

Il cappello a larghe tese

I primi giorni che entrò nel bar per fare colazione, la sua figura mi incuriosì
Era un uomo già un pò anziano, ma non vecchio, imponente. Da lui emanava un'autorità, che di primo acchito intimidiva, e del resto la sua figura sembrava quella di un gentiluomo di campagna, col suo giaccone e il cappello a larghe tese. Questo finché non si guardavano i suoi occhi, dai quali traspariva la bontà e la gioia di vivere. Quegli occhi tolsero immediatamente la soggezione, e il signore col cappello da allora in poi fu l'Avvocato. Può sembrare strano, ma un bar non è solamente il posto dove si va a prendere un caffè e a mangiare una pasta la mattina....ma è molto, molto di più. E' un luogo nel quale si intrecciano per brevi attimi le vite dei tanti avventori, che alla fine non sono più tali, ma diventano parte integrante dell'ambiente, dove vengono portate gioie e tristezze, mentre si sorseggia il primo caffè del mattino, che aiuta ad affrontare con un pò più di carica e di leggerezza la giornata che è appena cominciata.
 Conoscenze che non sono mai totali, ma che entrano a far parte del nostro vissuto e ci fanno capire inequivocabilmente che ciascuno  si porta dietro il suo fardello di vita vissuta e una valigiata di speranze, che ogni giorno nuovo riaccende.
 Mi incantavo quando lo sentivo parlare, perché dietro la ruvida immagine dell'uomo semplice, si celava una ricca cultura...si sentiva dal modo che aveva di esprimersi e dalla conoscenza che aveva degli avvenimenti che ogni mattina commentava con arguzia, mentre aspettava che gli venisse preparato il solito panino, che non era  un panino normale, ma uno di quelli che  avevano il compito di saziare l'appetito che la vita all'aria aperta, in mezzo alle vigne, stuzzica molto di più di quella passata dietro a una scrivania. "Fammelo come sai fare te" diceva  a C. l'Avvocato, senza neanche aggiugere quello che ci voleva dentro.....ormai non ce n'era più bisogno, allo stesso modo per cui non c'è più bisogno che io dica che il caffè lo preferisco nel bicchierino di vetro. E mentre parlava delle vigne, dei campi, del vino e della sua gradazione, della sua bontà, i suoi occhi si illuminavano e si riempivano di entusiasmo, come quelli di un ragazzo che si accinge a compiere un'impresa. E fu così che anche per me, andando sulla scia del proprietario del bar, che lo conosceva meglio di tutti,  diventò 'il nostro Avvocato', senza tante parole, anzi, quasi senza conoscerci se non con l'augurio di una 'buona giornata a tutti' dato e ricevuto a seconda di chi usciva prima. Vita che incrocia un'altra vita e poi se ne va sulla sua strada portando dietro un sorriso, una pacca sulle spalle, una parola gentile, a seconda di chi si incontra. Dieci minuti in cui si diventa 'comunità' e si ascolta ciò che dicono gli altri, a volte senza proferire parola, altre volte partecipando alla conversazione, guardando dallo specchio di fronte al bancone dove sono allineate tutte le bottiglie di liquori. Magri non ce ne rendiamo conto di quello che diamo e di ciò che riceviamo in quei pochi minuti, ma se non ci sono...mancano. E così quando il nostro Avvocato non si vide per un pò di giorni, nessuno si preoccupò, ma mancò a tutti la sua presenza. E fu così che cominciai a chiedere di lui a C e a conoscerlo un pò attraverso le sue parole,e seppi di aver incontrato un uomo buono, uno di quelli che fa il bene senza dirlo, un uomo che aveva saputo dare di sé agli altri. Ciò che è accaduto dopo, è vita che va, e lascia dietro una scia di malinconica tristezza.

domenica 1 ottobre 2017

E il tempo passò

E il tempo passò. E io, novello Geppetto, mi ritrovai seduta in terra dopo una scazzottata con Mastro Ciliegia, che nel mio caso si chiama Vita, con due denti in  meno e  la sua parruca in mano.Ci siamo guardate io e Vita, entrambe sedute per terra, che tutto sommato non è neanche una posizione scomoda. Checché se ne possa pensare , siamo molto amiche e ci vogliamo bene, anche se spesso ci azzuffiamo, perché ormai lo so, che non mi perdona di aver preferito un Pinocchio a una bella gamba stabile per un tavolo, ma più che altro perché lei non fa quello che vorrei io ed è inutile che lei mi risponda che fa quello che può e che ce la mette tutta, tanto non mi convince. Del resto come non capirla? Anche lei non è certo più nel verde dell'età e la fatica fatta a stare con me, le si è spalmata sul viso. Ora poi, senza neanche più la sua parrucca in testa, mi sembra proprio sola e indifesa. E pensare che io ero sempre stata invidiosa dei suoi bei capelli, che mi facevano dire: "Ma guarda! Nonostante le batoste, le avventure, i disinganni, ....è comunque sempre una bella Vita!" Chissà perché allora, mentre la sto guardando, cercando di riprendere fiato, mi accorgo,con stupore, di provare per lei un senso tutto nuovo di tenerezza. ....Forse perché mi accorgo che, tutto sommato, ha voluto proteggermi proprio da me stessa? Altrimenti che motivo avrebbe avuto di mettersi una parrucca così bella? Bastava che mi avesse fatto vedere la sua testa con i radi capelli che ancora la adornano per sapere inequivocabilmente che io avrei associato il suo aspetto così dimesso,a quelli che sarebbero stati i miei giorni futuri. 
"Ma lo sai che sei proprio brutta?" non ho potuto fare a meno di dirle, ma con  una dolcezza così inusuale per me, che non si è neanche offesa.
Lei mi ha guardato, ha annuito più di una volta e poi sorridendomi mi ha dette: "Tu ti vedessi te!" e io, lo confesso, mi sono per un attimo, ma solo per un attimo, sentita un tantino più offesa di lei.
Abbiamo continuato a guardarci e a un certo punto, ho sentito come un pizzicorino che mi partiva  dai piedi e saliva , saliva, saliva, finché non sono scoppiata in una grande, grossa, grassa risata. Quale il mio stupore quando mi sono accorta che anche Vita faceva la stessa cosa!E abbiamo riso per mezz'ora di me, di lei, di noi, degli altri e mentre ridevamo di gusto sulle nostre angosce esistenziali, un senso di leggerezza entrava dentro di noi. Poi, mentre ci aiutavamo scambievolmente a rialzarci,non ho potuto fare a meno di pensare che Vita è proprio la mia migliore amica.E dove la trovo un'altra come lei? Chissà se lei avrà pensato la stessa cosa di me?