martedì 31 luglio 2012

Flic & Floc




Questo è un raccontino abbastanza demenziale, ma sotto sotto, a guardar bene, per chi sa guardare, molto ricco di poesia, almeno così mi è sembrato quando l'ho scritto.
 Bisogna vedere se sono stata buona di trasmetterla agli altri la poesia di Flic & Floc, in certi momenti anche abbastanza amara, o se mi è rimasta sulla punta della penna, nel qual caso i poveri Flic & Floc avranno solo l'aspetto di due poveri imbecilli!





Flic e Floc non erano nient’altro che il dito indice e pollice di una mano che non riusciva a stare ferma. Flic e Floc giocavano sempre insieme e si divertivano a darsi gli scapaccioni, battendo uno sull’altro, ma il loro era un gioco monotono e pieno di solitudine.
Un giorno la mano, improvvisamente si accorse di non essere sola. Di fronte a lei un’altra mano si agitava senza sosta e, meraviglia delle meraviglie aveva un altro Flic e un altro Floc che cercavano di ingannare l’attesa di non si sa che cosa dando capocciate alterne sopra un tavolo. Ma anche questo era un divertimento monotono.
Il fatto è che tutti i Flic e Floc hanno una personalità fantasiosa, che ha voglia di spaziare, di scoprire orizzonti, di fare qualcosa che possa riempire le loro aspettative. Questo sentimento accomuna tutti i Flic e tutti i Floc del mondo!
Appena scoprirono l’esistenza di altri Flic Floc, immediatamente ebbero voglia di conoscersi per poter scambiare quattro chiacchiere e senza perdere tempo, si misero di fronte e i due Floc si presentarono dicendo”Salve mi chiamo Floc!” “Piacere, anch’io mi chiamo Floc”.
La stessa cosa fecero i due Flic.
Ma passato il primo momento di entusiasmo si resero conto che la cosa era abbastanza statica. Che gusto c’era a parlare con uno che era proprio uguale a te?
“Voglio andare a fare la conoscenza di Flic di questa nuova mano” disse serio serio Floc e senza indugio si allungò verso il Flic dell’altra mano, che , guarda caso aveva avuto la stessa idea. I due si trovarono subito simpatici e invitarono gli altri Flic e Floc a conoscersi, cosa che fu fatta immediatamente. Nacque così il gioco del Flic Floc e quante cose fecero con questo gioco! Era un movimento continuo, stimolante e rilassante allo stesso tempo, e così giocando si scambiavano le loro idee e facevano pazzi progetti, che poi si affrettavano a mettere in pratica, senza fermarsi a pensare se erano fattibili o no. Erano pieni di entusiasmo i Flic Floc e insieme scalarono montagne altissime, specialmente le montagne che erano nei sogni, dove tutto sembra possibile e realizzabile.
Vissero momenti indimenticabili di grandi ideali e aspettative.
Quand’è che cambiò la cosa? Chissà! Venne così, un giorno che Floc pensò che poteva andare a cercare anche nuovi stimoli e lasciando Flic da solo si avventurò a cercare altre emozioni. Conobbe Flac il medio, e poi Flec l’anulare e infine Fluc il mignolo. Ma il gioco era diverso, l’armonia non era più la stessa, era una danza che non aveva più bellezza. Flic stava a guardare in silenzio il gioco dell’amico, quel gioco che aveva diviso con lui per tanto tempo e dal quale ormai era escluso.
Stette pensoso per tanto tempo, non sapendo cosa fare visto che il suo amico ormai non lo cercava più. Passarono i mesi e passarono gli anni. Floc continuava la sua danza senza sosta e Flic lo stava a guardare, chiedendosi se per lui ci sarebbe stato ancora un momento felice.
Un giorno, di chissà quale mese, di chissà quale anno, improvvisamente si alzò il vento e portò sulle sue ali le note di una musica nuova, mai sentita prima. Flic si riscosse dal suo torpore si tese in tutta la sua lunghezza e muovendosi sulle note che improvvisamente riempivano l’aria, si accorse di stare danzando una danza solitaria e bellissima, come se stesse dirigendo un’orchestra. E sentì che quella era la sua nuova vita, il nuovo gioco che l’avrebbe portato verso altezze che non aveva mai visto.
Entrò in quella musica.

lunedì 30 luglio 2012

Sogni

"I bambini sono il futuro felice nei nostri sogni."
Da:  Piccoli Pensieri di Kind Butterfly


Chissà perché stamani ho pensato questo aforisma! Io non credo assolutamente che i bambini siano così felici come noi vogliamo vederli! La vita nasce già come lotta sin dal primo vagito e la prima cosa che deve fare un bambino è quella di difendersi da chi lo vuole 'a sua immagine', impedendogli di crescere nella sua unicità.Ed è solo l'inizio!

Ma mentre noi sogniamo queste amene utopie, anche i bambini sognano.
Chissà cosa sognano i bambini?  Forse è meglio non saperlo...potremmo restarci molto male se lo scoprissimo.

domenica 29 luglio 2012

Tricolore nel fumo di Londra

Nonostante tutto il male che si può dire della nostra Italia, continuo sempre a essere fiera di essere italiana, specialmente quando la nostra bandiera svetta sul pennone più alto delle Olimpiadi appena cominciate.
Brava Italia!

sabato 28 luglio 2012

Oltre l'arcobaleno


Stamani, quando mi sono svegliata, nella casa di Fuf, la prima cosa di cui mi sono resa conto è stata la scoperta inaspettata di una grande calma interiore, così rara in me. Uno stato di quiete bellissimo, che sicuramente non durerà, ma che cerco di assaporare in ogni sua sfumatura. E' una sensazione strana, un superamento delle cose contingenti, delle quali, questi ultimi due giorni,sono stati pieni.....forse una difesa che la testa mette in atto per non scoppiare, ma mi va bene così,e magari è solo l'occhio del ciclone, ma io davanti a me lo vedo come un arcobaleno che mi ha fatto da ponte per andare in un luogo diverso, dove la rabbia, la fretta, il rumore che c'è qui, non esiste più...... tant'è che se uscendo trovassi qualcuno gli domanderei:




Sei mai andato oltre l’arcobaleno?
Io ho imparato a farlo con tanta fatica
ma alla fine l’ho scavalcato
e non tornerò più indietro
lì per lì non ti accorgi che hai varcato una soglia
perché il mondo è uguale a prima
ma poi vedi il cielo e il nubilo e il sereno
e onne tempo……….e allora capisci
che i tuoi occhi hanno imparato a vedere
e non ti senti più solo perché sai
che un fiore, una nuvole, un albero,
il merlo che canta primavera, l’ape che ronza…
la pioggia che scende dal cielo, un raggio di sole
la musica del vento, la silenziosa neve
ti accompagnano nel tuo cammino quaggiù
e danno un senso al tuo faticoso andare
in questa dimensione che ti porta attraverso il tempo.....dove chi lo sa! 
e’ la favola che continua infinita
è la storia  della tua vita.

venerdì 27 luglio 2012

La dottoressa del 118

Si fanno strani incontri di notte e qualche volta da qualcuno di questi incontri se ne esce arricchiti. A me è capitato stanotte, quando ho dovuto chiamare il 118 per una persona cara.
Non sto a dilungarmi sulle vicissitudini, per fortuna finite bene, perché non è di quelle che voglio parlare, ma del rapporto di calda umanità che si è creato con la dottoressa che ho avuto la fortuna di conoscere.
I tempi di attesa al pronto soccorso,non si sa mai quanto potranno essere lunghi, specialmente se  capita che arrivi un 'codice rosso', anche se di questo non dovremmo avere niente da ridire perché vuol dire che per noi non c'è l'urgenza che invece definisce quel codice.
Ed è proprio a causa di questi tempi lunghi, derivati da un 'codice rosso' sopraggiunto nel frattempo, che ho cominciato a parlare con la dottoressa del 118, anche lei in attesa di un paziente che doveva essere trasferito. La nostra conversazione, inizialmente cominciata  molto formalmente, si è trasformata in maniera del tutto naturale in qualcosa di diverso e umanamente coinvolgente.
E nel corridoio di un ospedale, in una luce quasi surreale,  ho percepito la vera immagine della la persona che si cela dietro quell'uniforme che ciascuno spera di non dover mai vedere, ma che nel momento del bisogno aspetta con impazienza non scevra da soggezione e da timore. Ho visto una persona come me, che mi ha parlato del suo lavoro, delle sue aspettative, delle sue fragilità, delle sue delusioni, della sua famiglia e del tempo che per il suo lavoro che ama, è costretta a sottrarre a questa. Mi ha parlato anche del suo amore per gli animali e del fatto che non potrebbe mai lavorare con loro, perché i loro occhi le fanno una tenerezza incredibile e mi ha parlato del suo cane e dell'affetto che prova per lui. A questo punto eravamo in perfetta sintonia, visto l'affetto che io provo per il mio, anche se ora è partito per un lungo viaggio!
Più che un dialogo è stato un monologo. Lei parlava e io ascoltavo, con un interesse sempre maggiore, l'amore per il suo lavoro, per i suoi pazienti, la sua scelta di  essere sempre in prima linea a dare una mano anche nelle situazioni più scabrose e sono stata contenta di sentire una persona così, che con tanta semplicità mi faceva ricredere sui tanti luoghi comuni sulla nostra Sanità, che diamo sempre per certi.
 Lei è stata per me la prova evidente dell'esatto contrario.
Alla fine è stata chiamata e dandoci la mano per salutarci mi ha detto: "Piacere di averti conosciuto,....mi chiamo Susanna". "Giuly...e il piacere è stato tutto mio".
Forse la mia sarà stata una di quelle rare esperienze che si contano sulla punta delle dita e che sono destinate a rimanere impresse per fare da termine di paragone con tanti altri che invece vivono la loro professionalità in maniera del tutto diversa in ogni tipo di lavoro, ma sono contenta di averla fatta.

giovedì 26 luglio 2012

La Strada


La strada è la scengrafia della nostra vita, il luogo dove si  consuma il 'grande gioco' della nostra esistenza. Il più delle volte ci limitiamo a percorrerla con affanno, senza neanche curarci di ciò che si apre intorno a noi ad ogni passo. Peccato! Perché la strada della nostra vita è come uno di quei libri pop-up  che danno dimensione a una storia.
Quante di queste pagine sono rimaste aperte sulle nostre strade fin dai tempi dei tempi. Basta pensare alle Piramidi, a Stonehenge, a Nazca, Palenque, pop-up del passato, perché non potendo ipotecare il futuro, non sappiamo quali saranno i pop-up del presente che sfidando il tempo arriveranno al domani, per lasciarci il messaggio affascinante e segreto che riguarda la vita dell'uomo, il suo provenire, il suo andare, il suo arrivare. Tutti questi pop-up dei quali è disseminato il grande libro del nostro mondo sono altrettanti inviti a fermarsi, a pensare, a dare un senso alla nostra esistenza, a ricaricarsi della loro forza e della loro suggestione che proviene dal ricordo della vita di tanti, tantisimi uomini che  ci hanno preceduto sulla 'strada' che ora noi percorriamo.
E' bello quando siamo sulla strada, non considerarla solo un luogo di passaggio, ma una metafora, nella quale  si entra con uno stato d'animo distratto e se ne esce con un altro più consapevole e stranamente....più leggero.
E'   'un grande gioco'  molto semplice! Basta avere una strada qualunque, un buon paio di scarpe(i piedi doloranti distolgono dalla meditazione), voglia di camminare (più che altro dentro se stessi), e il tempo di fermarsi, di sostare davanti a qualsiasi cosa abbia catturato il nostro sguardo, perché quel qualcosa ci parlerà  comunque di vita. Non ci sarà un gran dispendio di energie e di tempo in tutto ciò, perchè l'intuizione richiede poco per sé:

è solo un attimo


Quando ti fermi sulla strada
Ti volti sempre indietro, l’hai notato?
E’ solo un attimo

Che serve a rendere vigore
Al tuo incessante andare
Si carica quell’attimo
Di fuggevoli emozioni
Di voci ritrovate di sguardi lontani
Di rabbie mai sopite…e di dolcezze
E’ solo un attimo
E ti fa vedere ciò che sei oggi
Poi si dissolverà quell’attimo
E mai più tornerà uguale
E riprendendo il tuo cammino
Sentirai che in te c’è ancora spazio
Per qualcosa di nuovo

mercoledì 25 luglio 2012

Profumo di vento


Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono, perché questo i bambini lo sanno già. Le favole dicono che i draghi possono essere sconfitti
Gilbert Keith Chesterton



Questa storia comincia in una bella baia, uno di quei posti prediletti dalla natura, dove il mare è dell’azzurro più incredibile, gli alberi del verde più acceso, il cielo costantemente sereno, i fiori smaglianti e profumatissimi, insomma quasi il giardino dell’Eden. Nessuno sa dove sia questa baia, si sa solamente il suo nome e anche quello è bellissimo; infatti si chiama ‘Profumo di vento’. Questo però non è sempre stato il suo appellativo, perché un tempo molto lontano qualcuno l’aveva nominata ’Approdo sicuro’, poi per le strane vicissitudini della vita a un certo punto invece diventò ’l’Antro del drago’ e questo la dice lunga.
Il drago in questione aveva un nome e un cognome. Si chiamava Ego Stormy. Non si sapeva da dove venisse, ma alla fine da una voce che tira l’altra, venne fuori che era ricchissimo, che aveva comprato quella baia, ci si era costruito una casa fiabesca…..e non voleva essere disturbato da nessuno. Il malcapitato che ignaro dei divieti di accesso a quel luogo osava avventurarsi perdeva la voglia di ripetere l’esperimento, perché veniva sempre scacciato in maniera poco ortodossa dalle guardie del corpo di mr. Stormy, grosse bestie pelose, un po’ animali un po’ uomini, che somigliavano molto a certi personaggi che di tanto in tanto si vedono in televisione e fanno il bello e il brutto tempo finché arriva un’onda che li spazza via e li rimpiazza con nuove leve più aggiornate sull’uso del ladrocinio, del doppio gioco, della strafottenza e del malcostume.
Queste erano le uniche persone che stavano vicine a Ego Stormy, del quale avevano un timore riverenziale e verso il quale erano animati non da sentimenti di affetto e neanche di stima ma solo di losca sudditanza e di odio profondo. Potete quindi immaginare che se guardie del corpo di tale calibro erano tenute in pugno da quest’uomo misterioso, quale abisso insondabile e tortuoso dovesse essere la sua anima, la sua personalità e la sua intelligenza.
Nessuno conosceva il suo aspetto, solo qualcuno, da lontano aveva intravisto qualcosa e l’aveva descritto, aggiungendo del suo alla paura deformandone lentamente l’immagine,,,,,,,e così Mr. Stormy era diventato prima alto, poi altissimo, poi di colore verdognolo, infine allungato su se stesso che strisciava sulla sabbia bianca della spiaggia tirandosi dietro una lunga coda, e infine l’avevano visto sputare fiamme e fuoco dalla bocca, verso il mare, che sotto quella cascata ribolliva come l’acqua che aspetta gli spaghetti. Così un po’ alla volta la gente del posto perse l’abitudine di chiamarlo col suo vero nome e gliene diede un altro, ancora più temibile: il Drago.
Quella mattina, Roy chiese alla mamma di andare al mare. Fu proprio lui a domandarglielo, ed era la prima volta da quando erano giunti in quel posto due mesi prima. La mamma lo guardò stupita, piacevolmente stupita. Possibile che finalmente in suo figlio si destasse l’interesse per il mare? Fino a quel momento, da che erano arrivati, spinti dalla necessità di aria salmastra, che il medico aveva detto sarebbe stata salutare per Roy, per fortificarlo e prepararlo al meglio per il difficile intervento chirurgico che avrebbe dovuto subire agli occhi per permettergli di recuperare la vista, il bambino aveva dimostrato una tranquilla indifferenza verso quei luoghi e verso quel mare che in genere piace a tutti i bimbi del mondo.
Si affrettò dunque ad esaudire il suo desiderio e si incamminarono verso la solita spiaggetta dove andavano abitualmente. Ma Roy a un certo punto si fermò e disse
Non voglio andare lì, voglio andare da quell’altra parte!”
Perché? –gli domandò la mamma un po’ perplessa – questa spiaggia ormai la conosci come le tue tasche. Non ci sono più pericoli per te!”
Ti prego mamma – e Roy la guardò con i suoi bellissimi occhi azzurri che non vedevano – voglio andare là!” E con il dito indicò un posto proprio nella direzione opposta
Ma perché?” domandò ancora sua madre
Perché da là arriva il profumo del vento”.
La mamma lo guardò, poi sospirò. Era abituata ormai da lungo tempo a considerare le stranezze di suo figlio come qualcosa che lei non riusciva a capire, ma che nascevano da una sensibilità maggiore che lui aveva a causa della sua menomazione.
Senti il profumo di fiori?” gli chiese per potersi orientare e seguire una direzione un po’ precisa
No mamma. Il vento non profuma di fiori…il vento profuma di vento” e Roy sorrise
Allora dovrai guidarmi tu. Dimmi dove dobbiamo andare”
Va bene mamma…seguimi!”

Finalmente arrivarono e davanti a loro si spalancò l’incredibile bellezza di un paesaggio non contaminato.
Ma è bellissimo Roy” disse la mamma stupefatta
Vero mamma? – Roy era felice si vedeva – e lo senti che profumo di vento?”
La mamma non sentiva niente, ma si fidava di suo figlio per cui con gli occhi lucidi rispose dolcemente
Sì Roy, lo sento!”
Andiamo dai mamma! Voglio fare il bagno e giocare sulla riva….vieni?”
Agli ordini” e ridendo andarono a tuffarsi nelle onde appena increspate
Dopo due ore pensarono che era il momento di fare una bella colazione e la mamma si affrettò a tirare fuori dalla sua grande borsa tutto ciò che poteva servire per sfamare il suo cucciolo finalmente ridente. Ma dopo che ebbe apparecchiato per bene, rimettendo la mano dentro la borsa per prendere per ultimo la bottiglia dell’acqua, si accorse che non c’era più il portafoglio.
Che c’è mamma?” chiese Roy volgendo i suoi occhioni verso sua madre. Riusciva sempre a intuire gli stati d’animo di sua madre e capiva che c’era qualcosa che l’agitava.
Non trovo più il portafoglio! Forse mi è caduto quando abbiamo lasciato la strada per entrare in spiaggia. Ricordi che ho tirato fuori dalla borsa il tuo cappellino? Ecco penso che sia stato in quel momento…….”
Vallo subito a cercare mamma…..non ti preoccupare, io non mi muovo da qui, ci vogliono solo pochi minuti!”le disse Roy con convinzione
Me lo prometti?”
Certo…e stai tranquilla….lo sai che di me ti puoi sempre fidare!”
Lo so amore mio…allora vado e tu intanto fai la tua colazione!”
OK!” e Roy addentò con appetito il suo primo panino

La mamma si era allontanata solo da due o tre minuti e Roy si stava gustando il suo panino con le prelibatezze che ciascuno di voi vorrebbe avere nel panino, in una bella mattinata d’estate in riva al mare, quando una voce aspra lo apostrofò.
E tu che ci fai qui?”
Roy si girò verso quella voce e rispose tranquillamente
Aspetto che torni la mia mamma che è andata a cercare il suo portafoglio?”
Non è questa la domanda che ti ho fatto… Perché sei qui? Non ti ci voglio….qui non deve entrare nessuno, questa è la mia spiaggia”
Mi scusi signore, ma io non lo sapevo…..oggi ho convinto io la mamma a portarmi qui perché volevo sentire da vicino il profumo del vento?” gli disse sorridendo
Il profumo del vento?” tuono la voce
Sì, proprio il profumo del vento…lo sente anche lei signore?”
Io non sento proprio nessun profumo. Ma da quando il vento ha un profumo? Vorrai dire profumo di fiori, o di altra roba portata dal vento,……. ma chi vuoi prendere in giro giovanotto?”
Non voglio prendere in giro nessuno signore. Io sento il profumo del vento e sento che viene da questa parte del mare, proprio da quella parte là!” e col dito indicò una bellissima villa sopra un promontorio, una villa che lui non vedeva , ma che il Drago perché era proprio lui, vedeva benissimo, perché era casa sua
Profumo di vento – disse tra sé e sé l’uomo con cipiglio accentuato – profumo di vento! ….Ora basta con queste sciocchezze. Vattene ragazzo e non ti azzardare a tornare mai più qui!”
Non posso!” rispose piano Roy improvvisamente triste
Ti ho detto vattene subito…..non costringermi a chiamare le mie guardie!!!”
Ho detto che non posso!” disse ancora Roy con voce più sottile
E di grazia…perché non potresti? Parla su….non farmi arrabbiare di più di quello che sono già!” disse il Drago con voce severa
Ecco signore io non posso, non posso proprio, primo perché ho promesso alla mamma che non mi sarei mosso da qui………e poi- e qui i suoi occhi divennero lucenti – poi……….”
Allora?! Poi?.....ti vuoi decidere?” tuonò la voce del Drago
“….poi perché sono cieco!”

La corazza che un uomo si è costruita intorno a sé in tutta la sua vita, può crollare nel giro di un secondo? La risposta è sì, perché quella del Drago, fatta di ghiaccio, si dissolse come la neve al sole davanti agli occhi di un bambino, e il povero drago si ritrovò in un attimo spoglio dai suoi aculei, dalla sua potente coda, dalla sua bocca sputa fuoco, per essere solo e semplicemente un uomo che aveva avuto paura di amare.
Non piangere - disse bruscamente a Roy mentre guardava le perle trasparenti che scendevano silenziosamente dagli occhi del bambino – non piangere! Perché non fai sentire anche a me il profumo del vento? – e cosa inammissibile per lui, gli tese la sua grande mano, senza ricordarsi che Roy non poteva vederla.
Andiamo – gli disse – camminiamo insieme sulla battigia…forse lì anch’io sentirò quel profumo!”
Non posso…ho promesso alla mamma che non mi sarei mosso finché lei non fosse tornata!” rispose Roy nuovamente tranquillo
La mamma è qui tesoro – disse la dolce e inconfondibile voce di sua madre,che aveva assistito in silenzio e in disparte al miracolo che si stava compiendo e del quale lei era inconsapevole.
Signora – disse – Mi chiamo Ego Stormy e vorrei chiederle il permesso di fare una passeggiata con suo figlio”
Ho sentito parlare molto di lei mr. Stormy – rispose la giovane donna guardandolo intensamente -………..permesso accordato, purché dopo si fermi a fare colazione con noi!”
Anche l’uomo la guardo con la stessa intensità. Poteva essere la figlia tanto amata che non c’era più da troppo tempo ormai.
Va bene!”
Nient’altro fu detto e mentre Roy si allontanava con la sua manina nella mano di quel grande uomo, la giovane madre seppe in cuor suo che quell’incontro non sarebbe rimasto fino a se stesso.


E infatti così è stato. Roy si è operato e oltre al viso dolce della sua mamma ha potuto vedere anche quello di un uomo che ora chiama nonno, che un giorno di qualche tempo non si sa quando ritrovò se stesso negli occhi di un bambino, e alla fine arrivò anche per lui il momento di sentire il profumo del vento.
Da quel momento l’isola si chiamò ‘Profumo di vento’.





Perché ho scritto una favola?

Proverò a rispondere con sincerità

1 – Perché a me le favole piacciono tanto anche ora, che il tempo delle favole per me è passato da un pezzo.

2 - Perché mi piace allentare la briglia alla mia fantasia. Ciascuno di noi ha ricevuto i suoi doni dalla vita. A me è stato fatto questo.

3 - Perché appena ho letto l’aforisma di Chesterton mi sono subito gasata e ho capito che era lo spunto per farmi dire che è sempre bene uscire fuori dai luoghi comuni e dalla manìa di etichettare le persone, perché spesso proprio le stesse persone delle quali si dice tutto il male del mondo sono invece le migliori.

4 - Perché i draghi esistono veramente e i bambini lo sanno e siamo noi che dobbiamo dare ai bambini la possibilità di sconfiggerli e più che altro di far loro riconoscere quelli veri da quelli che invece la vita ha provato con la sofferenza. Il problema è tutto nostro perché quasi sempre siamo proni davanti ai draghi del potere e aiutiamo a uccidere quelli che invece portano solo una maschera di difesa. Facciamo uscire i nostri bambini da questa confusione. Come? Con l’onestà.

5 - perché…..forse anche io sono un drago?

martedì 24 luglio 2012

Conto fino a 18


 Stamani il mio umore è come il cielo, pieno di nuvole biancastre che ogni tanto si tingono di grigio e si rincorrono nell'affanosa ricerca di un nuovo azzurro in cui dissolversi.
E' cominciato da una fotografia che è venuta fuori dalla mia borsa mentre cercavo tutt'altro. Una fotografia che so che è lì, e che vedo spesso, ma che stamani mi ha fatto un effetto diverso, una fotografia in bianco e nero che mi ritrae bambina, insieme ai miei amici di allora, mai dimenticati, davanti a una cassetta di legno sulla quale fa bella mostra di sé una torta fatta di fango, mentre dietro di noi una casina fatta proprio di mattoni, celebra i nostri sforzi di bambini. Ha persino il tetto quella casa e ci si sta dentro tutti, anche in piedi!
Siamo stati proprio bravi e quel senso di appartenenza, di unione, di complicità che provammo allora, mi accompagna anche oggi tra le mie nuvole di ricordi, che richiamano altri ricordi.........è bello ogni tanto fermarsi a ricordare e lasciarsi catturare da quel piccolo nodo che si ferma in gola e che non va né in su né in giù e che può trasformarsi in dolcezza o in dolore, a seconda di come si evolverà. Io però so come fare per farlo diventare solo una dolce malinconia, lo so da tanto tempo ormai e ha sempre funzionato.....o almeno quasi sempre. Basta contare, poi la vita va oltre....................

 


 
".......Il camion stracolmo di mobili imballati era pronto per partire. Ho salutato la mia casa, la mia camera, gli angioletti dipinti sul soffitto, che mi hanno tenuto compagnia per cinque anni, il camino pieno di fumo, ma ricco di stucchi e di decorazioni, la palestra dei miei pomeriggi piovosi….e l’orto con la casina che comincia già a crollare, perché l’abbiamo costruita senza cemento……..Ho salutato la mia scuola in via Luca Pacioli e l’omino che mi vendeva i pennini e le decalcomanie, mentre io gli guardavo le mani sempre sporche di nero e mi chiedevo se era vero quello che si sussurrava tra noi ragazzi, cioè che era un lupo mannaro. Sono salita in macchina dietro con mamma, reggendo stretto tra le braccia il mio gatto Titto, che entrò nella mia vita nello stesso momento in cui entrò nel mio letto, cioè una mattina in cui avevo una febbre altissima, poiché mi ero beccata una broncopolmonite di tutto rispetto che dovettero curarmi con iniezioni di penicillina tanto dolorose, che per farmele dovevano mobilitare tutta la caserma per immobilizzarmi. Ricordi, ricordi………
Siamo partiti verso la nuova destinazione. La  mamma mi ha detto che è un paese bellissimo, ma a me non importa niente. Io volevo rimanere qui con i miei amici, con la mia camera, con la finestra della cucina che si apre sulla scuderia dei cavalli dove ci sono Spinoso, Berta e Teresa, che la sera quando li saluto prima di andare a letto, nitriscono e mi augurano la buona notte.
Intanto che la strada scorre e cambia il paesaggio, un magone sempre più forte mi attanaglia lo stomaco e mi sale fino in gola, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime. Non devo piangere, non devo piangere. Allora provo a contare dentro di me: “uno, due, tre,……quindici, sedici, diciassette, diciotto….” Ecco è passato! Quante volte ho dovuto contare così prima di arrivare nel mio nuovo paese, quello che po sarebbe diventato il posto dove ho vissuto la mia vita, quante altre volte ho dovuto contare nell’arco della mia vita fino a diciotto per riuscire a superare i momenti di emozione e di dolore! Quella fu la prima volta.

(Tratto da  Fiore di Cappero )

lunedì 23 luglio 2012

Sassi di fiume

Ieri sono scesa a valle. Scendere a valle, qui da noi non è una cosa da poco, perché la nostra valle, non è una valle qualsiasi, ma è la Val d'Orcia, un gioiello unico, un qualcosa che ti ricrea la mente e lo spirito in ogni sua curva, in ogni casolare, che la mano contadina, con la sua arte istintivia, succhiata col latte materno e tramandata di padre in figlio fino a cent'anni fa, è riuscita a costruire magicamente seguendo senza minimamente esserne a conoscenza,  la proporzione aurea. Anche i cipressi che adornano le strade che si perdono nelle crete che noi chiamiamo 'calanchi', sembra che seguano la stessa armonia, e allora la strada che percorri diventa quasi un percorso dell'anima, che in essa trova riposo e si predispone a ciò che poi troverai quando sarai arrivato alla tua destinazione, cioè al fiume.
Il quale fiume è poco più di un rigagnolo d'acqua che scorre in un grande letto fatto tutto di sassi.
Vedi anche tanta storia mentre scendi a valle. Trovi sulla tua strada polverosa un piccolo castello, chiamato infatti 'castelluccio' e poi poderi fortificati e 'torri di guardia', gli avamposti del feudo del signorotto che dominava la valle da Radicofani: Ghino di Tacco. E con lui ti viene in mente la Pia dei Tolomei e la sua triste sorte che anche oggi viene sussurrata dal vento tra le fronde della bellissima 'quercia delle checche', già allora testimone silenziosa di quelle tristi vicende.
Proprio dopo la quercia, svolto per una stradina tutta buche, anzi, svolta mia figlia, perché è con lei che sono venuta al fiume,....per prendere sassi, quei sassi tondi, levigati, che noi chiamiamo 'gonzi' A lei servono piccoli per metterli nei vasi dei fori, a me più grandi e piatti per dipingerli.
Appena giunte a detinazione, ci dividiamo, ciascuna seguendo il proprio percorso e il proprio pensiero.
C'è tanto silenzio intorno, ci sono solo sassi, acqua, poca vegetazione e un cielo nel quale di tanto in tanto vola il falco. Lì per lì i sassi sembrano tutti uguali, ciottoli appoggiati l'uno sull'altro........ma non è così, ormai lo so per esperienza. Piano piano bisogna entrare in quell'habitat, ascoltare il silenzio che lentamente fa sentire la propria voce portata dal vento che si insinua sempre nella valle, anche nei momenti di massima calura...e a un certo punto i tuoi occhi vedono in maniera diversa e anche i sassi si animano e ti raccontano la propria storia, ti regalano i propri colori e le proprie forme fatte dall'acqua e dal tempo.
Sono sola con me stessa e con quella natura dura che comunque è stata modellata in forme plastiche e piene di armonia e senza che me ne renda conto mi metto a sedere su quei sassi e mentre li accarezzo lascio correre il mio sguardo su tutto e su niente, in completa libertà,completamente svuotata delle cose di sempre, mentre il vento mi gira intorno lasciando le note  di una musica nuova. Un attimo così è una vacanza per lo spirito, una forza rigeneratrice, un messaggio ancestrale.
 Ed è così che me lo sono goduto.

domenica 22 luglio 2012

Il 3 è davvero il numero perfetto?


Ovvia! Oggi  che è domenica, mi prendo la libertà di fermarmi un attimo a parlare delle cose che più mi affascinano: i Numeri e il Tempo!


Detta così sembra quasi che io sia un'esperta in materia o che abbia una grande cultura e non c'è niente di meno vero, perché se ho un pò di cultura, la devo solo alla mia grande curiosità di sapere e non a titoli accademici e  perché io e la matematica non siamo mai andate d'accordo, o per lo meno non ci siamo mai andate finchè sono andata a scuola, perché la consideravo una cosa arida e non avevo capito che invece i numeri sono la strada infinita della filosofia, della musica, della poesia. 
Poi un giorno, a Roma, in attesa di partire per gli Stati Uniti, mi capitò, insieme con mia figlia, di entrare alla Feltrinelli per scegliere qualcosa da leggere che ci accompagnasse durante il viaggio. 
Entrare in una libreria per me è sempre stato qualcosa che accarezza i miei sensi e mi mette in uno stato d'animo oserei dire quasi idilliaco. Ma quella volta, gira e rigira, non riuscivo a trovare qualcosa che mi interessasse davvero.
Poi improvvisamente lo vidi. Era quasi nascosto in un piccolo scaffale, in prossimità della cassa. Non riuscivo neanche a leggere il titolo per intero, ma mi attrasse irresistibilmete, non so perché, ma so che ho sempre dato ascolto al mio istinto.
"Prendo questo!" dissi un pò a me stessa che mi ascoltavo molto stupita, un pò a mia figlia che mi guardava veramente stupita mentre mi stringevo al petto il mio nuovo libro, quasi avessi trovato un tesoro.
Il suo titolo è "L'enigma dei numeri primi" di Marcus Du Sautoy.
Da allora non so quanti altri libri ho letto e ogni volta mi accorgo di scoprire cose nuove che richiamano altre cose ugualmente affascinanti, misteriose e semplicissime allo stesso tempo, purché ci si ponga davanti a loro con la meravigliosa semplicità dei bambini, per i quali niente è impossibile.
Il mio rapporto con la matematica ora è molto diverso da prima e allo stesso tempo sempre uguale, nel senso che mentre con la fantasia riesco a seguire i teoremi più arditi che sono stati fatti e non mi scompongo neanche davanti all'  'ipotesi diRiemann', in pratica per fare addizioni e moltiplicazioni ho ancora bisogno delle mani che contano sulla punta del mio naso, ma la cosa che mi fa più piacere è quella di essere riuscita  ad appassionarmi a una disciplina che prima consideravo estremamente antipatica.
Ora mi ritrovo spesso a gingillarmi con i numeri e a filosofeggiare sul loro significato, come ad esempio sul numero 3.

Il 3 è davvero il numero perfetto?




Sembrerebbe proprio di sì, a cominciare dalle lettere con cui è scritto, quando diventa parola. Tre, per l'appunto. Somma delle prime due cifre della sequenza di Fibonacci, il tre sembra riassumerle: omne trinum perfectum (tutto ciò che è trino è perfetto).
Leggevo pochi giorni fa un articolo che parlava proprio di questo numero e della sua simbologia, riferita allo spazio che si distende nelle tre dimensioni della lunghezza, dell'altezza e della profondità alla simbologia di alcune religioni: la Trimurti indù Brahma-Shiva-Vishnu) la triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva), la Trinità cristiana (Padre-Figlio-Spitito Santo) Questo solo per fare un esempio, perché l'elenco continuerebbe riempiendo diverse pagine e ciò a dimostrare quanto questo numero sia stato e sia importante nella vita dell'uomo.
Non mi fermerò a parlare del triangolo, con il quale molte volte si rappresenta questo numero, se non per dire che questo simbolo rimanda a tante forme archetipiche dell'immaginario umano. Il numero 3 rinvia alla fondamentale ripartizione dei regni cosmici (cielo, terra e sottoterra, rispettivamente dimora degli dei, , degli uomini, dei morti); alle età degli esseri viventi ( infanzia, maturità, vecchiaia) alle tre dimensioni del tempo (passato, presente, futuro).....e qui mi sono fermata, perché qualcosa improvvisamente mi ha stonato, senza che io sappia dirmi perché e purtroppo senza trovare una risposta.
Tutto ciò che posso dire è che il tempo mi ha sempre affascinato, proprio perché la sua interpretazione ci sfugge, come l'acqua da una mano. Credi di averlo catturato in tre dimensioni e invece non è così....non può essere così, almeno non per me. Mi è già difficile pensare di rinchiudere lo spazio in tre dimensioni, figuriamoci il tempo! Qualcuno, tanto per non fare nomi, Einstein, ha detto che il tempo è la quarta dimensione dello spazio, mentre oggi un fisico ancora non molto conosciuto ma destinato a far parlare di sé, Garret Lisi, sostiene che le particelle che formano l'universo sono strutturate secondo l'Algebra di Lie E8. Anche il tempo è una particella? Un insieme di particelle? E come può il tempo essere imbrigliato dentro rigidi schemi se l'unico suo punto fermo è il passato, perché il presente non sussiste che per un'infinitesimale porzione di attimo, per diventare subito passato e il futuro non lo viviamo mai, proprio perché non riusciamo a reppresentare nient'altro che l'attimo fuggente del presente? Il futuro per noi uomini è immaginazione e noi diamo a questa bellissima dote mentale ua connotazione di realtà, forti dei ricordi che abbiamo vissuto e che ci sono stati tramandati dal cammino che hanno scritto i tanti uomini che ci hanno preceduto, per cui prevediamo che il domani sarà in una determinata maniera, senza avere la minima certezza di ciò, e più che altro non tenendo conto, che siamo dovuti ritornare tanto spesso su quei passi, per superarli, per andare oltre, per dirci ogni volta che "la meraviglia dell'ignoranza è figlia e madre del saper".
Non mi vergogno della mia ignoranza e sono contenta della mia curiosità che scaturisce nel momento stesso in cui qualcosa non mi convince. Mi piacerebbe che qualcuno più ferrato di me in materia mi sapesse dire" Guarda non è così come pensi tu! Anche il tempo non è libero come credi. Ha un passato che si perde nella notte, che arriva là dove tutto ebbe inizio, un presente stressato perché corre troppo e un futuro che nasce continuamente, ma come ogni neonato non ricorda di essere nato". Almeno questo tempo me lo sentirei amico, un pò come me, sempre in cerca di qualcosa....ed imperfetto. Ma so che non è così, o meglio sento che non è così.
Ma per tornare alla perfezione del numero 3, non posso fare a meno di pensare al povero pi greco, che vale 3,14. Chissà quante volte avrà pensato a quel ,14 che lo limita, che lo declassa dai numeri perfetti. Chissà quante volte avrà cercato di limarlo, di eliminarlo...senza mai riuscirci; proprio come noi uomini che volendo essere dei, cerchiamo di eliminare tutti i nostri,14 non solo senza riuscirci, ma più che altro con la consapevolezza che mai ci riusciremo.

sabato 21 luglio 2012

Lavoro gratis


 I  "piccoli pensieri" sono sempre il frutto di velocissimi flash che mi passano per la testa e non un lavoro di sintesi per ridurre in poche parole un pensiero profondo sul quale sono stata a meditare per ore. 
Insomma è l'esatto contrario! 
Mi vengono così, istintivamente, e solo dopo, quando rileggo ciò che ho scritto, capisco che il cervello ha elaborato per conto suo un modo di codificare in un'unica frase i tanti stimoli che gli arrivano dalle mie paranoie, dalla mia sensibilità, dalle mie paure e da tant'altro che non so dire neanche a me stessa.
Non è intelligenza quella del mio cervello, nossignori, è soltanto un lavoro gratis che fa per opportunismo,, voglia di scaricare un problema, desiderio di andarsene anche lui un attimo in vacanza, senza tutti questi rompimenti esistenziali con i quali lo nutro giornalmente, proprio come faccio con Ronni-Pu, quando lo ingozzo di camole del miele.  


"Le parole mai dette e le lacrime mai versate sono la nostra vera immagine. Ma nessuno la può vedere".
(Da piccoli Pensieri di Kind Butterfly)

venerdì 20 luglio 2012

Io, piccola scintilla

Buongiorno! Stamani mi sono svegliata con il desiderio di mandare un saluto a tutti coloro che in qualche modo, leggendo questo blog, sono entrati a far parte della mia vita.
Mi piace pensare che la mattina, prendo il caffè insime a voi, anche se le nostre giornate non iniziano in molti casi nello stesso orario. Infatti alcuni di voi in questo momento stanno dormendo saporitamente, essendo in piena notte, altri si sveglieranno tra un'ora...altri ancora, non lo so......ed è proprio questo che mi piace tanto! Questo senso di appartenenza a questa cara, vecchia Terra, che gira instancabilmente su se stessa in un  viaggio senza tempo, con un moto sempre uguale, portando con sé questa nostra umanità. che oggi, grazie proprio all'intelligenza dell'uomo, può conoscersi un pò meglio e scambiare il proprio pensiero con persone di culture diverse e arricchirsi di esperienze diverse. O meglio! Io cerco di mandare il mio pensiero, e anche se di risposte ne ricevo proprio poche, so che viene letto e questo mi basta per farmi stare bene e cercare di immaginavi nella vostra vita di uomini alle prese come me, penso, con gli stessi problemi di ogni giorno, ma anche con le stesse speranze, lo stesso desiderio che il giorno che sta per cominciare sia migliore di quello passato...o comunque non peggiore!
La mia giornata anche stamani è cominciata come sempre: il rito del caffé, un'occhiata alla posta,, un attimo di distensione con il blog, una, massimo due pagine del libro che sto leggendo in questo momento e che è tostissimo per le mie sinapsi molto limitate, e che si intitola "Godel, Esher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante", ....poi Ronni-Pu reclama i suoi diritti esistenziali e dopo comincia la routine del lavoro, della casa, delle incombenze varie.
Ma stamani, questo piccolo pesiero verso di voi ha già reso questa giornata nata uguale alle altre, una giornata diversa, che vale la pena ricoradre nella sua unicità.
Buona giornata a tutti voi!




Io, piccola scintilla nell'eternità,
sfumatura invisibile dell'universo
voglio portare il verde del grano
 mosso dal vento
nel mosaico infinito della vita
per ricordare sempre questo giorno.
Verde è la mia speranza,
verde è la mia tardiva primavera,
nata quando già l'autunno
sta per arrivare.

giovedì 19 luglio 2012

Emozioni

Finalmente Ronni-Pu ha imparato a volare. E come vola bene dentro la camera col grande letto che fa da salvarondini. Gira, sale, cabla, fa venire in mente la bellissima canzone di Battiato. Come è bello veder volare una rondine! Tutto di lei parla di libertà e lascia ogni volta una piccola emozione.
E' bello anche emozionarsi............ vuol dire essere vivi e partecipi di tutto ciò che ci circonda, anche delle piccole cose, come dice  la poesia di Rocco......eccola!





Emozioni,
il bianco dell’aurora,
il vagito di un bambino,
il volo di una rondine,
il fiorire di un ramo.
Emozioni,
tuffarsi nell’azzurro degli occhi di un bambino,
il canto degli uccelli,
il colore di una rosa.
Emozioni,
camminare stringendo due morbide manine,
rispondere ai mille perché
di due occhioni di velluto.
Emozioni,
il rosso di un tramonto,
la carezza di una foglia gialla,
un gatto abbandonato,
l’addio di un anziano.
Emozioni,
emozioni della vita che passa
e se ne va.



mercoledì 18 luglio 2012

L'Epopea di Trepì



Quando scrivo un racconto, entro a fare parte della sua trama, non perché lo decido io, ma proprio perché mi ci ritrovo invischiata al di là della mia volontà e vengo coinvolta a tal punto da avere l'impressione di vivere veramente ciò che scrivo. 
In questo racconto io sono Megrofina e potrei descrivere non solo lei, ma la sua casa fin nel minimo paticolare. Bella forza! dirà qualcuno......se è lei è logico che si conosce e conosce la sua casa,......il fatto è che Megrofina e la sua casa non somigliano per niente a me e alla Casa di Fuf!





Trepì non era un tipo comune, o meglio non era un tipo come tutti gli altri, o meglio ancora, gli altri, quando parlavano di lui dicevano tutti che era un pò 'a modo suo'.
Cosa volessero dire con quel 'a modo suo' probabilmente neanche loro lo sapevano, ma istintivamente sentivano che il modo di pensare di Trepì, il modo di fare di Trepì, il modo di parlare di Trepì era proprio diverso da quello che invece caratterizzava un pò tutti loro.
Il risultato era stato che comunque sentivano che Trepì era qualcosa più di loro e per quello lo rispettavano, qualcosa di diverso da loro e per quello lo temevano, qualcosa di incomprensibile per loro e per quello lo sfottevano, ma il risultato di tutto ciò è che comunque alla fine ciascuno era orgoglioso di conoscerlo e di poter dire 'sono amico di Trepì', anche se proprio amicizia non era, ma forse più lo sfoggio di qualcosa che faceva dire 'ma guarda quello è amico di Trepì' e quindi un aumento del prestigio personale.
Forse fu per questo e per altro ancora che alla fine il suo nome diventò semplicemente Pì scritto però P e più tardi, ma molto più tardi, dopo le vicissitudini che vi racconterò, divenne 'Il P' assurgendo a quell'importanza e a quella gloria imperitura che un articolo può dare a un nome. Ci possono essere centomila P, ma solo uno diventa Il P, e non c'è niente da fare.
Ma torniamo a noi!
P, come lo chiameremo noi da qui in avanti, stava da una parte del mare, del grande mare, nessuno sa se dalla parte est o dalla parte ovest, ma comunque quello che si sa era che stava di là dal mare a seconda da quale parte si guarda. Della sua vita sappiamo solo notizie frammentarie che giungono dai luoghi più impensati. C'è chi lo descrive, chiamandolo Pì,come un cavaliere, raffinato conoscitore dello scibile umano, dei megabyte e dei giga, dei quali purtroppo oggi si è persa la conoscenza e se ne parla solo grazie a pochi reperti che sono stati ritrovati da archeologi lungimiranti che hanno capito che quei segni, quei circuiti, erano qualcosa di più di semplici pezzetti di metallo. Altri parlano di lui chiamandolo Pu, come grande curatore di cervelli a dimostrazione del ritrovamento di crani aperti e ricuciti, nessuno sa con quale tecnica, ma sicuramente le cicatrici parlano di grande civiltà e di sopravvivenza all'operazione. Tutti i reperti ritrovati hanno in comune una 'P' incisa vicino al lobo frontale. Molti invece parlano di P come di una donna e l'appellano Pa, consolatrice di tutti gli animali ai quali dedicava la sua vita la sua tecnica e le sue conoscenze, fino a diventare per il grande bestiario della terra una specie di dea, che veniva adorata, specialmente dai gatti.
Il mito ha fatto il resto e P è giunto a noi Uno e Trino, Padre e Madre, Dio e Dea.........e tant'altro che ora non sto a dire.
I fatti che vado a narrare accaddero in tempi lontanissimi, dei quali solo da poco si è ritrovato il ricordo, grazie a una tavoletta di materiale sconosciuto, rinvenuta casualmente nell'orto di un contadino che zappava per piantare i cavoli.Questo ritrovamento ha aperto le porte di un passato che nessuno di noi immaginava e che .............

"Bertingause! Bertingause! La zuppa è pronta...ti decidi a venire a mangiare prima che i tuoi figli te la facciano fuori tutta?"
"Arrivo Malorna, arrivo e dì ai ragazzi che se si azzardano a mangiare un mestolo della mia zuppa, assaggeranno il bastone sulla schiena. Fammi finire di piantare questi tre cavoli..........oh! Ma questo cos'è? Che strano aggeggio..."
"Ma che dici Bertingause? Ti sei messo anche a parlare da solo? Vieni sì o no?"
"Arrivo! Arrivo! Un attimo......devo vedere che questo affare che sta sbucando da sottoterra......" e si rimise a zappare finché non tirò fuori una tavoletta che tanto 'etta' non era e aveva non solo la forma strana di una barca senza sponde ma anche le dimensioni di quella specie di zattera con la quale lui andava a pescare i salmoni solo che questa era affusolata in cima e più piatta in fondo ed era fatta di un materiale leggerissimo, tant'è che potè mettersela con un pò di fatica sotto il braccio e trascinarla a casa, ma la cosa più strana è che era tutta segnata da incomprensibili disegni e segni per lui indecifrabili

Passarono gli anni e la strana barca un giorno di circa seicento anni dopo capitò in mano a un giovane che la scoprì nella cantina di suo nonno.
Farolfo era un ragazzo curioso e aveva anche un certo grado di cultura, sapendo leggere e scrivere e far di conto. Si mise a guardare la lunga e affusolata tavola e decise che era una cosa piuttosto antica e seppe che avrebbe fatto bene a portarla a Megrofina, una tizia strana, che raccontava cose incredibili, di antiche civiltà, di regni splendidi, di paradisi perduti. Tutti pensavano che fosse un pò tocca, ma non lui che fin da quando era bambino si era appassionato a tutte le cose che lei diceva. Ricordava ancora quando aveva parlato di strane torri alte fino al cielo...
"E in queste torri abitavano migliaia di persone e erano torri fatte di vetro e di ferro che dondolavano al vento.....per arrivare in cima usavano dei congegni che volano in alto e lasciano le persone davanti alla loro abitazione e poi c'erano delle strane palle di luce che illuminavano la notte fino a farla splendere come se ci fosse il sole ....e gli uomini parlavano lingue diverse ed erano anche diversi tra loro,chi chiaro di pelle, chi scuro, chi giallo........"
Quando Megrofina parlava tutti l'ascoltavano affascinati loro malgrado, ma poi qualcuno scuoteva il capo e si toccava la fronte facendo chiaramente capire che non aveva tutti i lunedì a posto.
E a proposito di lunedì Megrofina parlava sempre di un grande globo sospeso nel cielo, che con la sua pallida luce illuminava le notti e si divertiva a cambiare forma e a volte si faceva vedere solo sotto forma di esile falce, altre volte scompariva per notti e notti, altre ancora sembrava quella palla con cui da un pò di tempo a questa parte giocavano i ragazzi del villaggio.
Ma quando Farolfo ascoltava questi racconti, vedeva davanti a sé le grandi città con le torri altissime e nel cielo il grande globo che doveva esserci stato una volta. E ci credeva. E fu per quello che andò da lei una sera sfidando il grande gelo che attanagliava perennemente la terra
"Mi caro ragazzo -gli disse Megrofina dopo aver guardato tutti quei segni- non so dirti cosa può esserci scritto sopra questa cosa strana, ma sono sicura che qualnque cosa sia, viene da molto lontano. L'unica indicazione che ti posso dare riguarda questi pochi segni, che ho già visto in altri frammenti giunti fino a noi dal passato. Vedi? Sono questi qui – e indicò con il dito rugoso e ricurvo pochi segni strani che a Farlofo non dicevano proprio niente – Guarda, confrontali con quest'altri....vedi? Sono gli stessi anche se qui sono più dritti e in questa specie di barca pendono a destra.....ecco! Guarda per bene!- e gli fece luce con una torcia più grande che aveva accesa al fuoco – li vedi?
"Sì Megrofina li vedo, li vedo! - rispose eccitato Farolfo – quindi vuol dire che questa è una scrittura, un messaggio, qualcosa che chi l'ha scritto vuole fare arrivare fino a noi...."
"Già – rispose tranquilla Megrofina – questi sono i segni che sono scritti così.....2012D.C........ma cosa vorranno dire?

Il tempo passò e passò ancora e le costellazioni si spostarono nell'arco del cielo
Quando Radon si alzò quella mattina non sapeva che avrebbe fatto la scoperta più importante di tutta la sua vita.
Era giovane e pieno di belle speranze e viveva in un periodo in cui, dopo il buio dei tempi oscuri la mente si riapriva a nuove scoperte e a nuove invenzioni. Qualche tempo indietro un certo Galino aveva fatto un'invenzione che aveva del prodigioso. Aveva trionfato sulle tenebre della notte con una cosa di sua invenzione che spandeva luce nel giro di tre o quattro metri e questa luce non si consumava come il fuoco. La mente degli uomini era in fermento da quando un altro giovane pensatore aveva teorizzato che Ameropa, il luogo in cui vivevano non fosse altro che una gigantesca palla sospesa nel vuoto.......Lui, intanto sognava sui reperti che aveva trovato e su quelli che gli erano pervenuti dalla sua famiglia, conservati gelosamente di generazione in generazione da quando la sua antenata Megrofina li aveva definiti la chiave di volta della storia dell'uomo. Primo tra tutti l'esile barca, leggera e maneggevole fatta di un materiale resistente e incorruttibile. Ma il cuore accelerò il battito quando pensò alla grande tavola di pietra che gli era stata portata da Radico, un ragazzotto che pascolava il suo gregge nella collina prospicente. Sin da quando l'aveva avuta davanti a sé aveva intuito di essere davanti a qualcosa di importante. La tavola era coperta di una scrittura fatta con segni strani,ma la cosa più strabiliante era che c'erano almeno tre scritture diverse tra loro e la cosa ancora più entusiasmante era che uno di quelle scritture lui la conosceva.
Avrebbe dovuto ringraziare Megrofina per il resto dei suoi giorni perché era proprio grazie a lei e alla sua mania di raccogliere le cose del passato che era potuto venire in contatto con quella scrittura e riuscire a comprenderla almeno in parte.Non vedeva l'ora di mettersi all'opera e confrontare con il nuovo reperto le cose misteriose che erano scritte su quella tavola affusolata e leggera che veniva dalla notte dei tempi. L'unica cosa che sapeva era che aveva un solo dato da cui partire.....2012D.C. Doveva cercare, confrontare, senza stancarsi, senza perdersi d'animo.......cosa che fece per circa trecento ombre lunghe, che era sempre il modo più usuale di misurare il tempo,anche se nuovi esperimenti parlavano di ipotesi ardite e meccaniche......... finché un giorno chiese un colloquio con il Grande Maestro del Venerabile Ordine degli Anziani e quando si tròvò al suo cospetto parlò con voce emozionata:
"Grande Maestro ciò che sto per dirti è talmente incredibile che io stesso fatico a dirlo , ma le scritture parlano chiaro, per cui ti prego di ascoltarmi"
"Parla Radon...conosco la tua prudenza e so che non faresti o diresti mai niente di avventato...Ti ascolto"
"Allora ascolta o Grande Maestro! Tu sai che da quando ho l'uso della ragione mi sono dedicato a studiare la tavola misteriosa che è in possesso della mia famiglia da tante di quelle generazioni che ho perso il conto......ecco, senza fare tanti ed inutili preamboli ti posso dire che finalmente ho decifrato i suoi segni e dunque so che cosa c'è scritto,.........ma ciò che c'è scritto è talmente strano, talmente inaudito, talmente stupendo che mi lascia attonito, mi rende euforico e timoroso allo stesso tempo....."
"Bene Radon! Capisco la tua eccitazione, ma non ti sembra che faresti bene a illuminare anche me?"
"Hai ragione, scusami Grande Maestro...dunque ecco ciò che c'è scritto sulla grande tavola:

"Questa è l'epopea di Trepì. Ascoltate voi tutti che ancora potete ascoltare e tramandate ciò che affido a questa tavola che una volta si chiamava surf. Al tempo in cui accaddero questi fatti nuvole nere si stavano addossando all'orizzonte, nuvole predette e non credute. L'anno vecchio se ne era appena andato e il 2012 D.C già annunziava ciò che sarebbe accaduto a breve. L'aria era sempre più carica di elettromagnetismo e il timore incombente di una catastrofe cominciava a prendere forme sempre più precise. Il mondo tutto sapeva che di lì a poco niente sarebbe stato più come prima e che la civiltà splendente che l'uomo viveva avrebbe avuto un duro colpo. Le distanze che ora erano facilmente superabili, a breve sarebbero state insormontabili, la conoscenza sarebbe caduta nell'oblio, il buio della notte non sarebbe più stato vinto dalla luce conquistata dal genio dell'uomo.Fu allora che Trepì decise o decisero di costruire il grande uccello di fuoco, un uccello meccanico sulle indicazioni di un certo Da Vinci, un grande uccello che nutrendosi proprio del nemico del mondo, l'elettromagnetismo, avrebbe coperto le grandi distanze per portare messaggi ai sopravvissuti e riceverne in cambio. Se fu Pi,o Pu, o Pa o se furono tutti e tre insieme ciò non è noto neanche a me che scrivo, io so che fu un tipo un pò a 'modo suo' a restituire la speranza agli uomini e quel tipo si chiamava Trepì, ma più tardi tutti lo chiamarono 'il P.'......Il grande uccello di fuoco volò nei cieli da una sponda all'altra dell'oceano per lungo tempo, fino a che ci fu qualcuno capace e in grado di ricaricarlo, tra lo stupore, l'ammirazione e il terrore degli uomini, che ormai privi delle conoscenze del passato pensarono che fosse un dio e lo mitizzarono fino a farlo diventare un'unica leggenda con ' il P'.
Ciò che ho udito è giunto fino a me di generazione in generazione ma ora sento il bisogno di scriverlo anche su questa tavola che affiderò al mare. Chi lo troverà avrà l'arduo compito di diffondere il messaggio che tramanda: Nessuno mai sconfiggerà l'uomo.
Vengo in pace dal grande lago ghiacciato e vado in pace verso Proto, la stella del mattino. Neber"

Il silenzio regnò totale per un lungo momento poi il Grande Maestro si alzò, si avvicinò a Radon e abbracciandolo gli disse:
"Tu oggi hai reso un grande servizio all'umanità intera. Di qui in avanti questo giorno sarà dedicato al ricordo del grande P e della sua epopea e il tuo nome non sarà dimenticato".
E fu così che Trepì, quello un pò 'a modo suo' , che un giorno decise che qualunque cosa avrebbe riservato il 2012, sarebbe sempre rimasto in contatto con i suoi fratelli in barba al mondo intero, troneggia in un colossale monumento alla cui base si snoda un corso d'acqua di ampie dimensioni.
Uomo, Donna? Nessuno anche oggi sa dirlo. Il suo volto che nessuno conosce è stato rappresentato sotto le nobili sembianze di un cane il cui sguardo ardito si posa lontano inseguendo un sogno che solo lui conosce mentre corre a perdifiato per la valle e fa incredibili salti sulle rotoballe.


martedì 17 luglio 2012

Strano sogno

Stanotte ho fatto un sogno strano. Ho sognato una voce fuori campo che mi indicava un carciofo sospeso nel cielo nero, quello delle stelle per intenderci, quello del monolito di 2001, un nulla nero e apparentemente immobile, dove questo carciofo se ne stava beatamente dritto, snza sfigurare per niente con le stelle che intravedevo dietro di lui e con lui. E la voce, una calda voce maschile, una di quelle che la pubblicità di un profumo pagherebbe fior di quattrini, mi diceva: "Tu non lo sai, ma la vita è un carciofo!"......e ha continuato a dirmelo per un bel pezzo, forse perché quella voce mi cullava e mi piaceva, forse perché la sera prima avevo mangiato qualcosa di pesante, forse perché il giorno a pranzo avevo proprio mangiato un carciofo, uno di quelli aromatizzati e messi sott'olio, uno di quelli che paghi cari, se non sei stata previdente e li hai preparati da te a tempo debito, ma che fanno di un antipasto comune, un antipasto elegante,.... ma avevo gente a pranzo e allora.....!
Mi sono svegliata mentre facevo in quella parte del sonno che precede il risveglio già alcune considerazioni, che poi ho continuato, ampliandole, a fare dopo aver preso il caffé.
"Ma è vero!" mi sono detta scoprendo quante cose potevo dire di un carciofo paragonandolo alla vita! A cominciare dalle foglie. Le prime si buttano e quando va bene se ne buttano poche, ma altre volte sfogliamo  il nostro carciofo quasi fino a metà per riuscire a trovare le foglie che non siano amare o dure. Così la vita! Il gambo molte volte lo tagliamo e lo buttiamo subito via, pensando che sia troppo legnoso per mangiarlo e invece basterebbe avere la voglia  di sbucciarlo e scopriremmo con stupore che è buonissimo. Così per la vita! Altre volte gustiamo poco le foglie esterne per la fretta di arrivare al cuore del carciofo, alla parte più buona e solo dopo ci accorgiamo che abbiamo sprecato qualcosa che invece doveva essere gustato lentamente. Così per la vita! E quando arriviamo alla polpa, che rabbia quando scopriamo che è piena di quella peluria così irritante che non ci fa godere per niente quello che la nostra golosità ci aveva già anticipato. Così per la vita! Ma quando invece troviamo il cuore del carciofo bello bianco, granito al punto giusto, ci affrettiamo a gustarcelo e magari aggiungiamo anche un pò di sale, di pepe, di olio e di limone. Il succo della vita insomma, e ci dimentichamo delle foglie amare, del gambo legnoso, della polpa pelosa, per goderci quel momento di sano benessere. Proprio come per la vita!


Queste sono solo alcune considerazioni che ho fatto fino ad ora, ma credo che ne verranno fuori tante altre. Quello che so è che da ora in poi guarderò il carciofo con più rispetto......ma se invece di un carciofo avessi sognato una patata, che sarebbe venuto fuori?