lunedì 29 febbraio 2016

Un vestito per Orso

Certo non avrei mai pensato di passare il pomeriggio della domenica a fare la 'sarta'! E che sarta poi! So a malapena tenere un ago in mano, e lo uso giusto per fare un orlo, attaccare i bottoni o cambiare una cerniera ai Jeans, senza essere mai riuscita a spiegarmi perché a opera finita, è sempre storta. Ma non mi sarei mai sognata di dire di no alla mia nipotina che mi ha chiesto di fare un vestitino a 'Orso', il suo peluche più caro.
 Quello che però mi manca in abilità sartoriale, l'ho messo tutto nella fantasia e, visto, che la piccola mi aveva stupito mandandomi persino il modello, con il disegno che ci voleva, mi sono ingegnata a fare un abitino con tutto ciò che avevo in casa, e che mi desse la possibilità di riprodurre il prato con il fiore, la farfalle e il cielo con il bel sole splendente. Ho dovuto subito desistere da usare i colori, perché non avevo quelli da stoffa, ma da subito  ho cominciato a pensare a cosa avrei potuto inventarmi per far contenta la mia nipotina.
 Non l'avrei mai pensato, ma ho passato un tardo pomeriggio piacevolissimo, e non solo il pomeriggio, perché via via che il lavoro nasceva, nascevano anche nuove idee e le mie mani si sono mosse  velocemente tra aghi e fili e uncinetti e cotone. Per non parlare dei nastrini di raso, che sono sbucati fuori magicamente da un cestino dove erano stati riposti, piccoli avanzi di altrettante incursioni nel mondo impossibile della fantasia, dove tutto si anima e prende vita. Così è stato per me e il prato fatto con un nastro verde a strati, alla fine è diventata erba, e quando ho terminato la farfalla, ho pensato che cominciasse a volare intorno a quel fiore, nato bianco e impreziosito con perline colorate. Che strano mondo è quello dei bambini e delle nonne, che si incontrano a mezza strada in un prato immaginario, scaldato dai raggi di un sole fatto all'uncinetto! Poi magari il vestito non andrà bene, le misure forse non torneranno, ma mentre guardavo il mio lavoro terminato, non ho potuto fare a meno di compiacermi con me stessa. E' piaciuto anche a mia figlia, il che è tutto dire. E qui finisce la parte ludica, che però mi è piaciuta tanto, e comincia quella della riflessione, perché anche un lavoretto così semplice come può essere un vestitino fatto a un orsetto (ma è maschio o femmina le ho chiesto a un certo punto, e quando lei mi ha detto che era femmina, sono stata contenta, perché c'era da sbizzarrirsi di più) alla fine induce alla riflessione. 
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Quella che ho fatto io a lavoro finito è stata del tutto sorprendentemente positiva. Per qualche ora, sono stata completamente fuori dalla quotidianità della vita, persa in un mondo onirico, che mi ha fatto dimenticare tutte le preoccupazioni, tutti i malesseri che ci piombano addosso da questo modo di vivere dei nostri tempi...tutto. Tutto se ne è andato ed è rimasto solo un tavolo pieno di colore, tutto arruffato, di aghi, di filo, di mani che punto dopo punto facevano non solo un vestito ma una trama di unione con la mia nipotina lontana e dentro di me sentivo nascere la leggerezza, quella famosa leggerezza che non è felicità, che è qualcosa di diverso, che però da tanta serenità e fa capire che la vita semplice esiste ancora, anche se noi l'abbiamo nascosta dietro pesanti tendaggi. Basta scostarli e lei è là, pronta a dare il meglio di sé, semplicemente entrando  in un ago e qualche gugliata di filo.
E' un bel modo di meditare, cucire vestitini a bambole e pupazzi, mentre il brusio della televisione che non guardi neanche più, si perde in lontananza e fa inequivocabilmente capire che basta poco per poterla sostituire, basta avere solo qualcosa tra le mani e qualcosa in testa, per dare forma a un'idea, anche piccola, anche minima....ma mia.

sabato 20 febbraio 2016

Eppure...

Eppure, mentre penso alla figura di Eco, e a quanto ci ha lasciato di sé, al suo sguardo sul mondo, al ponte che è stato tra passato e futuro, non posso fare a meno che il mio pensiero ritorni a un altro ponte, sotto il quale, proprio ieri, si è consumata un'altra morte, molto silenziosa questa. Parlo di quel povero Sub, impegnato nella ricerca di un cadavere in un canale del Brenta. E mi chiedo: "Cosa ha lasciato in me questa morte silenziosa di un povero uomo che facendo il suo lavoro ha sacrificato la sua vita perché giustizia sia? Ieri, sicuramente senso di forte partecipazione e di rabbia, oggi consapevolezza che non è giusto fare giustizia sulla pelle degli altri, domani, meteora fugace che è passata sul mio cielo che si addenserà di nuovi problemi e non avrà più voglia di vedere i vecchi. E' facile parlare dei grandi meriti di Umberto Eco, perché rimarranno ai posteri e perché il solo farlo ci riempie di orgoglio, per il semplice fatto che è un nostro connazionale del quale essere fieri. E' il personaggio che travalica l'uomo. Mentre invece questo Sub, era sconosciuto e tra qualche giorno nessuno si ricorderà più di lui, tranne le persone che gli hanno voluto bene... Ma c'è forse un uomo più importante di un altro uomo? Sembrerà strano, ma non sono mai riuscita a darmi una risposta convincente.

Due grandi persone

Stamani, quando ho letto la notizia della morte di Umberto Eco, ho provato vero senso di perdita, e poi mi sono domandata perché l'ho provato.
In fin dei conti non lo conoscevo neppure, non avevo mai scambiato una parola con lui. 
Rispondermi è stato fin troppo semplice. 
Il senso di perdita è dovuto alla consapevolezza che un 'grande' se ne è andato e non avrà più modo di stupirmi con altri capolavori, e altri ricordi.
IL Nome della Rosa, è stato uno dei miei libri preferiti, insieme al Pendolo di Foucault, ed entrambi hanno lasciato in me segni tangibili, che hanno determinato le mie sucessive scelte di lettura.  
Stessa cosa vale per Harper Lee,  autrice del romanzo 'il buio oltre la siepe'.
Sono Eccellenze, anche se io preferisco continuare a chiamarle persone, che ci hanno lasciato qualcosa che durerà nel tempo e nelle quali loro continueranno a vivere.

giovedì 18 febbraio 2016

Era un omino....

Stasera ho fatto i bomboloni. Per tutta la casa ancora aleggia l'odore di fritto, di crema e di zucchero. Non li ho ancora mangiati, perché sono troppo caldi, ma belli, sono belli perbacco e con la famosa riga chiara nel mezzo, come deve essere un bombolone che si rispetti. Avevo provato a farli decine di volte, seguendo un sacco di ricette, prese dal vecchio ricettario di mia nonna, da quello della mia mamma e da internet, ma non erano mai venuti bene. Insomma erano stati proprio una delusione!
Poi stamani, mi è venuto in mente l'omino che al mare girava per la spiaggia con la sua cassetta di bomboloni appesa al collo. Era un'omino piccolo, che vestiva sempre o con una camicia a righe o con una a fiori, portata su un paio di bermuda che avevano visto tempi migliori. Ai piedi un paio di zoccoli e addosso un profumo che Chanel non riuscirà mai a fare. Profumo non di fritto generico, ma di bombolone fritto, misto a quello della salsedine marina. L'igiene? Ma chi se ne fregava dell'igiene. Noi ragazzetti e bambine ci preoccupavamo solo di non rimanere senza il buon dolce, che saziava magnificamente il robusto appetito che l'aria del mare aveva smosso nei nostri delicati stomaci infantili. E come erano quei bomboloni!! Così semplici, senza inutili aromi e con una crema che se l'ascoltavi bene, faceva ancora coccodè. Insomma una vera crema, di vere uova. E poi una bella spolverata di zucchero che si attaccava artisticamente ai residui di olio, che chissà quanti altri bomboloni aveva fritto...........e poi era solo semplice, perfetta goduria. Ora l'omino non c'è più, e nessuno l'ha sostituito, per via della asl, dei permessi, dell'igiene , della messa a norma, della supercazzola ecc...
E stamani dicevo, mi è venuto in mente l'omino e mi dicevo che per fare quelle meraviglie non si era neanche messo il cappello da cheff, e magari li aveva cotti in un trabiccolo di fornello in uno scantinato, ma niente toglieva un grammo di bontà al ricordo dei suoi bomboloni.
Allora mi sono detta che dovevo avere più fiducia in me stessa e nelle mie capacità, e smettere di pensare che in un mondo in cui tutti sono blasonati da cheff, o da manager, o da ceo, o da chissà quale altra superpippa, io, che di blasoni non ne avevo neanche uno, fossi da meno di loro, di nessuno di loro. E così mi sono messa a impastare i miei bomboloni, seguendo soltanto il mio istinto e la sensibilità delle mie mani e il risultato è stato ....stupefacente, sorprendente, entusiasmante.
In tutto ciò c'è una filosofia ed è quella di credere più in se stessi e nelle proprie capacità, di tirare fuori la propria personalità, non per imporla agli altri, ma per soddisfare se stessi, per essere contenti di se stessi, del proprio modo di essere, di pensare e anche di friggere i bomboloni.

giovedì 11 febbraio 2016

Come il cubo di Rubik



Oso dire, e oso e basta, ma oso, che io sono come un cubo di Rubik.
Attenzione! Non voglio certo dire che ho l'importanza di quel cubo,  ma la sua forma forse sì, e certamente i suoi colori. E cosa molto, molto più importante, la sua struttura e il suo modo di essere stato concepito.
Il cubo di rubik in definitiva che cos'è se non un cubo? Ma si adatta perfettamente al mio modo di essere. Infatti io non potrò mai essere una sfera, perché non fanno parte del mio carattere le curve della sfera che lasciano scivolare tutto e che da qualsiasi parte si guardi è sempre la stessa. Io invece ho degli angoli ben precisi, che non vanno in deroga a niente e servono a proteggermi. Io non scivolo, non rotolo, non giro su me stessa.... cado e cadendo batto o la faccia o un angolo e mi fo anche molto male. I colori? Sono proprio quelli che anch'io ho dentro di me e sono proprio tutti mischiati, ma ben definiti all'interno di me stessa. A me infatti il cubo di Rubik piace molto di più quando è caotico, perché appaga il mio sguardo e mi parla di musica, anche se non so di quale musica, piuttosto che quando mostra le sue facce monocromatiche così inquadrate, così statiche e monotone. Come il cubo di Rubik anch'io sono un rompicapo, che ha una soluzione logica e anche semplice per essere compresa, ma che solo pochi riescono a trovare. La chiave per risolvere il mio cubo è la sensibilità. Sono stata concepita così, e non so se è un bene o un male, ma così è.

sabato 6 febbraio 2016

C'è un tempo per...

Per ogni cosa c’è il suo momento,
il suo tempo per ogni faccenda sotto il sole (Qo 3,1)


 Per ogni cosa che volevo fare mia madre mi rispondeva o che non era ancora il tempo, o che non era più il tempo.
Insomma io non ho mai imbroccato il tempo giusto e mi sono persa un sacco di cose nella mia gioventù.
Una volta sposata mi dissi che finalmente il tempo di fare era arrivato anche per me, ma ancora una volta non ci avevo capito niente, perché il tempo di fare per me non è mai arrivato.
Poi il tempo è passato, oppure sono passata io davanti al tempo e ho cominciato a dirmi che ormai per me non è più il tempo per tante cose.
Non è più tempo di essere scout, se non dentro l'anima.
Non è più tempo di minigonne...come se l'avessi mai portate!
Non è più tempo di dare consigli. Tanto chi li ascolta?
Non è più tempo di bombolone e caffè al bar. Devo risparmiare.
Non è più tempo di lavorare.Sono fuori età per concorsi e domande.

Fermi tutti. Ora che ho fatto il punto della situazione, ho assolutamente bisogno di avere una risposta a questa domanda: ma allora per me...oggi, a questo punto,della mia vita...  è tempo per che cosa? Mi serve una risposta in considerazione del fatto che continuo ancora a credere, nonostante tutto, che la parte migliore della mia vita debba ancora arrivare e che quando alla fine arriverà, mi troverà qui, pronta a lasciarmi sorprendere. 
Fino a ieri avrei risposto così, ma oggi dico "Col cavolo che mi faccio sorprendere!" Il tempo dello svezzamento è ormai passato da un bel pò e quello che deve venire ancora non so quanto sarà, ma per diana, spero proprio che sia un tempo da sballo, uno tempo che abbia voglia di divertirsi, di ridere, di fare progetti sconclusionati,  che sia un tempo scanzonato, con qualche pregio e molti difetti, perché me lo voglio godere di più di quanto ho fatto fino ad oggi... perché il mio tempo è solo mio.

Grazie

A colui che un giorno entrò nella mia vita
per non uscirne mai più.
A colui che mi insegnò nuovamente 
a camminare nella via della speranza.
A colui al quale si rivolge  il mio sguardo
in cerca della sua approvazione.
A colui che mi rimprovera e mi sorride

con i suoi occhi che parlano.
A colui che guardo tutte le sere
prima di spengere la luce
per cercare la forza di affrontare il domani.
A colui che è diventato padre, confidente, amico, sostegno, famiglia.
A colui che è qui con me tutti i giorni a sostenermi nella mia fatica
va il mio "Grazie". E non ho bisogno di andare a Roma, per dirglielo, perché lui da tanti anni è qui con me.

Dedica

Oggi è un sogno cui dai nome libertà, domani potrebb'essere un sogno cui dare nome verità; non conta che siano o non siano obiettivi reali, conta rincorrerne il miraggio, la luce
Oriana Fallaci
Giordano Bruno

Dedicata a un ITALIANO

venerdì 5 febbraio 2016

Scarpette d'argento

Ed ora sono qui, nel silenzio e nella quiete della notte che avanza. Ho appena terminato di fare l'impasto dei bomboloni, che dovrà lievitare per tutta la notte e domattina....zac! Un bel bombolone con la crema a colazione non me lo toglierà nessuno, sempre che naturalmente il lievito funzioni. Ma deve, deve per forza funzionare, perché domani è il sabato di carnevale e qui invece non ci si ricorda neanche più che siamo al mondo, e io mi sono proprio rotta  a forza di non fare niente, di passare sempre oltre a tutto ciò che ci può essere di piacevole nella vita, anche le piccole cose, come quella di farsi due bomboloni...chi chiede di più? Penso a me stessa e a quello che sono.
 Un tipo contraddittorio, non c'è dubbio, un tipo o meglio una tipa che non ha mai amato il carnevale, perché le fa venire tristezza, ma in certi momenti ama mascherarsi con quello che trova in casa, così, giusto per fare una zingarata. Una tipa malinconica, che però in certi momenti ama ridere molto e di gusto, una tipa che cerca cultura nei libri che compra, ma che poi non disdegna di commuoversi sopra un romanzo d'amore, una tipa a cui piaccioni i film d'essai, e ha avuto il coraggio di guardare 'La corazzata Potemkin' trovandosi d'accordo con Fantozzi nel dire che è una cacata pazzesca, e che poi si intenerisce guardando Piccole donne e ' Il Piccolo lord', una tipa che ama imparare parole nuove e di effetto raffinato per poi svilirsi in cinque minuti con altre parole da carrettaio....insomma  Jakill e Hyde, una tipa che dice che non gliene frega un cavolo di invecchiare e che un secondo dopo farebbe carte false per poter fare un ritratto anche lei come quello di Dorian Gray.
Ma domani, domani è il sabato di carnevale, e una volta da noi era il giorno, o meglio la notte delle debuttanti e io ricordo ancora la fatina in abito da sera che sbocciò dalla ragazzetta in jeans che era stata fino a cinque minuti prima e l'oooohhhh! spontaneo di mio padre quando mi vide uscire da camera mia. Era quella la notte delle fate, una notte magica e piena di lustrini ed io, diciottenne, andavo per la prima volta a una festa da ballo, vestita come una principessa e infischiandomene, io sessantottina contraddittoria anche allora, della contestazione che c'era in quel periodo e alla quale anch'io per altre cose avevo dato man forte. Ma com'è bella la vita in tutte le sue sfaccettature, con le sue molteplici contraddizioni,col suo fascino camaleontico che ti spingere ad essere una e centomila. Voglio immergermi anch'io nella strana atmosfera dei 'Carmina burana' e voglio anch'io seguire il ritmo di O fortuna e voglio anche ballare con la musica di Bernstein in 'West Side story' e con quella di   'Grease', ..........voglio ricordare sempre anche il mio ooooohhhhhhhhh! di autentica goduria, quando quella notte magica finì e io appena uscita dal teatro mi sfilai le mie deliziose scarpette d'argento, che avevano torturato sadicamente i miei piedini, e a piedi nudi, con le mie scarpette in mano, me ne tornai a casa accompagnata non dal principe azzurro, ma dai miei genitori, che, come usava allora, avevano portato la figlia a fare il debutto in società.
Di tutto ciò che fu allora non mi è rimasto niente, neanche la fibbia di una scarpetta, persa nella sala da ballo e  che Franco Franchi mi riportò autografata dicendo che le mie scarpette erano deliziose come la sua proprietaria. Erano solo parole gentili, ma a me sembrò il complimento più bello che avessi mai ricevuto. L'orologio ha battuto la mezzanotte
e con questo ricordo me ne vado a letto, con la consapevolezza che 'sti bomboloni che stanno lievitando me li merito proprio via!!!! 

La chiave nell'uscio

Alcuni giorni fa, sono andata a farmi fare tre copie delle chiavi di casa per darle ai miei figli. E una anche per me. Ebbene che c'è di strano in questo? Assolutamente niente, se non fosse per il fatto, che fino a poco tempo fa non ne ho mai sentito la necessità, perché la chiave di casa mia era sempre infilata nel nell'uscio ed io ero tranquilla. Per uscire da casa mia e trovarsi nel mondo bisogna scendere solo uno scalino, per cui siamo sempre stati alla portata di tutti, ma stranamente la cosa non mi ha mai impaurito, tant'è che la chiave non solo ci stava di giorno, ma qualche volta, ce ne dimenticavamo e la lasciavamo fuori anche di notte.
Poi le cose sono cambiate, diciamo sono evolute, se di evoluzione si può parlare, e i primi accenni di timore li avevo visti già da qualche anno in mia madre, fino a crescere e diventare proprio paura da qualche mese a questa parte, influenzata dalle brutte notizie che popolano i nostri telegiornali e non solo quelli. Anziani picchiati a sangue, o addirittura uccisi per quattro soldi, furti, rapine a mano armata, sempre più spesso vanno a profanare l'intimità delle nostre case. E ho capito che non potevo più permettermi il lusso di tenere la chiave nell'uscio di casa, anche se la cosa mi ha disturbato molto, perché è stato come  un adeguamento al nuovo modo di vivere di oggi, che non mi piace per niente. 
Eppure ricordo, che fino a non tanti anni fa, il nostro vicinato, apriva l'uscio e poi diceva "E' permesso?" e ti ritrovavi qualcuno in casa anche se eri in mutande. Ma chissà perché non la vedevo come una violazione della privacy, ma come  una vita comunitaria nella quale sapevi di non essere mai solo, specialmente se avevi bisogno di aiuto. Ricordo ancora quel ragazzino che entrò di corsa in casa nostra, inseguito da un babbo arrabbiato,  chissà per quale marachella, che lo voleva giustamente punire. La cosa sbollì mentre il ragazzino girava intorno al nostro tavolo e suo padre si fermava, consapevole di non poter fare altrettanto.
Ora invece siamo chiusi in noi stessi, sempre più chiusi, a doppia mandate e gli altri non li vediamo neanche più. 
E comunque mentre scrivo, mi viene in mente, che la chiave opportunamente tolta dal buco della serratura dell'uscio di casa, quando sono uscita per andare a fare la mia passeggiata e lasciare tranquilla mia madre, al mio rientro mi sono dimenticata di toglierla e quindi è è nuovamente nell'uscio col suo portachiavi a forma di P che sventola allegramente al vento

lunedì 1 febbraio 2016

In tre sul divano

Vi è mai capitato di aver pranzato e subito dopo esservi addormentati nel divano? Ebbene io credo che sia quello che è successo oggi a me. In effetti avevo mangiato la porchetta, ma neanche tanta, devo dire...ma insomma.
Allora! Mi sono addormentata e ho sognato. Ma un sogno così reale, così colorato, che io sono sicura che se avessi allungato una mano lo avrei toccato. E che sogno ragazzi! Nell'arco di venti minuti, tanto è durata la mia pennica, ho capovolto le leggi della teologia e della fisica e anche Einstein che ne faceva parte è impallidito davanti alle mie considerazioni. Tutto è cominciato quando nel divano dove ero sprofondata con Ugo sulle ginocchia (Ugo è il mio gatto) mi sono addormentata. Poco dopo si è materializzata una figura davanti a me e con grande stupore, visto che non l'avevo riconosciuta, si è presentata dicendomi:" Salve sono Agostino di Ippona e sono venuto a fare una chiacchierata con te a proposito del Tempo. Sento che tu parli tanto del Tempo, del suo scorrere, di che cosa sarà o non sarà e sono venuto a confermarti quello che ho già detto migliaia di volte, e che mi ha reso famoso, insieme ad altre due o tre cosette che ora non sto a menzionare. Se permetti mi siedo vicino a te"
"Prego, si accomodi- ho risposto io abbastanza confusa per non essere stata io a invitarlo a sedersi come vuole la buona educazione - e mi dica pure quello che ha da dirmi!"
Come tutto appare diverso nei sogni! Per me avere vicino Agostino era del tutto naturale e non c'era neanche tanto bisogno di manierismi vari.
"Beh mia cara! Se nessuno mi chiede cos'è il tempo, lo so; se debbo spiegarlo a chi lo chiede, non lo so più”
"Beh! Non è che mi ha chiarito tanto le idee, devo dire!Qualche indizio in più me lo può dare?"
"Ecco...ti posso rispondere con quella storiella del bambino che cercava con una conchiglia di mettere il mare  dentro una buca che stava facendo sulla spiaggia....senza riuscirci ovviamente.......è come voler metter dio nella tua zucca. Non è proprio possibile non credi? Perché non lasci perdere le cose che sono più grandi di te e  non ti affidi invece al progetto di dio, che tutto sa e tutto vede? Mettitelo in testa. Nessuno riuscirà mai a spiegare che cos'è il Tempo".
"Non è vero!" ha ribattuto una voce ed entrambi ci siamo voltati per vedere chi aveva pronunciato queste parole. Appena l'ho visto un grande sorriso mi ha spianato la bocca, perché era proprio come l'immaginavo. Capelli tutti arruffati e grossi baffi su un volto simpatico. Non è poi che la sua fronte sia altissima come credevo. Per essere Einstein, devo dire che ha un aspetto abbastanza normale. "Non è affatto vero! - ha continuato molto tranquillamente il professore -perché io ho capito che cos'è il Tempo e l'ho anche dimostrato".
"Ebbene ci illumini - ha detto Agostino di Ippona - e tanto che ci siamo mi presento. Io sono Agostino e lei chi è?" 
"Mi chiamo Albert! Albert Einstein. Piacere di fare la sua conoscenza" ha aggiunto con quel suo classico sorriso che si vede in tutti i libri di divulgazione scientifica "Ma mi può chiamare Albert e possiamo darci del tu, se a lei va bene. Non occorre neanche che si presenti perché la conosco benissimo per essermi rotto la testa leggendo le sue Confessioni"
"Bene!" Ho osato dire io entrando nel discorso. In fin dei conti erano o no seduti entrambi sul mio divano? "Allora caro Prof. ci può illuminare? Che cos'è il Tempo?"
"Quando ho scritto le equazioni della relatività generale, ho dimostrato non solo che il tempo assoluto non esiste, ma anche che lo spazio tempo è una rete distorta dalla materia e dall’energia. Il capovolgimento è completo: da ente assoluto, ciò che resta del tempo è ridotto a entità subalterna e tributaria della materia e dell’energia." ha detto tranquillamente Einstein scartando un cioccolatino.
Io li guardavo. Due giganti, ciascuno alla sua maniera, seduti sul mio divano. E alla fine è venuta l'illuminazione:
"Sentite - ho detto - io non sono certo intelligente come voi, né istruita come voi, ma mentre parlavate, accarezzavo il mio divano e a un certo punto mi è venuto in mente che anche lui è fatto di atomi, proprio come noi, che esiste,proprio come esistiamo noi e proprio come noi invecchia, si logora, si romperà. Ma non è il Tempo che scorre a provocare il suo invecchiamento, perché lui non si pone nemmeno il concetto di Tempo. Lui  invecchia semplicemente per il logorio dell'uso che viene causato dall'uso che se ne fa. Proprio come noi. Al mio divano non interessa un fico secco se è mattina o se è sera, se è oggi o domani, se il passato c'è stato e se il futuro verrà. Lui semplicemente è, proprio come noi semplicemente siamo."
E avrei continuato chissà per quanto tempo mentre Albert e Agostino mi guardavano sbigottiti, senonché Ugo ha ritenuto saggio infilarmi le unghie in un braccio, per cui mi sono svegliata di soprassalto e non saprò mai come avrei finito il mio discorso, né tantomeno cosa mi avrebbero risposto i miei illustri ospiti. Però che bel momento che ho passato!