domenica 25 dicembre 2016

Stanotte una stella

E così oggi è Natale! Un Natale diverso dagli altri, vissuto sottotono, senza neanche sforzarsi di provare gioia, allegria, serenità. Un Natale triste, ma così vero! E sembrerà strano a dirsi, ma era da tanto tempo che non vivevo più un Natale così vero, così pieno di sentimenti ritrovati, di vicinanza, di aspettativa e di speranza per un domani migliore. Un Natale dove il Bambinello è tornato finalmente nella mangiatoia, scaldato solo dal fiato tiepido di un asino e di un bue. Un Natale finalmente senza sfarzo, senza sorrisi forzati, senza maschere, ma con tanta voglia di esserci, con la pace vera nel cuore. Onorerò il Natale, le parole che ieri hanno fatto parte della mia vigilia, oggi mi hanno seguito e sono rimaste dentro di me e mi hanno finalmente fatto vedere l'immagine di questa donna che sono io, del mondo che la circonda, dei sentimenti che nascono e muoiono come il sole sorge e tramonta, e che nel loro evolversi rischiano di farci cadere nella notte e lo splendore di quella stella che stanotte sembra brillare solo per lei, fissa e lucente nella tenebra come se volesse tenacemente indicarle la strada  del bene, che nonostante tutto, continua a cercare, a volere per sé e per gli altri, al di là dell'odio, del rancore, della prevaricazione, che sono intorno a lei,  in questo cammino che è la vita, la sua vita, il suo Natale.

sabato 24 dicembre 2016

Onorerò il Natale


Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto l'anno
Charles Dickens

Queste parole mi hanno accompagnato per tutta la giornata, senza che io le avessi cercate, o richiamate dai meandri della mia mente.
Onorerò il Natale! Prometto che lo onorerò. Come farò non lo so. Non ho nessun piano prestabilito, ma dentro di me sento che onorerò il Natale e cercherò di non fermarmi a questo momento, dove senz'altro l'emozione gioca un ruolo importante. 
Onorerò il Natale portando la Pace dentro il cuore, o almeno ci proverò. Non posso dare per scontato che mi riesca sempre,  perché  noi esseri umani siamo così fragili, così vulnerabili...ma ci proverò con tutta me stessa, perché lo devo alla mia dignità di persona. Che merito abbiamo se vogliamo bene solo alle persone che ci vogliono bene? Onorerò il Natale!  Lo ripeterò ogni volta in cui mi accorgerò di venire meno al mio proposito. Onorerò il Natale, quel Natale che è sempre stato dentro di me, quello che mi vede anche stanotte davanti a quel piccolo bambino, Dio fatto uomo, che viene a insegnarci l'amore. Questa è la mia Vigilia di Natale. 

domenica 18 dicembre 2016

Profondo nero


Stanotte è una di quelle  notti splendide, di cui ho parlato altre volte con religioso stupore. Il fatto è che quando si presentano notti come queste, fredde, cristalline, luminose e che hanno in sé un potente richiamo abissale, io non mi posso sottrarre a quel richiamo, perhé ormai so benissimo, che notti come queste sono rare e se non le acciuffo per uno dei loro veli neri e diafani, prima di riaverne un'altra uguale, possono passare molti mesi, o anche anni, perché sono il prodotto di diversi ingredienti che difficilmente si trovano tutti insieme. Bisogna essere ben disposti all'introspezione, avere una dose massiccia di immaginazione, una quantità giusta di dolore, una consistente quantità di preoccupazioni e ...speranza, tanta speranza.
Stasera sembrava che tutti gli ingredienti fossero stati preparati dalle mani di uno chef che si accinge a fare la torta più importante della sua vita, per quanto erano allineati bene sull'orizzonte degli eventi di quel gran buco nero che è qualche volta la vita, e la cosa in sé non mi ha stupito per niente, perché ormai ho fatto diversi viaggi in altrettante notti come questa e ne sono sempre ritornata rigenerata, anche se all'inizio non è facile per niente accettare di rivivere ciò che è stato, come è stato, perché è stato.
La cosa positiva di questa nottata è che è un bel pò vicina a una notte molto ma molto più importante  e questo mi sta aiutando almeno in parte a mettermi in ascolto. 
Guardo le decorazioni di Natale, che ho voluto fare, nonostante il  profondo nero che in questo momento è dentro di me. Sono macchie di colore e sprazzi di luce. Li guardo e per brevi attimi mi sento intenerie, sento che la parte migliore di me esiste ancora, anche se in questi giorni è  messa a dura prova, soffocata da tristi fatti che mi spingono a chiudermi in me stessa e a isolarmi dagli altri.
Il mio sguardo passa sempre più spesso sopra la candela ormai informe, che da quarantadue anni illumina per brevi attimi ogni mio Natale. Ho pregato davanti a quella candela, per tante cose, per tante persone, per me stessa e lentamente comincio a capire che anche quest'anno dovrò fare la stessa cosa, e la dovrò fare non solo per chi mi vuole bene, ma anche per chi non me ne vuole.
Forse anche questa è un'attesa di Natale, speranza in un prodigio che si rinnova ogni anno dentro di noi







giovedì 8 dicembre 2016

La Donna


Sono andata a votare con la febbre addosso, sentendo che aumentava a ogni passo che facevo. Ma niente e nessuno mi avrebbero impedito di andarci e  non perché c'era questa lotta all'ultimo sangue tra il no e il sì sulla Costituzione, ma perché andare a votare, per me, prima che un diritto, prima che un dovere, è una forma di rispetto per tutti coloro che ci hanno permesso di poter esprimere il nostro pensiero. Poi, tornata a casa, mi sono spaparazzata sul divano, dove sono ancora dopo ben cinque. E da lì, comodamente sdraiata, ho sentito tutto ciò che sta accadendo in Italia. Siamo nel Caos, ma mi sembra che ci siamo abituati non è vero? Può capitare che uno perda, e che decida di andarsene per rimuginare sulla sua sconfitta. Può capitare anche che l'Italia, fragile stivale, stremato dai terremoti, dalla crisi finanziaria, dalla lunga ombra delle banche, dalle diatribe fintopolitiche, diventi ancora più accartocciato, uno di quei stivali elasticizzati che andavano di moda tanti anni fa, che se li tiravi su per bene erano belli, altrimenti di uno schifo mostruoso. Ecco sì...può capitare questo e il ritorno delle cassandre che predicono catastrofi a scelta, volando sui plumbei cieli della tempesta non ancora sedata e può capitare ancora di più, la corsa, neanche nascosta degli alti papaveri a cercare di salvarsi la faccia e anche qualcosa di più, se è vero o no che sulla poltrona ci si sta a sedere. Può capitare anche che ritorni fuori la frase di Brenno "Vae Victis", a dimostrazione che il mondo evolve, la gente si raffina, ma per chi perde, oggi come ieri, non c'è pietà.
Insomma nel mio divano di dolore, tra uno starnuto e qualche visione strana, giustifiata dalla febbre a quaranta, ho visto passare l'Italia intera, mentre io, nel mio stato confusionale, mi sentivo ben al di sopra di queste miserie umane, pensando che un piccolo microbo, di cui non conosco il nome, faceva di me ciò che voleva. Ero lì, al di sopra delle ideologie,e guardavo scorrere davanti ai miei occhi un film, che potrei paragonare a un don Camilo dei tempi moderni, per essere buoni, o a uno sgualcito teatro di marionette, per essere giusti. In certi momenti, anche divertente.  Poi, in questa lotta di corvi, che sanno sempre e solo fare il loro monotono cra-cra, e riempirsi i loro lunghi becchi senza dare più niente a noi, popol bruto, (e chi conosce Ifigonia, vada a farsi una rifrescatina, chi non la conosce, la legga, almeno farà una sana risata, senza un minimo di ipocrisia),improvvisamente è apparsa una colomba. Si è manifestata così, silenziosa, in piedi con un maglioncino bianco e un paio di pantaloni neri, ma in quella semplicità, in quel momento batteva il cuore di una regina. E' vero che avevo la febbre alta, ma mica a tal punto da non capire di stare assistendo a una forma di altissima dignità e di coraggio, che l'ha resa bellissima ai miei occhi, ma credo anche a quelli di tutti gli italiani. In quella donna ho visto il simbolo dell'Italia, che nonostante le umiliazioni che ha subito, i dolori che ha provato, ha saputo essere presente, confortante, pilastro saldo.
Forse è degli uomini, correre verso miraggi, cavalcare onde gigantesche, rompersi la testa contro gli scogli, che c'erano, ma non erano stati guardati; ma senz'altro è delle donne lenire, rialzare, aiutare, porgere la propria mano, restando semplicemente se stesse. E non di tutte le donne....

domenica 20 novembre 2016

SI o NO?

Ho letto alcuni aforismi sulla Costituzione Italiana, che sono a dir poco, bellissimi!Sono firmati da grandi uomini come Pertini, Calamandrei, Montanelli. Tra tutti mi sono rimaste impresse le parole di questo:



La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti, verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà.
Luigi Sturzo, Discorso, 1957


Ora! Sarebbe facile aprire un discorso che non finisce più, sull'onda delle tante informazioni più o meno frammentarie che ci giungono da tutte le parti. Preferisco farne a meno. Preferisco meditare su queste parole, in silenzio, senza condizionare, né essere condizionata sulla scelta che andrò a fare il 4 dicembre.









martedì 15 novembre 2016

Superluna

Che meraviglia la volta celeste! Non mi stancherò mai di guardarla e guardandola trarne insegnamento.
Stasera lo spettacolo era offerto da quella che è stata chiamata la 'Superluna'. Una concomitanza di fattori tutti positivi che ci hanno permesso di ammirare  il nostro splendido satellite in tutto il suo splendore. Il cielo era terso l'aria pulita, la notte algida. A naso in su, come tutti, guardavo il suo moto silenzioso, che scorre sulle vicende umane da milioni di anni e in me c'era la stessa ancestrale meraviglia dell'uomo primitivo, che assiste con riverenza a eventi tanto più grandi di lui.
E' stato del tutto naturale che il pensiero si spostasse, sui fatti appena avvenuti, sull'uomo più potente del mondo, che rischia di destabilizzare il mondo intero con le sue multinazionali, la sua esagerata ricchezza, la sua casa dorata, le sue donne bellissime....ma come tutto improvvisamente mi è apparso piccolo e senza importanza.... cos'è tutto ciò davanti a uno dei tanti eventi naturali che giungono silenziosi a ricordarci che siamo poco più di niente in questo infinito universo, guidato da un'armonia diversa dalla nostra? E sempre e solo guardando questa luna meravigliosa di stanotte, che mi sono resa conto che niente conta del potere degli uomini e che riesco solamente ad essere me stessa e parte della meraviglia che mi contiene e mi sovrasta, se mi libero da me stessa e dai lacci delle convenzioni che attanagliano e mortificano la nostra vita. Ecco! Se io penso che mentre guardo questa luna così chiara, così splendente, sono con i piedi appoggiati su un'altra sfera che si muove a velocità vertiginosa, intorno a una sfera più grande di lei e che quest'ultima, fa la stessa cosa girando con tante altre anche più splendenti di lei, intorno a un centro che non riusciamo nemmeno a immagianre, mi sento molto piccola, è vero, ma sento anche un senso di appartenenza totale a un creato nel quale io, i più grandi potenti della terra, l'ultimo dei clochard, siamo tutti uguali, perché le regole dell'infinito non sono quelle miserevoli che ci siamo date noi. E allora per un breve attimo mi sento innalzare, andare verso cose più grandi, esplorare orizzonti che non potrò mai vedere davvero, ma che in questi momenti ho molto chiari davanti a me. 
Tornata a casa, ho trovato una mail di una cara amica, che mi raccontava le sue di emozioni, davanti a questa luna che sembrava persino troppo bella per essere vera, specialmente nel momento in cui un banco di nuvole ballerine le è passato davanti, creando colori di arcobaleno. E nel silenzio della notte, mentre l'orologio batte la mezzanotte, questo senso di infinito che perdura dentro di me, si arricchisce dell'esperienza di un altro essere pensante, si intreccia alla mia e vola in alto, nei luoghi dove non ci sono più inibizioni, più sbarre, più catene dell'anima, ma solo il silenzio avvolgente dell'universo. Una meraviglia!

giovedì 10 novembre 2016

Giù il Muro

Ricordo. Questo non è proprio uno di quei classici lampi di felicità, che arrivano improvisi dal passato e si riallargano davanti a me facendomi rivivere le stesse sensazioni. No! Questo piuttosto è un ragionamento che ha fatto riaffiorare un ricordo e le sensazioni di allora.
Era il 9 Novembre del 1989. Io quando mi alzai non sapevo ancora che sarebbe stato un giorno da ricordare nella Storia del Mondo, ma poi la notizia dilagò in un baleno e diventò, come si dice oggi, virale. Era caduto il Muro di Berlino e da quella breccia soffiava nuovamente il vento della speranza, del cambiamento, del dialogo, del riavvicinamento dei popoli. Un vento nuovo, che si sparse per le strade di tutto il mondo e dette nuova linfa vitale al mondo intero. 
Ricordo la gioia di allora, la voglia di fare qualcosa anche da lontano, per poter manifestarla in modo visibile, e fu così che venne in mente di fare il presepio che avremmo dovuto allestiri di lì a breve, proprio ambientato nel ricordo di quell'evento umano, politico, sociale, che si era compiuto in questo giorno. Niente e nessuno ci fermarono, neanche coloro che non volevano mischiare queste cose all'evento prodigioso del Natale, neanche chi ci disse che queste cose non si dovevano fare all'interno di una chiesa, perché il figlio di Dio doveva nascere in un coro di angeli e in una grotta. "Ebbene - risposi, ma a nome anche degli altri - vorrà dire che quest'anno se gli angeli non vorranno cantare staranno zitti e lui nascerà tra le macerie di un muro che parla di Libertà". E così fu. Costruimmo un muro davanti a una cappella laterale e poi lo sfondammo, lasciando le macerie come erano cadute. Nello squarcio che fu prodotto allestimmo il nostro presepio. Il più bel presepio che io abbia mai fatto. La notte di Natale, non solo io avevo gli occhi lucidi.
E di ricordo in ricordo mi tornano in mente parole potenti dette da persone, non semplici come me, ma di grande impatto mediatico.

 “Tutti gli uomini liberi, ovunque si trovino, sono cittadini di Berlino. Come uomo libero, quindi, mi vanto di dire: Io sono un Berlinese”. (J.F.Kennedy)

“Signor Gorbaciov, se lei cerca la pace, se cerca prosperità per l’Unione Sovietica e per l’Europa dell’Est, venga a questa porta, apra questa porta, abbatta questo muro”. (Ronald Reagan parlando davanti alla Porta di Brandeburgo nel 1987)


Parole forti, potenti, incisive, che sono qui anche oggi, in mezzo a noi, pronte a farsi udire nuovamente.


E oggi, questo pensiero che è tornato così imperioso e suggestivo, si scontra con ciò che si sente dire sempre più spesso. "Costruiamo muri".
Sì! Facciamo un mondo di isolazionisti, dove non ci sia più scambio culturale, di pensiero, di elaborazione, di progettualità di ampio respiro.
Ma perché invece non si sente dire 'Costruiamo ponti', che uniscano le idee, le religioni, le persone, gli ideali? Non ponti comuni e fatti male, come capita troppo spesso, ma belle opere solide, salde, che abbiano regole ben precise da rispettare e che per prime rispettino l'uomo, qualsiasi uomo, e la natura, e l'aria che respiriamo, che è sempre più tossica e velenosa.
Abbattiamoli porco cane i muri, abbattiamoli cominciando da quelli che ci costruiamo intorno individualmente, altro che costruirli! Investiamo su noi stessi e sulle nostre diversità, che alla fine sono quelle che hanno portato progresso nel mondo.......

No! Questo ricordo non può essere un lampo di felicità...non ancora. Non finché ci sarà dentro di me questa sensazione di disagio  data dal non sentire pronunciare quella parola magica che si chiama LIBERTA', da  persone che in nome del potere vogliono costruire nuovamente IL MURO.



mercoledì 9 novembre 2016

Parlando di Donald

Fino a  ieri conoscevo un solo Donald.
Si chiama DONALD DUCK e mi ha accompagnato per tutta l'infanzia, nella giovinezza, nella maturità, e anche ora, quando sono nel posto più intimo della casa, cioè in bagno, occupa un posto particolare.
Mi sono ritrovata spesso a dovermi  identificare con una bella dose di autoironia, nel personaggio di Donald Duck, per noi Paperino, e la nostra similitudine alla fine mi è sempre stata di aiuto e di conforto, perché questo Donald, simpatico a tutti, alla fine riesce a sdrammatizzare i problemi che ci accompagnano nella vita quotidiana, perché li riviviamo in lui e così facendo almeno in parte li esorcizziamo. Insomma DONALD DUCK è lo sfigato per eccellenza.
Da stamani dovrò abituarmi a fare la conoscenza con un altro Donald.
Si chiama DONALD TRUMP e da poche ore è il nuovo Presidente degli Stati Uniti di America. Di lui oggi posso solo dire che DONALD TRUMP è il tycoon per eccellenza, questo non glielo toglie nessuno. Per accostare un altro aggettivo identificativo al suo nome, perlomeno un aggettivo che a me piaccia di più e senta fortemente di appartenenza, c'è bisogno di tempo e di lavoro. Il tempo passa, e il lavoro che verrà fatto nel suo scorrimento, avrà un peso tangibile nel futuro degli uomini, di tutti gli uomini. E sarà ciò a determinare il nuovo aggettivo.
Al nuovo Donald auguro di risultare gradevole e simpatico come quello dei fumetti, che ci piace tanto, e sicuramente (questo ormai è noto) non altrettanto sfigato.

domenica 6 novembre 2016

Oggi 6 novembre

Oggi 6 novembre........mi son svegliata e.....................
Perdindirindina ho un sacco di cose da fare. Devo preparare la torta di castagne, il budino, la torta farcita.....no, quella ha detto che la prepara mia figlia, devo dare una sistemata alla casa, che a pranzo ci sono anche mio figlio con i miei nipotini...poi aspetterò che anche gli americani mi facciano gli auguri...ci conto proprio...... devo, devo, devo.....perché oggi è il mio compleanno. Ho sessantasette anni, ma che ci posso fare se dentro di me, appena mi sveglio mi sento una ragazza? Specialmente da quando dormo sul mio letto molleggiato e con il materasso di lana, come quando ero bambina? Forse sarà per quello, ma per tutto il giorno mi sono sentita piena di energia e non mi è pesato fare niente....insomma sono stata serena, di quella serenità che mi ha fatto dire una volta di più che la parte più bella della mia vita deve ancora arrivare, e siccome me lo sono detta con convinzione, mi proverò anche a crederci.
Bene ora vado a finire la mia giornata, grata a tutti coloro che si sono ricordati di me, e sperando che di qui a mezzanotte questo giorno sia bello come è stato fino ad ora.
Del resto godersi il proprio compleanno è un diritto dovere, non fosse altro perché un giorno simile viene una volta all'anno!

giovedì 3 novembre 2016

Mi ricordo.....

La prima volta che entrai nel suo....non so come chiamarlo, se negozio o laboratorio, avevo vent'anni. Per me, quegli anni erano anni speciali, momenti magici in cui avevo potuto dare sfogo alla mia passione per la pittura e facevo mostre su mostre. I miei quadri venivano venduti e io tornavo a casa soddisfatta di me stessa. Finalmente potevo dire di stare facendo qualcosa di buono, e il fatto di essere così versatile nel dipingere, mi ripagava dell'amarezza di non essere potuta andare all'Università.....per motivi che non vale più la pena di dire, anche se non riesco a dimenticare. L'unico disappunto che avevo era quello che le cornici dei miei quadri erano tutte uguali, tutte dello stesso colore, tutte con lo stesso passepartout, neutro, ma nel mio paese non c'era un corniciaio e anche nei dintorni non ne avevo trovati, e allora avevo risolto andando di tanto in tanto in città per prendere uno stock di cornici di varie misure, ma sempre tutte terribilmente anonime. Fu il mio babbo, che mi seguiva con entusiasmo e con consigli preziosi, che un giorno mi disse di andare da Bruno per vedere se riuscivo a farmi fare qualcosa da lui.
Appena entrai, ricordo che provai la sensazione di essere stata lì decine di volte, per quanto mi piacque quella stanza, con il grande bancone nel mezzo e mobili da aggiustare messi nei posti più disparati, C'era odore di legno, di solventi, di vernici, profumi ai quali ero abituata ad usare nelle mie tele. Mi sentii immediatamente a mio agio e sorrisi all'uomo che mi stava sorridendo di rimando dall'altra parte del bancone. Indossava uno spolverino azzurro e da quel giorno, e di anni ne sono passati, non ricodo di aver mai visto Bruno senza la sua casacca da lavoro. Da allora, tutte le cornici dei miei quadri me le fece lui. Ricordo le prime, fatte con mezzi di fortuna e tanto impegno, del resto Bruno non  faceva di professione il corniciaio. Stava imparando con me e dopo un pò cominciò ad attrezzarsi e le sue cornici diventarono proprio belle. Ma la cosa che mi piaceva di più era andare a scegliere il legno con lui e poi abbinarci la tela del passepartout. Si parlava in quei momenti, io gli dicevo quello che volevo, cioè quello che la mia fantasia proiettava davanti ai miei occhi e lui realizzava i miei desideri, aggiungendoci del suo, consigliandomi, facendomi tornare sui miei passi, quando secondo lui, andavo troppo in là. Dalle cornici passare ai mobili il passo fu breve e naturale. Lui aveva imparato a conoscermi, aveva capito che non mi interessavano i mobili belli, ricchi, decorati, ma amavo le cose semplici e che mi parlassero di vita vissuta, per cui diverse volte andavamo in uno scantinato pieno di mobili vecchi, rotti, pieni di muffa e quando io mi fermave gli dicevo: "Vorrei questo! Ma verrà bene? Sinceramente per come è conciato qualche dubbio ce l'ho!" perché mi aveva trasmesso qualche sensazione, quelle sensazioni strane che io provo così spesso davanti alle cose vecchie che mi parlano di vita, di gente che ne ha goduto prima di me. Lui non era di tante parole, ma guardava attentamente la mia scelta, poi annuiva e quando cominciava a lavorarci, dopo una settimana il lavoro era sempre fatto e io ammutolivo, perché mi sembrava di assistere ogni volta a un miracolo nuovo, e lo dico anche ora, guardando la mia bellissima libreria, che è proprio qui accanto a me. Anno dopo anno, era diventato naturale fermarmi un attimo nel suo negozio, nel quale ora c'erano tanti altri pittori, anche molto più bravi di me, che facevano fare le cornici alle loro tele. Spesso capitava anche la sua bella famiglia, e infatti Bruno forse non era ricco di denaro, ma senz'altro ricco di figli e di amore....si vedeva nell'espressione con cui li guardava sia i figli che la moglie.
Per me passare davanti al suo negozio, che in tanti anni è rimasto sempre lo stesso, era una specie di sicurezza, mi faceva sentire a casa. La stessa sensazione che provo quando entro nell'unica libreria del  mio paese, un posto rimasto immutato negli anni, in cui i libri sembra che escano da tutte le parti in allegra confusione, ma non la cambierei con nessun altra libreria. 
Poi Bruno un giorno se ne è andato e il suo negozio è chiuso e vuoto e prima o poi senz'altro ci sarà qualche altra attività, ma io ogni volta che passo  davanti a quella porta, penso agli anni passati, alla gioia che provavo ogni volta che uscivo con un quadro incorniciato sotto il braccio, penso ai miei sogni di allora e penso a quell'uomo schivo, mite, di poche parole, che, anche se non l'ha mai neanche immaginato, era ed è una delle figure che caratterizzano il mio paese. Lui, insieme al calzolaio che è per la discesa di piazza, e al libraio che è ancora più giù,  fanno parte della nostra realtà paesana, un dipinto in un quadro di autore, firmato 'mi ricordo'. Sembrerà strano, ma vi siete mai accorti che non occorre essere ricchi, celebri, famosi, per essere ricordati? Molte volte invece sono proprio le persone che fanno il loro lavoro con semplicità e costanza, restando fedeli a se stessi, e vivono la loro vita credendo di passare inosservati, ad essere ricordate maggiormente. fino a dare un'impronta al luogo in cui vivono, e a lasciare un senso di vuoto, quando non ci sono più. Ma se è vero che una persona continua a vivere finché ci sarà qualcuno che parla di lei, io credo che Bruno vivrà ancora tanti e tanti anni per le vie del suo paese.

mercoledì 19 ottobre 2016

Paggio Fernando

Lo sapeva fin da qualche giorno prima! Lo sapeva che ieri, guardandosi allo specchio avrebbe detto: "Ma questi capelli sono decisamente troppo lunghi....bisogna che mi decida ad andare dalla parrucchiera...." Lo sapeva e anzi, ora che ci pensava meglio la vedeva fugacemente già da qualche giorno quella mano che agitava un paio di forbici davanti ai suoi occhi....Zac zac facevano quelle forbici e , quasi senza accorgersene se le ritovò davvero in mano, mentre con quell'altra stringeva una ciocca di capelli. Un attimo sospeso, una breve riflessione e un'ammissione fiduciosa: "Tanto che ci vuole! Mica è difficile!" e neanche il tempo di finire la frase e i capelli erano già in terra.
Del resto, poteva essere diversamente ? Conoscendosi scosse subito la testa e si accinse a continuare l'opera appena cominciata, ........non senza un piccolo batticuore....lontano, piccolo davvero, che piano piano si affievoliva nell'entusiasmo del momento dove, ciocca dopo ciocca i suoi capelli se ne andavano e lei non sapeva ancora quale sarebbe stato il risultato finale.
Riconobbe subito, non senza una punta di divertimento, di essere alquanto strana! Ma si disse subito che anche questo era scontato ormai da tanto tempo! Del resto bastava guardare come era cresciuto il suo cane. Grandissimo mangiatore di ortiche, in guerra continua con camion e automobili, verso i quali si slanciava con lo stessoimpeto di Don Chisciotte; abbaiatore indefesso alle nuvole; maratoneta senza traguardo dietro la sua coda! Se era vero il detto "Tale il padrone, tale il cane" non c'èra da stupirsi se ora lei era lì davanti a uno specchio neanche troppo grande, a improvvisarsi parrucchiera. 
Alla fine lo sforbicio forsennato ebbe termine e si ritrovò a guardare la sua testa decisamente cambiata....ma cambiata come? Solo dopo la sfonatura, avrebbe visto il risultato e deciso se poteva uscire o andarsi invece a nascondere dentro un buco, non prima di aver trovato una scusa decente da dire a chi si sarebbe messo a ridere vedendola. 
Uno...due...tre! Aprì gli occhi e per un attimo rimase a bocca aperta. Non era poi così male come aveva temuto. I capelli, decisamente un bel pò più corti, le giravano intorno alla testa come un caschetto, ma furono gli occhi, i suoi occhi, ad attirarla....occhi pieni di allegria, di sfottò verso se stessa, di adrenalina non ancora scaricata! Occhi più giovani di quelli che l'avevano guardata dallo specchio mezz'ora prima! "Sembro Paggio Fernando!" si disse con un sorrisetto filoironidivertito. E non ne fu affatto dispiaciuta!

venerdì 14 ottobre 2016

Vasco


Volevi volare.

I tuoi occhi guardavano il cielo

Risultati immagini per piccioneseguivano le nuvole.

Sognavi ali grandi, invincibili

per arrivare su e planare nel vento.

Non basta il nutrimento del corpo

quando si cerca quello dell'anima!

E se non sapevi che cosa sia 

un'anima

conoscevi bene il primordiale istinto

che guida tutto ciò che vive.

Volevi volare.

E invece sei caduto in bocca al gatto

che ti ha aperto la gabbbia.

Chissà se l'hai considerato il gesto di un amico?

Quante volte cadiamo con fiducia

nelle fauci di chi crediamo amici!

Provo a pensare a te che voli in un altro cielo

provo a pensare alle tue ali 

finalmente libere di mostrare le piume

che vibrano leggere sulla spuma del vento

e con questo pensiero ti saluto

piccolo compagno di strada

di un tempo che ormai è stato.

Resta il tuo nome a ricordare chi eri e chi sei.

Ti chiamavamo Vasco.



E' strano, o forse no, che un pensiero poetico possa nascere 

dalla morte di un piccione!
 

mercoledì 12 ottobre 2016

Vae victis!

C'è chi dice che questa frase è solo frutto di fantasia che alla fine è diventata leggenda! Ma vero o non vero che sia l'episodio di Brenno, la cronaca della vita quotidiana ci viene a dire che è proprio vera, sempre vera, sempre più attuale e mai disattesa, neanche per chi si illude che a lui non potrà mai essere applicata.

Guai ai vinti! E non importa se questi vinti siano delinquenti o persone che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri. In questo la vita fa veramente da livella, anche se con una pendenza preferenziale verso i malandrini, perché il male, inutile dirlo, ha un'attrattiva maggiore e alla fine si finisce per guardare con più simpatia e rispetto chi ne ha fatte quante Carlo in Francia, piuttosto che coloro che hanno speso la loro vita nelle piccole e grandi cose per cercare di migliorare il mondo. 
Guai ai vinti! Eh si! E non solo perché ci si dimentica di loro, ma  perché sul piatto della bilancia poi si mette anche la famosa spada di Brenno, quella che aumentò il tasso di oro che i Romani dovettero pagare per la loro sconfitta. E non sempre c'è un Camillo disposto a mettere la sua di spade, nell'altro piatto della bilancia, per riequilibrare le sorti e restituire animo e dignità a chi ha perso. 
Proprio così! La storia o la leggenda continua a ripetersi giorno dopo giorno, nei grandi eventi e nei piccoli fatti della gente comune. Hai perso la partita? Non importa se hai fatto del bene, se hai dedicato la vita al prossimo, se hai creduto in un ideale. Fatti più in là, perché non conti più niente. Non solo!
 Non solo vieni lasciato solo, sempre più solo, ma chi credevi vicino va a fare il gregario con le persone che ti hanno messo all'angolo, a costo di vendere se stesso e il proprio pensiero, perché il tornaconto personale è più importante di tutto.
E' così lampante questa tattica, che se non fosse tragica, verrebbe quasi da ridere e avendo davanti queste due scelte, io che sono molto autoironica, preferisco farmi una bella risata, che magari  è un'amara risata, ma sempre risata è!

sabato 8 ottobre 2016

2 metri per 1

Essenzialità: una cameretta di un metro per due e dormirci felici
da "Piccoli Pensieri di" KB

venerdì 30 settembre 2016

Coloro la vita

Ecco! In questo preciso momento vorrei che la mia vita fosse colorata così! Toni accesi, vividi, sfacciati, ma veri, veri.
Sinceramente alcuni di questi colori, sono già tornati a far parte del mio essere e ne sono proprio contenta. Altri ancora faticano, non vogliono uscire dal tubetto, sento che sono lì, freschi e impregnanti, ma non riescono a rompere il tappo che si è formato, per essere stati troppo, troppo tempo relegati nel dimenticatoio, ma ora so che farò di tutto perché tornino nella tavolozza della mia vita.
Un bell'aiuto mi è arrivato ieri, quando sono andata in un luogo che per me una volta era estremamente colorato e ieri, invece l'ho trovato grigio, silenzioso, ma non di quel silenzio dove si sente il frullio dei cervelli che ragionano, ma proprio vuoto, vuoto. Mi sono guardata intorno e ho capito che dove non c'è colore non posso stare io e cosa molto più importante ho sentito dentro di me che i colori erano fuori da quel portone e mi aspettavano tutti per farmi festa,  per dirmi "Bentornata tra di noi!"....grigi compresi! Eh sì! Perché c'è grigio e grigio, c'è il grigio che parla di sensibilità, di dolcezza, di voglia di essere di aiuto e quel grigio lì ha il colore delle perle che sono dentro uno scrigno. E così accanto ai rossi sfacciati, ai verdi intensi, agli azzurri dalle mille sfumature, ai gialli emozionali accetterò che nella tavolozza che sto ripreparando ci siano anche questi grigi, ma solo questi.
Via da me la cupezza di un luogo che ho visto morire, senza riuscire a far niente per ridargli un pò di quell'ossigeno che rianima i fiori, la piante, i volti, gli occhi, gli animi. Via da me! Con me porto solo il ricordo dei magnifici colori che per un bel periodo l'hanno reso vitale, interessante, futuristico. Voglio solo quello!