giovedì 29 giugno 2017

Carissimi Proff.


Qualche giorno fa ho scritto una mail a due cari amici, marito e moglie,  che ogni tanto vado a trovare. Purtroppo da un po' di mesi, per varie vicissitudini non ho più potuto passare un po' di tempo con loro, e ne sento la mancanza

Ho cominciato come sempre:


Cari Proff
(..................................) e dopo ciò che ho scritto ho terminato con queste parole:
 Vi auguro di passare una bella estate, insieme ai vostri cari, e che questa perduri in voi  per poter dire insieme a Camus
Ho compreso, infine,
che nel bel mezzo dell’inverno,
ho scoperto che vi era in me
un’invincibile estate.


Questo aforisma ricorre spesso nei miei pensieri, che poi si traducono in parole, perché ne ho tratto motivi di profonda riflessione e aiuto del tutto inatteso, per cui mi è piaciuto condividerlo con loro.

La loro risposta, al solito è stata molto bella, piena di insegnamenti culturali, che poi si riversano in altrettanti insegnamenti di vita. 
Ma sono state le ultime righe , che mi hanno lasciato letteralmente stupita e a bocca aperta.............



 "A proposito del saluto assieme a Camus c'è da dire che i poeti sono sempre un po' imprevedibili, sanno creare luoghi e situazioni di tutto rifugio, dove, se è il caso, essi si riparano, lasciando magari il lettore a piedi; sono luoghi in cui palpitano, in diafani sorrisi, ali di farfalle dagli azzurri colori, in cui a segnar l'aria ci sono stupite rose di macchia e in cui il silenzio è reso religioso dalla presenza di una kore in rovina."

..................perchè mentre le leggevo, io vedevo quel luogo e ci entravo sollevando un leggero velo. E davanti a me trovavo proprio tutto quello che il mio amico prof. mi aveva scritto, o forse dipinto,  con poche , stupende parole. 
Il rifugio! Quello che ho sempre cercato, per andare con la fantasia oltre quell'arcobaleno che è sempre stato nelle mie visioni oniriche. Quel rifugio mi era stato offerto dalle menti acute e sensibili di un uomo e di una donna, che avevano perfettamente capito la mia natura e il mio stato d'animo.  Sono entrata tra lo svolazzio leggero delle farfalle azzurre e ho aspirato l'aria fresca  di quel luogo che sapeva di rosa canina. Da lontano una statua diroccata di donna mi guardava con i suoi occhi vuoti, che trasmettevano, chissà perché un'inesprimibile serenità. Mi sono seduta, mentre con un sorriso leggero, sentivo che la mia invincibile estate era ancora con me, pronta a ridarmi energia per affrontare i nuovi giorni della vita.

martedì 27 giugno 2017

I quattro Cavalieri dell'Apocalisse

Oggi. Non so dire da quale finestra improvvisamente siano uscite le note di una canzone a me molto nota, ma il suo potere è stato tale che mi sono dovuta fermare con la macchina e restare in ascolto, mentre il mio pensiero volava lontano. Mexico è il suo titolo.

Ieri. Avevo dieci anni e mezzo ed ero  a Marradi, come ogni anno nel mese di Agosto. Eravamo in ferie e con noi c'era anche la mia cugina Isabella, che aveva sette anni più di me, ma che non disdegnava di stare con una bambina. In regalo mi aveva portato un baby doll. Io non li avevo mai visti, ma a Firenze imperversano e il mio era proprio delizioso Quell'anno a Marradi si respirava un'aria di festa, di benessere, di voglia di vivere. Almeno io la intendevo così. Già da un mese si sentiva strombazzare che a ferragosto ci sarebbe stata la fine del mondo. Sarebbero venuti i quattro cavalieri dell'Apocalisse e con la loro venuta il mondo sarebbe scomparso. La cosa non mi aveva tolto il sonno, mi aveva solo incuriosito, anche perché il mio babbo, che era un giocherellone, ce ne parlava spesso per impaurirci e farci fare quattro risate. 
Arrivò il quindici di agosto e quella mattina mio padre, ci riunì intorno al tavolo per fare colazione e subito notammo che c'erano paste in abbondanza, e una bella ciambella (la brasadela,come la chiamano in Romagna) e la schiacciata col rosmarino, che buona così non l'ho ma più mangiata.
Lo guardammo stupite da tutta quell'abbondanza e lui ridendo disse: "Beh! Approfittiamone finché siamo vivi. Domani forse non faremo colazione!" E così ci buttammo su quel ben di dio, finché non fu tutto spazzolato.
"Sapete che vi dico? Oggi andiamo a pranzo al ristorante. Non pensate anche voi che sia preferibile finire in bellezza?" Ci trovò immediatamente d'accordo e così a mezzogiorno ci avviammo verso il ristorante  per fare il nostro ultimo pranzo a base di ravioli di ricotta e coniglio arrosto, che anche quello buono così non l'ho mai più mangiato. 
Mentre si tornava a casa, improvvisamente apparvero nel cielo che fino a quel momento era stato di uno splendido azzurro, quattro nuvolette scure. Quattro capite? non tre, o due , o sei. Quattro. E allora il mio babbo, additandole ci disse:"Vedete?, quelli sono i quattro cavalieri dell'apocalisse, che vengono a distruggerci." Noi ridevamo, ma insomma, un pochino appena di paura ci prese ecco! Le nuvole passarono sopra di noi e come erano apparse, si dissolsero nella calura estiva.
"L'abbiamo scampata proprio bella - disse a quel punto mio padre che non si stancava di prenderci in giro - penso che stasera dovremo fare una bella cenetta per ringraziare di essere ancora qui. Che ne dite?" L'assenso fu unanime e entusiasto a tal punto che invitammo anche altre tre persone, a cenare con noi.
Come erano belle le cene allora. Passata la calura del pomeriggio, si alzava un venticello ristoratore che faceva smuovere l'appetito e senza tante storie ci buttavamo sopra il raviggiolo, la ricotta, il prosciutto del mio nonno che anche quello buono così non l'ho più mangiato. E  poi il cocomero, quello che veniva dal sole della Romagna. Che scorpacciate!A me mi mandavano a riempire la brocca dell'acqua alla fonte che avevamo di fronte casa e quando rientravo in cucina il vetro era tutto appannato, per quanto gelida era quell'acqua. Ma quanto era buona, così buona che come quella non l'ho mai più bevuta. In tavola c'era anche il vino, il sangiovese e quella sera per festeggiare lo scampato pericolo, ne dettero un pò anche a me. Fu a quel punto che cominciammo a cantare. Allora si sentiva spesso una canzone estiva. Oggi ce ne sono altre. Allora c'era quella. Il titolo era Mexico e diceva così:
Si canta sempre alla fortuna, si canta sempre al primo amor, ma questa sera al chiar di luna io voglio cantare al Messico in fior.
Poi c'era il ritornello che diceva Messico Messiico, Messico Messicooo.....e quell'assolo lo avevano dato a me, che a quel tempo avevo una bella vocina. Però mancava la musica, e allora quasi per magia vennero fuori coperchi, pentole e mestoli e fu improvvisata un orchestra che non dimenticherò mai. 
Cantavamo a squarciagola, felici, sereni, contenti di essere insieme intorno a un tavolo che portava addosso a sé ancora le ferite della guerra, come le portava la vetrina della signora Luisa, una ferita in uno sportello, che mi sono sempre rifiutata di far accomodare. Quello era il suo vissuto. Quella sera, in quella cucina che poi è diventata la cucina della Rosina, c'era gente felice e una bambina che non si stancava di guardare quando l'uno, quando l'altro, per catturare quegli attimi che poi mi sono rimasti dentro e mi permettono di rivivere anche oggi, gli occhi di mio padre, il sorriso di mia madre, i piccoli gesti della quotidianità, mentre al nostro coro si aggiungevano altre voci dalla strada e il gracidio delle rane che cantavano sulla sponda del fiume anche lui quasi baritonale, per i residui di una grossa , recente piena.
La semplicità era la padrona del gioca, un gioco che piaceva a tutti e che a me ha continuato a piacere anche oggi, in questi nostri giorni così strani e frettolosi.
Alla salute dei quattro Cavalieri dell'Apocalisse.

sabato 24 giugno 2017

La volta nuda

Vi è mai capitato di sentire il desiderio di dire una preghiera e quindi, invece di risalire in macchina, chiuderla di nuovo e andare nella chiesa che è lì a quattro passi?.

A me è successo proprio stamani e l'intenzione era veramente seria e sentita, solo che appena sono entrate e mi sono seduta sull'ultima panca, questa peghiera proprio non ne ha voluto sapere di venir fuori. Ci ho provato e riprovato, ho anche cominciato con le preghiere dell'infanzia,............ macché! Non ha funzionato neanche un pò e allora ho desistito e sono rimasta seduta, mentre il mio sguardo correva per l'unica navata, neanche bella, devo dire, tant'è che ho preferito voltare gli occhi in alto e il mio sguardo si è perso nella volta, glabra, fino al punto di essere nuda, ma chissà perché, quella volta mi ha portato a pensare. Sono un pò strana! Lo so. Ma neanche più di tanto. Però questa stranezza mi ha portato a capire che quando vogliamo dire una preghiera, anche noi dobbiamo essere metaforicamente nudi, proprio come la volta della chiesa, che ora guardavo con più interesse. Bisogna liberarci delle nostre riserve mentali e non impedire a quello che abbiamo dentro, nascosto, sepolto dietro stucchi e pitture, di venire fuori. Allora si può cominciare a ragionare e a mandare cuore e mente all'unisono, verso qualcosa che ci trascende, sempre che ci crediamo, naturalmente. Questo non è farsi piccoli, questo è rendersi liberi, prima di tutto da noi stessi. 
Sono stata lì con lo sguardo rivolto in alto a vagare senza mèta, senza più forzarmi a dire qualcosa che non sentivo, per cinque minuti, mica tanto, e poi il primo pensiero è venuto fuori e il l'ho scritto con lo sguardo su quella volta, a lettere rosse, perché mi è venuto così.
Io non odio persona alcuna, ma vi sono uomini ch'io ho bisogno di vedere soltanto da lontano.
Ugo Foscolo


Fatto questo, tutto è stato, se non più semplice, almeno più visibile ai miei occhi.
L'ammissione di uno stato d'animo particolare, è un notevole passo avanti, per cercarne la cura, e poter stare meglio con se stessi.
Chissà cosa scriverò la prossima volta su quel foglio tutto da scrivere, che per me è diventata la volta di una chiesa.
Questa frase l'ho sistemata proprio in modo che mi sia visibile appena entro, a lettere molto grandi, in modo che non possa giustificarmi la prossima volta che entrerò, dicendo "Non l'avevo vista!"
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martedì 20 giugno 2017

Le Ragioni della Covfefe

E anche per quest'anno è fatta, e siamo contenti del risultato. La guardo in fotografia, e senza neanche volerlo, il pensiero torna alle tante Infiorate, che ormai fanno parte della mia vita. Scendono dalle mie mani, come un mazzo di carte, che hanno giocato una partita della vita. Forse in numero sufficiente per giocare una partita a Poker. E di Poker si è trattato, almeno per quanto mi riguarda. Gli ingredienti ci sono tutti: la sfida, la fortuna, il bluff, la grinta, ....insomma l'anima del vero giocatore, quello che non si tira indietro neanche quando in mano non ha neanche una carta vincente. La soddisfazione, non è nella vincita, ma nella partita, nel gioco, e nel mio caso nel Grande Gioco. Eh sì! Perché per me, di questo si è sempre trattato. Il Grande Gioco è quello che si prefigge un obiettivo nel futuro e per me l'obiettivo sono sempre stati i ragazzi, e riuscire a dare a loro qualcosa di più di un fuggevole incontro, ma qualcosa che durasse nel tempo e che diventasse quasi un'isola, diversa da quella di Peter Pan, e che alla fine non fosse solo fantasia ma anche qualcosa di tangibile e concreto, dove per una giornata si vive al di fuori del tempo e dello spazio, ai quali siamo abituati, su un isola di centoventi metri quadrati, fatta di segatura, o di tappini, o di qualsiasi altra cosa, che comunque ci faccia giocare e...giocando, imparare a dare e a ricevere..... non ho detto prendere,ma ricevere, che è tutta un'altra cosa, perché è solo dando e ricevendo che si creano legami autentici, duraturi, inossidabili. E vivendo, sudando, faticando, creando, e anche soffrendo, perché no, si diventa qualcosa più di un Gruppo, di un Insieme di persone, ma Amici, semplicemente  Amici. Qualcosa di nostro, di inalienabile, di trasmissibile.
Ecco sì! Trasmissibile. E' quello che ho sempre sentito dentro di me, non solo per l'Infiorata, naturalmente, ma per tutte le cose importanti della mia vita, quelle che contano, quelle delle quali si accetta male la fine. Come, per fare un esempio,  per quello che mi riguarda, la fine del 'Giornalino', che è terminato nella sua fioritura migliore, perché è stato brutalmente reciso. Trasmettere, vuol dire passare, e come ho già scritto una volta, fare la corsa della staffetta, nella quale il testimone, in maniera indolore, viene ceduto da una mano a un'altra mano tesa, che prosegue la corsa. Trasmissione, testimone, staffetta, sono parole che vogliono dire che ancora per un pò di tempo la corsa della vita la faremo insieme, senza abbandonare, senza protagonismi, senza perdenti e vincitori. Perché un altro deve essere il vincitore: l'Ideale. Che sicuramente avrà dieci sfumature, se dieci sarannoi protagonisti; cento, se i protagonisti saranno cento...e mai porre limiti.....
Queste erano le cose che pensavo quest'anno, mentre peparavo il disegno della nuova infiorata. Una sfida dentro la sfida. Lavorare su due metri per tre e cinquanta, per realizzare centoventi metri di disegno, è stato oltre che una grande fatica, una vera e propria sfida. Quando ho visto i primi fogli bianchi, che avevo steso sul pavimento, però, ho sentito scorrere immediatamente dentro di me un fiume di adrenalina, e un'ondata di gioventù ritrovata per un momento, mi ha percorso da capo a piedi. Era la sfida che arrivava con tutto il suo vigore  a lanciarmi il suo guanto e come sempre, mi sono ritrovata a raccoglierlo, sapendo da quel momento, che in un modo o in un'altro ce l'avrei fatta. Su e giù, schiena a pezzi, ginocchia in frantumi, ma il disegno cominciava a prendere forma e io pensavo all'intervista che due giorni prima avevo sentito in televisione fatta a un 'Maestro Infioriere'. Mi ci veniva da ridere. Non sapevo che ci fossero questi Maestri e che avessero un'associazione addirittura. Per me continuava a essere solo gioco, gioco e nient'altro che gioco.
E' a questo punto che si è affacciata alla mia mente questa cosa.
AAAAAAA.......CERCASI NUOVO 'MAESTRO INFIORIERE' PER RAGIONI DI 'COVFEFE'.
Cosa sia questa Covfefe, nessuno lo sa. Ci è piovuta così dall'alto e tutti ci abbiamo ragionato sopra. Se l'avessi scritta io, nessuno se ne sarebbe curato, ma avendola scritta un altro,questa parola è destinata a rimanere.
Cosa sono nel mio caso le Ragioni della Covfefe? Sinceramente sono un pò le Ragioni del cuore, legate imprescindibilmente a quelle della Mente, ma anche ad altre Ragioni, che non so ben definire, ma che esistono dentro di me e  fanno la loro parte. Ciascuno ci leggerà ciò che vuole, o che desidera volerci leggere, questo non è un problema mio.  

sabato 10 giugno 2017

Facciamo quello che ci pare

Mangiate carne rossa, che fa sangue. Non mangiate carne rossa, che è nociva alla salute. Mangiate petto di pollo per una dieta leggera ed equilibrata. No, per carità, non lo mangiate, che è pieno di ormoni. Il pesce? Ecco sì sììììììì, mangiate pesce otto volte la settimana. No! Contrordine! Nel pesce è stato trovato oltre al mercurio, anche metallo pesante. Allora la frutta? Ecco sì, la frutta va bene, ma attenzione che sia bio, che non abbia avuto trattamenti, che ci sia il verme dentro, e che questo si muova, perché se è sopravvissuto, va bene, altrimenti può darsi che provenga dalla terra dei fuochi e che abbia anche due teste, L'olio di palma? Per carità, ma in che mondo vivete? Non sapete che l'olio di palma è daaaaannnnosissimo per la salute? Davvero? Non lo compriamo più. E non comprate più la Nutella, perché l'anticamera dellinferno è tappezzato di barattoli di Nutella, e quanto zucchero c'è dentro un barattolo e quanto olio di palma e quanto di questo e di quell'altro. Una bomba, che l'atomica in confronto è uno scherzetto!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma basta! io mi chiedo perché si debba assistere in silenzio a questa lotta distruttiva che proviene da ogni lato. Tutte le creme del mondo contro la Nutella, perché ha l'olio di palma e le altre non ce l'hanno. ma in compenso hanno un sacco di grassi saturi, in alcuni casi aumentati, proprio perché è stato tolto  l'olio di palma. Ma non erano dannosi alla salute anche quelli fino ad oggi?
E basta con queste guerre al massacro, al massacro dei prodotti concorrenziali e al massacro delle persone che rischiano di far calare l'audience. E' un bel binomio uomo-nutella,dove c'è il lato oscuro del cacao e quello dolce dello zucchero, Se vale per una crema, può valere anche per un uomo. E chi è perfetto? Io? Tu? Noi? Voi? Loro?
Ma facciamola finita. Chi vuol mangiare pollo, mangi pollo e se ci sono rischi, sarà il suo discernimento a mettersi a tu per tu con lui. Chi ama il pesce e vuole correre il rischio di diventare un termometro, faccia quello che crede, senza che i saputoni di turno interferiscano con le sue scelte. Chi vuole mangiare una crema di cioccolato, scelga quella che più gli aggrada, senza per forza dover denigrare le altre. Chi vuole guardare una trasmissione in un canale, che sia libero di farlo, senza per questo far passare il suo conduttore sotto le forche caudine. E del resto chi non ha mai sbraitato, contro qualcuno o qualcosa, giusto per sfogare la tensione, dicendo cose che neanche pensa? Io l'ho fatto in passato e lo faccio anche ora, ma non farei del male a una mosca.
Per quanto riguarda la Nutella, l'ho già tirata in causa diverse volte su questo Blog, perché da quando la Nutella è nata l'ho mangiata con gusto, l'ho assaporata con soddisfazione, l'ho gradita come panacea contro i gattini neri ogni qualvolta si sono affacciati nella mia vita, mi sono commossa leccando il cucchiaio, mentre trovavo sollievo in quel gusto unico e inimitabile, ai tanti dispiaceri della mia vita. E ne ho sentite tante sulla Nutella, e nessuna delle tante è mai riuscita a farmela amare di meno. Sono ancora qui, la mia testa funziona ancora, e ogni tanto mi faccio una fetta di pane dove, senza pensare né all'olio di palma, né allo zucchero, né al cacao, spalmo un bello strato di nutella, avendo cura di fare in una delle parti della fetta, che diventerà quella che mangerò per ultima, un piccolo cumulo di quella che per me è la crema più buona che abbia mai mangiato. Se non lo faccio tutti i giorni, non è perché abbia paura che mi faccia male, ma perché sono una masochista, e mi ritrovo a fare quelli che una volta si chiamavano 'fioretti'; cioè rinunciare a qualcosa che ci piace veramente per il bene di un'altra persona. Abbiamo la possibilità di scegliere. C'è posto per tutti, senza fare deliberatamente del male agli altri. E più che altro c'è la libertà individuale, per cui se sopra la mia fetta di pane e nutella ci voglio adagiare un'aringa, devo essere libera di poterlo fare, senza che ci vada di mezzo né la nutella, né l'aringa che per il salutista di turno può essere la causa di ognio male, ma potrebbe anche diventare la quintessenza dei rimedi contro ogni male. Basta pensare alla coca cola,  bibita prediletta in tutto il mondo e rimedio raccomandato da molti pediatri per far digerire i giovani rampolli che faticano a fare il ruttino. A me basta che non mi si faccia il lavaggio del cervello, come sta accadendo invece per tante cose, e non solo alimentari, ma anche sociali, politiche, religiose.... e aggiungo purtroppo, perché in questo modo si corre il rischio di diventare un branco di pecore belanti e basta, che si allineano dietro al primo che spara qualcosa che fa moda. E io invece voglio continuare a farmi un ballino di c.... miei!

venerdì 9 giugno 2017

La vita in bianco e nero

A me piace vedere la vita a colori. E più i colori sono decisi e contrastanti, più mi piace. 
Quando dipingo, il colore diventa parte di me, delle mie mani, dei miei vestiti, persino del mio viso. Neanche l'assennatezza dell'età è riuscita  a modificare questo amplesso corporale con il colore e anche se adoro le sfumature nelle tele che dipingo, per quello che riguarda la vita, il colore lo amo puro, energico, e lo associo ai miei stati d'animo che sono altrettanto decisi. Poi la vita mi ha insegnato a edulcorarli, a trovare compromessi, persino a obliterarli, se è necessario, ma dentro di me restano intensi. Mi spiego. Penso che a tutti sia capitato di non sopportare qualcuno, ma proprio di non sopportarlo. Ecco! Io, negli anni ho imparato a non manifestare questa mia insofferenza, risuscendo a diventare criptica laddove prima ero trasparente,  ma dentro di me, il sentimento è rimasto immutato e, siccome sto parlando di colori, gli do la connotazione del verde oliva, un colore che non sopporto. Quando invece faccio qualcosa che mi piace davvero, ma proprio davvero, allora dentro di me mi coloro di giallo, di quel bel giallo che scalda la vita: e se guardo al futuro non è un verde comune quello che mi inonda, ma solo quello del grano a primavera che si agita nei campi, mosso dal vento. Il rosso caratterizza i miei sentimenti più forti, e non solo quelli belli e positivi ma anche quelli che nascono dall'abisso della nostra anima. Ma che bei rossi che sono! Così vivi, così pregnanti, a volte così tragici. L'azzurro è la mia quiete, il mio nirvana, la mia rigenerazione. Un colore raro  in me, che da sempre sono Cime Tempestose.
E poi ci sono il bianco e il nero. Due colori che usati insieme non ho mai amato. Non so perché. Forse uno psicologo saprebbe spiegarmelo. Forse perché se usati insieme danno forma al grigio? E  il grigio è un colore che detesto con tutta me stessa, forse perché so cosa vuol dire vedere la vita in grigio. Eppure amo la pioggia e le nuvole, amo persino la nebbia! Ma che cosa è mai la nostra mente, la nostra essenza!
Eppure mi sono ritrovata a dipingere un paesaggio in bianco e nero e, una volta fatto, mi sono ritrovata a guardarlo e a chiedermi che cosa mi avesse mai spinto a dipingere in maniera così diversa da come sono io. Aspetto ancora di risolvere l'enigma. E comunque  ci voleva poco a passarci sopra la spatola e cancellare tutto, ma non l'ho fatto. Mi sono limitata a toglierlo dal mezzo e ogni volta che riaffiorava alla mia vista, a nasconderlo sempre in recessi più bui. Pensavo di essermi dimenticata di lui, ma ci ha pensato Plinio, il cane di mia figlia, non solo a ritrovarlo, ma anche a farne il suo zerbino, un giorno in cui era stato messo in punizione in garage. Non contento ci ha fatto anche lka pipì sopra...chissà se per disprezzo, o perché ha visto quei cespugli così invitanti.
A quel punto tutto mi autorizzava a prenderlo e a buttarlo via, e invece che ho fatto io? L'ho preso e l'ho lavato col bagno schiuma! Proprio vero che i colori a olio sono i miei preferiti! Non hanno fatto una piega. E la mia tela in bianco e nero è ancora qui, non so perché, non so a dirmi che, ma è qui con me e pur detestandola, sono attratta da lei. Bianco e nero. Bene e male. E' quell'insieme indefinito di grigio che mi fa pensare. Possibile che anche il grigio faccia parte della mia vita. E che cos'è il grigio nella mia vita? La solitudine? I miei pensieri più segreti? Il mio pensiero che vaga sempre in cerca di qualcosa che mi dia 
il vero senso della vita? E chi lo sa! Quello che so è che ora ho una tela pisciosa, profumata di bagnoschiuma, che non solo è con me ma che ho fotografato per mettere nel blog a imperitura memoria.

domenica 4 giugno 2017

C'è Totti e Totti

I riflettori ancora non si sono spenti, ma si sono abbassati sulle vicissitudini della vita di un grande calciatore: Totti è stato un pò l'amico di tutti, col suo carattere scherzoso, le sue battute da ragazzone, il suo viso sempre sorridente. Totti è stato un grande giocatore, anzi un grandissimo giocatore, ma è stato molto più di questo. E' stato leale con la sua città, con la sua squadra. Totti ha voluto bene anche mentre giocava, e si vedeva e si sentiva. Mentre giocava e tirava calci al suo pallone, con la maglia sempre dello stesso colore, Totti è stato giocatore e ragazzo, giocatore e giovanotto, giocatore e uomo. Che sono quarant'anni nella vita di un uomo? E' solo l'inizio della vera maturità, della piena consapevolezza di sé. Totti ritroverà una ragione per dare il meglio di se stesso, anche se ne ha già una grande e bella che gli sta accanto: la sua famiglia.
Poi i riflettori si spegneranno, perché la vita va avanti, perché la gente ha bisogno di nuovi eroi, di altri personaggi con i quali identificarsi e sui quali riversare le proprie speranze. Non c'è niente da fare. La vita è spietata.

Quando anche l'ultimo riflettore si sarà spento sulle gesta di questo giocatore che ci ha regalato tanto di sé, allora e solo allora rimarrà l'uomo, e quest'uomo guarderà la vita da un'altra prospettiva, magari anche più bella, magari anche più appagante, ma non più, mai più la stessa, alla quale si affacciava fino a pochi giorni fa.
Quell'uomo, anche se circondato dall'affetto dei suoi cari, incoraggiato da quello dei veri amici, sarà solo, solo con se stesso, solo con il suo vissuto, solo con le sue tensioni al futuro.
Lo so, perché anche se io non sono Totti, ho vissuto per altri motivi, le sue vicissitudini e so cosa vuol dire essere trattato male da chi invece, ti aspetti lealta e incoraggiamento, non fosse altro per quello che hai fatto e che hai dato senza mai risparmiarti. Lo so, e so come si sente Totti in questo momento, e se prendo lui come esempio, non lo faccio perché Totti è più importante di qualsiasi altro uomo, ma perché è un uomo pubblico, che in questo momento rispecchia le situazioni in cui si sono venuti e si vengono a trovare tanti uomini in ogni giorno della vita. Totti da voce al silenzio di tutti quegli uomini che non hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio dolore.
Ecco! Nella mia fantasia vedo uno stadio,uno stadio nel mondo della vita di tutti i giorni, stavolta pieno dei tanti giovani che aspettano un domani migliore, pronti a dire a loro stessi, dicendolo a lui: Forza Totti!Sei tutti noi!