venerdì 10 aprile 2020

In Piazza san Pietro, stasera

In Piazza san Pietro, stasera.


Il silenzio del Papa nella Via Crucis in piazza San Pietro, medici ...Suggestione, silenzio che neanche le parole sono riuscite a penetrare. La mente corre verso l'uomo di duemila anni fa che sale al Calvario. Sangue, sudore, fatica, affanno, prostrazione e infine morte. La Via Crucis di allora è la nostra Via Crucis di oggi, momento in cui abbiamo finalmente sentito l'umanità di Cristo legata imprescindibilmente alla nostra umanità, nel dolore e nella fatica di questi giorni . Abbiamo preso la nostra croce e abbiamo seguito l'uomo di Nazareth fino al Calvario, che oggi è anche quello del mondo intero. Guardando il Crocifisso nella piazza deserta, il mio pensiero è corso alle tante, troppe vittime che ci sono state e continuanio a esserci in questi strani giorni, ciascuna in qualche modo crocifissa accanto a lui, con il suo vissuto, la sua vita falciata, incompiuta, i suoi pentimenti, i suoi perdoni da chiedere e da dare. Già una volta l'uomo della croce si voltò verso il ladrone dicendogli che nello stesso giorno sarebbe stato in Paradiso con lui. Anche ora dentro di me voglio sentire quelle parole rivolte a chi non è più tra noi. Sono parole di pace, di speranza , di rinascita.

giovedì 9 aprile 2020

Questo Giovedì Santo

Il Giovedì Santo per me ha sempre avuto un'importanza particolare, perché fino a  dove arriva la mia memoria, non c'è mai stato un anno in cui non abbia vissuto questo giorno con sincera partecipazione, fino a farlo diventare una vera e propria tradizione nella mia vita. Ricordo ancora con nostalgia la mano della mia mamma che, quando ero piccola,  si protendeva verso la mia quando salivamo le scale che portavano alle chiese che andavamo a visitare. Tutto mi appariva bello allora e io mi sentivo felice di andare con mia madre a vedere i tanti fiori che addobbavano gli altari. C'era allora quasi una gara a chi faceva l'altare più bello, più colorato, più caratteristico, ma in ciascuno di loro, quello che aveva più importanza ai miei occhi bambini erano le cascate della veccia, che pazienti mani avevano fatto germogliare al buio e che nella loro semplice e bianca eleganza  davano l'impronta a quelli che da sempre ho sentito chiamare e ho chiamato io stessa 'I sepolcri',
Bronte Insieme/Tradizioni - I Sepolcri del giovedì santoDiventata una signorinella, festeggiavo le vacanze della scuola andando con le mie amiche a fare le tradizionali visite alle chiese. Sguardi furtivi di giovanotti ci seguivano  e ci facevano provare dei piccoli batticuore, che poi ci confidavamo, tra una preghiera e l'altra. Di quegli anni ricordio l'aria. Mi parlava quell'aria, mi diceva che la vita era lì davanti a me,mi inondava di primavera, e di sensazioni nuove, mai provate fino ad allora. Eppure era così semplice la mia vita|! Quella breve passeggiata del Giovedì Santo in mezzo a tanta gente che allora si spostava per andare ai sepolcri, mi faceva sentire felice, viva tra tante persone vive che non avevano sguardi indifferenti, ma festosi, per quella giornata che tornava ogni anno a ricordarci chi eravamo. 
Negli anni successivi,  fui io a protendere la mia mano ad altre manine che si affidavano alle mie, e anche allora nel mio cuore c'era gioia, serenità. Anche negli anni che furono difficili, pieni di incertezze e di tempeste, quel giorno per me continuè ad essere il preludio della resurrezione,e anche se la mia fede non aveva più la freschezza e la semplicità dei miei anni verdi, restò sempre lì con me, vicino a me, pronta a sorreggermi, disponibile a farmi sentire ancora quell'aria profumata che distingue un giorno speciale da un giorno normale. E poi mi sono ritrovata sola a salire gli scalini delle chiese, ad andare incontro agli altari che non erano più festosi, casomai più raffinati, questo sì,  ma ormai vuoti di quella devozione popolare che li faceva così belli, così spontanei. Anche io ero diversa. Più distante, più critica, forse più indifferente, ma mai e poi mai ho rinunciato a quel giorno, che poi, tornata a casa, descrivevo a mia madre, che non poteva più muoversi. Eppure anche allora, con il bagaglio della mia vita vissuta, sulle spalle, sentivo che quei brevi momenti passati in chiesa, con la mente vuota e il cuore non so neanch'io dire come, erano per me un balsamo potente, un aiuto che veniva a darmi forza, coraggio, voglia di andare avanti, anche se ero sempre più sola. Tutti i Giovedì Santi della mia vita. Tutti i miei Sepolcri............................e sono tanti.
Poi è arrivato quest'anno e la rottura di tutto ciò che è stata la nostra vita fino ad oggi. Non solo della mia vita, ma di quella di tutto il mondo. Di punto in bianco ci siamo ritrovati in balia di un nemico invisibile che ci distrugge, che gioca con noi, che ci sbeffeggia. Ci siamo sentiti impotenti, il mondo si è sentito impotente, ma per un breve attimo c'è stato qualcosa di grandioso. L'uomo, solo l'uomo, non più ricco o povero, non più bello o brutto, non più potente o emarginato, ma solo l'uomo...........e Dio, quel Dio mai visto e solo immaginato in mille forme diverse, ma presente da sempre nella sua esistenza. E questo momento che scomparirà, nell'attimo stesso in cui ricomincerà la nostra gara accaparratrice di un posto al sole, incuranti gli uni degli altri, ha avuto la forza di aprire il mare della nostra indifferenza, per traghettarci per un breve attimo in lidi più certi e sicuri.  E poi la la lotta ancestrale per la sopravvivenza della specie, ha un che di meraviglioso nelle tante meraviglie del creato. Di punto in bianco ci siamo ritrovati confinati nelle case, senza la possibilità di vederci, di incontrarci, di poter fare una passeggiata. Con tanto tempo a disposizione e tanto tempo per pensare. Per pensare al virus che è più forte di noi, e per pensare a un futuro che sentiamo sarà molto diverso dalla vita che abbiamo vissuto fino a un mese fa. Un mese fa e basta? Sembra quasi impossibile che sia passato solo un mese, impossibile, perché sembra che siano passati anni, ma cos' è.. Ma è bastato molto meno di un mese per renderci conto della nostra fragilità e del nostro bisogno di potere sperare in qualcosa, in qualcuno. E così siamo arrivati in prossimità della Pasqua e oggi è Giovedì Santo e io non ho la minima intenzione di disattendere il mio incontro con questo giorno. Se non posso andare io in chiesa,come ho fatto ogni anno, troverò il modo di portare la chiesa in casa mia. Come? Io lo so, ma non importa che lo spieghi ad altri. Ciascuno, se vuole , troverà il suo modo per farlo. A me basta pensare che non mi sono arresa, che ho dato continuità a un momento che è importante per me, per il mio spirito che a volte è fragile e ha bisogno di essere sostenuto dalla speranza....e dalla fede. Io ho bisogno di credere.
Stasera c'è una luna bellissima. La chiamano la luna rosa e sembra che grande così la rivedremo solo tra otto anni. Chissà come sarà il mondo allora? Voglio immaginarlo più bello di ora, con la natura che continua a essere bella, come è bella anche ora in questo momento di morte che finalmente non la riguarda, con la natura che si riappropria dei suoi spazi, che tanto stupidamente abbiamo rubato per le nostre effimere voglie. Ecco! Spero, se ci sarò, di ritrovare un mondo ancora più bello di quello che è in questa notte, e con un uomo più consapevole del suo ruolo e del posto che deve occupare in questa nostra terra martoriata dal nostro presuntuoso egoismo. Ecco! Questa è la mia preghiera in questo Giovedì Santo, una preghiera senza manierismi, senza paroloni, senza pretese, una preghiera che mi faccia respirare al di là della mascherina che devo indossare, e mi faccia sentire il profumo di una nuova primavera, non tanto per me, quanto per chi viene dopo di me.

sabato 4 aprile 2020

La caduta degli Dei


Questi giorni che stiamo vivendo, sono veramente molto strani. Se mi volto a guardare indietro, e arrivo a un mese fa, faccio fatica a ricordare la vita che vivevo allora, anche se da molti anni ormai il mio modo di trascorrere le giornate è sempre stato riservato, schivo, essenziale. Se provo a guardare avanti, non vedo un bel niente, perché non riesco neanche a immaginare che piega prenderà la nostra esistenza, una volta usciti da questo periodo di pandemia, che sembra non avere mai fine e provoca tanti lutti. Stiamo vivendo segregati in casa da ormai un mese, e sembra che il tempo si sia arrestato, che i problemi che ci angustiavano fino a pochi giorni fa, non esistano più, che non ci sia più bisogno di fare progetti. Neanche quello di uscire per andare a mangiare con gli amici di sempre una pizza. Esistiamo ma senza vivere in questi giorni che una volta di più mi viene da definire sospesi. 
Qualche anno fa, andando dietro ai miei pensieri, scrissi qualcosa, che oggi, rileggendo, ritengo ancora attuale, per descrivere gli stati d'animo di questo periodo. Il brano sottostante esplica sentimenti già vissuti e sperimentati, circa quindici anni fa, e che oggi ririscriverei parola dopo parola.

I giorni sospesi” è un mio modo di dire, un modo per racchiudere un periodo temporale in cui la vita sembra scorrere in maniera diversa dal solito.
http://www.cultkanaal.nl/Kunst/magritte1959.jpgAltre persone avranno trovato sicuramente definizioni diverse per parlare di questi giorni, ma al di là del loro nome, penso che ciascuno di noi abbia avuto in qualche periodo questo modo particolare di vivere certi momenti della sua vita.
I miei giorni sospesi, sono uno stato d’animo dissimile dal solito, un momento interiore in cui la vita mi appare sotto un’ottica diversa da quella di tutti i giorni.
I giorni sospesi, sono attimi di vita che non necessitano di passato e di futuro; sono l’hic et nunc, in cui si concentrano tutte le energie, le aspettative, i desideri; sono attimi di grande introspezione che ci affascinano e ci impauriscono allo stesso tempo, perché ci mostrano un senso della vita diverso da quello che siamo soliti attribuirle.
Sono momenti di grande solitudine, di atarassia, alla quale purtroppo non siamo abituati e quindi sono anche il nodo gordiano che ha bisogno di essere sciolto in qualche modo, per potersi riappropriare di ciò che è stato e ancora di più per potersi impadronire nuovamente della tensione a ciò che sarà.
Non c’è velleità, non c’è, invidia, non c’è odio, non c’è senso di possesso, non c’è amore, o perlomeno non quell’amore del quale viviamo abitualmente, nei giorni sospesi, c’è solo uno stato d’animo fluido che ci fa fluttuare sopra la vita che scorre sul tempo che non ha sosta, ma che in quel momento non può essere calcolato.
Nei miei giorni sospesi infatti il tempo perde la connotazione che gli viene data abitualmente dal ritmo della nostra vita sociale e ne assume una diversa di volta in volta, facendomi capire come sia effimera e relativa la misurazione che noi diamo a questa dimensione, quando cerchiamo di rinchiuderla dentro i rigidi schemi dei nostri limiti. Si vive in pochi minuti ciò che a volte viviamo nell’arco di mesi, di anni…
I giorni sospesi sono momenti intensi di vita vera, di riappropriazione del significato dell’essere, che mi accorgo sempre con stupore, è totalmente diverso da quello che gli viene dato abitualmente.
Scorrono i giorni sospesi, con un senso di meraviglia per tutto ciò che è vita, con un contatto mentale e spirituale con tutto ciò che non è umanamente spiegabile, molto più semplice , naturale e privo di imbarazzo e quasi sempre mi ritrovo a pensare ai bellissimi versi di Giovanni Paolo II, riferiti all’uomo :
Ed era solo col suo stupore, tra le creature senza meraviglia, per le quali esistere e trascorrere era sufficiente….L’uomo con loro scorreva sull’onda dello stupore! Meravigliandosi sempre emergeva dal maroso che lo trasportava; come per dire a tutto il mondo : “Fermati! – in me hai un porto, in me c’è quel luogo d’incontro col Primordiale Verbo”- “Fermati, questo trapasso ha un senso…ha un senso…ha un senso!”.
I giorni sospesi forse sono un portale, invisibile ai nostri occhi impegnati a cercare altre cose più contingenti o che noi crediamo tali, un portale che qualche volta ci troviamo ad attraversare anche inconsapevolmente, spinti dai nostri stati d’animo mutevoli e a volte molto intensi, che ci proietta in una dimensione che ci restituisce nei brevi attimi in cui ci restiamo, la primitiva dignità umana.
Non si esce mai uguali a come eravamo, dai giorni sospesi. Qualcosa in noi cambia per sempre in senso positivo per ciò che riguarda la crescita interiore, volta a cercare il senso vero della vita; in senso negativo per quello che riguarda il vivere comune, inteso come scala dei valori sul quale è stato costruito.
I giorni sospesi sono simili all’avvicendarsi delle stagioni, che hanno quel momento di immobilità in cui non ci si rende conto che un albero spoglio, improvvisamente è ricco di gemme appena sbocciate e vanno vissuti alla stessa maniera in cui prendiamo l’arrivo della primavera che subentra all’inverno.

L'unica cosa veramente certa, quando si esce dai giorni sospesi, è che non siamo più uguali, non siamo più gli stessi. Migliori? Speriamo di sì. Peggiori? Mi auguro di no. Non so dirlo. Ho passato altri periodi all'interno di giorni sospesi, ma non ho mai vissuto un momento come questo, nel quale si parla della sopravvivenza della nostra civiltà, come noi la intendiamo, e della consapevolezza della nostra pochezza, che fino a un mese fa poteva essere detta senza crederci veramente e che oggi è diventata una triste realtà. Oggi la nostra sconfitta come supereroi, la nostra caduta degli Dei che fino ad oggi ci siamo ritenuti, si chiama Covid 19, domani si chiamerà come? Nel frattempo cerchiamo di utilizzare questo tempo di quarantena per ritrovare dentro di noi nuovi modelli di vita, che ci rendano più forti perché più vicini, più solidali, più altruisti e soprattutto più semplici.