martedì 25 agosto 2020

Quella voce dentro di noi

(Questa piccola parte della mia vita: i 100 metri piani)........e forse è stato quell'attimo di regressione che mi ha fatto rivivere un momento della mia giovinezza e che mi ha fatto sentire giovane tra i giovani, a indurmi ad ampliare il discorso.
 Chi mi conosce sa che mi è sempre piaciuto stare con i giovani, parlare con loro, capire le loro aspettative, condividere le loro delusioni, dare una spinta a chi necessita di un incoraggiamento e tendere una mano a chi ne ha bisogno in qualche particolare momento che la vita fa incontrare a qualsiasi giovane. Né io sono qualcosa di particolare, perché gente come me e anche molto più brava di me a capire i giovani e i loro messaggi, i loro segnali, le loro paure, ce n'è tanta.
Il breve tuffo nella mia gioventù di allora, mi ha messo anche davanti all'abisso che c'è nel modo di vivere di un tempo e quello di ora.
Basti pensare che al tempo dei miei diciotto anni, ancora non si era maggiorenni,perché ciò accadeva solo al compimento del ventunesimo anno. Basta pensare che di vacanze in compagnia di amici, non se ne parlava proprio, specialmente per una ragazza. "Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte" di Gianni Morandi, la dice lunga sulla nostra libertà di allora. Figuriamoci di andare all'estero.
Se oggi avessi ancora la possibilità di parlare con i giovani, come ho fatto per tanto tempo, credo che più o meno direi queste parole:

" Ragazzi, di strada da allora ne è stata fatta tanta e oggi avete conquistato diritti e libertà, che noi neanche osavamo sognarci. Eppure siamo riusciti a essere giovani anche noi.
Oggi voi potete viaggiare liberamente dove vi spinge la vostra curiosità e la vostra intraprendenza e questo è bello perché certe cose si fanno solo quando siamo giovani, perché se fatte dopo hanno un altro spessore e un altro significato. Noi non abbiamo potuto farlo. Eppure siamo riusciti a essere giovani anche noi.
A voi oggi è data la possibilità di comunicare visivamente a distanza non solo con la persona del cuore, ma anche con amici e conoscenti dell'ultima ora, magari incontrati a una festa in riva al mare, e da questo punto di vista il mondo non ha più confini. Noi dovevamo accontentarci di scrivere lettere che arrivavano a chi si voleva bene, dopo giorni e giorni e la lontananza molte volte faceva sorgere muri che non cadevano più. Eppure siamo riusciti ad essere giovani anche noi.
Se i giovani della mia generazione sono stati figli del '68, che prima è esploso e successivamente imploso, e  i giovani della generazione dei vostri genitori sono stati i figli di un benessere che si è rivelato illusorio, voi siete i figli della fretta che ha rincorso un benessere che si dileguava. 
Sempre meno tempo da dedicare alla famiglia, sempre più tempo per il lavoro che permettesse di far vivere una condizione ritenuta irrinunciabile, a discapito di tant'altro che invece era l'essenziale.
Pin su Filosofia di vitaDi chi la colpa? Al solito di tutti e di nessuno, ma tutto ciò ha comportato una crescita diversa tra noi e voi. Non parlo di sentimenti, né di affetti, parlo solo di crescita. Voi percorrete il sentiero che abbiamo già percorso noi molto più in fretta, perché avete superato tutti i nostri tabù e siete andati oltre. Ma siamo proprio sicuri che questo oltre sia ciò che è giusto per tutti? O che invece porti anche a forme di egoismo e indifferenza non consapevoli?
Credo che fermarsi a riflettere per un attimo su questa cosa, non faccia male a nessuno, e anzi, sia salutare.
Stiamo vivendo un periodo brutto, non solo noi, ma tutto il mondo, e siamo consapevoli che l'unica arma che abbiamo ad oggi in mano per fronteggiare questo nemico che si chiama Covid, è fatta di distanziamento, di igiene, di cautela e di mascherine. Non abbiamo altro per fronteggiare questo pericolo che non è solo un pericolo per la salute di tutti, compresa anche la vostra, anche se voi, come tutti i giovani, vi ritenete invincibili, forti del fatto che è proprio la vostra gioventù a proteggervi. No! Il pericolo è anche per il futuro, e il futuro siete voi, ma viene preparato dal lavoro dei vostri genitori. E se l'economia si ferma, ditemi voi, che futuro vi si prepara?
Ma se a distanziamento, mascherine e quant'altro, si aggiungono altri due elementi, l'arma che abbiamo per difenderci sarà molto più efficace: affetto e rispetto sono le cose da aggiungere, ed è inutile che scriva verso chi devono essere rivolti. Qualche volta alcune rinunce fanno guardare la vita da un'altra prospettiva e più che altro fanno capire che si può essere giovani ugualmente e magari scoprire cose che forse non si immaginava nemmeno potessero esistere.

Tornerà la movida, torneranno i viaggi all'estero, tornerà l'apericena e si aggiungeranno anche cose nuove, perché è così che funziona di generazione in generazione, ma tutto ciò è giusto che torni quando i tempi saranno sicuri, e il divertimento di una serata in discoteca non voglia dire dolore e lutto per altre persone, magari anche care.

Ho sempre creduto nei giovani, nei loro slanci, nel loro amore per la vita e ci credo anche ora.L'importante è solo fermarsi un attimo a riflettere e ascoltare ciò che la voce che è dentro ciascuno di noi e parla solo a noi, ci dice. Quella voce non mente e bisogna avere la forza di ascoltarla al di là di tante altre voci che, per motivi diversi, vengono a confondere le idee ".

 


Lampi di felicità: i 100 metri piani

Stasera alla  televisione è andata in onda una miniserie sulla vita di Pietro Mennea. In effetti l'avevo già vista qualche anno fa, ma mi ha fatto piacere guardarla nuovamente, perché mi è sempre piaciuta la corsa, avendola anch'io praticata quando ero ragazzina, cioè un bel pò di anni fa.
Ma non mi sarei mai aspettata che l'ultima parte di questo film avrebbe avuto un impatto così potente su di me.
Siamo alla finale dei 200 metri piani e ogni attimo di quella corsa è entrato dentro di me a tal punto che a un certo momento, mentre guardavo le gambe di Mennea che correvano con tutti i muscoli tesi nello sforzo della gara, mi sono accorta che non erano più le sue le scarpe che vedevo, scarpe azzurre, ma le mie, color cuoio e rosse, che mi aveva comprato il mio babbo a Firenze, sapendo che mi dovevo preparare per i cento metri piani delle mie gare studentesche. Avevo già vinto le eliminatorie e anche la staffetta. Ora mancavano i 100 metri, che per me era la gara più importante. Le scarpette erano arrivate inattese e graditissime, un vero paio di scarpe da corsa.................
Ma non volevo divagare, anche perché la sensazione che ho provato stasera ha bisogno di essere fissata subito, altrimenti se ne va, diventa evanescente e prima che ciò succeda voglio scriverla, e scrivendola, viverla nuovamente.
Ero rimasta alle sovrapposizione delle mie scarpe con quelle di Mennea, delle mie gambe con quelle di Mennea, del mio corpo con quello di Mennea, ma cosa molto molto più importante, della mia mente con quella di Mennea, perché io sapevo cosa stava provando lui in quei momenti, anche se lui è un campione e io sono nessuno e dico che è e non era un campione, perché i campioni non muoiono mai.
Chi era Pietro Mennea: carriera, curiosità, vita privata e morte ...E nessuno mi venga a dire che si corre per partecipare, perché non è vero. Si corre per vincere, e nel momento stesso in cui si appoggiano i piedi sui blocchi di partenza, sappiamo che comincia l'agone, la lotta, che spinge a dare tutto di se stesso, per riuscire a tagliare per  primo il filo del traguardo. 
Ed è così che è stato tutto un crescendo e mentre lui correva, io correvo e faticavo e soffrivo perché ero lì per vincere e sentivo i miei capelli al vento e il sudore che scendeva lungo la schiena,  e l'impressione di volare fuori dal tempo e dalla mia dimensione. Ed è così che quando lui ha vinto, anch'io ho vinto e mi sono ritrovata ad alzare le braccia allargate in alto e a gettare indietro la testa e a tirare fuori il grido liberatorio della vittoria.
E per un attimo, un meraviglioso attimo sono tornata ad avere diciotto anni.
Subito dopo mi sono ritrovata sbalordita di me stessa, e mi sono girata indietro sulla seggiola, sperando che nessuno mi avesse visto fare quei gesti e quel grido. Mi è andata bene, ma anche ora, mentre scrivo, incurante se lo faccio bene o male, sento dentro di me una grande felicità, anche perché mi sembra che chi scrive non sia la signora dai capelli bianchi che sono diventata nel frattempo e dopo tanta vita, ma la ragazza di allora che vinse i 100 metri piani in un fantastico pomeriggio di giugno.
Ciao ragazza, è stato bellissimo poter essere nuovamente te, anche se solo per brevi attimi.