mercoledì 27 dicembre 2017

Andrew Martin

Comincio  a usare il mio nuovo giochino. Si chiama I Pad ed è molto carino. Penso che mi affezionerò molto a lui e che me lo porterò in ogni dove. Certo, io non è che sia un tipo molto tecnologico, ma ho deciso di adottare con lui lo stesso sistema che ho usato, anche se inconsciamente,  per imparare a conoscere i miei amici....quelli veri intendo. Nei primi tempi mi sono avvicinata con circospezione e anche con un pò di diffidenza, per lasciarmi andare sempre di più, mano a mano che passava il tempo, e sentivo di potermi fidare.
Solo che non posso chiamarlo I Pad. E' troppo anonimo.......Lo chiamerò come l'Uomo bicentenario, ....Andrew Martin, un robot dotato di emozioni e di sensibilità. Ho deciso che mi piace, perché  gli altri Andrew che ho conosciuto mi sono andati tutti a genio, primo tra tutti un medico col quale ho fatto lunghe conversazioni sui mantra, mentre a Mirabilandia, sulla scia dei nostri rispettivi figli, andavamo su e giù nelle torri gemelle e in qua e in là sulle montagne russe.
E' bello avere un nuovo amico tutto da scoprire e da qui dico grazie a chi me l'ha regalato.

martedì 26 dicembre 2017

Questo Natale

E così venne  Natale e passò

Ed è proprio vero che ogni Natale se ne va portandosi dietro una storia sempre diversa. Nel mio caso, la mia storia.
Non che la mia sia una storia degna di nota. Apparentemente la mia vita è sempre scorsa un maniera anonima. Sono nata, cresciuta, invecchiata. Ma se torno col pensiero ai ricordi dei miei ormai tanti Natali, quanti fatti, belli  e meno belli, qualcuno addirittura da dimenticare, senza riuscirci mai veramente!
Ci sono stati i Natali dell'infanzia, che con la loro magia hanno acceso la mia fantasia....o viceversa? Magari sono stata io che invece, con la mia fantasia, li ho colorati e li ho resi splendenti e splendidi. Tutta roba da ricordare, da tramandare, specialmente quella luce negli occhi e quel calore che sentivo dentro di me, bastava che fossi insieme alle persono a cui volevo bene. Poi ci sono stati i Natali della contestazione, del dubbio, ma mai per un attimo ho rinunciato al calore che mi veniva da questi giorni, che ho sempre vissuto in maniera particolare. Poi sono arrivati i Natali del Servizio, dei presepi allestiti in chiesa, dei canti, del panettone e dello spumante, delle recite per i bambini, ma in tutto questo, il vero Natale per me è sempre stato il momento in cui accendevo la mia candela per fare una preghiera colorata in cui si mischiavano sacro e profano, una preghiera velocissima dedicata ai miei figli, velocissima perché il cero doveva consumarsi poco per durare tanti anni e così lo sto accendendo da ben quarantaquattro anni. Una fiammella che si alza nitida e splendente insieme alle speranze che le affido e un soffio veloce per spengerla. Rimane l'dore acre della cera bruciata, che per me è migliore di qualsiasi profumo griffato. Ci sono stati anche dei Natali amari, dove non c'erano solo oro, incenso e mirra, ma anche il sapore del fiele, Natali nei quali  sono stata forgiata sull'incudine del dispiacere e quando mi sono rialzata, anche se apparentemente ero sempre io, in realtà non sono mai più stata la stessa di prima. Eppure anche allora, mentre guardavo il mio presepio, con quei pastorelli così semplici e così  pieni di gioia, la parte bambina che è rimasta dentro di me, non resisteva alla voglia di ritrovare la magia di quei Natali antichi, così scevri di pretese e così pieni di affetto vero. 
E così sono arrivata al Natale di quest'anno, un Natale vissuto solo dentro me stessa, un Natale difficile, nel quale, il dispiacere per le condizioni di saute della mia mamma mi impediva di entrare nello stato d'animo che mi è congeniale in questo tempo. Ma alla fine, nonostante tutto, la magia della buona novella, si è fatta avanti dapprima timidamente e poi sempre più insistente e vera, aiutata anche dalle parole che mi ha scritto un amico lontano:  portiamo a Gesù quello che siamo, le nostre emarginazioni, le nostre ferite non guarite, i nostri peccati.
E così, sempre con l'aiuto della mia fantasia, o meglio della fantasia di quella bambina che continua a vivere dentro di me, mi sono vista pastorella, col mio regalo, io, finalmente io, davanti al mistero della vita. E dopo, davanti alla mia candela accesa è stato facile affidare alla fiamma guizzante un pensiero che è salito in alto, in alto, in alto...................Il Natale è venuto ed è passato,  mi ha sfiorato con la solita carezza di speranza e, come vento leggero se ne è andato, solo perché io l'ho lasciato andare e non l'ho trattenuto, perché alla fine la vita riprende il suo tran tran esistenziale, dal quale non riusciamo a liberarci, ma quella carezza, per come va il mondo frettoloso, la considero proprio un bel regalo.

giovedì 21 dicembre 2017

La prepotenza del leone

Versione originale in latino

Numquam est fidelis cum potente societas: testatur haec fabella propositum meum. Vacca et capella et patiens ovis iniuriae socii fuere cum leone in saltibus. Hi cum cepissent cervum vasti corporis, sic est locutus, partibus factis, leo: "ego primam tollo, nominor quoniam leo: secundam, quia sum socius, tribuetis mihi; tum, quia plus valeo, me sequetur tertia; malo afficietur si quis quartam tetigerit". Sic totam praedam sola improbitas abstulit.




Traduzione all'italiano

L'alleanza con i potenti non è mai sicura: questa favoletta dimostra la mia opinione. Una vacca, una capretta e una pecora abituate a sopportare le offese si allearono con un leone nei boschi. Dopo che questi ebbero preso un cervo di grandi dimensioni, il leone, fatte le parti, così parlò:"io prendo la prima, perché mi chiamo leone; voi mi darete la seconda,perché sono vostro alleato; poi la terza mi seguirà poichè sono più forte; sarà afflitto dal male se qualcuno avrà toccato la quarta". Così la malvagità si portò via da sola tutta quanta la preda.

Possibile che questa bellissima favola di Fedro sia stata scritta più di duemila anni fa? A me sembra di un'attualità sorprendente.

martedì 19 dicembre 2017

Spelacchio

Caro Spelacchio,
è vero, sei proprio brutto e triste, tutto addobbato a festa, mentre invece sei morto,  ufficialmente dichiarato proprio morto. E' vero anche che fa anche effetto a Natale, vedere un albero conciato come sei ridotto te. Non fai venire in mente luci e colori, musiche dolci, Natali festosi ed opulenti. Nossignore! L'unico sentimento che ispiri è la pietà, così nudo, a braccia aperte e nessuno vuole pensare che Natale possa essere anche pietà, consapevolezza della nudità del mondo, di gran parte del mondo. Quanti uomini ci sono oggi tra noi, nudi come te, a braccia protese in attesa del giorno dopo ! Sono pastori di un altro presepio, un presepio che nessuno vuol vedere, né tantomeno sapere che esiste, figuriamoci! Del resto non vogliamo vedere più neanche quello col quale siamo cresciuti e che ha incantato i nostri occhi di bambini. Oggi ci piacciono altre cose e del resto i tempi cambiano, le mode pure e ciò che può far pensare a qualcosa di triste, lo mandiamo lontano da noi. Ci nutriamo di luci effimere, senza accorgerci che se per un attimo ci saziano lo sguardo, ci inducono poi a volerne sempre di più e sempre più brillanti. Perché non c'è luce in noi, e non riusciamo a capire e a vedere che anche uno Spelacchio come te parla di  Natale.
Ma sai che ti dico? Non sarai dimenticato. I tuoi tronfi cugini che  ti hanno preceduto nella stessa piazza dove sei ora te, così disprezzato e deriso, e nelle piazze del mondo, in gara di altezza e di addobbi , non reggeranno mai il tuo confronto, perché nonostante la loro opulenza,sfido chiunque a dire che qualcuno si ricordi di loro. Sono passati come meteore, senza nome e più che altro senza lasciare nessun messaggio, se non quello dell'orgoglio. Continua a tenere le tue braccia nude, spalancate su quella piazza frettolosa e a parlare il muto linguaggio, che tanti altri stanno parlando in altre piazze, infischiandotene  altamente delle diatribe pseudopolitiche che stanno nascendo intorno al tuo tronco. Tra i tanti che passeranno, qualcuno capirà il tuo messaggio silenzioso, un messaggio che, sono certa, nessuno aveva programmato, nessuno voleva dare, ma che è nato da sé attraverso le persone sensibili che hanno saputo guardare oltre l'apparenza.

sabato 16 dicembre 2017

Prima neve

Oggi prima neve dell'anno, almeno qui da noi. E' arrivata con un tuono e in un attimo ha imbiancato tutto. Si è posata sugli alberi, sui cespugli, ha coperto le buche della strada e ha reso tutto bianco, magico, luminoso. E così improvvisamente è Natale anche nel cuore, un Natale che entra dentro così... in silenzio, con la dolcezza e la malinconia che è tipica di chi sta vivendo un momento triste vicino a una persona cara che sta male. E sarà che a me la neve piace tanto, ma ogni fiocco che cade, mi porta un ricordo, mi fa rivivere un momento passato, ma mai scomparso del tutto e piano piano, mentre scende la notte, mi torna in mente un treno che corre per i monti, imbocca le gallerie e all'uscita di ognuna ci sono sempre più candelotti di cristallo e una coltre bianca di neve. La littorina arranca per le gole della montagna e il paesaggio cambia e diventa magico, almeno per me che ho tredici anni e sono partita con i miei per andare a passare il Natale a Marradi, dai miei nonni. Sono partita col muso lungo, perché non volevo lasciare casa mia, il mio albero di Natale, il mio presepio, ma mentre mi guardo intorno, mi accorgo che tutto sta diventando presepio, un presepio vero, che pulsa di vita e di allegria. Il trenino, fa uno strappo alla regola e ci ferma proprio davanti a un casello. Dietro c'è il podere e la casa dei miei nonni, e appena la scorgo, rimango senza fiato, perché mai ho visto uno scenario più bello e più suggestivo, con quella casetta ricoperta di neve che si staglia davanti a una corona di monti innevati. Uno dei Natali più belli della mia vita!
Ed ora sono qui e guardo fuori dalla finestra, con lo stesso immutato stupore di quando ero bambina, quando sentivo che il silenzio della neve era qualcosa di diverso da ogni altro silenzio.Scuoto la testa. Gli anni sono passati, ma la sensazione rimane sempre la stessa. Mi richiama il bip del cellulare. E' arrivato un messaggio su whatsapp. Lo leggo e poi, quasi senza renderemene conto, guardo la fotografia che mi ha mandato mia figlia. E' la foto di una 'Casa delle bambole' costruita tutta da lei e mi ritrovo a guardare quel caminetto, i mobili, l'albero di natale, le poltroncine accoglienti. Proietto quell'immagine davanti ai miei occhi e la casetta cresce davanti a me e mi invita ad entrare. Ecco ora sono dentro e mi pare di sentire davvero il calore del fuoco. Il gelo della neve non può niente contro quel fuoco, quella fiamma viva che scalda e illumina tutta la stanza, e lì, al riparo dal freddo, ma immersa nell'incomparabile bellezza della neve mi è più facile dire queste parole che scrissi in un momento così simile a questo................Come è bello il silenzio della neve, così denso, così grande ed avvolgente, sembra quasi che mi copra lentamente con un manto di carezza lieve lieve.


sabato 9 dicembre 2017

La vita è contaminazione

La vita è contaminazione.

 Non sono parole mie, anche se avrei voluto che lo fossero. Ho letto stamani un articolo di Gramellini dal titolo 'Purezza' e mi è piaciuto, come del resto mi piace tutto, non tanto di ciò che scrive, ma di come lo scrive. Un articolo, che comunque, dopo averne apprezzato sia il contenuto, che la dinamica, oltre che il lessico, avrei tranquillamente archiviato, come faccio con tutti gli altri, se non ci fosse stata quella breve frase. 'La vita è contaminazione'.
E chissà per quale alchimia mi è venuto in mente il pane. Una volta andavo a comprare il pane e questo me lo dava il fornaio, con le sue mani, che avevano stretto altre mani, che avevano toccato altre cose. Oggi il pane è rigorosamente incellofanato e ce lo prendiamo da soli nei supermercati, a meno che non troviamo ancora qualche forno che, incurante della sepsi, continua a fare questo  barbarico approccio di contaminazione. E ci accorgiamo immediatamente  della differenza, perché il pane messo negli scaffali in forma anonima e rigorosamente decontaminato, è asettico, lontano, anonimo, mentre il pane toccato dalle mani infarinate di un fornaio ha qualcosa in sé che parla di vita,  di grano, di acqua, di sole, di fatica. 
E' un esmpio banale,ma è pur sempre un esempio, per introdurre alla contaminazione del pensiero. E il pensiero è un fuoco, che per mantenere alta la sua fiamma, ha bisogno, proprio come il fuoco vero di contaminarsi, di arricchirsi, di non involvere in se stesso, ma di allargarsi, per fare brillare la sua luce. Tocco la mano di un altro e mi contamino fisicamente, è l'inizio della contaminazione fisica, che può rimanere in vaghi orizzonti, o fondersi in un unico scenario,proprio come fa il sole quando tramonta. Ascolto il pensiero di una persona, ne afferro l'idea e per ribattere a questa idea mi contamino intellettualmente e faccio la mia parte nell'innescare meccanismi diversi che possono diventare bonaccia o tempesta. Ma vivo. Non sono immobile, lontano dagli altri, in un 'isola dove non esiste approdo.
Conosco la fatica, l'errore, la rabbia, il disgusto, la voglia di rinascere, il desiderio della rivalsa, solo perché sono contaminato dalla vita che è in me, negli altri, intorno a me, in mezzo a noi, con noi, per noi. 
E, con stupore, mi accorgo di crescere, perché questa contaminazione, fatta di bene e di male, è l'energia che mi ha dato forza e mi ha fatto desiderare, non di essere puro, lontano dagli altri, ma di essere migliore insieme agli altri.
E la tanto decantata purezza, allora è soltanto un effimero sogno? 
Non credo, ma sono decisamente convinta che ci si arrivi e non tutti, solo dopo la contaminazione della vita, che fa fare esperienze a volte anche estreme, e ci si arrivi non a discapito degli altri, ma per conoscere meglio gli altri. Non a caso la vita di quelli che noi chiamiamo santi è cosparsa inizialmente di grande contaminazione, attraverso la quale sono arrivati a una resurrezione del pensiero. Il credente dirà a una resurrezione dello spirito.
Altri tipi di purezza, che contemplano l'eliminazione, di ciò che non piace alla nostra forma mentis, sono non solo deleteri, ma distruttivi. E non distruttivi solo per gli altri, ma prima di tutto per noi stessi. Che me ne faccio di una purezza che non ha sapore, proprio come l'acqua distillata? 
Non mi è mai venuta voglia di bere un bicchiere di acqua distillata, figuriamoci se mi viene voglia di bere un bicchiere di quella purezza. Entrambe mi parlano di chimica, una degli elementi, l'altra dei neuroni.

venerdì 8 dicembre 2017

Il Video


Il video è arrivato ierisera sulla mia posta e mi ha fatto fare una bella risata. Ed era proprio l'ora! E' arrivato come la ciliegina su una torta di bischerate al rhum, una di quelle torte, che più ne mangi e più ne mangeresti, perché senti che non solo le digerisci bene, ma ti fanno tornare il sorriso, l'ottimismo, perché vengono inequivocabilmente a dirti che la vita è bella e che bisogna usare l'intelligenza, non per deprimerci sui tanti fatti che oggi stiamo vivendo, tutte tragedie annunciate e qualcuna anche regalata, così, tanto per dare il meglio di questa società decadente, bacata, ripiegata su se stessa, ma per reagire con ironia,alla faccia di tutti i fatti nefasti e maggiormente alla faccia di chi gode di ciò e ci vuole col capo basso.  Una torta fatta di tanti strati allegri, ridanciani, e perché no, anche un pò volgari, ma di quella volgarità non offensiva, di quella che induce ad alzare la testa e vedere che anche se fuori piove, il sole è tornato dentro di te. Una torta al rhum della Giamaica, che fa tornare in mente altre torte e dolcetti vari, che è bene riassaporare di tanto in tanto , per rifare il punto della situazione e capire che siamo ancora vivi e sempre pronti a ridere. E così mi sono mangiata anche una fettina di un'altra bellissima torta, sontuosa, nobile, che ha per nome Ifigonia ed è decorata in cima all'ultimo strato con una lucida begonia, per non parlare di quell'altro dolce tutto nero fatto di cioccolato e burro dall'ineffabile nome di Sculacciabuchi, caro anche a Nerone, e a tanti altri nomi altisonanti. E come poter dimenticare i Cazzetti d'angelo con scappellamento a destra? O a sinistra naturalmente.....Basta ordinarli per tempo! 
E così, a forza di ricordare e gozzovigliare con queste prelibatezze, mi è venuto in mente che, visto il naufragio del mio pomposo circolo culturale, sarebbe bello poter fare almeno una serata CULturale, insieme a chi veramente ama   dissertare su argomenti iniziatici, unendo naturalmente un menù consono al tema in questione. Potrebbe essere l'inizio di un circolo CULturale  da fare invidia anche a M.me de Stael.  







lunedì 4 dicembre 2017

Supermoon

Ho visto delle foto bellissime dove è stata immortalata la 'superluna'. Sono foto scattate in tutto il mondo, piene di fascino e di magia. E così anch'io mi sono armata di cellulare e sono andata a immortalare questo momento così suggestivo, che uomini e donne di tutto il pianeta hanno potuto ammirare, fissare sull'obiettivo di un cellulare o di una sofisticata macchina fotografica e infilare nel cassetto dei ricordi. Mentre cercavo di catturare l'esposizione migliore che potessi trovare nei pressi di casa mia, mi è venuto in mente il vecchio testucchio che è proprio a due passi e l'ho scelto perché il suo tronco contorto parla di lunga vita e di chissà quante 'superlune' passate tra le sue fronde, in questo momento prive di foglie. E mi è piaciuto pensare che le sue braccia che si allargavano e si protendevano verso la luna, potevano benissimo essere un nido accogliente per la nostra pallida amica, che segue le sorti e le avventure dell'umanità in luminoso silenzio, fin dalla nascita dei tempi.
E così è stato facile ritrovare la parte di me che si commuove davanti all'universo e ai suoi misteri, e mi è tornata in mente una poesia che scrissi qualche anno fa, quando la ragazza romantica non voleva lasciare ancora il posto alla donna pragmatica che la vita mi ha fatto diventare. E' stato bello ritrovare per un attimo la sognatrice che ero allora e insieme a lei ho guardato la luna in silenzio, lasciando alla parte di me che tornava per un attimo a trovarmi il privilegio di rivolgere ancora una volta un canto alla Luna.




Alla Luna

Stamani al tramonto,
ti ho salutato, pallida amica
della mia notte bianca.
La tua presenza luminosa
stanotte ha raccolto
i segreti dell'anima mia
che sono volati a te
sulle ali del ricordo
e tu li hai racchiusi
nello scrigno del tuo silenzio.
Ho dato un arcobaleno al tuo cielo
ho regalato due gabbiani al tuo mare,
ho dipinto due cipressi,
giardino di una casa di nuvole,
dalla quale stanotte ho seguito
la via della stella polare.
Ti ho dato un palpito di vita
e tu mi hai regalato
due piccole gocce d'acqua
che hanno illuminato
di cristallo i miei occhi.
Torna stanotte amica mia
e con te rivivrò questa nuova dimensione
di sogno.

domenica 3 dicembre 2017

La cena delle beffe

La mail è arrivata proprio così e all' oggetto gli smemorati lettori a cui era indirizzata, potevano leggere: "Annuale cena delle beffe", e sorridere, ricordando improvvisamente, che la missiva non era nient'altro che l'invito a organizzare e successivamente a partecipare all'annuale cena che noi vecchi scout facciamo ogni anno, da tanto tempo ormai. Forse, chi quest'anno si è dato la briga di ricordare a sé e agli altri il consueto appuntamento, non immaginava di aver scelto un titolo per questa cena del 2017, che non avrebbe potuto essere più azzeccato, ma così è stato, e non per una precisa volontà degli interessati, ma perché si sono messe insieme svariate cosette, per cui alla fine è parso proprio che le beffe  calzassero a pennello. In effetti, avrebbe potuto anche chiamarsi la cena dello 'scappa e fuggi', nel senso che si fa una scappata alla cena,  giusto per non disattendere a una tradizione, che bene o male ciascuno di noi ha dentro il cuore, e poi si fugge verso altri impegni, più o meno importanti, ma tutti più o meno presi prima della fatidica data del nostro incontro,o piombati tra capo e collo in un tranquillo weekend, che improvvisamente diventa di paura, con la notizia che proprio la domenica mattina si deve partire alle cinque per un lavoro al quale non si può dire di no. Si poteva chiamare nel caso mio anche la cena dell' 'incastro', nel senso che prima di poter arrivare a mettermi a sedere davanti a un tavolo insieme agli altri, ho dovuto sistemare diverse cosette nel menage di casa mia, per cui sono arrivata a incastrarmi proprio nel momento in cui il nutrito gruppo di cui parlavo prima si alzava da tavola per andarsene ciascuno per la sua strada.Ed è così che per non perdermi niente dei dieci minuti che mi permetteva di stare insieme a tutti, mentre mi avvicinavo al posto che mi era stato lasciato, ho ritenuto non solo giusto, ma anche doveroso, carpire dai vari vassoi del tavole dei bambini, (rigorosamente vuoto, perché i rampolli giustamente si stavano scatenando in un orgia di strilli e di salti), fette di prosciutto, crostini appetitosi, fettine di pecorino, in modo che quando sono arrivata davanti al mio piatto e la cameriera è venuta a servirmi l'antipasto, ho potuto rispondere che ero già pronta per i pici, proprio come tutti gli altri. Questa cena però poteva avere anche un altro nome ancora e si poteva chiamare la cena della 'diserzione', perché la Comunità Capi in servizio ha pensato bene di dare forfait in toto, chi per un motivo, chi per un altro, chi solo con un diniego, ma insomma il risultato è stato questo...e si è visto tutti. Intendiamoci! Non è che questo non si capisca. Ragazzi di vent'anni preferiscono senz'altro passare la sera del sabato in discoteca, piuttosto che con dei quasi cinquantenni che per loro sono matusa, se va bene, e babbioni ultrasessantenni. E chi non farebbe altrettanto? O perlomeno,chi non ci penserebbe? Bello sarebbe stato pensarci, sì, e poi capire che per una volta all'anno si può sacrificare anche qualcosa di noi stessi, in nome di una tradizione che per mantenersi ha bisogno dell'apporto di tutti. Perché poi alla fine , la forza dell'uomo sta in quello che riesce a costruire insieme agli altri e che lo fa sentire più sicuro e meno solo. Questo ha un nome e si chiama 'crescere'.
 Magari dopo aver scritto tutto ciò, si potrebbe pensare che le beffe siano state proprio queste, che alla fine hanno fatto di una cena rituale, una cena sconclusionata. No no! Chi pensa negativo, pensa male. Le beffe sono quelle che abbiamo fatto noi, persone comuni, che magari nella vita di tutti i giorni non si incontrano mai, e che forse non sempre vanno d'accordo e pensano alla stessa maniera, ma che lì, in un luogo molto semplice, sono semplicemente scout, solo scout, ragazzi e ragazze che hanno condiviso fatica, gioia, fuoco, notti di stelle,  e gli anni che sono passati e hanno imbiancato i capelli e incurvato le spalle, non hanno tolto niente alla lucentezza dei ricordi, che conservano sempre lo stesso irrefrenabile smalto di gioventù. Io li guardavo tutti, mentre ascoltavo gli episodi che giungevano dal passato e mi dicevo che mai come in questa cena delle beffe si è visto finalmente lo scorrere della vita, non come una cosa passata, non come tempo che non torna più, ma come fermento di persone che devono correre, andare, lavorare, disertare e magari chiedere anche, proprio come fanno i figli con i genitori. E in tutto ciò, guardare lontano con la speranza di nuove consapevolezze, come del resto è sempre stato nell'arco di questi ormai tanti anni Questo e solo questo sono le beffe che sono state il leitmotiv di una cena sicuramente al di sopra delle righe del solito spartito, un leitmotiv che alla fine mi è piaciuto e mi ha fatto capire che ci si deve rinnovare continuamente, per non venire meno allo spirito che ci ha sempre accompagnato, e che mentre attendiamo, dobbiamo anche precorrere, non restare immobili, ma anzi,  distanziare chi, se vorrà raggiungerci, dovrà darsi da fare.

venerdì 24 novembre 2017

Sono resiliente

Appena l'ho letta, ho pensato che fosse una parola sbagliata, un errore di stampa. Stavo cominciando a leggere l'articolo dell'Huffington Post "Per Bankitalia rischi se la ripresa rallenta, ma l'Italia è più resiliente", quando mi ha colpito la parola 'resiliente'. Come ho già detto lì per lì ho pensato a un errore, poi mi sono detta che non era possibile e allora mi sono chiesta: "Ma che vuol dì?" e così sono andata ad informarmi.


La resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento.


 E si può applicare a tutto, ma proprio a tutto, dalle cose fisiche a quelle più sottilmente psicologiche. E così stasera ho scoperto due cose. La prima è il significato di resilienza. La seconda è l'abisso della mia ignoranza
Ma come, io che mi vanto sempre con quell'antipatica dell'altra me stessa, di saper scrivere e anche di saper parlare con proprietà di linguaggio, io, proprio io, non sapevo cosa volesse dire 'resilienza'?
"L'Italia è resiliente, perché si adatta ai cambiamenti, riuscendo così a superare le difficoltà. Chissà se è un complimento o no!" mi sono chiesta e ho fatto la prova su me stessa, come faccio sempre, quando non so rispondere a qualcosa. Non c'è stato neanche bisogno che mi mettessi in posa, per vedere che tipo veniva fuori.....a voglia che sono resiliente, perbacco se sono resiliente. Sissignori, io sono un tipo resiliente, io so adattarmi ai cambiamenti. La cosa però non mi sa di complimento, ma molto di più di sopravvivenza, transitando da 'Io speriamo che  me la cavo' a 'Il generale Della Rovere'. E nel mezzo? E nel mezzo c'è la Grande Bellezza di questa resilienza, di cui ignoravo fino a cinque minuti fa l'esistenza, ma che è nostra, proprio nostra come l'orchestra e la pizza e un migliaio di altre cosette che tutti vorrebbero essere e avere, sapendo che non è possibile perché non sono come noi. E siccome, in tutto ciò, io sono anche toscana, sono dunque una resiliente che cammina a mele strette.
E camminando nella strada dei miei tanti cambiamenti, delle tante difficoltà che ho dovuto affrontare più o meno coscientemente, mi sono ritrovata a dover dare retta a quello che ha detto un giorno un grande uomo:

 La vita non è aspettare
che passi la tempesta...
ma imparare a ballare
sotto la pioggia
Gandhi





giovedì 23 novembre 2017

Mi è piaciuto

Nella mia vita se si chiude una porta si apre un barattolo di Nutella
Mauro Rubino



Se mi è piaciuto questo aforisma???? Diciamo pure che mi ha lasciato senza fiato, per come in poche parole è riuscito a centrare quello che a me ci vorrebbe una pagina intera per fare capire prima di tutto a me stessa e poi agli altri.
E in effetti, quando si chiude una porta cosa c'è di meglio che aprire un barattolo di Nutella? Ci vuole dolcezza nella vita, e invece nelle porte chiuse ci sono solo incognite, amarezze, storie terminate, e bla bla bla bla............E dunque che si può fare di meglio , di più giusto, di più sensato, di più intelligente, se non mettersi seduti in una posizione estremamente comoda (ciascuno ha la sua), svitare il tappo del barattolo intonso, che magari dieci giorni prima avevamo  giurato di non guardare nemmeno da lontano, purché la famosa porta di turno non si chiudesse, e lentamente immergere il cucchiaio dentro l'allettante consolazione, mentre dall'anima sorge spontanea una parola liberatoria (anche in questo caso ciascuno ha la sua e varia parecchio a seconda della posizione  geografica).
Poi, fortificati dalle nocciole, dal burro di cacao e dallo zucchero, improvvisamente la vita riprende i suoi connotati e ci accorgiamo che a noi le porte chiuse ci fanno un baffo! Sì! Proprio un baffo...di nutella naturalmente, e siamo pronti a rimetterci in cammino per andare a farci sbattere qualche altra porta sul muso.
Grazie Mauro Rubino, sei un grande!

venerdì 17 novembre 2017

Viver dal ridere

AA prima vista può sembrare un argomento macabro, ma tuttosommato non lo è. Tra l'altro anche Francesco, ha detto proprio oggi che è bene pensare alla morte, perché aiuta a vivere meglio. Quante volte mi è capitato di sentir dire  che la cosa migliore sarebbe un colpo e là, o dare la vita per gli amici, sbaglio o ce lo dice anche il vangelo? Beh! io ho sempre detto, che a dover scegliere preferirei morir dal ridere, un pò come capitò al grosso serpe che messo di traverso sulla strada di Pinocchio, a veder saltare il burattino che per scavalcarlo finì con la testa nel fango, rise così di gusto tanto che gli scoppiò una vena del petto e tirò le cuoia. Da qui la famosa frase 'Ridere a crepapelle'!
Ma giuro che è la prima volta che sento dire che uno, a dover scegliere come vivere, dice ....beh! Tutto sommato sceglierei di 'viver dal ridere'. Questa cosa mi ha lasciato a bocca aperta almeno per due minuti e poi mi ha spinto a ragionarci sopra. E già! A dirlo così sembra facile, che ci vuole a ridere? Ma proviamo....proviamo.... La morte tuttosommato è un momento e quindi tu puoi anche permetterti il lusso di morir dal ridere, ma la vita, per l'appunto, dura tutta la vita, e quindi può essere anche lunga, e come si fa, me lo dite come si fa a viver dal ridere?
Senz'altro se penso alle cose belle Senz'altro se penso alle cose belle che capitano durante il tragitto, allora posso anche capire che ridere è bello e sacrosanto...il brutto arriva quando cambia la sinfornia. Faccio una simulazione. Mi bozzano la macchina? E io rido. Mi rubano il portafoglio? E io rido. Mi subissano di tasse? E io rido. Mi trattano male? E io rido. Poi capisco che la risata ha molteplici facce. Posso ridere degli altri, con gli altri, con me stessa, di me stessa. Ma che soddisfazione non darla vinta a chi ti fa del male, una soddisfazione così grande che quasi quasi mi vien da ridere anche ora. Del resto a rendere pan per focaccia che ci guadagnerei? Invece in questo modo sono in pace con me stessa e gli altri facciano quello che vogliono.
Molto bene. Capisco di essere arrivata a un concetto filosofico sulla vita, e, del resto, conoscendo molto bene la persona che mi ha detto che è molto meglio viver dal ridere, che avere i musi lunghi, non dovrei stupirmi più di tanto, anche perché concettualmente si adatta benissimo alla mia scelta di voler morire dal ridere.  Chissà! Forse col tempo arriverò a fare mia questa filosofia. Ad oggi, potrei dire solo di arrivare ridendo a infilare un dito in un occhio a chi non mi va. Beh! Tuttosommato è un viver da ridere anche questo!p

giovedì 16 novembre 2017

Così semplicemente stasera

A volte capita di passare una giornata, senza che accada niente che la possa rendere un pò gradevole, poi stasera, metti il guinzaglio al cane ed esci nel freddo, pensando di fare una giratina e tornare subito a casa. Invece a volte accade anche, che mentre passi davanti al distributore automatico, ti senti chiamare e ti vedi venire incontro una persona sorridente e a braccia aperte, e ti senti abbracciare, mentre il cane tira e si agita per proseguire la sua camminata. E  capita anche di sentirti improvvisamente contenta di vedere quel viso noto, che sorride e parla piano facendoti segno con un dito sulla bocca di fare altrettanto. In macchina ci sono due bambini addormentati, che non sarebbe giusto svegliare. Sono reduci da una festa di compleanno, di un uomo, un parente , nato anche lui come me di novembre, proprio in questo giorno. E capita anche di sentirsi fare gli auguri di buon compleanno, anche se in ritardo, perché è un modo di rinnovare la festa. Poi, mentre il cane tira e reclama i suoi diritti, saluti e continui per la tua strada, lieta di quel piccolo diversivo che ti si è presentato inaspettato. Ma a volte capita  anche che, fatti pochi passi, senti che una macchina si ferma vicino a te, e la stessa persona, sempre parlando sottovoce ti dica: " Lo vuoi un pezzo di maialetto arrosto? E' fenomenale!" La cosa è detta con tanta semplicità, alle dieci di sera, nel bel mezzo di una strada provinciale e il tutto ha qualcosa di surreale, ma proprio per questo capita anche di sentrirti rispondere: "grazie lo prendo volentieri!" con altrettanta semplicità. Perché queste sono cose che possono essere fatte solo tra amici veri, che hanno condiviso esperienze, cammino, speranze, dolori e fortunatamente anche gioie.
Sei nuovamente sola, con il tuo arrosto in mano, avvolto in una cuki luccicante, preludio di Natale. Il tuo cane non tira più, preso come è a saltellarti intorno per sniffare il profumo squisito che esce da quel fagotto. Torni a casa, sapendo che ti è stato fatto un nuovo regalo per il tuo compleanno, un regalo che non ti aveva mai fatto nessuno, e di sentire qualcosa di caldo nel cuore, che si allarga, si allarga fino a diventare un attimo di allegra felicità. Capita anche di sapere che anche se non hai fame, farai festa a quel dono, a cui un altro ha rinunciato per regalarlo a te, e mentre lo gusti, farai anche un brindisi con un calice invisibile, all'amicizia....così, semplicemente, stasera.

lunedì 13 novembre 2017

Il caminetto

Mi manca il fuoco del camino. Mi manca la fiamma scoppiettante e le faville che salgono su per la cappa. Me ne sono resa conto stasera, dopo questa giornata proprio novembrina, intrisa di acqua e di grigiore, e più che altro me ne sono accorta dopo essere ritornata da fuori col mio cane, entrambi bagnati fradici. Mi sono messa davanti a un termosifone.....ma è un'altra cosa!
E così il ricordo è andato ai miei caminetti, a tutti i miei caminetti, e ce e sono stati tanti.  Il primo mi riporta ai miei primi anni e allo stupore provato quando trovai proprio nel camino le prime tre statuine del mio presepio. Erano un pastore, una pastorella e un soldato romano. E come erano carine, fatte di gesso e dipinte a mano. Sono ancora con me le mie statuine e quando le guardo provo un senso di grande calore. Fu allora che cominciai a sognare e a far volare la mia fantasia. Non ho più smesso, anche se ora ho imparato a tenermi per me ciò che vedo nei miei viaggi fantastici. Gli altri caminetti li trovai in una casa vetusta, piena di stucchi e di affreschi. Erano caminetti signorili, decorati da puffi  e rilievi floreali. Mi intimidirono fino a quando il mio babbo non decise di unsarne uno per allestire al suo interno i nostri presepi. Che meraviglia che erano i nostri presepi. Sempre arricchiti, anno dopo anno, da qualcosa di nuovo che costruiva il mio babbo, al quale facevo da manovale. L'altro invece veniva acceso e noi ci riunivamo intorno a lui in quel salone immenso e gelido che era nella mia abitazione di allora. Ma il fuoco è sempre uguale in tutti i camini del mondo e parla lo stesso linguaggio universale e per me, che stavo crescendo , era facile allora pensare che il fumo che usciva dal comignolo si incontrasse con quello degli altri camini e, trasportato dal vento se ne andasse in giro per il mondo a portare la storia della mia vita, per mischiarla con quella delle tante altre persone che si raccontavano intorno al fuoco nelle lunghe serate invernali.
Poi cambiai paese e nella mia nuova abitazione, il camino era in cucina. Io allora facevo già altri tipi di sogni e più che altro leggevo tanto. Fu lì, seduta in una poltroncina di vimini, che stetti un giorno e una notte a leggere 'Centomila gavette di ghiaccio', mentre il calore che usciva dal camino, non riusciva a scaldare il mio cuore, che batteva all'unisono con quello degli alpini della 'Julia'. Fu lì che mi lessi per la prima volta 'I Miserabili' di Hugo, dono per un Natale di congiuntura, e rimasto uno dei libri più belli che io abbia mai letto. Fu lì che mi appassionai ai libri di archeologia classica e a quelli di archeologia misteriosa. Fu proprio accanto a quel caminetto che cominciai a dipingere e a progettare un futuro di artista, che rimase sempre nei miei sogni.
Quando entrai nella mia nuova casa, il camino non c'era e io ne sentii subito la mancanza, ma passarono anni prima che ne fosse costruito uno. Che diventò il fulcro della nostra vita domestica. Era un caminetto semplice,e neanche tanto bello, uno di quei camini prefabbricati, come se ne vedono dappertutto. Riuscii a migliorarlo con una grossa mensola di legno, che diventò nel tempo qualcosa di speciale, perché nonostante l'età adulta e tre figlioli, dentro di me ero sempre rimasta un pò bambina e una grande sognatrice. Su quella mensola furono scritte tante letterine a Babbo Natale e quando non ci fu più posto, vennero scritte su fogli di carta, che poi mettevamo a bruciare, per correre subito fuori a guardare il fumo che usciva dal comignolo e andava verso le stelle. Quel fumo trasportava tutte le nostre parole, i nostri desideri, le nostre aspettative, e anche se sapevamo che non era vero, ci piaceva crederci. Poi rientravamo di corsa in casa per scaldarci, seduti a turno sulla cassetta militare del mio babbo, che era proprio davanti e sempre piena di legna.Sogni. Sogni. Com'è bello sognare e immaginare posti invisibili a tutti salvo che alla nostra fantasia. 
E poi c'è il caminetto di pietra serena, il piccolo caminetto, costruito da mio zio, tanti anni fa e quel caminetto mi riporta al profumo del castrato e a quello delle caldarroste, ma non solo. Mi fa ricordare scaldini con le braci coperte di cenere, portati nei letti e attaccati al 'prete', che è lo scaldaletto. Sento ancora il calore che mi si spandeva in tutto il corpo, quando entravo sotto quelle coltri, e il profumo della buccia di arancio, che inevitabilmente mettevamo in ogni scaldino per profumare le lenzuola. 
Ecco! Io me lo sogno quel caminetto, perché voglio ritornare a scaldarmi davanti alla sua fiamma, e a fare i miei sogni da spedire su per la sua cappa. Saranno sogni diversi, forse anche velati da un pò di malinconia, ma anche la malinconia è parte essenziale dei sognatori che hanno per interlocutore un caminetto.

sabato 11 novembre 2017

Sciopero

Uffa! Qui non si fa altro che ascoltare e parlare di cose brutte. Attentati, minacce, bullismo, pedofilia, violenza sulle donne, rapine, omicidi passionali e non, l'Italia che è diventata il Bronx, i soldi che non bastano mai, l'età pensionabile che cresce, al ritmo dell'aspettativa della crescita della vita, depressione, la borsa che va su e che va giù, le bollette che invece vanno solo su.................basta! non ne posso più. La vita deve essere pure qualche altra cosa. Ho bisogno di rifarmi la bocca, che di amaro in questi tempi ne ha inghiottito tanto! Mi farò una sniffata di Nutella, tanto per cominciare, e poi affonderò il cucchiaino nel barattolo e lo ritirerò su, gravido come una donna al nono mese di gestazione, aprirò la bocca e per un attimo intorno a me tutto sarà dolcezza. Ma so già che non andrà così! Perché la Nutella non è più la stessa che conosco io da tanto tempo, praticamente da quand'è nata. E non importa che me lo dicano le news. Lo so già da tempo, l'ho anche  scritto in altre occasioni, e in casa l'ho fatto presente non so quante volte, e tutti a dirmi che non era possibile. Nonostante ciò, continuo a preferirla a tutte le altre creme spalmabili, forse per una questione di affetto, forse per un motivo psicologico non ben definibile, ma perdindirindina, non posso fare a meno di pensare che anche la compagna delle mie merende preferite dell'infanzia, dell'adolescenza, della gioventù, della maturità, e perché no! della vecchiaia? no, la voglio chiamare in un'altra maniera, ecco... diciamo della saggezza, non è più quella che conoscevo io, proprio come è capitato a tanti di quelli che credevo amici sinceri, e invece si sono dimostrati solo dei surrogati. Alzo le spalle spazientita, Ma chissene!....ma il senso di rabbia non se ne vuole andare e alla fine capisco che non sono io quella arrabbiata, delusa, e presa in giro, ma la bambina che è dentro di me, la fanciullina, che è la sorella del più famoso fanciullino così caro a tutti, che scalpita e si sente tradita nel suo credo più profondo. Lei voleva, anzi vuole, le nocciole e il cacao, li rivuole proprio come erano prima che calassero per fare spazio a più zucchero e latte in polvere. Non gliene frega niente se qualche nocciola in più e un cucchiaio di cacao rendono il prodotto meno digeribile, perché lei è una bambina di altri tempi, una di quelle che mangiava, si leccava i baffi e poi correva a giocare fino a sera. E poi sa benissimo che non è quello il motivo vero, sa benissimo che il latte in polvere costa meno e dunque.....
Ma sa anche che le fanciulline, come i fanciullini che sono dentro di noi e che resistono impavidi al trascorrere del tempo, sanno incantarsi e meravigliarsi e persino stupirsi e sognare mondi migliori, ma al pari delle formiche che nel loro piccolo si incazzano, se c'è qualcosa che proprio non sopportano è non trovare più lo stesso gusto di una volta a leccarsi un dito pieno di Nutella, e non perché loro sono cresciute e sono invecchiate, ma perché è proprio la Nutella che non è più come prima. E loro non ci stanno e allora che fanno? Scioperano! Da domani sciopero a oltranza.

lunedì 6 novembre 2017

Oggi 6 novembre

Oggi 6 novembre è di nuovo il mio compleanno. Non c'è che dire! Il tempo passa in fretta e porta con sé il cambiamento inevitabile che c'è nella vita. Se confronto il mio compleanno di quest'anno, con quello dell'anno scorso mi rendo subito conto di quanto siano stati diversi. Quello dell'anno scorso: ricco pranzo apparecchiato in salotto e cucinato tutto dalle mie manine. Menù sopraffino. Quello di quest'anno: petto di pollo cotto ai ferri e contorno. Per togliermi uno sfizio, mi sono lessata le castagne. Tutto qui. Tra i due però non so quale sia stato migliore. Forse nessuno. Devo tornare indietro col pensiero di molti anni, per ritrovare un 6 novembre gioioso, fatto di tante piccole cose, ma tutte importanti. Fatto anche di gesti, di accorgimenti, di sensazioni di grande calore. Tutte queste cose, lentamente si sono nascoste nelle pieghe del tempo e non sono riapparse mai più. Per un attimo però anche quest'anno ho avuto due momenti che parlavano di felicità ed è stato quando ho immaginato le mie nipotine americane sedute sul bauletto militare del loro bisnonno, messo davanti al camino, proprio come quando erano piccoli i miei ragazzi, e quando l'altro nipote è venuto a passare il pomeriggio da me e mi ha fatto gli auguri senza che ci fosse nessuno a ricordarglielo. Ecco, quelli sono stati momenti magici,  di quelli che passano veloci come una meteora e si perdono nel niente, ma rimangono flash incancellabili di una giornata da ricordare.
C'è un'ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va. Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.
da PensieriParole <https://www.pensieriparole.it/aforismi/felicita/frase-13819>

mercoledì 1 novembre 2017

1Novembre

Che giornata strana oggi. Ognissanti. Una giornata festiva, ma non più tale, infatti stamani molte persone hanno lavorato come tutti gli altri giorni, una giornata segnata in rosso nel calendario, ma ormai abbastanza disattesa, almeno nel suo significato originario. Ricordi che si riaffacciano per un attimo alla mente con immagini di fotografie sbiadite dal tempo, messe in fila sul frigorifereo per ricordare davanti a un lumino danzante chi non è più con noi, almeno fisicamente,sostituiti subito da altre immagini più orride eppure più fastanti, di streghe, fantasmi, pipistrelli, che richiamano alla stessa cosa , ma con spirito diverso. Ed è così che ierisera, al sopraggiungere della notte, anch'io ho avuto il desiderio di fare la zucca con il lumino dentro, ma ormai era tardi per andarla a comprare.....eppure, eppure,..... quel desiderio persisteva dentro di me, spinto dal venticello Immagine correlatamisterioso dei tanti spiriti che ormai si erano messi in movimento per venire a trovarci nelle nostre case, nei nostri paesi, nelle nostre città. Un venticello allegro comunque, al quale non ho voluto né tantomeno saputo resistere. Per cui ho preso un barattolo di vetro ci ho infilato dentro un cero, e l'ho avvolto con l'unico cartoncino bristol rosso che avevo, al quale ho fatto due occhi e una bocca sorridente. Mia figlia che passava di lì ha detto che era troppo melenso e ha pensato a ritoccarlo, per dargli un'aria un pò più minacciosa. Il risultato è stato un Bart Simpson pellerossa, ma mi è andato bene così, e guardare quella fiammella che illuminava la notte mi ha fatto bene e sentire in sintonia con i tempi che cambiano. Stamani però mi sono ritrovata a fare lo stesso rituale di sempre. Ho acceso un lumino davanti al ritratto che feci tanti anni fa al mio babbo, e nell'imposibilità di andarlo a salutare al cimitero, che è molto lontano da qui, mi sono messa davanti a lui, per parlargli di me e della mia vita. E' stato bello. Talmente bello, che dopo mi sono impegnata per fare il pan dei santi, che mi è venuto un mattone, ma di sapore passabile. E così ho capito di far parte di quella generazione che è a cavallo di due periodi: uno che sta inesorabilmente tramontando, per il suo modo di essere, così schivo, intimo, familiare, per lasciare posto a un altro , più giovane, più accattivante, più divertente, che va incontro ai problemi dell'aldilà con allegro sfottò! Qual'è meglio, qual'è vero, qual'è da continuare? Non saremo noi a deciderlo, ma la storia, che gioca con la vita dell'umanità e che cancella vecchie tradizioni, per portare sempre una ventata di aria diversa. Ho detto diversa e non nuova, perché proprio dalla storia sappiamo che le nuove tradizioni di oggi, vengono da un passato che era stato cancellato, in nome delle usanze che le hanno sostituite. Tutto si ripete nella storia e nella vita dell'uomo, che va sulla sua scia....via col vento!

domenica 29 ottobre 2017

Il vaso rotto

"Solo un vaso antico, anche se incollato, conserva intatto il suo valore. Gli altri vasi diventano solo cocci"
da Piccoli Pensieri di Kind Butterfly



Ma quanto è vero! 
Un giorno di tanti anni fa, un bel vaso venne a rallegrare la mia casa. Mi piacque subito quel vaso, che portò con sé i colori del sole, e da subito lo sistemai nel punto più bello del mio salotto, dove potesse essere visto da tutti. E lì è rimasto per tanto tempo. Poi un giorno il vaso cadde e si ruppe. Mentre ne raccattavo i pezzi , mi dissi da subito che non l'avrei buttato via.....l'avrei incollato con pazienza e l'avrei lasciato nel posto che aveva sempre occupato, stando attenta a non maneggiarlo tanto perché non si rompesse di nuovo. Mentre facevo il mio lavoro da certosino, non mancavo di chiedermi  perché mai lo facessi?! Che motivo c'era di riappiccicare un vaso rotto, quando potevo comprarmene un altro forse anche più bello? La risposta veniva ed era sempre la stessa: quel vaso faceva parte della mia vita, gli ero affezionata, mi ricordava chi me l'aveva regalato. Il lavoro venne bene, così bene, che nessuno se ne accorse, salvo le poche persone alle quali l'avevo detto. Il tempo passò, ma inutilmente per quello che mi riguarda. Forse gli altri possono ancora ammirare il mio vaso, ma ogni volta che io passo davanti a lui mi ricordo che è un vaso rotto e anche se gli voglio ancora bene, per i bei momenti che mi viene a ricordare, so che non è nient'altro che un coccio. Se si fa il copia-incolla di questa breve riflessione, nella vita di tutti i giorni,mi accorgo che è la stessa cosa. Si riappiccicano i cocci di un vaso e quelli delle persone, che hanno rotto la loro immagine davanti ai nostri occhi. Cerchiamo di ridare il posto che avevano prima, ma con più distacco, forse per non vedere le cicatrici, ma non serve a niente. I cocci rimangono sempre cocci, salvo quelli dei vasi antichi.

venerdì 27 ottobre 2017

"Io sono solo io"

"IO sono Anna Frank"! Come è facile da dirsi vero? Altrettanto facile di come è stato dire "IO sono Charlie Hebdo" Così tanto facile, perché non è assolutamente vero. Io non posso essere Anna Frank, come non posso essere Charlie Hebdo, per il semplice motivo che non ho vissuto quelle stesse esperienze. Tutt'al più posso dire di essere empaticamente vicino a loro, e andando oltre posso condannare con tutta la mia forza, chi vuole esprimere la propria idea con l'uso della violenza, e condannare allo stesso modo l'ignoranza di persone che usano simboli senza neanche sapere chi sono,cosa hanno rappresentato, quale è il messaggio che hanno lasciato ai posteri,  perché, sembrerà strano a dirsi, ma c'è veramente tanta ignoranza in questo nostro mondo pressappochista, che si sta dimenticando la cultura e più che altro che non conosce la storia, e andando ancora più oltre, che non conosce la storia recente dei popoli, dei quali è l'erede.
No! Io non sono Anna Frank, ma come me non lo sono neanche gli altri, perché se veramente fossimo lei avremmo non solo trovato la forza di ribellarci a questi miserevoli atti  di  grettitudine e di ignoranza totale, ma avremmo lottato per costruire un mondo migliore, quello che lei vedeva nonostante la tragedia della sua vita. No! Io non sono Anna Frank, per onestà intellettuale, perché se dicessi di esserlo, affermerei che Anna Frank è una pecora belante come me, che vede accadere cose assurde intorno a lei e non fa niente per ostacolarle, neanche con una penna e un diario. 
" Io sono solo io". Mi alzo, lavoro, leggo le notizie, apprendo che forse ci faranno fuori con le bombe atomiche, e nel frattempo guardo una libreria di Ikea, preparo il pranzo, e guardo nuovamente le notizie, e apprendo che Anna Frank è stata usata come immagine dissacrante, da un gruppetto di tifosi oltranzisti, metto nel carrello la libreria di Ikea, vado a pranzo, poi a riposare e in serata do un'altra occhiata alle  news. C'è un'immagine che mi cattura. E' quella di una bambina siriana di appena un mese, morta di fame. Ma quella bimba non ha un mese, a un mese un bambino non ha quell'espressione che vedo nei suoi occhi e in tutto il suo corpo,  perché i suoi tratti sono quelli di una vecchia che ha vissuto totalmente il dramma della vita.Quella bimba porta in sé la storia mercantile dell'umanità Mi ritrovo a guardare lo schermo, mentre due lacrimoni mi scendono silenziosi. Potrei dire "Io sono la bambina siriana" ma non lo dico, perché so che non è vero..... ma per quanto ne so io,  non l'ho sentito dire da nessuno. Non faccio più l'ordine a Ikea.Non so perché, e se lo so, non vuole venire fuori, almeno non ancora.

venerdì 20 ottobre 2017

Come eravamo - La strana coppia

Ieri sera la mia mamma si è messa a raccontare. Un episodio della sua vita è riaffiorato, intatto e pieno di colore, e quando succede così, io mi siedo vicino a lei e la sollecito a parlare, e ad addentrarsi negli episodi dei suoi ricordi, perché mi piace sapere, per tramandare  anche i piccoli fatti, che sono cose suggestive e tenere, e che mi fanno capire più che altro quanto è cambiato il modo di vivere e di essere, nel giro di poco più di quarant'anni. E' vero che si parla del secolo scorso, e già dicendo così, sembra di ritornare alla preistoria, ma questo episodio è successo, da quello che ho capito, intorno al '68, ma per come la vedo io, potrebbe essere uno degli episodi di Don Camillo, di Guareschi, che non sono mai comici, ma strani senz'altro sì, e parlano ancora di un piccolo mondo antico, dove la gente, pur reduce da una guerra sanguinosa è rimasta stranamente semplice e piena di voglia di divertirsi.
La strana coppia era formata da due coniugi che più diversi non potevano essere, ma che evidentemente si compensavano benissimo l'uno con l'altro. Lui era taciturno per quanto lei era chiacchierina, lui era serioso e lei risacchiona, lui amava andare solitario per funghi e lei a ballare il liscio.
Un giorno si trovarono d'accordo per andare a un matrimonio a Faenza, dove erano stati invitati da un cugino di lei. Fecero tutti i preparativi, indossarono il vestito buono e salirono sul treno che li doveva portare dai monti alla piana solatia della Romagna. E fu proprio in treno che a lei venne un mal di denti terribile, uno di quei mali che non perdona e che fanno vedere tutte le stelle che sono in cielo. Dopo la cerimonia, che fu una tortura per entrambi, sia per il dolore al dente, sia per la cravatta che stringeva troppo, si ritrovarono davanti a una tavola imbandita di ogni ben di dio, ma lei si accorse di non poter mettere in bocca neanche un tortellino, per il dolore che aumentava sempre di più. "Bevi un pò di vino, - le disse lui - che con l'alcool può darsi che ti si calmi" ma lei non poteva neanche bere e così ogni volta che lei si lamentava lui beveva un sorso e forse ne bevve uno di troppo, perché a un certo punto si alzò e disse: "Vado a sentire tuo cugino, se ha un calmante da darti" e si allontanò. Ritornò poco dopo accompagnato dal cugino, che anche lui forse aveva bevuto un sorso di troppo, ma essendo il padre della sposa era giustificato. "Abbiamo trovato la soluzione" disse lui e il cugino tirò fuori un paio di pinze, dicendo: "Andiamo un pò più in là, che ora il dolore te lo faccio passare io!" E detto e fatto, il dente non ci fu più, e lei cominciò a mangiare, e a ballare per tutto il pomeriggio. 
Finita la festa, salirono in treno per tornare a casa e forse sarà per il vino, forse sarà per il ballo, fatto sta che si addormentarono tutti e due e così non scesero alla stazione, ma andarono a finire dritti dritti al deposito del treno, dove li trovò ore dopo un ferroviere, che per riportarli a casa non trovò altro mezzo che caricarli nel cassone della sua ape.
E' una semplice storia, ma proviamo a pensarla ai giorni nostri, in questi nostri giorni dove tutto è complicato dalle nuove conoscenze e dove tutto deve essere sterile, perché sennò l'infezione, il tetano, e chi più ne ha più ne metta,................. ed è senz'altro vero, ma allora ancora evidentemente non ci si curava molto di queste cose, perché non c'era l'informazione di oggi, né c'erano le multe di oggi se fossimo scoperti dentro il deposito del treno a bivaccare dopo una giornata di festa, Proviamo a immaginare se ciò potrebbe essere possibile nel nostro mondo in guanti di lattice e in divieti sempre più pressanti......proviamo, proviamo, sogniamo un pò e a un certo punto vedremo passare davanti ai nostri occhi un cammello e ci verrà in mente, anche se in maniera poco appropriata che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che.............