giovedì 27 giugno 2019

Dagli Appennini alle Ande

Che caldo oggi! Mi riporta a un pomeriggio di quarant'anni fa, all'improvviso, un flash, mentre spaparazzata sul divano cerco di riposarmi un pò e trovare sollievo a questo senso di fuoco che minuto sopo minuto si impadronisce dell'aria che respiro. Gli occhi sono pesi, c'è voglia di sonno, ma non riesco a dormire,  il sonno non viene, respinto dal baluardo di caldo caliginoso, che si muove davanti ai miei occhi stanchi che crea fate morgane che giungono dal passato e si mischiano con i miraggi dell'odierno tempo, quasi a creare piccoli tasselli del puzzle di una vita. Ho la sensazione di essere la spettatrice di un film che si proietta davanti a me a caso,in una ridda di immagini che devono trovare una collocazione, per avere un senso.
Batto gli occhi e un immagine si forma, li riapro e sono nella mia stanza, nel mio salotto, in mezzo alle mie cose. Li batto nuovamente ed ecco apparire un'altra immagine. Li riapro e quella scompare. E poi un'altra e un'altra ancora. Forse ho bisogno di bere qualcosa di fresco. Suona il campanello. Vado ad aprire con un ghiacciolo al limone in mano.Essere originali va bene. Volerlo essere va male (anonimo), ma io non ho voluto essere originale, mi ci sono ritrovata punto e basta. Dopo due minuti, oltre al ghiacciolo in mano ho anche tre paia  di calzini. Chi ha suonato era il solito 'vo' cumprà' detto in senso affettuoso, che conosco da una vita  e che mi ha anche regalato una pillola di filosofia spicciola: " Qui fa parecchio caldo, ma in Africa molto di più, e c'è molta meno acqua". Già.Mi sento impotente quando vengo scaraventata nei problemi del mondo. Non trovo di meglio da fare, se non mettermi nuovamente seduta sul divano con le gambe stese su una sedia. A una certa età, è bene stare attenti alla circolazione. In mano mi ritrovo i calzini e improvvisamente sorrido perché proprio da quei calzini parte il mio viaggio sconclusionato.




Ghiacciolo al limone
  1. 80 ml di acqua.
  2. 60 gr di zucchero.
  3. 100 ml di succo di limone.
  4. buccia grattugiata di limone.




Stavo mettendo i calzini in un cassetto, quando improvvisamente una fitta di dolore acuto mi ha attraversato la schiena e si è diretta alla pancia, giù in basso. Mi sono fermata per riprendere fiato, ho fatto due telefonate importanti e nel giro di poco più di un'ora sono arrivata a Siena. La stanza è in penombra, ma dalle persiane accostate entrano lame di sole infuocato e io le guardo, chiedendomi se per caso oltre quelle c'è la montagna che sto scalando con sudore, fatica, e qualche imprecazione, Una montagna ammantata di sole e di fuoco, ecco la prima immagine che trova il posto nella pellicola del film di una vita, ma che c'entra con gli altri flash che in questa ora meridiana mi sfrecciano davanti agli occhi? E più che altro che c'entrano le immagini di altre montagne verdi, ventose, ricche di acque? C'entrano c'entrano e mi sto accorgendo che pur non avendo vissuto in prima persona le loro ascese a volte coraggiose, altre volte dolorose, altre ancora piene di sfida, fanno parte della mia vita, perché le ho viste con altri occhi non miei, ma che fanno parte di me, e con le aspettative di chi ha trovato dalle loro vette, spinte esistenziali per dare di volta in volta un nuovo senso al proprio andare. Già. E ora viene il bello. Che c'entra tutto ciò con Machu Picchu? C'entra c'entra, eccome se c'entra. Perché proprio attraverso quegli stessi occhi io vedrò il sentiero che verrà percorso, l'Urubamba che scorre tumultuoso a valle, mi affaccerò sugli orridi senza fine e spazierò per le alte cime, al di sopra delle quali solo il condor può volare.  Vedrò le antiche rovine che hanno accolto la vita di mitici popoli dei quali più che la loro storia parlerà il loro silenzio. Un sogno della mia vita, un miraggio che viene da lontano, nato il 27 giugno di  quarant'anni fa, e che oggi si concretizza senz'altro in maniera più completa che se lo vedessi in prima persona. Già. Allora perché, visto che mi sembra di aver ricomposto il puzzle, perché sento che ancora qualcosa manca? E perché questo qualcosa deve essere proprio Lozzole, un eremo, vicino a Marradi, sperduto tra i monti degli Appennini? Mi sembra quasi un affronto riduttivo alla grandiosità delle Ande e del suo complesso archeologico. Poi mi dico: "Perché no?" In fin dei conti Lozzole è ancora più antico del Machu Picchu...non ce lo scordiamo e non siamo troppo modesti!" E poi capisco perché! Potere del ghiacciolo che mi ha snebbiato le idee. E rivedo i miei passi stanchi che arrancano per una carrareccia, mentre porto in braccio una bambina ed esorto due maschietti ad andare avanti, mentre mio zio, montanaro esperto ci precede col suo solito bastone. E' la montagna con il suo caldo, i suoi ronzii,i rumori furtivi del sottobosco e i profumi dei fiori e l'odore acre della fatica, quello che mi viene in mente. E poi improvvisamente la vedo quella chiesa ora restaurata, ma prima tutta diroccata e per me allora piena di un fascino unico e improvvisamente la sola cosa che sento è il silenzio, e nel silenzio il mio senso di pace, di abbandono totale, di appartenenza. Un attimo di eternità.
Lo stesso attimo di eternità che mi regalano tutti i monti dagli Appennini alle Ande, lo stesso della montagna sconosciuta di quel 27 giugno di quaranta anni fa.

Se qualcuno leggerà queste righe scritte alla rinfusa, probabilmente non ci capirà niente, ma posso dire che fino a due minuti fa non ci ho capito molto neanche io. Ora finalmente sì!

mercoledì 26 giugno 2019

L'Aforisma

Ho cominciato a leggere gli aforismi quasi per gioco, e solo dopo un pò di tempo mi sono resa conto che non erano affatto il passatempo che credevo io, ma tanti  spunti di riflessione che giungevano da lontano e da ogni parte del mondo. Filosofi, letterati, scienziati, artisti, persone comuni, hanno lasciato l'impronta del loro vissuto e delle loro esperienze in piccole frasi che sono altrettanti capolavori, perché non è semplice concentrare lo scibile umano in poche ,esaustive parole. E così, di volta in volta, durante l'arco di tanti anni, mi sono ritrovata a leggere aforismi sferzanti, o ironici, a volte dolcissimi, altre pieni di livore, ma tutti, nessuno escluso, mi hanno lasciato qualcosa che sentivo di dover approfondire, per capire i loro autori e attraverso loro, l'uomo.
Potrei citare centinaia di nomi, molti dei quali veramente illustri come Aristotele, Newton, Einstein, Cioran, Bukowski, Baricco, e sono solo alcuni che mi vengono in mente nella ridda affollata che si presenta davanti ai miei occhi, ma confesso che ho una vera passione per gli aforismi di Oscar Wilde, anche se il mio aforisma preferito è uno di Van Gogh. "Non sono avventuriero per scelta, ma per destino".Non spiegherò il mio punto di vista su questo aforisma, né tantomeno dirò dove mi ha portato la riflessione che ci ho fatto sopra, perché ciascuno deve esere libero di pensarlo come vuole, senza essere influenzato da altre considerazioni. Tutto quello che posso dire è che attraverso lui ho cominciato a guardare la vita da un'altra angolazione.
L'aforisma mi parla di intuizione, di cultura, di ironia verso se stessi e gli altri. In definitiva mi parla del pensiero dell'uomo, che si concretizza in poche parole e ci fa vedere che l'uomo di oltre  duemila anni fa aveva gli stessi sentimenti, le stesse aspettative, le stesse sofferenze e le stesse speranze nostre....insomma la pensava proprio come noi la pensiamo oggi, e ciò si evince nell'immediato,  senza il bisogno di andare a scomodare i massimi sistemi di tutto ciò che è il bagaglio della conoscenza umana. Chi vuole poi può approfondire il senso che trasmette ogni aforisma che tocca le corde della sensibilità individuale, che entra in sintonia con lui.

L'aforisma non coincide
 mai con la verità,
 o è una mezza verità 
o una verità e mezzo. 
Karl Kraus


L'aforisma è una pallottola sparata sull'ignaro lettore, da un cecchino, appostato su un tetto, che non si preoccupa affatto che ci sia un altro cecchino che spara nella medesima direzione un proiettile totalmente opposto e che può essere ugualmente veritiero. L'impatto di queste due esplosioni è ciò che spinge chi legge ed assimila, ad interrogarsi e a cercare la cura nella giusta via del mezzo, che è quella dell'equilibrio mentale. Un modo per crescere e salvarsi dalla mediocrità, usando una volta di più la Ricerca. Quella degli altri oltre che di se stesso.








martedì 18 giugno 2019

Il mio Oceano mare



 “Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare... Ma soprattutto: il mare chiama... Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole... Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti... Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.”
Alessandro Baricco




Il mare l'aveva visto per la prima volta quando aveva otto anni. Se l'era trovato davanti improvvisamente, così, senza che nessuno le avesse spiegato che cosa fosse il mare.

 Era una splendida giornata di giugno e quello che si presentò ai suoi occhi bambini, fu qualcosa che le tolse il respiro. Una grandissima tavola azzurra che brillava come se sulla sua superficie si fossero posate tutte le stelle della notte. Fu una sensazione forte, travolgente, che neanche in seguito quando via via ci ripensò nell'arco della sua vita, riuscì a spiegarsi. In quel momento seppe solo istintivamente che doveva esternare quella sensazione in maniera del tutto fisica e cominciò a correre verso quell'azzurro a braccia aperte, mentre una grande gioia sprizzava dentro di lei, e senza che lo sapesse, provò per la prima e forse unica volta cosa volesse dire libertà....specialmente quando si accorse che il mondo adulto, turbato forse da questa eccitazione che vedeva in lei, cominciasse a correrle dietro per fermarla.
Tornata a casa, quando ancora il brillio di quel mare era  dentro i suoi occhi, sentì il desiderio di parlare di  quella meraviglia ai suoi amici di allora, due ragazzini, uno un pò più piccolo di lei, l'altro più grande di due anni. Provò a spiegare ciò che aveva visto e le sensazioni che erano tornate a casa insieme a lei, senza riuscirci veramente. Del resto, come poteva una bambina descrivere qualcosa che aveva vissuto quasi come se fosse stata una persona grande? E che fosse così, lo seppe negli anni che passarono, quando altre emozioni vennero a giocare ruoli fondamentali nella sua vita adulta.
Il bambino più piccolo ascoltò, e poi continuò a giocare. L'altro invece, forse per vantarsi di  una conoscenza che i suoi due anni in più gli davano a pieno diritto, le disse: "Beh! Hai visto il mare, Il mare è bello, ma è solo una pozzanghera in confronto all'Oceano!" e con queste parole chiuse il discorso, senza sapere che la parola Oceano, sarebbe rimasta per sempre nella vita di lei, magari nascosta, magari qualche volta quasi dimenticata, magari a volte  anche detestata, ma ci sarebbe sempre stata.
Che cos'era l'Oceano? Lei non lo sapeva ancora, era la prima volta che sentiva quel nome, ma non lo disse e istintivamente rispose: "Io un giorno lo vedrò!" E mentre lo diceva, seppe di crederci veramente.



E finalmente un giorno l'ha visto e l'ha incontrato. Sono passati più di sessant'anni, ma l'Oceano ha avuto pazienza, e onda dopo onda ha aspettato che la bambina arrivasse e gli parlasse senza parole, solo con le onde di quel mare che lei ha sempre avuto dentro di sé e che ora finalmente ha potuto riversare nel grande Oceano, per attendere le sue risposte, come fa il gabbiano, quando si ferma e lo contempla da uno scoglio, e proprio come un gabbiano, non ha corso stavolta, ma ha volato nel cielo della sua vita e ha conosciuto per la prima e forse unica volta la Leggerezza, perché l'Oceano, il suo Oceano mare, le ha detto: "Il Mare è bello, ma è solo una pozzanghera in confronto all'Oceano. L'Oceano è bello perché è più grande e più profondo, ma è solo una pozzanghera in confronto all'Oltre .".

Che cos'è l'Oltre? La bambina non lo sa, è la prima volta che sente parlare di un mare che si chiama Oltre, poi




l'ha guardato lungamente, fino al punto in cui acqua e cielo si incontrano e si fondono in un unico azzurro e istintivamente ha risposto; "Io un giorno lo vedrò". E mentre lo diceva ha saputo di crederci veramente.