sabato 26 dicembre 2020

Natale in punta di piedi

 Il Natale di quest'anno, per me è cominciato il 24 sera, durante la Messa celebrata dal Papa, che ho seguito da casa mia, trovandomi bene tra le mie bestioline, a mio agio con le cose familiari che mi circondavano, con i profumi del mangiare che stavo preparando per il giorno dopo. E subito mi sono accorta che stavo entrando nel Natale in punta di piedi.    In punta di piedi, con  passo leggero, come si fa quando si entra in una stanza nella quale non si sa chi e che cosa troveremo,e soprattutto, in silenzio. In effetti non mi sembrava nemmeno di essere alle porte col Natale, ma a una celebrazione in memoria delle tante vittime che ci sono state fino ad oggi, e siccome volevo rivolgere a loro e ai loro familiari il mio pensiero, questo era stato il mio intento e mi preparavo a viverlo così. 

Mai avrei pensato che invece un canto sarebbe stato il preludio a  colori e luce, ritrovati dopo mesi e mesi di profondo grigio. Quando voci virtuose si sono aperte e levate nel Gloria, in un canto che sentivo talentuoso e altisonante, improvvisamente un coro di voci giovani, vi si è sovrapposto con qualche stecca, accompagnato da un'orchestra fatta di un organo un pò scalcinato e di 3 chitarre volonterose.

Quel momento è stato come una pennellata di colore e di luce sulla mia tela  dallo sfondo grigio scuro che mi apprestavo a dipingere. Poi tutto è tornato come prima, la Messa è finita, io sono uscita dal Natale e sono rientrata nel silenzio della mia giornata che stava terminando, non prima di avere acceso la mia candela per l'attimo di una preghiera ogni volta diversa, come faccio ormai da quarantasei anni. E guardando la fiamma di quella candela  ho pensato alla vita fatta di tanti momenti mai uguali, momenti in cui mi sono sentita di volta in volta, fiduciosa, dubbiosa, invincibile, rassegnata, stanca, felice......fino a questo momento in cui le ho messo davanti la mia fragilità, che è la fragilità di tutto il mondo.

Ma quelle voci allegre che si sono sovrapposte per un attimo, a quelle più serie che intonavano un Gloria che per me era triste,....quelle voci sono rimaste, e ogni tanto sono riaffiorate, fino a trasformarsi in "Oh happy day" e in un'altra pennellata di colore sulla mia tela.

Quando sono andata a letto, ho sentito chiaramente che la vigilia di questo Natale, avvolta nel silenzio di un lungo momento che raccoglie in sé il pianto e il dolore di tante persone, la paura e la solitudine di tante altre, era fatta anche di qualche altra cosa, anche se non sapevo darle un nome. 

La mattina di Natale, la sveglia del mio cellulare è suonata come tutti i giorni alle sette, e così nel momento in cui l'ho preso in mano per tacitarla, ho visto che avevo un messaggio su WhatsApp. L'ho aperto e una chitarra in mano a  un volto noto ha suonato per me e non solo per me "Oh happy day" ed è stato come se un'ondata di confortante calore mi percorresse tutta, per sciogliere quel ghiaccio che avevo dentro.

E così è passata la mia giornata nel tentativo di portare a termine una tela immaginaria, che somigliava sempre di più a un tramonto, o a un alba chissà,


colorata dal grigio del silenzio irreale che sentivo per le strade e da pennellate colorate, date di volta in volta da un ricordo, da una telefonata di qualche amico, e più che altro dal tempo passato a parlare con i miei cari, anche se con qualcuno di loro, da molto lontano. Pennellate vivide e dorate, piene di luce quelle, specialmente quelle in cui la mano è stata guidata dalle voci e dalla confusione dei più piccoli. Ed è stato quando abbiamo parlato tutti insieme, solo con la gioia di esserci, di ritrovarci, al di là del tempo e dello spazio, e da tutto ciò che essi portano con sé, che ho capito che quello era il mio Natale, il regalo che più di ogni altro avevo desiderato da tanto tempo.

Sono entrata in punta di piedi anche in quel momento, senza perderne un attimo, e sempre in punta di piedi, senza fare rumore, per non turbare quell'attimo mi sono incamminata nel mio presepio immaginario,  nelle vesti di un pastore del mio tempo che va incontro al Mistero. E mi sono resa conto che anche gli altri, le persone a me care, gli amici, gli sconosciuti, il mondo intero, io stessa,  non siamo altro che pastori erranti che cercano lo stesso Mistero, che ha tanti nomi, per dare un senso a questa vita, al suo dolore, alle sue prove, alla sua gioia, alla sua bellezza.

La mia tela fatta di pennellate incoerenti, senza un'apparente senso è davanti ai miei occhi. La guardo dentro di me, senza riuscire a capire cosa vuole dirmi. Eppure lì dentro c'è tutta la mia vita. 

Ieri ho provato a scrivere tutte le sensazioni strane che mi ha lasciato questo Natale. Non ci sono riuscita perché  neanche io le ho capite  fino in fondo.

Oggi, con la luce del nuovo giorno, ci ho provato. E forse ciò che non avevo capito la sera della vigilia, quel qualcosa che c'era ma non riuscivo a vedere, era proprio l'attesa della luce del nuovo giorno. Non lo so! Quello che so però è che a dispetto di questo lungo, lunghissimo periodo drammatico, il Natale trova sempre il modo di manifestarsi a ciascuno di noi,  all'improvviso e in maniera diversa e coinvolgente.

Buon  Natale a tutti.

 



giovedì 10 dicembre 2020

Passato prossimo venturo

 Ierisera, dopo tanto tempo che non uscivo più, a causa delle restrizioni imposte dal Covid, ho voluto fare un salto in paese, per scappare un attimo dallo stato di torpore in cui, complice anche l'inverno con la sua precoce notte, è così facile entrare....

Potrei concludere qui con poche semplici parole: un'esperienza da non ripetere.

Ma non posso, perché la mia breve passeggiata mi ha fatto tornare indietro nel tempo, in diversi momenti del tempo, e se da una parte è stata un'esperienza curiosa, dall'altra devo dire che non mi è piaciuta per niente.

Dopo aver posteggiato, mi sono avviata verso la porta principale dalla quale si cominciava a intravedere l'illuminazione natalizia. Menomale, mi sono detta,  almeno mi ricreo un pò lo spirito! Ma l'illusione è stata breve, perché via via che procedevo lungo il corso, lo spettacolo dei negozi tutti chiusi, con le serrande abbassate, o con le luci spente, ha reso surreale tutte quelle lucine appese tra cielo e terra. Erano le cinque e mezzo di un mercoledì che in altri anni sarebbe stato completamente diverso, proprio perché un giorno che prelude già al Natale, in cui la strada sarebbe stata animata dal brusio, dalle risate delle persone che venivano a fare acquisti fermandosi davanti a negozi ricchi di oggetti, di luci e di decorazioni. 

Invece il silenzio intorno a me era totale e di punto in bianco mi sono ritrovata in un passato ormai remoto, in cui mi muovevo proprio come ora, ma che guardavo con gli occhi di una bambina che sentiva crescere il magone dentro di sé e tornava precipitosamente a casa per dire al babbo e alla mamma: "Ma in che posto mi avete portato? Voglio andare via di qui immediatamente"......Poi le cose erano andate diversamente e mi ero innamorata di questo paese, fino a passarci la mia vita. Fino a rimpiangerne negli anni successivi, la sua tranquilla sonnolenza, che aveva ceduto alle esigenze di un turismo frettoloso.

Ed ero lì, dicevo, che guardavo, e mi trovavo fuori dal tempo, in un passato che sapevo non esistere più, ma che mi si ripresentava davanti, creato in poco tempo da questa pandemia che ancora non riusciamo a gestire e a vincere. Guardavo le luci di natale che cercavano di dare gioia a un paese che sembrava agonizzante. E questa cosa non mi è piaciuta per niente. Del resto non è stata solo un'impressione mia, perché dopo un pò sono passate due persone che, chiamate da un'altra che si è affacciata a una finestra si sono fermate un attimo a parlare e ho afferrato queste parole: "Eravamo venuti a fare acquisti, ma quest'atmosfera è surreale. Ci è
sembrato di entrare in un incubo". 


Sono tornata indietro, perché sentivo che lì non avevo altro da fare, se non prendere freddo, e mentre ritornavo sui miei passi, mi è caduto l'occhio su una finestra illuminata della casa dove vivevo da bambina, e anche allora il passato si è impadronito di me, in maniera più dolce stavolta, ma non meno inopportuna, perché avevo fatto quella passeggiata, solo per cercare un pò di futuro, e invece avevo trovato solo un tempo sospeso.

Sono uscita dalla porta principale del paese e mi sono ritrovata in un altro passato. Più recente questo. Un passato prossimo, che si è spalmato sulla facciata di una chiesa e nella sua piazza antistante, che ora vedevo tutta buia, senza niente che ricordasse il Natale, mentre in altri tempi era stata piena di fermento di voci di ragazzi, di illuminazioni ardite, di capanne allestite per un presepio vivente e per altri presepi che lasciassero un messaggio a chi passava, perché i giovani, questi giovani che tutti considerano scriteriati hanno invece dentro di sé tanti tesori da dare agli altri ed è perciò che lei idee venivano fuori una dopo l'altra, dopo che si erano liberate dalla timidezza dei primi momenti, fino al punto che le stesse idee cambiavano forma fino a diventare ciò che erano veramente...sentimenti.

Non ho trovato più niente di tutto ciò, se non nel ricordo del passato, che non è più neanche mio, perché indietro non
si torna.

E chi ci vuole tornare? Mi sono detta, mentre montavo in macchina e mi ritrovavo finalmente nella mia vera dimensione, che è quella attuale, che non è bellissima è vero, che è tutta da ricostruire, è vero anche questo, ma che invece di guardare a un passato che la Covid ha reso ancora più remoto in un tempo brevissimo, deve guardare al futuro incerto che si prepara. Ci deve trovare forti questo futuro, forti e senza rimpianti, pronti a vivere la vita che si presenta, con l'obiettivo di renderla nuovamente bella. Sono i corsi e ricorsi della Storia dell'Uomo.

Una cosa è certa. La mia prossima visita in paese la farò di giorno, perché di notte se è vero che tutti i gatti sono bigi, con la luce del sole invece si riesce a cogliere tutte le sfumature, specialmente quelle che ci piacciono.

Mi rifiuto anche solo di intravedere per il domani il  passato prossimo venturo che ho vissuto ieri sera, perché la vita deve cambiare  continuamente, evolvere, in un'eterna rinascita dalle proprie ceneri.


sabato 28 novembre 2020

Voglia di scrivere

Un po' di tempo fa, parlando con una persona piuttosto  giovane, ma già ampiamente inserita nel mondo del lavoro, è venuto fuori il discorso di quello che uno avrebbe voluto fare nella vita, per trovare quelle soddisfazioni e quelle valvole di sfogo delle quali tutti sentiamo il bisogno.ILMIOLIBRO - Come scrivere una lettera (…e suscitare un'emozione) - Corso  di scrittura

Tra le altre cose, quella che mi ha colpito di più sono state tre parole,  "voglia di scrivere" dette con convinzione dal  mio interlocutore, che ho fatto mie e ho cercato di elaborare.

Da allora sono passati diversi giorni, ma non mi sono dimenticata di quanto mi era stato detto, per cui, dopo essere stata a lungo nel pensatoio, oggi sentirei che è arrivato il momento di prendere virtualmente carta e penna in mano e scrivere una lettera. Ci riuscirò? E' così difficile entrare nella sfera intima di un'altra persona, salvaguardandone l'integrità...... Ci provo.

Buongiorno mio caro amico,

come vedi non ho dimenticato la nostra conversazione e più che altro quelle parole che mi hanno tanto colpito, perché, pur conoscendoti molto bene, non immaginavo che facessero parte dei tuoi desiderata. Voglia di scrivere. Credimi, la conosco benissimo, perché ho avuto voglia di scrivere fin da quando ero bambina e in una mano tenevo i colori e nell'altra una penna. Con i colori ho fatto tanti disegni e più tardi tante tele, con la penna ho fatto tanti temi, tanti riassunti ai quali cambiavo il finale, se questo mi intristiva o mi faceva piangere, ho riempito diari su diari, ho scritto racconti demenziali e altri un pò meno, ho aperto un blog, che mi serve solo per continuare a scrivere, perché per me scrivere è dare luce all'esistenza. In tutto ciò, la cosa più bella, arrivata a un certo punto della mia vita, è stato  capire che la cosa più importante non è tanto scrivere, quanto il rileggere ciò che si è scritto, perché se è vero che attraverso la scrittura, impariamo a dire, molte volte, anzi, il più delle volte, chi siamo o chi pensiamo di essere, è altrettanto vero che è rileggendo ciò che abbiamo  scritto che impariamo a capire ciò che non siamo, ciò che dobbiamo cambiare di noi  e a che  punto siamo  nel nostro  cammino dentro noi stessi e verso gli altri.Va da se' che quando rileggiamo le cose che abbiamo scritto nel tempo, ci accorgiamo subito di quanti cambiamenti abbiamo fatto, perché i nostri stati d'animo, le nostre tensioni, le nostre rare felicità, le speranze che nutriamo, i sogni che non si sono avverati, le avversità che si  presentano nella vita, si fissano inesorabilmente attraverso la nostra calligrfia sui fogli, e molte volte sembra a noi stessi impossibile che la persona che ha vergato un pensiero con dei tratti morbidi e tondeggianti, sia la stessa che ha graffiato in un altro foglio i suoi pensieri. Questo naturalmente vale per tutto ciò che è scritto a mano.

E sembrerà impossibile, ma anche attraverso i tasti di un computer accade la stessa cosa, anche se ci vuole più tempo per accorgersene. Possibile che anche una fredda tastiera, riesca a trasmettere sul monitor, gli stati d'animo dello scrivente? Certo che è possibile, e non per l'intelligenza del computer, ma per le pause che facciamo, per i puntini che lasciano in sospeso un discorso, per la logorrea di certi momenti, per la fluidità del discorso in altri momenti, per l'uso delle maiuscole e delle minuscole in certi giorni in cui lo stato d'animo che accompagna il pensiero tende a enfatizzare o a sminuire ciò a cui ci si riferisce. Un conto è scrivere Dio, un altro è scrivere dio, pur riferendosi alla stessa cosa, che però evidentemente stiamo vivendo con stati d'animo diversi. Questo naturalmente è solo un esempio, per spiegarmi meglio.

La voglia di scrivere quindi è un dono come un altro che ci aiuta a conoscerci meglio. Se poi da ciò che si scrive viene fuori qualcosa di bello, di gratificante, di importante, tanto meglio, ma questo non è l'Essenziale, e noterai che l'ho scritto con la E maiuscola.

A questo punto credo che avrai capito che scrivere è un' esperienza affascinante, un modo per proiettarsi fuori da se stessi e riuscire di volta in volta a vivere una vita dentro la vita stessa, perché mentre scrivi,  tu stai creando e ti accorgerai che improvvisamente, quando meno te l'aspetti, viene il momento in cui entri nella realtà che è nata dal tuo pensiero, che sai benissimo essere una realtà virtuale, ma non importa, perché tu ne fai parte.

La scrittura spalanca le porte di un mondo diverso, intimo e al tempo stesso proiettato verso gli altri, se abbiamo  il coraggio di condividere i nostri pensieri e i nostri  sentimenti col mondo esterno, altrimenti resta comunque una notevolissima apertura mentale che aiuta a capire noi stessi  e anche le persone che ci sono più vicine. Questo accade anche quando leggiamo cose scritte da altri, ma non di tutti gli altri, solo di quegli scrittori che sanno prenderti per mano e portarti dentro ciò di cui parlano e questo è ancora più affascinante perché bisogna essere proprio bravi scrittori per riuscire a fare entrare un'altra persona nel mondo scritto da un altro.

La voglia di scrivere nasce da un desiderio della mente, da un desiderio prepotente e preponderante di esternare le visioni che sono al suo interno, ed è bellissimo raccogliere quelle visioni e scriverle, descriverle, plasmarle, dar loro una vita, un'espressione, tante espressioni che crescono via via che i personaggi, o i numeri, o i colori che stai scrivendo si formano, aumentano di spessore, vanno in giro per un mondo fuori dal tempo. E la cosa più bella è vedere che quando anche tu entri a far parte di quel mondo, non hai più età e ti muovi liberamente negli ambienti che la tua mente ha immaginato e che non hai mai neanche lontanamente visto e che provi momenti veri di sentimenti che spaziano dal tormento alla gloria, a seconda di come si sviluppa la trama del tuo scrivere.

Una cosa è certa. Non si può scrivere per gli altri se non si scrive prima per se stessi.

 Questa è una parte della mia esperienza con la scrittura. Dell'altra parte te ne parlerò solo personalmente, perché avrei ancora tante cose da dirti, forse le più importanti, se sarai ancora interessato all'argomento. Attendo che tu me lo faccia sapere.

Un caro saluto

Chissà se sono riuscita a spiegarmi bene? E se l'interlocutore si è riconosciuto? Si vedrà.


sabato 21 novembre 2020

Cena "Vecchi Scout" 2020


Grigliata Scout 2019 - Gruppo Scout Udine 2 AGESCI


IN QUEL TEMPO

PROLOGO

 

Quella mattina si svegliarono prima del sole. Chissà perché, ma la notte non erano riusciti a dormire bene, in quel boschetto, vicino ai ruderi di un antico insediamento. Erano arrivati, muniti di tutto l’equipaggiamento più sofisticato, una decina di giorni prima e si erano messi subito al lavoro, sicuri che quel luogo così bello avrebbe avuto delle sorprese per loro, ma fino a quel momento i loro scavi non avevano prodotto alcun risultato, salvo forse un po' di pietre che sembravano quasi definire un anfiteatro, vicino ai pochi resti di quella che doveva essere stata forse un’abitazione, neanche tanto piccola in verità.Il Gruppo Archeologico, del quale facevano parte, dopo aver fatto un sopralluogo del posto e avere ammirato il panorama che si vedeva da quel poggio alto poco più di seicento metri, aveva deciso che in tempi passati doveva avere avuto una vita piena di fermento e così senza lesinare sugli equipaggiamenti e sul tempo da impiegare in quella ricerca, aveva inviato i tre archeologi più svegli di tutto il gruppo. che erano gli stessi che avevano partecipato alla recente spedizione in Egitto, per recuperare l’antica piramide, dall’insabbiamento che la stava nuovamente nascondendo agli occhi del mondo. I tre uscirono uno dopo l’altro dalla tenda supertecnologica che avevano montato semplicemente premendo un bottone. Dentro era fornita di tutti i comfort possibili, WC profumato all’essenza di mammole incluso. Il sole ora era sorto all’orizzonte e brillava già di un verde intenso, ma in lontananza si vedevano le prime nuvole cianotiche che non promettevano niente di buono.Speriamo di poter lavorare, e che quei nuvoloni non ci scarichino addosso tutto il loro liquido così nauseante!” si dissero col pensiero. Poi ciascuno prese i suoi strumenti e la giornata cominciò. Spitz, che era il capo della spedizione prese il suo SLIM/2 e cominciò a scrivere col pensiero. “Oggi, giorno trentaquattresimo del mese di Nim, dell’anno 627 p.c, il nostro lavoro si concentrerà nella zona limitrofa agli insediamenti, nella parte che guarda la valle”. E così passò tutta la mattina e parte del pomeriggio, poi Pug gridò “Ho trovato qualcosa!” e Spitz e Akita corsero vicino a lui, che teneva trionfante qualcosa in mano. Si precipitarono all’interno della tenda, mentre le prime gocciolone puzzolenti scendevano su di loro lasciando vistose patacche di intenso ciano. Ci volle parecchio tempo e molta precauzione per riuscire a togliere tutto ciò che lo strano oggetto aveva intorno a sé, ma alla fine riuscirono a liberare quello che a loro sembrò essere una bottiglia, sulla quale si vedevano ancora dei segni, una grande C e più distaccato e più piccolo un ...ola.Chissà che vuol dire!” disse Akita, ma subito dopo avvicinò di più gli occhi alla bottiglia sporca di terra e di anni ed esclamò “Ma dentro c’è qualcosa!”. Diverso tempo dopo erano riusciti a estrarre dalla strana bottiglia un rotolino di carta molto ben conservato.Apriamolo con molta attenzione!” disse Pug e cominciò a srotolare quello che si rivelò essere uno scritto. "Mi sembra che sia scritto in Italiano antico!” disse Akita eccitatissima. “Meno male che abbiamo con noi il traduttore simultaneo, così potremo leggere subito che cosa dice!”. Spitz prese lo SLIM/2, appoggiò il foglio sullo schermo e tre secondi dopo riuscì a leggere ciè che era scritto nell’antico foglio.Leggi a voce alta!” dissero gli altri e lui lesse.

Ciò che è scritto

Antefatto


Siamo a novembre inoltrato, il novembre del 2020. Oltre a essere un anno bisestile, cosa che avremmo sopportato facendogli ricchi pernacchioni, questo è l’anno del Covid e con lui i pernacchioni non funzionano. Stiamo combattendo una guerra contro un nemico invisibile, ma potentissimo, talmente potente che ha messo in ginocchio tutto il mondo, e ha cambiato chissà per quanto tempo il nostro modo di essere e di rapportarci agli altri. La nostra vita sociale è drasticamente cambiata e molte cose che prima erano naturali e scontate, ora non si possono più fare ormai da molti mesi. Tra l’altro proprio pochi giorni fa siamo stati confinati in quella che è chiamata “Zona Rossa” per cui fino a che questo periodo che oserei chiamare di “merda”, perché nessun altro termine può rendergli giustizia, non sarà passato, non possiamo neanche incontrarci. Ma Novembre è anche il mese della Cena dei Vecchi Scout, e così per non perdere una tradizione che ormai ci è cara, abbiamo deciso che se non possiamo farla in presenza, la faremo in altro modo, e neanche in maniera virtuale, sul computer, perché questa cena deve rimanere negli annali, e non sparire nel niente, dopo una frugale apparizione. Quindi la faremo all’Eremo della Maddalena, là dove tutto è cominciato nel lontano 1985. Non andremo nel convento, perché i Cappuccini sono in quarantena per via del Covid, ma nel boschetto che è lì vicino, nel magico boschetto che ha visto tante delle nostre uscite. Non avremo neanche freddo, perché saremo lì solo con la fantasia, con i nostri ricordi, con la voglia di essere insieme…………………..tutti siamo prenotati, con le rispettive famiglie naturalmente e naturalmente i pargoli non devono mancare, anche se alcuni di loro non sono più tanto pargoli. La data della nostra cena è fissata a sabato 21 Novembre 2020 alle ore 20,00. Basta fare un tuffo nella fantasia e dentro di noi.


Oggi 21 Novembre 2020

 

Ed eccoci qua, e non fa neanche tanto freddo in verità. Forse sarà perché i primi volonterosi che sono arrivati hanno già acceso il fuoco, che sta scoppiettando, forse sarà perché la voglia di fare un’uscita era in tutti, dopo tanto tempo che non facciamo più niente. Mentre aspettiamo gli altri, si improvvisano i tavoli e come ogni anno anche se si dice di contentarci di poca roba da mangiare, alla fine ci ritroviamo a fare delle epiche strippate. Intanto, in attesa di chi deve arrivare, facciamo il primo brindisino, per scaldarci e per creare la nostra solita atmosfera goliardica, ridanciana, perché la vita di tutti i giorni con i suoi tanti problemi, stasera deve rimanere fuori da questa porta. Già, ma dov’è la porta? Quanti brindisini la la la la la la dovremo fare, prima di capire dov’è questa benedetta porta? Ma dai! Basta guardare il cielo che c’è stasera, con le stelle e il suo quarto di luna, per capire che quella è la porta. Qui ci siamo noi stasera, e oltre quella porta, ciascuno ci veda quello che vuole. 

Un profumo di salsicce e di costolette comincia a diffondersi nell’aria dando forma alle pareti di questa sala di un ristorante immaginario, dove tutti siamo di volta in volta commensali, cuochi e camerieri. Intanto alla spicciolata stanno arrivando tanti ragazzi, molti veramente giovani, altri un po' meno, altri ancora, decisamente attempati. Ma siamo tutti ragazzi stasera, pronti a prenderci in giro, a sfotterci, a dire scempiaggini, e a brindare….. sempre a brindare. Come sempre, come ogni anno! I tavoli improvvisati sono pieni di ogni ben di dio. Ma guarda che zuppiere di pici! E che profumo. Chi li avrà fatti? Ma importa forse?E più in là le immancabili ciaccine e il formaggio pecorino, e gli affettati di una volta, quelli veri insomma, che basta guardarli e vedi il maiale che ti saluta. Anche le salsicce e le costolette sono pronte. Da ultimo è comparso anche il rigatino, mentre le bianche fette di pane, che di notte sono ancora più bianche, si ammucchiano una sull’altra sui tavoli. E poi le crostate e i ciambelloni, poi, meraviglia! la Nutella, con altro pane. Il dulcis in fundo e che acquolina in bocca!Ecco! Ora siamo tutti e nel pensiero ci sono anche quelli che non sono potuti venire o che non sono voluti venire, ma che hanno condiviso con noi momenti unici e irripetibili, destinati a rimanere per sempre, volenti o nolenti. L’appetito è tanto e la sera frizzantina lo stimola anche di più. E se si facesse anche il vin brulé? Perché no! Arriva quasi all’improvviso la benedizione, corta e veloce come sempre, intrisa del profumo di salsiccia e di ragù che con un “buon appetito” ci da il via. Tutto è buono, no ….buonissimo, anche quello che non è perfetto. Qualche ciaccina è bruciacchiata, nei pici se ci fosse stato un po' di sale in più, male non sarebbe stato, qualche costoletta non era proprio cotta, il vino un po' buono, un po' decisamente meno, scorre con vivacità dai bicchieri nelle gole, il casu martzu corre per il tavolo, le parole volano libere sempre più in alto, insieme a quei musicali rumori detti anche rinfaccini, o meglio, ruttini, che a volte se si corre il rischio di dire che non si riconoscono più gli autori, diventano anche ....oni! Qualcuno ha già toccato la luna che è impallidita, i brindisi si intensificano e siamo contenti…...sì ecco! Contenti di esserci, di ritrovarci ancora una volta, di sentire che intorno a noi, lentamente, ma in maniera sempre più avvolgente corre un sentimento vecchio come il mondo, ma sempre nuovo, se noi riusciamo a rinnovarlo , ad alimentarlo fino a farlo scoppiettare come la fiamma del nostro fuoco che ora, libera dai freni delle griglie e alimenteta con nuova legna brilla intorno a noi, per noi, e ci riscalda. Possibile che l’amicizia, anche dopo tanto tempo, tante distanze, tanti modi di pensare diversi, abbia lo stesso colore del fuoco e i suo stesso calore? Sembra proprio di sì. E così è naturale in un momento non scelto, non stabilito, ritrovarci in cerchio intorno a quel fuoco, come tante e tante volte abbiamo fatto nel corso di tutti questi anni, e accorgerci che ogni favilla che si innalza porta con sé un ricordo. E sono tanti, così tanti, che verrebbe voglia di scriverli, ma allora ci vorrebbero pagine e pagine.Si ride, si scherza, ci si guarda, intorno a quel fuoco, alla ricerca di ciò che il tempo ha lasciato su ognuno di noi, dentro i nostri occhi, e ci troviamo tutto, gioie, dolori, preoccupazioni, speranze, la gioventù di allora e la gioventù di ora, vissuta da ciascuno con gli anni che ha….la vita insomma e ci sentiamo fortunati di poterla condividere di tanto in tanto e una volta di più tornare ad essere Amici miei.La cena è finita, i più piccoli cominciano a ciondolare, tutti ci ritroviamo un po' malinconici, non si sa se per via del vino, o per l’imminente separazione, o per entrambe le cose. Passerà un altro anno prima che questa cena sia nuovamente organizzata. E così , senza volerlo si è creata l’atmosfera giusta per cominciare a intonare stonando come sempre “Signor tra le tende schierati” . Non ci sono credenti e non credenti in questo momento. Ci siamo solo noi e un’emozione, alla quale ciascuno da il nome che crede, ma tutti sentiamo, in quell’attimo, mentre stringiamo forte la mano, degli altri prima di lasciarla, che qualcosa è passato tra di noi, qualcosa che non ha nome ma che ci ha tenuto uniti nel tempo. Già, il tempo! Che è passato in maniera diversa a questa cena, come del resto a tutte le altre. Sembra di essersi incontrati da poco e invece mezzanotte è passata da un bel pezzo! Così è bello terminare la serata con un Bim Bum Crac, portandosi a nanna un’altra manciata di ricordi. Oltre a quelli, è questa cena che deve diventare un ricordo, in modo che quando parleremo di quelle fatte a Santa, o dalla Marcella, o da Forcillo, ricorderemo anche questa fatta all’Eremo della Maddalena, o o se preferiamo ai Cappuccini, in un anno strano, in una modalità diversa, per non rompere quel filo magico che ci tiene uniti da tanti anni. Chissà! Forse sarebbe bello, prima di andare via, arrotolare questo foglio, infilarlo in una bottiglia vuota della Coca-Cola, e ridendo e scherzando, ma non più di tanto, pensare che un giorno speriamo non troppo lontano, faremo un’uscita e evocando la Tribù, decideremo di nascondere in un luogo sicuro questa bottiglia per lasciarla al Tempo che verrà, e forse in quel momento ritroveremo la nostra vera dimensione che è quella di crescere, maturare, invecchiare, restando sempre dentro tutti un po' ragazzi. Ragazzi che non disdegnano di pensare che tra tanti anni forse qualcuno ritroverà quella bottiglia e leggerà ciò che ci è scritto e anche questo brindisi molto raffazzonato, al quale speriamo che ne seguano molti altri, declamati da quelli che in genere sono i menestrelli di tutti i nostri pranzi e delle nostre cene, e quindi anche di questa cena unica e speciale.

E magari dirà “Ma che gente strana viveva in quell’epoca!”

 Sì….....Ma a noi ce ne frega qualcosa?

  E QUESTO VINO E'

BONO E SA DI MALVASIA UN 

BRINDISI ALL'IMMANE ED ALLA COMPAGNIA





venerdì 6 novembre 2020

Oggi 6 Novembre....mi son svegliata e.....



 ....e sto pensando a me!

Oggi ho un anno in più, ma che differenza dal compleanno dell'anno scorso. L'anno scorso  festeggiare 70 anni  non mi ha lasciato niente di particolare, nel senso che mi sono sentita sempre la stessa.

Quest'anno invece il Covid mi ha fatto un regalo inaspettato e sinceramente non molto gradito. Mi ha relegato nella categoria delle persone  anzicchie (contrazione e fusione tra anziane e vecchie). Mica solo a me naturalmente, siamo uno stuolo se è per questo, ma ce ne siamo sentite dire di tutti i colori, da levategli il voto, tanto muoiono solo le persone anziane e dunque la perdita è minore, sono improduttivi, quindi non servono a una società trainante, intasano gli ospedali, il tutto camuffato dalle solite sdolcinature ipocrite tipo proteggiamo i nostri nonni.

....e siccome stamani mi sono svegliata pensando a me, voglio puntualizzare un paio di cosette.

La prima è che ancora non mi sento di fare il soprammobile. Io amo la vita, la amo intensamente, anche quando mi fa soffrire, e voglio essere parte della vita, parte attiva, fare quello che posso anche in questo frangente e sicuramente se mi verrà chiesto di stare a casa per essere d'aiuto in questo momento così tragico, lo farò, e anche volentieri, ma non tollero parole che feriscono e mancano di rispetto e di civiltà. 

Sembra che nella nostra società attuale, non si sappia usare altro che parole offensive. Magari potrebbe essere usata anche nel caso delle persone anziane la parola "diversamente" che oggi viene usata e strombettata anche in maniera impropria per tutto?

Se proprio vogliamo, direi che noi persone anzicchie siamo "diversamente produttive" ,  perché diamo una mano sostanziale a chi invece si trova a dover produrre, con tanti piccoli servizi, che se a noi sembrano di poco conto e naturalmente dovuti, sono invece di grande importanza.

Aggiungo che siamo anche "diversamente votanti", perché ragioniamo con teste che ormai non si abbrancano in una o nell'altra direzione, ma  che pensano in maniera individuale e, fortunatamente, sopra le righe di uno spartito  oggi estremamente stonato, da qualsiasi parte si legga.

Siamo anche "diversamente esperti" perché la nostra età ci ha consentito di avere un bagaglio di esperienze, che oggi vengono stoltamente buttate al vento e sostituite da quel guru, al quale tutti si rivolgono per cercare risposte , che vengono date sempre a metà, perché oltre non sa e non può andare, mancando completamente di quella parte così essenziale che è l'umanità. Parlo di internet.

La seconda cosa che voglio dire è che oggi è il mio compleanno, e fare questo ragionamento mi ha aiutato a mandare al diavolo tutti i menagrami che in questo momento ci svolazzano intorno. 

Qualcuno che oggi spara sentenze sulla mia età e su quella di tante persone che non hanno voce per protestare, dovrebbero andare a guardare il film "La fuga di Logan", che non è chissà che, ma che parla di un ipotetico governo che decide che la vita delle persone non dovrà andare oltre gli anni stabiliti da lui. Dopo dovrebbe riflettere un attimo e pensare che forse tra qualche anno, le parole prive di qualsiasi sensibilità e di rispetto che stanno rivolgendo alle persone anziane, e in questo caso a me, potrebbero essere per loro.

Qualcun altro dovrebbe pensare che quando Churchill programmò il D-day, non era certamente più nella sua età più verde, che Pertini e Ciampi sono diventati Presidenti della Repubblica in età avanzata, e non sono certo stati presidenti di copertina. Per non parlare di madre Teresa di Calcutta  di Rita Levi Montalcini e di  Giovanni Paolo II, che sono rimasti sulle barricate fino alla fine dei loro giorni.

A ciascuno il suo. Questi che ho citato, e sono pochi, sono stati grandi uomini e grandi donne ed è giusto che vengono ricordati, noi piccoli uomini, non chiediamo senz'altro il ricordo, ma pretendiamo il rispetto.

Oggi ho ricevuto tantissimi auguri e parole di affetto, di ringraziamento e di vicinanza. Parole che mi hanno fatto capire che anch'io nel mio piccolo sono riuscita a fare qualcosa anche per gli altri. Ne sono stata contenta e forse è anche per questo che ho avuto voglia di scrivere ciò che ho scritto.

Poi ho festeggiato con la mia torta autarchica, uno spumante veramente cattivo e un buonissimo caffè, risultato della  mia nuova macchinetta espresso, regalo dei miei figli. Chi può essere più soddisfatto di me? Ho detto quello che penso, ho spento la mia candelina, ho avuto un bellissimo regalo e più che altro ho deciso di essere ancora "diversamente giovane" .

Questo è il mio compleanno del 6 Novembre 2020.



lunedì 2 novembre 2020

Ciao Gigi

 Ciao Gigi, "uomo di multiforme ingegno".

Grazie per quello che ci hai dato lungo il corso della tua vita

Grazie per essere stato Gastone  di Petrolini, Grazie per il film Febbre da cavallo,  per il Maresciallo Rocca, per San Filippo Neri in Preferisco il Paradiso, per Cavalli di Battaglia, per aver dato la tua bella voce a Roky, grazie per le tue barzellette che hanno fatto ridere l'Italia. Grazie alla tua cultura e alle letture che hai fatto per noi, così intense e penetranti.........e per tanto tanto ancora.

Grazie per la tua romanità, e per la tua italianità. Sei stato uno di noi e ci mancherai.



Gigi Proietti - Auditorium Parco della Musica


Grazie per aver dato voce a un personaggio che ha allietato e allieta gli occhi di tanti bambini e non solo: Gatto Silvestro.



Gatto Silvestro, 70 anni di inseguimenti | Disegni dei personaggi disney,  Cartoni animati, Immagini disney

Ed è con questa immagine che ti dico ciao.




















venerdì 30 ottobre 2020

I padroni del mondo

 Sono le dieci e mezzo. E' ora di andare a letto, almeno per me,o meglio,  almeno per me stasera, dopo una giornata uggiosa, trascorsa in casa tra televisione e lavoro a maglia. Forse ho cominciato un maglione, ma non ne sono molto sicura. So solo che sto facendo il punto più semplice, perché mi permette di tenere le mani occupate, gli occhi sulla televisione e la testa da un'altra parte.Dove va la mia testa? Sicuramente dove vanno le teste di tutti gli italiani in questo momento. Si perde in pensieri fumosi, dai quali torna indietro immediatamente quando  intravede squarci di una situazione che sta diventando sempre più grave, sempre più difficile da gestire, sempre più litigiosa, sempre più colpevolizzante. 

In casa c'è silenzio, è tutto il giorno che c'è un silenzio quasi irreale poi capisco perché. Non si sentono più le voci dei ragazzi che fino a non molti giorni fa, giocavano proprio sotto le mie finestre. Mi mancano quelle voci. Il tempo scorre in maniera diversa, non più lentamente, ma diverso, con nuove consapevolezze che vengono a fare capolino dalle sue pieghe. C'è voluto poco per fermare il mondo, sembra che mi dica, e ora stai scoprendo che non esiste solo la fretta dei vostri giorni, ma una dimensione che vi spinge a fare nuovi ragionamenti, nuove considerazioni,ad avere nuove paure, che pensavate di non poter mai avere. I PADRONI DEL MONDO | Youtube, Playlist, Video

Già, la paura! E sai che penso? Penso che non bisogna aver paura di dire di aver paura. Che gioco di parole vero? Perché la paura è un'arma nelle nostre mani, un'arma che spinge il nostro istinto prima, la nostra ragione dopo, a cercare di difenderci, di trovare soluzioni a questo problema che si chiama pandemia. Quindi ben venga la paura, se è accompagnata dal ragionamento. Ciascuno di noi può fare qualcosa per sé e per gli altri, perché ora bisogna ragionare per un bene comune e non soltanto individuale.

 Siamo nuovamente tutti in balia delle onde, e stavolta sono onde anche più alte. E a che serve recriminare su quello che doveva essere fatto e non è stato fatto, se non a inasprire gli animi, a sollevare rivolte pericolosissime sia per l'esposizione al  contagio che per l'incolumità? Non aiuta nessuno quest'aria densa di livore, in cui tutti puntiamo il dito contro qualcun altro. Così non si trovano soluzioni e intanto molte delle nostre Regioni sono entrate nella fase quattro, la più pericolosa. A questo punto il mio pensiero si ferma. Oggi non ci voglio più pensare. Ci penserò domani, come diceva Rossella O'Hara. Meglio andare a letto.

Mi alzo dalla poltrona e vado a chiudere le persiane. Alzo gli occhi e vedo le stelle, sento il vento che mi passa sul viso mentre scuote le fronde dell'albero che ho davanti e porta via qualche foglia. Il mondo è lì, c'è sempre, c'è ancora, anche se per un fuggevole attimo mi ha trovato impreparata alla sua presenza così rassicurante.Perché io per tutto il pomeriggio sono stata in un mondo diverso, un mondo opaco senza sopra e senza sotto. E invece è lì, con la mia quotidianità, con un gatto che se ne va ancora a zonzo, con gli ultimi gerani dell'autunno e i primi ciclamini che parlano di inverno. Tutto è come sempre nella natura che mi circonda,e anche se so che non è vero. perché c'è un temibile nemico invisibile che ci minaccia, ritrovare le cose di sempre mi tranquillizza, anche se non mi rassicura perché pensavamo di essere i padroni del mondo e con stupore abbiamo scoperto che non è vero.

Meglio andare a dormire.

sabato 24 ottobre 2020

Lentamente muore

Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno
gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
 
 Chi non conosce questa poesia? Credo che ciascuno si identifichi in qualcosa di quello che dice. Io non voglio fare la modesta e non la farò perché  mi  identifico proprio in tutto, anche se in certi casi nelle cose negative. Comunque a essere sinceri, il risultato che ho raggiunto con me stessa non mi dispiace.
Anche ora, in questo tempo così nemico, così avulso di futuro, così statico nel presente, so e lo so con certezza che  muore lentamente chi non cerca dentro se stesso la molla che gli consenta di continuare ad avere la scintilla della creatività, che è figlia della fantasia. E la fantasia per avere diritto di chiamarsi tale, deve essere sempre feconda, altrimenti lentamente muore.
 
Così oggi ho fatto mio 'Lentamente muore chi non capovolge il tavolo' . Sono stata a pensare un bel po' a che potesse servire capovolgere un tavolo e lì per lì non mi è venuto in mente niente.....poi un baluginio è riaffiorato dal passato e mi sono rivista bambina, quando giocavo a cowboy e indiani con i miei amici di allora. Avevamo una palestra tutta per noi e in questa palestra c'era anche un tavolo, uno di quei tavoli di una volta, robusto, con quattro zampe grosse, indistruttibili. Ecco, ora lo vedo nitidamente quel tavolo, non proprio capovolto, ma messo in modo che due zampe potessero diventare il surrogato di due cavalli, sui quali salivamo a cavalcioni e da lì sparavamo sugli indiani con i nostri fucili di legno, ai quali erano attaccate dolorose pallottole fatte con le camere d'aria delle biciclette e tenute in tiro da un chiodo e da una molletta per i panni, mentre i pennuti indiani si difendevano con i loro micidiali archi fatti con i ferri degli ombrelli rotti, dai quali partivano frecce dello stesso materiale. E c'è chi pontifica che oggi i ragazzi sono peggiori di quelli di una volta! bah!
Una volta accesa quella lampadina, tutto è stato più semplice. Mi sono ricordata di avere un tavolo tondo, ormai smontato e messo nel ripostiglio. Sono andata a prendere la base e ....meraviglia! Una volta capovolta ho avuto un tavolino esagonale,  il cui piano d'appoggio era quello che una volta era il pedone del tavolo. Ed è allora che ho cominciato a divertirmi davvero! Non c'era più tristezza, né solitudine, e anche il pensiero del Coronavirus se ne era andato spazzato via da una ventata di entusiasmo, insieme al governo, ai virologi, agli opinionisti, tutti vestiti di nero, proprio come le tate di Mary Poppins. C'ero io, solo io e la mia fantasia che doveva fare di quell'unica zampa di tavolo, che aveva preso nell'arco dei decenni tanti calci da tutti noi, un tavolino da poter  diventare nuovamente arredamento. Questo è il risultato.


 Magari domattina non mi piacerà più, ricupererò  tovaglia e pizzo per qualche altra avventura, ma oggi posso dire di aver non solo capovolto un tavolo,  ma di avergli ridato una vita nuova.

Muore lentamente
chi evita una passione,
chi preferisce il nero sul bianco
e i puntini sulle "i" piuttosto che
un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso ,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli
sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento
di una splendida felicità

Martha Medeiros

 

ps- In poche parole, tutto il lavoro fatto significa, almeno per me, "evadere dall'ordinario".

 

 
 

martedì 20 ottobre 2020

VIVERE

 

 Smetti di correre, smetti di inseguire 

ombre che si dileguano davanti a te.

Non si vive di ombre e non serve rubare

neanche un raggio al sole

se dentro di te hai la notte.

Fermati, siedi e ascolta la tua vita.

Ti corre tra le mani come la sabbia del mare.

Ascolta il mormorio delle onde!

Ti parlano, ti sussurrano "Vivi..."

Accetta la realtà dei tuoi giorni.

Sei sola con il tempo che ti è dato.

Vivilo con la speranza del gabbiano

che affida il suo peso al vento

che lo porta lontano, più lontano

verso altri lidi, altri mari. 


Che differenza da quando scrissi questa poesia, guardando il mare.

Ora non ho più bisogno di guardare il mare per avere queste sensazioni, perché dopo Rock Port il mare è dentro di me.

 


martedì 13 ottobre 2020

C'è zucca e zucca

 Quando vedi che un vaso di fiori, bello grosso, è appoggiato incautamente sul davanzale di una finestra a due piani sopra di te, che fai? Ci stai sotto per caso? Aspettando magari che una folata di vento un pò più forte lo faccia cadere sulla tua zucca? Perché magari sei un temerario, un fatalista, un distratto (ho detto distratto per non dire parole più consone, ma meno educate)?

Spero proprio di no. Se hai un briciolo di senso comune, ti sposti naturalmente, e se hai un briciolo di senso civico, pensi al malcapitato che invece potrebbe non accorgersene e trovarselo invece sulla sua di zucca, con conseguenze imprevedibili. E allora che fai, te ne freghi? No! Vai a suonare il campanello dello scriteriato/a che ha ben pensato di mettere un vaso sporgente sul davanzale, o per caso, o perché non gliene importa niente di cosa può derivare da quella scelta.

Ecco! Oggi noi abbiamo quel grosso vaso fiorito, in bilico sul davanzale che si affaccia sul mondo e chi l'ha visto ha cercato di spostarsi e di far spostare gli altri, anche quelli che per curiosità venivano a guardarlo e magari facevano anche scommesse. Cade o non cade? In questo caso non è stato possibile neanche avvisare il proprietario di quel davanzale, perché risulta sconosciuto, e il vaso è rimasto lì, con i suoi bei fiori tondi che spruzzano spore nell'aria che ci circonda..... 

Giunti alla conclusione che il proprietari di quel vaso non si può trovare, bisogna aguzzare l'ingegno e cercare di rendere innocuo quel coso che rischia di fare un danno enorme al mondo. Al mondo? No davvero, forse il mondo avrebbe molto da guadagnarci dal ridimensionamento dell'umanità. Il danno è tutto per l'uomo. Tutto nostro, tutto mio, tutto tuo. E noi ci teniamo alle nostre zucche vero?

Per cui mentre altri studiano, ciascuno col suo modo e la sua conoscenza, il modo di rendere innocua quella bella, affascinante pianta fiorita, io e te, cioè noi, cerchiamo  di fare la nostra parte e di starle il più lontano possibile, per non intralciare i lavori e più che altro per non prendercela in testa.

Tra pochi giorni in tutto il mondo si accenderanno tante zucche per Halloween, per la gioia di grandi e piccini. E' un'occasione da non perdere per aggiungerci a questa luminaria. Accendiamo anche noi la nostra zucca con la luce dell'intelligenza, del buon senso, e del rispetto che ogni uomo deve a se stesso e agli altri.



Zucca di Halloween... divertente per i piccoli, ottima per i grandi



domenica 11 ottobre 2020

Casta Diva

 Ieri per passare il tempo mi sono messa a guardare alcuni vecchi film su You Tube. Erano film che parlavano della vita e delle opere di Puccini, Verdi, Donizetti , Bellini.

Film semplici, sicuramente un pò romantici, proprio perché italianissimi e girati in un periodo in cui la violenza gratuita e le parole inglesi ancora non andavano di moda.

 Insomma un modo come un altro per passare in compagnia di tante belle romanze, un pomeriggio noioso.

Dopo essermi addentrata nella vita della famiglia Ricordi, e nelle avventure sentimentali ed esistenziali di Puccini Verdi e Donizetti ho cercato qualcosa di Bellini ed è così che sono inciampata sul film "Casta Diva", elaborato sulla "Norma" di Bellini. Il film, di per sé non è niente di eccezionale naturalmente,ma  la musica è bella,molto bella, me ne sono accorta sin dall'inizio, quando sentendola suonare ha suscitato in me qualcosa che veniva da lontano, senza peraltro riuscire a capire perché. Neanche quando quasi alla fine del film, l'ho sentita cantare per intero da una brava soprano, ho capito perché quella musica mi dicesse qualcosa. Del resto nei miei anni, l'ho sentita tante altre volte e mi è sempre piaciuta, ma non aveva mai suscitato in me le emozioni che provavo ora. Poi è arrivata la scena finale, quella dove la protagonista muore e in quell'attimo io non sono stata più io. O meglio ero io con sessantacinque anni in meno e la visione fuggevole di una scena nella quale una bellissima fanciulla moriva, tante poltroncine ricoperte di velluto rosso e la pasticceria del Nannini a Siena.

E così improvvisamente ho ricordato. Ero a Siena col mio babbo e la mia mamma, non so assolutamente per quale motivo, né riesco a ricordare se c'eravamo andati da Rosia o da Chiusdino,so soltanto che a seconda da quale paese venivo, avevo o sei o sette anni. Ricordo solo che mi portarono al cinema e quelle poltroncine rosse ricoperte di velluto mi sembrarono un lusso inaudito. Era la prima volta che vedevo roba simile, abituata come ero ad andare solo ai cinema parrocchiali che avevano sgangherate poltroncine  di legno, nelle quali si rimediava sempre qualche scheggia!

Del film non ricordo niente, salvo la musica e la scena finale che mi emozionò. Infine, delizia delle delizie, le paste nella pasticceria Nannini.

Poi sono cresciuta. Il tempo è passato e ha lasciato uno strato di polvere sui ricordi, anche su quel ricordo, tant'è che per me, oggi, se non avessi per caso visto quel film, non sarebbe mai più esistito.

E così mi accorgo che nella nostra mente tutto si conserva, rigorosamente incasellato e pronto a riemergere anche a distanza di tanti anni, anche quando in noi non c'è più la consapevolezza del ricordo.

E questo mi ha fatto pensare al nostro cervello e l'ho paragonato a un computer, che contiene tanti file nei quali sono scritte migliaia di informazioni, che dimentichiamo magari per anni e poi quando ci servono le andiamo a cercare, per cambiare, aggiungere, aggiornare, cancellare.

Ora io capisco che il computer serve a chi lo usa, a chi ci lavora, sia per fare una semplice comunicazione, che per decidere le sorti dell'umanità.

Ma i nostri ricordi, il nostro sapere accantonato,le nostre esperienze obliterate dal tempo, a chi servono e a che servono se non a essere nuovamente cestinate?

Possibile che anche noi uomini alla fine siamo solo dei computer? E possibile che qualcuno ci manovri come noi facciamo con i nostri computer? Se fosse così spero solo che lo facciano meglio di quanto so farlo io.

Ma non dire bischerate Giuly. Come facciamo ad essere dei computer se abbiamo dei sentimenti?

Per un attimo tiro un sospiro di sollievo, poi mi fermo......perché i computer li abbiamo costruiti e programmati noi uomini, ma a noi chi ci ha costruito e chi ci ha programmato?...........Forse quel tizio ne sapeva un pò di più di noi?

Mi fermo. Ero partita da Casta Diva e termino con Casta Diva.Basta. L'ho detto. Però che  Musica sublime che porta l'uomo a cercare cose che lo trascendono e vanno in direzioni sconosciute.........

Lo sapevo io! Il mio pensiero vola e fisso il mio computer con una certa simpatia..Chissà se anche a lui è piaciuta Casta Diva...... Meglio andare a letto.

Ma guarda te dove mi ha portato Casta Diva......


venerdì 25 settembre 2020

Beata solitudo, sola beatitudo

 Bel titolo vero?

Sembra quasi l'etichetta di uno dei nostri vini più pregiati. Non fa venire in mente le vigne che si stendono sulle nostre dolci colline toscane, impreziosite di tanto in tanto da qualche cipresso, naturalmente solitario, che svetta verso un cielo ormai quasi ottobrino, dall'indefinibile e dolcissimo color pervinca?

Ma è davvero proprio così?

Perché se è così, allora io sono il sommelier di questo vino e con il mio Tastevin (Piattino di assaggio), ne so esaltare tutte le caratteristiche, e tutte le differenze che hanno permesso di dare un nome così importante al mio vino.

Procediamo con ordine. Per diventare un vino perfetto, uno di quelli che hanno un retrogusto e un profumo inconfondibili, bisogna saper dosare bene i vari tipi di uva, che in questo caso chiamerò solitudine.

Va da sé, che la solitudine più importante è quella che cerchiamo  da noi, e che chiamerei di pensiero,  per trovare quei momenti irripetibili, in cui siamo a tu per tu con noi stessi. Momenti fantastici, in cui le riflessioni più profonde vengono da sole a farci visita, senza che noi abbiamo fatto un gesto per chiamarle. Quei momenti servono per ritrovare il bandolo della matassa della nostra vita, per farci capire un po' di più cosa vogliamo, e chi siamo, anche solo per un attimo. Ma è un attimo importante. Questa solitudine è tranquilla e forte allo stesso tempo e serve a rendere il mio vino più robusto, dal sapore deciso, e con un retrogusto di mammole, proprio come il nostro Vino Nobile di Montepulciano.

A questo bisogna però aggiungere anche qualche grappolo di quella che chiamerei solitudine di equilibrio. E' questa un tipo di solitudine, nella quale entriamo per capire bene, se abbiamo sbagliato qualcosa, dove abbiamo sbagliato, cosa abbiamo sbagliato, e più che altro come e cosa dobbiamo fare per non sbagliare più, o perlomeno sbagliare di meno. Sicuramente quando si esce da questi momenti, siamo più filosofi, e la filosofia del vino è un ingrediente essenziale dello stesso vino.

 

Però non basta. Ci vuole ancora qualche piccolo grappolo di un'altra uva. Di quella che chiamerei solitudine di ripartenza. Quando ci si immerge in questo tipo di solitudine, in genere lo facciamo per leccare qualche ferita del nostro amor proprio, ma compiuta questa operazione che stende un balsamo sulle nostre ammaccature, ci sentiamo pronti a ricominciare. Perché ho detto piccoli grappoli? Perché ciascun grappolo è il risultato di un balsamo individuale , del quale non c'è ricetta, e quindi bisogna essere prudenti nell'uso. Del resto il mio deve essere un vino, non uno spumante. Deve avere la capacità di far sentire una forza nuova che si sprigiona da lui, qualcosa che parla di nuova gioventù e nuova carica vitale, senza deflagrare in bollicine.

 

E ora il tocco finale. E questa volta non è un grappolo d'uva, ma è  legno  o meglio la barrique. Perché la barrique ? Perché questa è un altro tipo di solitudine. E' quella in cui ci fanno entrare gli altri, a volte con gentilezza, spesso con indifferenza, altre volte con brutalità estrema. Ciò determina il legno della nostra barrique, e qui il discorso si fa difficile, perché essere messi in solitudine dagli altri, può generare reazioni molto diverse tra loro. Le più comuni sono l'apatia, la commiserazione, l'odio. Però ce n'è un'altra ed è quella che viene usata per questo vino. Si chiama amara malinconia. L'amara malinconia, per farmi capire, nasce dal ragionamento di chi è intelligente, e proprio per questo non può fare a meno di ignorare di essere stato lasciato solo, ma sempre proprio per questo riesce a canalizzare i sentimenti che vengono suscitati da certi comportamenti e li riduce in amara malinconia. In questa barrique fatta del legno duro dell'amara malinconia, il vino dovrà stare non molto a lungo, proprio per non sciupare tutti gli altri tipi di solitudine, ma sufficientemente, perché il risultato finale sia un liquido profumato , corposo, e anche con un retrogusto solamente un pò amaro. E qui si vede la bravura del cantiniere, perché quello che avrà prodotto  è il vino della vita.

 

Per degustare questo vino basta seguire la strada che è segnata qui sotto e seguire il Consiglio del Sommelier.Beata solitudo, sola beatitudo - Best of mag

 Questo vino va bevuto naturalmente in solitudine, magari di sera al tramonto seduti su un calanco della Val d'Orcia.  Chi non avesse la fortuna di possedere un simile scenario, se ne inventi uno somigliante. E' importante.

 Il vino deve essere versato in grandi calici di cristallo, e sorseggiato lentamente. Chi in quel momento è sprovvisto di calice, può attaccarsi alla bottiglia e bere come pare a lui.

L'importante è finire tutta la bottiglia e poi gettarsela alle spalle con una bella risata, rialzarsi, magari anche un po' barcollanti, fare un bel respiro liberatorio e pensare che domani è un altro giorno.