Natale era alle porte e ,
come tutti gli anni, mi preparavo ad accogliere il Bambinello in una
conice di estetica, festosa armonia. Mi è sempre piaciuto decorare
la mia casa per renderla più accogliente in attesa della Notte
Santa. Anche quest'anno quindi mi apprestavo ai miei lavori, che poi
diventavano come sempre un vero piacere, via via che ne vedevo i
risultati.
Avevo trovato tempo prima,
rovistando negli anfratti di un piccolo negozio che aveva tutta
l'aria di conservare nei suoi angoli bui, cose di secoli prima, avevo
trovato, dicevo, dei piccoli angioletti da dipingere. Le sagome,
tagliate rozzamente con un seghetto erano tutte uguali e anonime, ma
questo mi aveva incoraggiato ad acquistarle per pochissimi soldi, e
dopo due o tre giorni di lavoro i miei angioletti cominciavano a
prendere delle fisionomie particolari, personalissime, erano insomma
uno diverso dall'altro, e ciascuno per proprio conto, intrigante in
senso emotivo. In comune avevano tutti un particolare, che dopo la
realizzazione dei primi due o tre, aveva cominciato a stupirmi. In
qualsasi modo dipingessi gli occhi e la bocca, l'espressione che
prendevano era quella di un'allegra canzonatura, non la canzonatura
di chi ti vuole prendere in giro, ma era come se dicessero "aspetta
e vedrai". Cosa dovessi vedere proprio non lo sapevo,anche
perché la mia vita è di una normalità così prevedibile, che
proprio non riuscivo a immaginare niente che potesse in qualche modo
cammbiarla anche di un quark. Ma la sensazione perdurava, non voleva
andarsene e ogni volta che dipingevo il volto di un nuovo angioletto,
anche se cercavo di dargli un'aria compunta, o seria,o giocherellona,
il risultato era sempre lo stesso: "aspetta e vedrai".
Intanto i giorni passavano e
Natale si avvicinava. Tutto nell'aria parlava di festa, di regali, di
cenoni, tutto era scintillante e dorato nelle vetrine dei negozi, e
rosso e verde per le strade che ogni giorno di più si arricchivano
di nuovi alberelli e di luci e di ghirlande festose. Ma ciò che si
vedeva nel nostro paese era niente a confronto delle meraviglie che
avevo visto andando una sera in città. Lì sì che si respirava
l'aria del Natale. Lì non potevi staccare gli occhi dalle vetrine e
rimanevi incollato al vetro guardando e desiderando tutto, di più, a
ogni passo che facevi.
Entravi in quell'atmosfera
frizzante di cose nuove, che non avevi mai neanche osato desiderare,
e che tanti potevano avere. E i desideri salivano in alto col vapore
del respiro, che si condensava in quella serata gelida e si
materializzavano nell'imaginario diventando sciarpe e guanti, o
scarpette rosse, o morbidi maglioni di cachemire, borse griffate,
vestiti raffinati ed eleganti. Sognavo in rosa insomma. Poi il sogno
finiva e mi ritrovavo a guardare i miei scarponcelli e i jeans che
avevano visto tempi migliori e la giacca a vento, calda ma
decisamente vissuta. E inutile negarlo, mi sentivo triste.
Tornata a casa, tutto mi era
sembrato banale, privo di luce e di gioia.
Anche le cose che avevo
fatto per abbellire il mio Natale e quello dei miei cari, mi
sembravano brutte, figure inutili, senza anima, Eppure....Presi in
mano un angioletto, tra quelli che avevo finito di dipingere,già
pronto per essere appeso all'albero...eppure l'espressione era sempre
quella e dceva inequivocabilmente: "aspetta e vedrai"!
Non riuscivo a immaginare
cosa avrei dovuto vedere. Ormai guardavo al Natale come a un giorno
che, terminate le decorazioni e gli abbellimenti, finito di incartare
i pacchettini, con le carte più allegre che riuscivo a trovare, e
successivamente finito di scartarli con i dovuti ooohhhh!!! il più
delle volte di finto piacere, non lasciava nient'altro che una
scontata routine. La Messa vissuta anche quella quasi come
un'abitudine, il pranzo loculliano, due o tre telefonate ad amici e
parenti lontani e la voglia di arrivare in fretta alla sera per
riprendere il tran tran quotidiano.
Era brutto pensare queste
cose, ma mi accorgevo che era propri così, me ne accorgevo
cominciando a dipingere anche il mio ultimo angioletto.. Finito
quello era finito anche il mio lavoro in attesa del Natale. , che una
volta non era stato così. Ricordavo ancora la dolce aspettativa di
quando ero piccola e, andando avanti negli anni, l'attesa che vedevo
negli occhi dei miei figli. Poi il tempo, la vita, aveva steso questo
velo sulle emozioni, un velo che si era ispessito sempre di più fino
a diventare un muro di indifferenza.
Sospirai guardando il mio
angioletto e decidendo in cuor mio che questo avrebbe avuto i capelli
neri, ma proprio neri, corvini.
Chissà perché Come sempre
mi capita, mi lasciai prendere dal lavoro e la mano andava da sé,
distribuendo colori che istintivamente sceglievo per realizzare il
mio ultimo angelo. A un certo momento mi fermai interdetta. C'era
qualcosa che non quadrava. Questa figurina era totalmente diversa
dalle altre, ma non tanto nei colori o nelle vesti, quanto
nell'espressione del viso.
Gli occhi, due puntini neri,
come del resto quelli degli altri, riuscivano a trasmettermi una nota
di accorata tristezza e anche quando andai a dipingere la bocca mi
accorsi che trasmetteva la stessa muta implorazione di aiuto e la
stessa silenziosa malinconia. Guardai più attentamente quel visino e
mi accorsi che tutto l'insieme rifletteva autentico dolore, richiesta
di amore, reconditi pensieri di cose lontane.
Lo confrontai con gli altri.
Questo era decisamente diverso e gli altri sembrava che lo
guardassero tutti e con la loro immutata epressione mi dicessero:
"aspetta e verai".
Scossi il capo e mi dissi
"ma guarda dove si può arrivare con la fantasia!". E non
ci pensai più. O almeno cercai di non pensarci perché invece mi
accorgevo che l'espressione di quegli occhi e di quella bocca, tutto
il viso insomma e anche i capelli neri, non mi erano così estranei
come avevo creduto.
Ma nonostante mi sforzassi
di ricordare non mi venne in mente nessuno.
Fino alla vigilia di Natale.
Stavo uscendo dal
supermercato, di corsa come tutti, con gli ultimi acquisti non
propriamente necessari, ma in quel momento ritenuti indispensabili
per dare un tocco di gioia colorata e di goloso appagamento, a quello
che immaginavo sarebbe stato un Natale grigio....quando lo vidi! Fu
una cosa istintiva, inequivocabile, non rimandabile. Il mio
angioletto era lui, quell'uomo seduto su una cassetta di legno,
davanti all'uscita del supermercato. A capo scoperto, i suoi capelli
neri facevano spicco sul volto pallido e gli occhi erano proprio
quelli, tristi, rassegnati, ma con ancora una traccia di speranza in
qualcosa di migliore. La bocca, dolce e amara nello stesso tempo,
stava sorridendo.
Quante volte avevo visto
quelle espressioni, quando in tanti giorni, sempre all'uscita del
supermercato avevo fatto cadere distrattamente una moneta nella
scatoletta che teneva davanti a sé, ricevendo ogni volta un grazie e
un sorriso. Quante volte! E senza pensare che avevo davanti a me un
uomo, con la sua vita, la sua storia. Per me era stato semplicemente
qualcuno che si era trovato sulla mia strada, del quale non volevo
sapere niente, e al quale pensavo di non dover niente. Se non una
monetina ogni tanto per senirmi migliore. E ora era lì,
improvvisamente davanti a me, non solo come uomo, ma molto di più.
In qualche modo era diventato il mio angelo, l'angelo che io avevo
dipinto senza sapere chi fosse. E chi fosse, mi rendevo conto, non
aveva nessuna importanza. Era lì, per me, in quel momento, sotto le
sembianze di un angelo. Ebbi un fugace pensiero. Quanti angeli
attraverseranno le nostre strade, la nostra vita, senza che noi
riusciamo a riconoscerli? Senza che noi ci mettiamo a giudicarli?
Senza che noi ce ne sbarazziamo con la stessa facilità con cui
tiriamo poi un sospiro di sollievo?
Mi sentii imbarazzata e
subito dopo enormemente emozionata.
Una nuova aspettativa
intanto si stava impadronendo di me., con una dolcezza tutta nuova e
istintiva, alla quale neanche cercai di sottrarmi. Sapevo benissimo
che i pacchetti che stavo mettendo goffamente tra le bracia di
quell'uomo, non erano niente in confronto a quello che avrei dovuto
fare. Erano solo l'inizio di una nuova strada, che, sentivo, avrei
dovuto percorrere per ritrovare il Natale e il senso della vita. Ci
sarei riuscita, o tutto sarebbe tornato come prima? La stellina che
improvvisamente aveva cominciato a brillare, avrebbe continuato a
illuminarmi con la sua luce, o si sarebbe niseramente spenta,
passata l'euforia del Natale? Non cercai neanche di darmi una
risposta semplicemente perché non era quello il momento delle
risposte.
Ma il nuovo stato d'animo
con cui varcai la soglia di casa mia, parlava più di mille parole.
Guardai i miei angioletti appesi all'albero e alla fine capii che
cosa aveva voluto dire l'espressione del loro volto, poi presi il mio
angelo dai capelli neri, intinsi il pennello nel colore dorato e sul
davanti della sua veste scrissi: "Gloia a Dio Nell'alto dei
cieli, pace in terra agli uomini di buona volontà!" e lo misi
vicino alla capanna dove di lì a breve sarebbe nuovamente nato Gesù,
per continuare un dialogo d'amore mai interrotto, con la nostra
umanità così strana, così imprevedibile e indifferente, ma certe volte anche così......bella!
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