martedì 4 dicembre 2012

Aspetta e vedrai



Questo racconto di Natale che ho scritto un pò di anni fa, non è solo il frutto della mia fantasia.......è un desiderio! Un desiderio che in questi anni si è relizzato almeno in parte: quello di arrivare a non considerare le persone che stendono la mano, come inciampi sul mio cammino, ma uomini come me, ciascuno con la proria storia da raccontare perché per dirla con  Shakespeare “C’é una storia nella vita di tutti gli uomini.”






Natale era alle porte e , come tutti gli anni, mi preparavo ad accogliere il Bambinello in  una conice di estetica, festosa armonia. Mi è sempre piaciuto decorare la mia casa per renderla più accogliente in attesa della Notte Santa. Anche quest'anno quindi mi apprestavo ai miei lavori, che poi diventavano come sempre un vero piacere, via via che ne vedevo i risultati.
Avevo trovato tempo prima, rovistando negli anfratti di un piccolo negozio che aveva tutta l'aria di conservare nei suoi angoli bui, cose di secoli prima, avevo trovato, dicevo, dei piccoli angioletti da dipingere.  Le sagome, tagliate rozzamente con un seghetto erano tutte uguali e anonime, ma questo mi aveva incoraggiato ad acquistarle per pochissimi soldi, e dopo due o tre giorni di lavoro i miei angioletti cominciavano a prendere delle fisionomie particolari, personalissime, erano insomma uno diverso dall'altro, e ciascuno per proprio conto, intrigante in senso emotivo. In comune avevano tutti un particolare, che dopo la realizzazione dei primi due o tre, aveva cominciato a stupirmi. In qualsasi modo dipingessi gli occhi e la bocca, l'espressione che prendevano era quella di un'allegra canzonatura, non la canzonatura di chi ti vuole prendere in giro, ma era come se dicessero "aspetta e vedrai". Cosa dovessi vedere proprio non lo sapevo,anche perché la mia vita è di una normalità così prevedibile, che proprio non riuscivo a immaginare niente che potesse in qualche modo cammbiarla anche di un quark. Ma la sensazione perdurava, non voleva andarsene e ogni volta che dipingevo il volto di un nuovo angioletto, anche se cercavo di dargli un'aria compunta, o seria,o giocherellona, il risultato era sempre lo stesso: "aspetta e vedrai".
Intanto i giorni passavano e Natale si avvicinava. Tutto nell'aria parlava di festa, di regali, di cenoni, tutto era scintillante e dorato nelle vetrine dei negozi, e rosso e verde per le strade che ogni giorno di più si arricchivano di nuovi alberelli e di luci e di ghirlande festose. Ma ciò che si vedeva nel nostro paese era niente a confronto delle meraviglie che avevo visto andando una sera in città. Lì sì che si respirava l'aria del Natale. Lì non potevi staccare gli occhi dalle vetrine e rimanevi incollato al vetro guardando e desiderando tutto, di più, a ogni passo che facevi.
Entravi in quell'atmosfera frizzante di cose nuove, che non avevi mai neanche osato desiderare, e che tanti potevano avere. E i desideri salivano in alto col vapore del respiro, che si condensava in quella serata gelida e si materializzavano nell'imaginario diventando sciarpe e guanti, o scarpette rosse, o morbidi maglioni di cachemire, borse griffate, vestiti raffinati ed eleganti. Sognavo in rosa insomma. Poi il sogno finiva e mi ritrovavo a guardare i miei scarponcelli e i jeans che avevano visto tempi migliori e la giacca a vento, calda ma decisamente vissuta. E inutile negarlo, mi sentivo triste.
Tornata a casa, tutto mi era sembrato banale, privo di luce e di gioia.
Anche le cose che avevo fatto per abbellire il mio Natale e quello dei miei cari, mi sembravano brutte, figure inutili, senza anima, Eppure....Presi in mano un angioletto, tra quelli che avevo finito di dipingere,già pronto per essere appeso all'albero...eppure l'espressione era sempre quella e dceva inequivocabilmente: "aspetta e vedrai"!
Non riuscivo a immaginare cosa avrei dovuto vedere. Ormai guardavo al Natale come a un giorno che, terminate le decorazioni e gli abbellimenti, finito di incartare i pacchettini, con le carte più allegre che riuscivo a trovare, e successivamente finito di scartarli con i dovuti ooohhhh!!! il più delle volte di finto piacere, non lasciava nient'altro che una scontata routine. La Messa vissuta anche quella quasi come un'abitudine, il pranzo loculliano, due o tre telefonate ad amici e parenti lontani e la voglia di arrivare in fretta alla sera per riprendere il tran tran quotidiano.
Era brutto pensare queste cose, ma mi accorgevo che era propri così, me ne accorgevo cominciando a dipingere anche il mio ultimo angioletto.. Finito quello era finito anche il mio lavoro in attesa del Natale. , che una volta non era stato così. Ricordavo ancora la dolce aspettativa di quando ero piccola e, andando avanti negli anni, l'attesa che vedevo negli occhi dei miei figli. Poi il tempo, la vita, aveva steso questo velo sulle emozioni, un velo che si era ispessito sempre di più fino a diventare un muro di indifferenza.
Sospirai guardando il mio angioletto e decidendo in cuor mio che questo avrebbe avuto i capelli neri, ma proprio neri, corvini.
Chissà perché Come sempre mi capita, mi lasciai prendere dal lavoro e la mano andava da sé, distribuendo colori che istintivamente sceglievo per realizzare il mio ultimo angelo. A un certo momento mi fermai interdetta. C'era qualcosa che non quadrava. Questa figurina era totalmente diversa dalle altre, ma non tanto nei colori o nelle vesti, quanto nell'espressione del viso.
Gli occhi, due puntini neri, come del resto quelli degli altri, riuscivano a trasmettermi una nota di accorata tristezza e anche quando andai a dipingere la bocca mi accorsi che trasmetteva la stessa muta implorazione di aiuto e la stessa silenziosa malinconia. Guardai più attentamente quel visino e mi accorsi che tutto l'insieme rifletteva autentico dolore, richiesta di amore, reconditi pensieri di cose lontane.
Lo confrontai con gli altri. Questo era decisamente diverso e gli altri sembrava che lo guardassero tutti e con la loro immutata epressione mi dicessero: "aspetta e verai".
Scossi il capo e mi dissi "ma guarda dove si può arrivare con la fantasia!". E non ci pensai più. O almeno cercai di non pensarci perché invece mi accorgevo che l'espressione di quegli occhi e di quella bocca, tutto il viso insomma e anche i capelli neri, non mi erano così estranei come avevo creduto.
Ma nonostante mi sforzassi di ricordare non mi venne in mente nessuno.
Fino alla vigilia di Natale.
Stavo uscendo dal supermercato, di corsa come tutti, con gli ultimi acquisti non propriamente necessari, ma in quel momento ritenuti indispensabili per dare un tocco di gioia colorata e di goloso appagamento, a quello che immaginavo sarebbe stato un Natale grigio....quando lo vidi! Fu una cosa istintiva, inequivocabile, non rimandabile. Il mio angioletto era lui, quell'uomo seduto su una cassetta di legno, davanti all'uscita del supermercato. A capo scoperto, i suoi capelli neri facevano spicco sul volto pallido e gli occhi erano proprio quelli, tristi, rassegnati, ma con ancora una traccia di speranza in qualcosa di migliore. La bocca, dolce e amara nello stesso tempo, stava sorridendo.
Quante volte avevo visto quelle espressioni, quando in tanti giorni, sempre all'uscita del supermercato avevo fatto cadere distrattamente una moneta nella scatoletta che teneva davanti a sé, ricevendo ogni volta un grazie e un sorriso. Quante volte! E senza pensare che avevo davanti a me un uomo, con la sua vita, la sua storia. Per me era stato semplicemente qualcuno che si era trovato sulla mia strada, del quale non volevo sapere niente, e al quale pensavo di non dover niente. Se non una monetina ogni tanto per senirmi migliore. E ora era lì, improvvisamente davanti a me, non solo come uomo, ma molto di più. In qualche modo era diventato il mio angelo, l'angelo che io avevo dipinto senza sapere chi fosse. E chi fosse, mi rendevo conto, non aveva nessuna importanza. Era lì, per me, in quel momento, sotto le sembianze di un angelo. Ebbi un fugace pensiero. Quanti angeli attraverseranno le nostre strade, la nostra vita, senza che noi riusciamo a riconoscerli? Senza che noi ci mettiamo a giudicarli? Senza che noi ce ne sbarazziamo con la stessa facilità con cui tiriamo poi un sospiro di sollievo?
Mi sentii imbarazzata e subito dopo enormemente emozionata.
Una nuova aspettativa intanto si stava impadronendo di me., con una dolcezza tutta nuova e istintiva, alla quale neanche cercai di sottrarmi. Sapevo benissimo che i pacchetti che stavo mettendo goffamente tra le bracia di quell'uomo, non erano niente in confronto a quello che avrei dovuto fare. Erano solo l'inizio di una nuova strada, che, sentivo, avrei dovuto percorrere per ritrovare il Natale e il senso della vita. Ci sarei riuscita, o tutto sarebbe tornato come prima? La stellina che improvvisamente aveva cominciato a brillare, avrebbe continuato a illuminarmi con la sua luce, o si sarebbe niseramente spenta, passata l'euforia del Natale? Non cercai neanche di darmi una risposta semplicemente perché non era quello il momento delle risposte.
Ma il nuovo stato d'animo con cui varcai la soglia di casa mia, parlava più di mille parole. Guardai i miei angioletti appesi all'albero e alla fine capii che cosa aveva voluto dire l'espressione del loro volto, poi presi il mio angelo dai capelli neri, intinsi il pennello nel colore dorato e sul davanti della sua veste scrissi: "Gloia a Dio Nell'alto dei cieli, pace in terra agli uomini di buona volontà!" e lo misi vicino alla capanna dove di lì a breve sarebbe nuovamente nato Gesù, per continuare un dialogo d'amore mai interrotto, con la nostra  umanità così strana, così imprevedibile e indifferente, ma certe volte anche così......bella!

Nessun commento:

Posta un commento