domenica 23 settembre 2012

La mia tavolozza



Ho dipinto una nuova tela. Era tanto tempo che non usavo più la tavolozza e la spatola, tralasciati per seguire la strada dell'acquarello, che mi piace ma non mi lascia niente dentro.
Mi sono ritrovata ad essere una principiante che cerca ancora di capire come si deve usare il colore che al momento non è molto  in sintonia con le mie emozioni, che sono sempre state le ispiratrici della mia pittura.
Il risultato della mia opera è stato un quadro non brutto, non bello, e sicuramente senza anima.
Allora ho guardato la mia tavolozza e da quello che ho visto ho capito che la persona che ha dipinto quella tela non sono io, ma una donna molto diversa da me, che ha cercato per necessità, di far scorrere la sua vita dentro schemi ben precisi. Io odio gli schemi! Per essere uovamente me stessa ho bisogno che la mia tavolozza sia piena di colore che si mischia con l'altro, che non mi preoccupi se le mie mani, il mio viso, i miei capelli saranno alla fine imbrattati fino a far sembrare anche me  un'altra tavolozza. Devo insomma uscire dall'ordine che mi sono costruita addosso e che non è il mio.
  Ho di nuovo molta strada da fare e una nuova sfida da raccogliere. 


 


............Adoravo dipingere luoghi che nascevano spontanei dalla mia fantasia e alla fine diventavano così miei che mi sembrava persino di esserci stata. Ho provato tante volte a dipingere dal vero e a mettermi con cavalletto, tela, tavolozza e pennelli davanti a uno scorcio qualsiasi della Val d’Orcia che è tutta uno splendore unico, avvolgente, quasi mistico, ma non c’era niente da fare. Partivo copiando e terminavo andando a ruota libera verso posti che erano dentro il mio immaginario e verso i quali si dirigevano la mia mente, la mia anima, il mio spirito, e se avesse potuto …anche il mio corpo. Quando riuscivo ad estraniarmi in maniera così totale da ciò che mi circondava, allora quasi per incanto il colore nasceva dentro di me e con lui nasceva la musica, e la mia spatola correva veloce sulla tela bianca lasciando tratti decisi di colori strani che si imprimevano al suono delle più svariate melodie e quasi seguendo l’armonia di una danza.
In quei momenti ero sola con me stessa, liberata da tutto ciò che mi circondava, in uno stato non di felicità, no, non direi proprio, ma di astensione totale da tutto ciò che era contingente, facendomi quasi perdere i confini tra cielo e terra. Poi la legge di gravità mi richiamava quasi sempre bruscamente a terra, e il mio mondo luminoso svaniva nei contorni delle luci naturali del giorno che passava e che tutto sommato mi riportava nei luoghi che amavo e che mi rassicuravano.
Credo che quei momenti siano stati per il mio spirito i primi veri incontri con i misteri del Creato e con quelli ancora più fitti del suo Creatore. Sentivo la necessità di Dio, avevo bisogno di lui e lo cercavo. Non so se quei momenti sono stati attimi di grande interiorità spirituale, o solo sprazzi di fantasia libera da ogni briglia, ma so sicuramente che sono stati momenti di pace e di arricchimento, che forse con la mia giovane età, non sono riuscita a ben gestire e ad approfondire.
(Da Fiore di cappero) 



Oggi, a distanza di tanti anni ho bisogno di ritrovare quella dimensione

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