lunedì 7 aprile 2014

Il sacchetto della spazzatura

Mamma mia il cielo di stanotte!

Un manto di velluto nero trafitto di diamanti, di gioielli finissimi tra i quali una luna opalescente e misteriosa intrigava con un fascino indescrivibile. Mi sono fermata a guardare questa meraviglia al ritorno della mia piccola passeggiata notturna, nella quale vado a portare i sacchetti della spazzatura ai cassonetti. Anche quella può diventare un'incombenza piacevole, a seconda di come la viviamo. Io faccio sempre così. All'andata non guardo niente e mi limito a fare ciò che devo fare, poi, una volta liberata dall'ingombro, mi giro e alzo gli occhi al cielo e comincio a fantasticare, a guardare mondi lontani, a pensare alla vita, ai miei giorni, a ciò che ho già vissuto e a ciò che dovrò vivere, ai dolori, che lontano da sguardi indiscreti, posso manifestare per un pò, magari attardandomi lungo la strada deserta, alle gioie che mi danzano dentro e danno ancora le ali ai miei piedi. E non importa che ci siano le stelle. Anche la pioggia e il vento suscitano identiche emozioni e mi fanno sentire parte di un'immensità incommensurabile. E pensare che questo lo devo a un sacchetto della spazzatura (in senso metaforico visto che oggi facciamo la raccolta differenziata), che è la zavorra della giornata appena trascorsa, il residuo di esperienze, e sensazioni che hanno accarezzato durante il trascorrere del giorno tutti i miei sensi. Strano vero come anche un sacchetto della spazzatura possa parlare di vita! Eppure è così. Quando ogni sera esco col mio sacchetto più o meno pesante in mano, ricolmo della mia giornata appena trascorsa, nell'atto di gettarlo, cerco di liberarmi anche di un altro sacchetto invisibile dove vanno a finire  gli scarti dei miei pensieri e quando rientro in casa, mi sento sempre più leggera, non solo perchè mi sono liberata di una zavorra fisica, ma più che altro perché ho gettato nel cassonetto una ben più pesante zavorra mentale.

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