martedì 29 aprile 2014

Come una novella


 


Parlando di santi, come ho fatto negli ultimi due post, non posso proprio fare a meno di parlare del 'mio' santo....., il mio burbero santo, quello a cui mi rivolgo sia nei momenti tristi che in quelli gioiosi della mia vita, da  tanti anni ormai, quello che sa tutto di me, ma proprio tutto, quello che con i suoi occhi pare sempre che mi dica: Tu si pproprio 'na capa dura.............................. 



Questa novella comincia in una calda giornata d’estate di diversi anni fa e precisamente quando suonò il telefono alle terme, alle 12,30; cinque minuti prima dell’uscita dal lavoro. Ricordo che mi stavo cambiando e feci appena in tempo a prendere la comunicazione. All’altro capo del filo c’eri tu, che io immaginavo tra i verdi boschi che ti avevano visto affrontare la salita della Colla per andare a Marradi, e ora, pensavo, in quelli altrettanto verdi del Casentino che ti dovevano riportare a casa dopo quello, che era stato senz’altro il giro più lungo che avevi fatto in bicicletta.
Invece, con il tono di voce che ti è proverbiale, un po’ ironico, un po’ sorridente, un po’ irridente, mi dicesti di non preoccuparmi, ma eri all’ospedale, già dalla notte precedente, quando, novello Pantani, come poi tutti ti chiamarono, a due passi dal traguardo ti eri dovuto fermare sopra un prato e da lì chiamare I, che era corsa in tuo soccorso.
Il giorno dopo, mi avevi avvertito e io invece di girare verso Montepulciano, avevo girato verso Chianciano ed ero venuta subito da te, neanche preoccupata più di tanto, perché ti avevo sentito, e la tua voce mi sembrava serena. E infatti ti ho trovato tranquillo, appoggiato ai cuscini del letto, ma eri comunque sempre te, e mi sono ulteriormente tranquillizzata. Ho parlato con i medici che mi hanno detto che non c’era niente di grave e poi mi sono seduta vicino al tuo letto per poter parlare un po’, farti qualche domanda. Ero troppo contenta di sapere che tutto andava bene, per arrabbiarmi e brontolarti per lo sforzo che avevi fatto.
Fino al momento in cui qualcosa è cambiato, con una rapidità tale, che non ho fatto neanche in tempo ad allarmarmi. Mi sono letteralmente pietrificata. Non avevo mai visto un uomo piovere e tu in quel momento piovevi. L’acqua ti scendeva da tutte le parti, non c’era più una parte del tuo corpo che non colasse. E tu cambiavi espressione e ti allontanavi da me. Ho suonato immediatmente il campanello e  sono venuti subito i medici e mi hanno detto di uscire, ma mentre me ne andavo velocemente, con lo stomaco e il cuore in subbuglio, lo sguardo mi è caduto per un breve attimo sulla sponda del tuo letto, a sinistra in alto. C’era l’immagine di un santo, che ancora non era tale.
P. Pio è entrato in quel momento nella mia vita e non ne è più uscito. Ti raccomandai a lui, e stranamente mi sentii pervadere da una calma che in quel momento frenetico, mi stupì tantissimo.
Non mi era simpatico p. Pio. Non ero mai riuscita a farmelo piacere, né mi ero mai posta tante domande sul perché non mi piacesse. Era così e basta. Ma da quel momento io seppi che gli dovevo qualcosa. Però finì tutto lì e per un bel pezzo è stato lontano dai miei pensieri, anche se sentivo che non era più un perfetto estraneo come prima, e ogni volta che se ne parlava , mi ritrovavo ad associarti a lui e ad avere il desiderio di approfondire la sua conoscenza. Ma finiva tutto lì.
Poi venne il film in televisione con Castellitto e mi ritrovai affascinata non so se dal personaggio o dall’interprete, ma senz’altro questo mi spinse a conoscerlo ancora di più.
Negli anni che seguirono ebbi solo altri due motivi per ricordarmi di lui.
Il primo fu un giovane di diciotto anni che era alle Terme con i genitori e faceva il bagno dermatologico. Non ricordo il cognome, ma il nome mi rimase impresso: si chiamava Francesco Pio. Dopo qualche giorno, a conoscenza un po’ più approfondita con la madre, lei stessa mi spiegò il perché di quel nome. Se un giorno vorrai conoscere la sua storia, te la dirò volentieri,è una bella storia, una di quelle che ti riconciliano con l'esistenza,  ora sarebbe una novella dentro un’altra novella.
Il secondo motivo mi si presentò sempre alle terme (tu sai che lì è un viavai di persone), sotto le sembianze di un uomo molto gentile, ma poco loquace. Infatti per tutto il periodo della cura ci siamo scambiati solo le indispensabili parole di cortesia. Fu l’ultimo giorno, che, già pronto per andarsene, mi venne a salutare e tirando fuori dal taschino della giacca un’immaginetta, me la porse con queste parole: “La prenda per piacere. Questo è il mio ringraziamento per quanto ha fatto per me,e per la sua gentilezza”.
Lo guardai stupita e lui se ne accorse. “Non le piace p. Pio?” “Non molto, …mi dispiace! Ho uno strano rapporto con lui” risposi sorridendo. “Non importa. La prenda lo stesso. Vedrà che le sarà utile”. La misi nel taschino della mia divisa e non ci pensai più. Ma quando il giorno dopo ne misi una pulita, qualcosa al di là della mia volontà, mi fece prendere l’immaginetta e trasferirla nel nuovo taschino. E così è stato per tutta la stagione.
Finito il lavoro a ottobre la riposi insieme a tutte le altre immagini dei santi di cui ho una piccola collezione e la dimenticai.
Fino all’anno successivo, quando scoppiò il caso M, e anche noi, come te, vivemmo momenti di vera angoscia e di assurda impotenza e dico assurda, perché non è ammissibile che ci siano episodi di così vergognosa inettitudine nella società del terzo millennio.
Nel frattempo anche la mia conoscenza di p. Pio si era fatta più profonda e cominciavo a sentire una strana simpatia per quest’uomo e per la sua storia, e la sua immagine era sempre di più associata ad un’altra figura di grande spessore,( che aveva intrecciato con p. Pio, momenti profondamente umani e di fiducia ) che sono sicura, sarà quella di un gigante della storia , cioè a Giovanni Paolo II; GPII, come poi l’ho sempre chiamato dopo la sua morte. In quelle giornate ho vissuto momenti particolarissimi, uno dei quali molto intenso insieme a tuo fratello, pensa un po’. Ma anche questo se te lo raccontassi, sarebbe un’altra novella dentro la novella, per cui se un giorno la vorrai conoscere me la chiederai.
Il giorno che per la seconda volta io e tua sorella partimmo per Roma, con una cartellina piena di documenti, di mail frenetiche che erano giunte da te, di nomi da contattare, di indirizzi, poco prima di uscire di casa ritornai precipitosamente sui miei passi perché volevo prendere l’immagine di S. Francesco e metterla nella cartellina. Ti è sempre piaciuto s. Francesco, e pensavo che ti avrebbe protetto in quel difficile momento. Aprii la scatolina e cercai subito l’immagine che misi frettolosamente nella cartella, ma mentre la richiudevo, sentii qualcosa di urgente dentro di me che mi diceva che non quella dovevo prendere, ma l’immagine di p. Pio. E fu ciò che feci senza peraltro abbandonare l’altra. Mi dissi che i santi non sono gelosi tra di loro. Sennò che santi sarebbero?
Furono giorni lunghi, quelli che precedettero la risposta che attendevamo. Però ogni tanto, quando mi veniva lo sconforto, vedevo davanti a me l’immagine di p. Pio, che con un breve sorriso mi diceva: “Andrà tutto bene”. E così è stato!
Da alloro però il burbero frate è diventato il tuo protettore e ogni volta che c’è stato qualcosa sono sempre ricorsa a lui.
E non solo per te! 
Tratto da "Come una novella" 



Questo è solo l'inizio del mio rapporto di fiducia con p. Pio, perché ci sono stati tanti altri episodi in cui la sua presenza nella nostra famiglia è stata tangibile, momenti che però sono troppo personali per poter essere divulgati. Momenti che si vivono solo con gli amici più intimi.
 Ecco! P. Pio per me è un amico e sembrerà strano a chi ha già letto del mio particolare rapporto con la fede e del mio amore per la scienza, che molte volte mette in discussione la fede stessa. Non so che rispondere, e dico che accetto questa mia ambivalenza senza pormi domande, perché l'una cosa non esclude l'altra.
I suoi occhi col loro sguardo penetrante, mi fanno inequivocabilmente capire quando sbaglio, ma mi infondono anche una grande forza, nei momenti in cui anche la speranza vacilla, e questa forza riescono a darmela in maniera tale, che io mi affido a quegli occhi, con la tranquilla ficucia di un bambino e non ho più paura, neanche ora, momento particolare della mia vita, pieno di molteplici tensioni,  perché il suo sguardo mi sta dicendo: 'Andrà tutto bene!'.

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