E perché no!?
Ma si può cominciare un post o una lettera o la pagina di un diario scrivendo....e perché no?! Sicuramente chi se ne intende scuoterebbe il capo disgustato, ma io me ne frego altamente e non torno indietro, perché dietro questo 'e perchè no' c'è una lunga riflessione che è poi sfociata nella decisione di scrivere. E perché no dunque?
Perché non mettere nero su bianco una volta tanto, parlando di un argomento dal quale cerco sempre di sfuggire e che invece ogni tanto ritorna imperterrito a bussare alla mia porta? Forse se scrivo,lo esorcizzo, lo fisso in maniera indelebile........ lo incatenoin una pagina, lo ridimensiono e poi alla fine forse potrò anche ridere di lui.
Ma chi è questo temuto visitatore, che ogni tanto viene a trovarmi? Si chiama Panico.
Arriva così, quando meno me lo aspetto, senza dare nessun preavviso, senza neanche suonare il campanello o bussare in maniera discreta. Entra e basta.
Lo conosco bene questo nemico, anche perché so quando è nato, so proprio il primo momento in cui ha fatto il suo primo vagito e ne ho subito le gesta nella sua età evolutiva, o meglio dovrei dire involutiva, perché fortunatamente per me, sono riuscita sempre ad affrontarlo, e piano piano a ridimensionarlo, per cui al momento è tornato un infante con i tratti da adulto........un mostro patetico che cerca di farmi ancora paura, senza riuscirci più totalmente.
Dalle analisi che ho fatto su me stessa in questo lungo periodo, sono riuscita a capire che nel mio caso preferisce in genere presentarsi in luoghi affollati, pur non disdegnando qualche volta anche una visitina in posti quasi deserti. Una volta quello che comunemente chiamiamo 'attacco di panico' è venuto a trovarmi in una stradina completamente deserta in campagna..........ma sono appuntamenti rari. Sono sicura che se andassi in una discoteca piena di flash e di buio, lo farei felice.
Stazioni ferroviarie, aeroporti, centri commerciali, supermercati, mercati, sono i posti preferiti da lui.......almeno nel mio caso.L'ultima visita l'ho avuta due giorni fa alla Conad del mio paese, nel reparto frutta.......un luogo che conosco come le mie tasche, e dove vado tutti i giorni a fare la spesa.
Mister Panico arriva sempre con un regalo, nel mio caso.......il vuoto. Per un attimo (per me è così, per altri so che sono momenti lunghissimi e dolorosissimi) non sai più chi sei, dove sei, cosa fai. Senti solo il cuore battere furiosamente, il respiro diventa corto e sei incapace di qualsiasi reazione. Poi fai violenza su te stessa per uscire da questo stato e cerchi un punto fisico qualsiasi, da poter toccare (questo l'ho imparato strada facendo) e lentamente ritorni ad esistere. Tutto qui. Ma quegli attimi sono devastanti.
L'errore che viene fatto comunemente e che è stato fatto anche da me (io sono bravissima a fare gli errori) è quello di non parlarne a nessuno, di conservare gelosamente dentro di noi questa esperienza di puro terrore, e invece di affidarsi a chi ci potrebbe ascoltare e aiutare, si preferisce andare avanti così, finché non scatta una molla (quando scatta) che apre la porta per poterlo finalmente buttar fuori con una pedata sul culo. Nel mio caso la molla scattò in una gelida mattina di novembre mentre con mio figlio andavamo all'areoporto, dove di lì a poco avrei dovuto imbarcarmi per tornare in Italia. Parlarne con lui, significò imboccare la strada giusto per venirne fuori. Non ero più sola...........e quella molla ecco....io la farei 'santa subito!'. Da allora anche se qualche volta questa sensazione di vuoto l'ho ancora sentita, è stata tutta un'altra cosa......una strada in discesa.
Nell'ultima visita che il mio nemico Panico mi ha fatto alla Conad, mi è venuto quasi da ridere, per come l'ho visto ridotto male. L'ho trovato oltre che grottesco anche poco convinto di quello che faceva..una maschera di carnevale riuscita male e interpretata peggio. Ma non ho riso, perché non c'è niente da ridere, specialmente se penso alle persone che sono in balia di attacchi di pannico ben più forti di come li ho avuti io e dai quali non riescono a liberarsi, neanche con l'aiuto di medici e psicologi.
Perché ho scritto queste cose? L'ho detto. Prima di tutto per me stessa, perché se sono arrivata a scrivere, vuol dire che tutto va bene, poi per gli altri, per dire di non tenersi per sé questo tormento, perché nel momento stesso in cui si decide di parlare si comincia ad allontanarlo.
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