Non è facile
parlare di Pasqua col clima rovente nel quale ci troviamo ormai da
svariato tempo. Eppure nel momento in cui si compì il grande
prodigio della Resurrezione, il clima non doveva essere molto diverso
da questo.
Allora il malcontento
aleggiava dappertutto, la situazione politica era catastrofica, la
libertà sembrava definitivamente persa, sovrastata dalla potenza del
grande esercito romano, di quello stesso esercito che tempo fa
Roberto Benigni ha così esaltato nella sua presentazione dell’Inno
di Mameli.
Un popolo
conquistato e sottomesso a un regime e a usanze diverse dalle
proprie, ma anche un popolo che si dibatteva da sempre in lotte
intestine tra le varie tribù e le diverse tendenze. Né meno facili
erano le questioni religiose che avevano i loro estremi nei Farisei
e negli Zeloti. In mezzo a loro un gruppo di uomini più moderati e
più che altro più spirituali: gli Esseni. Non amati senz’altro da
nessuna delle due frange estreme, perché in opposizione alla
pedessequità dei primi e alla facinorosità dei secondi.
In questo clima si
muoveva Gesù, speranza degli umili, degli oppressi,
dei giusti. Le sue parole erano lame di fuoco e non conosceva la
paura di annunciare la sua Verità, quella che rende liberi gli
uomini, quella che li trasforma da popolo succubo, in popolo libero
in nome dell’amore.
Ma l’uomo non
vuole la libertà, neanche la sua, perché ne ha paura, perché sa
che poi dovrà gestirla, dovrà combattere per mantenerla e qualche
volta anche morire per lei. E allora è più facile riunirsi in
branco per sentirsi erroneamente forti e in nome di quella libertà
che reclama ma che non vuole, condannare i giusti e rimettere in
libertà i peccatori.
“Chi volete che vi
liberi? Gesù o Barabba?” chiede Pilato e la risposta non si fa
attendere “Barabba, Barabba” grida la folla inferocita,
sobillata, intimorita, minacciata da chi ha l’arma del potere in
mano.
“Ma Gesù non ha
fatto niente!” incalza Pilato.
“Crocifiggilo!
Crocifiggilo”. L’esortazione del popolo è forte, è un boato, è
il grido di coloro che non vogliono soffrire per la giustizia e
neanche per quella libertà e quelle beatitudini, che qualche giorno
prima sono andati ad ascoltare sulla montagna.
E neanche Pilato,
che pure può dare la libertà, perché è il governatore, e dunque
potente,si sente di mettersi contro alla Ragion di Stato. In fin dei
conti non sono affari suoi. Un ebreo per lui vale un altro ebreo.
E poi la
Resurrezione!
Il proclama
dell’invincibilità dell’Amore, la vita dopo la morte del corpo
offerto in sacrificio perché la Verità trionfi. Una luce
abbacinante, che fa vacillare, che stordisce, che fa capire per un
attimo che ha la durata di un lampo, che l’uomo può essere
qualcosa di più, di diverso, di divino e di eterno. Un attimo! E poi
tutto è come prima, soffocato dalla paura, dalla contingenza
dell’oggi che deve essere affrontato, dalla cupidigia dell’oro
che ha anche lui una luce, dalla bramosia del potere che fa sentire
invincibili.
La nostra situazione si muove su piani diversi, ma ciò non toglie che siamo rimaste le stesse persone di duemila anni fa.
E’ di nuovo
Pasqua nei nostri calendari e nei giorni di festa che continuano a
esistere e sono un richiamo alla memoria di qualcosa di grandioso che
ha comunque forgiato il nostro destino di uomini moderni. Ma è di
nuovo Pasqua anche nei nostri cuori? Tutti usufruiamo di questi
giorni che dedichiamo a fare ciò che più ci aggrada, disattendendo
in tanti casi all’importanza della celebrazione e del ricordo, in
questo clima di tempesta che non accettiamo di vedere,che vogliamo
esorcizzare, pensando che non ci riguardi.
Ciascuno chiuso
nella sua bolla di solitudine che lo isola dagli altri, e sovrastato
dall’incapacità di risvegliarsi da un sonno nel quale vogliamo
deliberatamente rimanere, continuiamo a crederci uomini liberi senza
accorgerci che invece siamo uomini soli. Perché anche oggi, e anzi,
oggi più di sempre, in una società che ha fatto del sopruso, del
ladrocinio, dell’egoismo, la sua egida, la Verità che dice che
ogni uomo ha lo stesso valore di un altro uomo si paga cara.
Amare il prossimo
come se stessi è faticoso e la Resurrezione può attendere.
La Verità non è
più o forse non è ancora la nostra Verità, quella che solo l’uomo
libero può capire.
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