Quante cose ci possono
essere dentro un baule! Quante cose che neanche ci si ricorda di avere
più e invece sono lì con la loro storia sempre intatta e
stratificata. La storia della vita. In questo caso la storia della
mia vita.
Non ricordo neanche più
qual'è stato il motivo per cui ho aperto il vecchio baule di legno
di ciliegio che mio nonno, ha costruito con le sue mani e i suoi
attrezzi di falegname improvvisato. Un baule nel quale tutti i pezzi
sono incastrati mi pare che si dica a 'coda di rondine'. In un attimo
mi torna in mente la stanza da lavoro del nonno, col suo bancone con
la morsa e tutte le pialle, le seghe, i punteruoli, le lime e tanti
altri piccoli attrezzi dei quali neanche oggi conosco il nome. E più
in là, in un armadietto con uno sportello davanti al quale c'era
solo una rete fitta che non facesse passare nessun tipo di animale,
ma che permettesse all'aria di circolare, c'erano i formaggi e più
che altro c'era il prosciutto, quel prosciutto che all'ora di merenda
veniva affettato religiosamente e religiosamente adagiato sul bianco
piatto che io gli porgevo e che poi avrei mangiato insieme al pane che
intanto la nonna aveva preparato sul tavolo di pietra che era nel
prato di fianco alla casa.....un prato che si confondeva con le vette
dei monti che gli giravano intorno come una corolla.
"E ricorda mia cara –
mi diceva il nonno – che del prosciutto si mangia il magro e il
grasso, non si butta via niente, perché tutto è grazia di Dio!".
Aprendo un baule, tornano in
mente anche i profumi di allora, che escono fuori non più trattenuti
e si spandono per la stanza, improvvisamente diventata un prato, dove
c'è un ciliegio. A quel ciliegio era attaccata un'altalena fatta con
la corda, dove il nonno aveva inserito una tavoletta di legno per farne
un comodo sedile.....e c'era una bambina con le trecce al vento che
volava nel cielo azzurro, con la sensazione di andare a toccare con i
piedi le cime delle montagne verdi. Poi il fischio della littorima che
passa poco lontano e che si infila veloce nella galleria in discesa, era
come un richiamo per la nonna che mi spingeva. " E' l'ora di
andare a chiudere i polli!" e il vento che accarezzava le gote,
finiva, e l'illusione di volare anche. Si rientrava in casa, dove
luci e ombre del giorno che se ne andava, si rincorrevano creando
strani effetti, che ai miei occhi di bambina parlavano di favole. E
io mi nutrivo di questi e dei gesti ancestrali dei miei nonni, che
pacati, mi insegnavano la vita. E crescevo. Forse è per questo che
amo il Drudolo, così si chiama la casina dei nonni, un nome antico
che significa anche 'innamorato', forse è per questo che è sempre
nel mio cuore e ha trovato posto nel vecchio baule dei ricordi più
cari.
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