lunedì 16 luglio 2012

Le parole del silenzio



Stamani il "Silenzio" è imperativo....per cui non aggiungo neanche una parola.
Nel vero silenzio anche una piuma può fare rumore



Quante parole corrono sui fiumi della comunicazione. E tra tutte queste parole, quanti parloni, quanti discorsi inutili o peggio ancora, bugiardi, truffaldini; quante parole blasfeme, quante parole illusorie...parole, parole, parole!
Si fanno e si ascoltano discorsi di politica, di ambiente, di attualità, di società, di religione. Discorsi intrisi il più delle volte di parole ridondanti, di abili pause, di verbi incomprensibili che però richiamano l'erudizione; e su queste argomentazioni abilmente costruite, che sono costate a volte ore di preparazione, virgole spostate, per dare un senso più esatto a quello che si deve cumunicare, aleggia il vento moraleggiante del messaggio che vogliamo far passare, aiutato da alcuni punti esclamativi abilmente distribuiti. Inutile negarlo! Saper scrivere e saper parlare alla fine sono arte. E che arte! Un'arte speciale, diversa.
 Perché l'arte è quella cosa che cattura l'attenzione, stimola la fantasia, alimenta il sogno, ma questa è l'arte pura, quella che nasce dalla mente e dal cuore quando entrambi viaggiano sulla stessa l'unghezza d'onda, provocando la scintilla della genialità, che di solito si trova nelle espressioni pittoriche, nella poesia, nella musica, nella bella letteratura. O anche in qualsiasi lavoro nel quale sono intervenute le condizioni sopra citate.
Invece l'arte di catturare l'attenzione dei lettori e degli
ascoltatori è molto più sottile, molto più razionale e decisamente finalizzata a uno scopo, che può essere senz'altro uno scopo buono e lodevole, ma può essere anche un condizionamento verso fini più o meno interessati.
Chi di noi non fa discorsi per trovare adepti al proprio modo di vedere le cose? E' un'arte che si inizia fin da bambini, un'arte che si raffina via via che si diventa adulti, quando l'esperienza della vita, gli studi o le letture o la partecipazione a diverse attività politiche, sociali, religiose, finiscono per darle l'imprinting cominciato tanti anni prima, e fanno di ciascuno di noi un tramite di comunicazione delle idee che sono state acquisite.
E come siamo intransigenti su queste idee e sui loro contenuti! Crediamo in quelle e non c'è niente di meglio di ciò che andiamo a scrivere o a enunciare e lo facciamo con una sicurezza così convincente che alla fine ne siamo convinti anche noi. Purtroppo però, difficilmente mettiamo in pratica ciò che tanto abilmente scioriniamo nei nostri discorsi e nei nostri articoli. Perseguiamo la verità con le parole, con i paroloni e poi viviamo nella border line dell'inganno con noi stessi, prima che con tutti gli altri. E non di rado capita che le nostre certezze evaporino in un'unica bolla d'aria, lasciandoci vuoti e smarriti e senza nente da dire prima di tutto a noi stessi e poi agli altri. Ma ci guardiamo bene dal farcene accorgere, perché senza la veste che per tanto tempo ci siamo tenuti così stretta, ci sentiamo nudi e sperduti e continuiamo imperterriti nelle nostre opere di convincimento verso gli altri, anche se non crediamo più a quello che diciamo.
Se fossimo a teatro si potrebbe dire che rappresentiamo una farsa della nostra vita, sempre, costantemente, giorno dopo giorno.
E si può ingannare tutti, anche noi stessi, ma c'è qualcuno che non riusciamo mai ad ingannare; lo specchio.O meglio..... La nostra immagine che ci guarda dallo specchio. Proviamo a guardare i nostri occhi con attenzione e lì scopriremo una verità che non vogliamo mai ammettere e che rimandiamo sempre: siamo solo dei poveri uomini che vorrebbero essere ciò che dicono con tanta enfasi, pur sapendo benissimo di essere tutt'altra cosa.
Ma se riuscissimo a stare davanti a quello specchio un pò più a lungo, invece di scappare per evitare di vedere la nostra vera immagine, allora saremmo capaci di andare oltre le prime impressioni dei nostri occhi e addentrandoci nel mistero del nostro sguardo, scopriremmo che c'è anche qualcos'altro dentro di noi, qualcosa che sta in silenzio, raggomitolato su se stesso: un bambino impaurito dalla vita, che non sa come fare a venire fuori e urlare a tutti che lui non è l'essere sociale, religioso, politico, culturale, che in qualche modo si è costruito addosso, o che gli hanno costruito addosso, ma l'essere umano primordiale che cerca quella felicità che ha sempre anelato fin dalla sua creazione.
"Voglio vivere la mia vita. Voglio semplicemente vivere la mia vita!" queste sono le parole del silenzio che è dentro di noi. Dove la parola vivere non richiama carriere strepitose, ruoli prestigiosi, ma riappropriamento del ruolo naturale dell'uomo, creatura della terra, amico della terra, scintilla vitale e sensibile della terra: dono di un qualcosa più in là di noi, che noi chimiamo Dio. Il resto è tutto di troppo. Corrono dentro di noi le parole del silenzio e per brevi attimi che sanno di eternità si fissano nei nostri cuori, che di questo silenzio si ammantano diventando cattedrali altissime, nelle quali niente ha posto se non la mano di Dio che si protende verso l'uomo. Brevi attimi, è vero, che però possono cambiare la nostra vita.
E' giusto quindi partire dalla consapevolezza che le nostre certezze il più delle volte scaturiscono dal rifiuto inconscio di dover rivedere se stessi, cosa che invece sarebbe molto logica e anche intelligente, perché solo riconoscendo i nostri limiti, saremo in grado di superarli, e che nessuno ha niente da insegnare agli altri solo con la logorrea, ma semmai da condividere con gli altri, per far sì che la propria esperienza di vita possa essere utile anche a chi ci sta vicino.

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