Stamani il "Silenzio" è imperativo....per cui non aggiungo neanche una parola.
Nel vero silenzio anche una piuma può fare rumore |
Quante parole corrono sui fiumi della
comunicazione. E tra tutte queste parole, quanti parloni, quanti
discorsi inutili o peggio ancora, bugiardi, truffaldini; quante
parole blasfeme, quante parole illusorie...parole, parole, parole!
Si fanno e si ascoltano discorsi di
politica, di ambiente, di attualità, di società, di religione.
Discorsi intrisi il più delle volte di parole ridondanti, di abili
pause, di verbi incomprensibili che però richiamano l'erudizione; e
su queste argomentazioni abilmente costruite, che sono costate a
volte ore di preparazione, virgole spostate, per dare un senso più
esatto a quello che si deve cumunicare, aleggia il vento
moraleggiante del messaggio che vogliamo far passare, aiutato da
alcuni punti esclamativi abilmente distribuiti. Inutile negarlo!
Saper scrivere e saper parlare alla fine sono arte. E che arte!
Un'arte speciale, diversa.
Perché l'arte è quella cosa che cattura
l'attenzione, stimola la fantasia, alimenta il sogno, ma questa è
l'arte pura, quella che nasce dalla mente e dal cuore quando entrambi
viaggiano sulla stessa l'unghezza d'onda, provocando la scintilla
della genialità, che di solito si trova nelle espressioni pittoriche,
nella poesia, nella musica, nella bella letteratura. O anche in
qualsiasi lavoro nel quale sono intervenute le condizioni sopra
citate.
Invece l'arte di catturare l'attenzione
dei lettori e degli
ascoltatori è molto più sottile, molto più
razionale e decisamente finalizzata a uno scopo, che può essere
senz'altro uno scopo buono e lodevole, ma può essere anche un
condizionamento verso fini più o meno interessati.
Chi di noi non fa discorsi per trovare
adepti al proprio modo di vedere le cose? E' un'arte che si inizia
fin da bambini, un'arte che si raffina via via che si diventa adulti,
quando l'esperienza della vita, gli studi o le letture o la
partecipazione a diverse attività politiche, sociali, religiose,
finiscono per darle l'imprinting cominciato tanti anni prima, e fanno
di ciascuno di noi un tramite di comunicazione delle idee che sono
state acquisite.
E come siamo intransigenti su queste
idee e sui loro contenuti! Crediamo in quelle e non c'è niente di
meglio di ciò che andiamo a scrivere o a enunciare e lo facciamo con
una sicurezza così convincente che alla fine ne siamo convinti anche
noi. Purtroppo però, difficilmente mettiamo in pratica ciò che
tanto abilmente scioriniamo nei nostri discorsi e nei nostri
articoli. Perseguiamo la verità con le parole, con i paroloni e poi
viviamo nella border line dell'inganno con noi stessi, prima che con
tutti gli altri. E non di rado capita che le nostre certezze
evaporino in un'unica bolla d'aria, lasciandoci vuoti e smarriti e
senza nente da dire prima di tutto a noi stessi e poi agli altri. Ma
ci guardiamo bene dal farcene accorgere, perché senza la veste che
per tanto tempo ci siamo tenuti così stretta, ci sentiamo nudi e
sperduti e continuiamo imperterriti nelle nostre opere di
convincimento verso gli altri, anche se non crediamo più a quello
che diciamo.
Se fossimo a teatro si potrebbe dire
che rappresentiamo una farsa della nostra vita, sempre,
costantemente, giorno dopo giorno.
E si può ingannare tutti, anche noi
stessi, ma c'è qualcuno che non riusciamo mai ad ingannare; lo
specchio.O meglio..... La nostra immagine che ci guarda dallo specchio.
Proviamo a guardare i nostri occhi con attenzione e lì scopriremo
una verità che non vogliamo mai ammettere e che rimandiamo sempre:
siamo solo dei poveri uomini che vorrebbero essere ciò che dicono
con tanta enfasi, pur sapendo benissimo di essere tutt'altra cosa.
Ma se riuscissimo a stare davanti a
quello specchio un pò più a lungo, invece di scappare per evitare
di vedere la nostra vera immagine, allora saremmo capaci di andare
oltre le prime impressioni dei nostri occhi e addentrandoci nel
mistero del nostro sguardo, scopriremmo che c'è anche qualcos'altro
dentro di noi, qualcosa che sta in silenzio, raggomitolato su se
stesso: un bambino impaurito dalla vita, che non sa come fare a
venire fuori e urlare a tutti che lui non è l'essere sociale,
religioso, politico, culturale, che in qualche modo si è costruito
addosso, o che gli hanno costruito addosso, ma l'essere umano
primordiale che cerca quella felicità che ha sempre anelato fin
dalla sua creazione.
"Voglio vivere la mia vita. Voglio
semplicemente vivere la mia vita!" queste sono le parole del
silenzio che è dentro di noi. Dove la parola vivere non richiama
carriere strepitose, ruoli prestigiosi, ma riappropriamento del ruolo
naturale dell'uomo, creatura della terra, amico della terra,
scintilla vitale e sensibile della terra: dono di un qualcosa più in là di noi, che noi chimiamo Dio. Il resto è
tutto di troppo. Corrono dentro di noi le parole del silenzio e per
brevi attimi che sanno di eternità si fissano nei nostri cuori, che
di questo silenzio si ammantano diventando cattedrali altissime,
nelle quali niente ha posto se non la mano di Dio che si protende
verso l'uomo. Brevi attimi, è vero, che però possono cambiare la
nostra vita.
E' giusto quindi partire dalla consapevolezza che le nostre certezze
il più delle volte scaturiscono dal rifiuto inconscio di dover
rivedere se stessi, cosa che invece sarebbe molto logica e anche
intelligente, perché solo riconoscendo i nostri limiti, saremo in
grado di superarli, e che nessuno ha niente da insegnare agli altri
solo con la logorrea, ma semmai da condividere con gli altri, per
far sì che la propria esperienza di vita possa essere utile anche a
chi ci sta vicino.
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