Mi manca il fuoco del camino. Mi manca la fiamma scoppiettante e le faville che salgono su per la cappa. Me ne sono resa conto stasera, dopo questa giornata proprio novembrina, intrisa di acqua e di grigiore, e più che altro me ne sono accorta dopo essere ritornata da fuori col mio cane, entrambi bagnati fradici. Mi sono messa davanti a un termosifone.....ma è un'altra cosa!
E così il ricordo è andato ai miei caminetti, a tutti i miei caminetti, e ce e sono stati tanti. Il primo mi riporta ai miei primi anni e allo stupore provato quando trovai proprio nel camino le prime tre statuine del mio presepio. Erano un pastore, una pastorella e un soldato romano. E come erano carine, fatte di gesso e dipinte a mano. Sono ancora con me le mie statuine e quando le guardo provo un senso di grande calore. Fu allora che cominciai a sognare e a far volare la mia fantasia. Non ho più smesso, anche se ora ho imparato a tenermi per me ciò che vedo nei miei viaggi fantastici. Gli altri caminetti li trovai in una casa vetusta, piena di stucchi e di affreschi. Erano caminetti signorili, decorati da puffi e rilievi floreali. Mi intimidirono fino a quando il mio babbo non decise di unsarne uno per allestire al suo interno i nostri presepi. Che meraviglia che erano i nostri presepi. Sempre arricchiti, anno dopo anno, da qualcosa di nuovo che costruiva il mio babbo, al quale facevo da manovale. L'altro invece veniva acceso e noi ci riunivamo intorno a lui in quel salone immenso e gelido che era nella mia abitazione di allora. Ma il fuoco è sempre uguale in tutti i camini del mondo e parla lo stesso linguaggio universale e per me, che stavo crescendo , era facile allora pensare che il fumo che usciva dal comignolo si incontrasse con quello degli altri camini e, trasportato dal vento se ne andasse in giro per il mondo a portare la storia della mia vita, per mischiarla con quella delle tante altre persone che si raccontavano intorno al fuoco nelle lunghe serate invernali.
Poi cambiai paese e nella mia nuova abitazione, il camino era in cucina. Io allora facevo già altri tipi di sogni e più che altro leggevo tanto. Fu lì, seduta in una poltroncina di vimini, che stetti un giorno e una notte a leggere 'Centomila gavette di ghiaccio', mentre il calore che usciva dal camino, non riusciva a scaldare il mio cuore, che batteva all'unisono con quello degli alpini della 'Julia'. Fu lì che mi lessi per la prima volta 'I Miserabili' di Hugo, dono per un Natale di congiuntura, e rimasto uno dei libri più belli che io abbia mai letto. Fu lì che mi appassionai ai libri di archeologia classica e a quelli di archeologia misteriosa. Fu proprio accanto a quel caminetto che cominciai a dipingere e a progettare un futuro di artista, che rimase sempre nei miei sogni.
Quando entrai nella mia nuova casa, il camino non c'era e io ne sentii subito la mancanza, ma passarono anni prima che ne fosse costruito uno. Che diventò il fulcro della nostra vita domestica. Era un caminetto semplice,e neanche tanto bello, uno di quei camini prefabbricati, come se ne vedono dappertutto. Riuscii a migliorarlo con una grossa mensola di legno, che diventò nel tempo qualcosa di speciale, perché nonostante l'età adulta e tre figlioli, dentro di me ero sempre rimasta un pò bambina e una grande sognatrice. Su quella mensola furono scritte tante letterine a Babbo Natale e quando non ci fu più posto, vennero scritte su fogli di carta, che poi mettevamo a bruciare, per correre subito fuori a guardare il fumo che usciva dal comignolo e andava verso le stelle. Quel fumo trasportava tutte le nostre parole, i nostri desideri, le nostre aspettative, e anche se sapevamo che non era vero, ci piaceva crederci. Poi rientravamo di corsa in casa per scaldarci, seduti a turno sulla cassetta militare del mio babbo, che era proprio davanti e sempre piena di legna.Sogni. Sogni. Com'è bello sognare e immaginare posti invisibili a tutti salvo che alla nostra fantasia.
E poi c'è il caminetto di pietra serena, il piccolo caminetto, costruito da mio zio, tanti anni fa e quel caminetto mi riporta al profumo del castrato e a quello delle caldarroste, ma non solo. Mi fa ricordare scaldini con le braci coperte di cenere, portati nei letti e attaccati al 'prete', che è lo scaldaletto. Sento ancora il calore che mi si spandeva in tutto il corpo, quando entravo sotto quelle coltri, e il profumo della buccia di arancio, che inevitabilmente mettevamo in ogni scaldino per profumare le lenzuola.
Ecco! Io me lo sogno quel caminetto, perché voglio ritornare a scaldarmi davanti alla sua fiamma, e a fare i miei sogni da spedire su per la sua cappa. Saranno sogni diversi, forse anche velati da un pò di malinconia, ma anche la malinconia è parte essenziale dei sognatori che hanno per interlocutore un caminetto.
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