sabato 12 maggio 2012

A spasso con Renoir



Nella casa di Fuf capita anche di ritrovarsi in un "Quadro d'Autore"



La ricerca dell’immagine da mettere nel desktop del computer, nel mio caso non è una scelta casuale, anzi! La prescelta verrà fuori solo quando lo stato d’animo di quel momento in cui sento il bisogno di dare un’immagine nuova al mio computer, trova soddisfazione nel guardare ciò che vede!
E’stato così per il Crocifisso di Dalì, così per l’Uomo di Vitruvio di Leonardo, così per alcune delle ‘Donne’ di Modigliani, così per tanti dipinti di Van Gogh, uno dei miei pittori preferiti. Ciascuno di questi soggetti ha rappresentato magari anche per soli pochi giorni, una mia necessità, un ritrovarmi in essi.
Ma non mi era mai capitato di avere un impatto come quello che ho avuto con Julie Manet. Appena l’ho vista, e non la conoscevo sino a quel momento, ho saputo che non avrei avuto bisogno di cercare nient’altro, perché Julie Manet…..sono io!
Al di là del nome, che sicuramente mi coinvolge e mi intriga, è il suo aspetto quello che mi ha fatto rimanere a bocca aperta.
Mademoiselle Julie Manet, è opera di Pierre Auguste Renoir, che oltre a essere autore di tele bellissime è stato anche amico di un altro grande pittore impressionista: Claude Manet, del quale Julie era la figlia.
Ma per me poteva essere anche la figlia di un pescatore, o di un impiegato, non sarebbe cambiato niente.
E’ il ritratto di una ragazzina che tiene in collo un gatto. Un ritratto di per sé sobrio e dolce, ma sono gli occhi e il sorriso e i capelli di quella bambina, nei quali io mi riconosco, come non mi sono mai riconosciuta in nessun altro ritratto, che mi hanno catturato. Il modo di tenere la testa, leggermente reclinata da una parte, i capelli castani, spinti dietro un orecchio che impertinente fa capolino dai fili restanti e più che altro il sorriso leggero, appena definito, ma parlante di tante cose, di tanti sentimenti non rivelati, di vita già scoperta e da scoprire. E poi gli occhi, non tanto per la forma, quanto per lo sguardo sognante, lontano da tutti eppure dolce e malinconico, che insegue le favole che solo altri occhi come i suoi sanno vedere e capire!
Ho a casa una fotografia di me a quell’età che mi ritrae con una gattina che si chiamava Pirina, lo ricordo ancora, il sorriso a chi mi ritraeva e lo sguardo perso lontano dietro chissà quali fantasie.
Ma forse, mi dico, ogni donna potrebbe ritrovarsi sui dolci lineamenti di Julie Manet, perché qualsiasi donna, prima di diventare tale è stata una ragazzina capace di volare al di là di se stessa, piena di aspettative, di domande non fatte, di serenità, di fiducia, con gli occhi colmi di sogni che si perdono negli abissi insondabili dell’anima.
E invece mi devo rispondere subito di no! Che purtroppo non è così, perché molte bambine non hanno mai avuto quello sguardo perso sui sogni, semplicemente perché non l’hanno mai potuto avere quello sguardo che dall’infanzia prelude all’adolescenza.
Molte di loro non hanno avuto e non hanno neanche oggi la possibilità di sognare, perché la vita si è mostrata a tante povere creature sin da subito solo con il suo lato più oscuro, quello nel quale non brilla il sole del quale ci si nutre per sbocciare lentamente in tutta la consapevole pienezza di sé. Il lato oscuro della vita è quello nel quale i bambini non hanno diritto di essere tali e sentono subito il morso della fame, della miseria, della paura e vivono senza sogni, perché il lato oscuro della vita non permette di sognare, di pensare a domani, di sperare, di aspettare l’amore. Nel lato oscuro della vita lo sguardo resta basso, rivolto solo a quello che oggi ha permesso la sopravvivenza, che è una dura conquista giornaliera. Il domani nasce già come lotta.
Sono troppi i bambini anche oggi che non possono avere lo sguardo dolce e malinconico di Julie Manet, e troppo poche le persone nel mondo degli adulti che si preoccupano di restituire quello sguardo che per diritto spetta a ogni bambino, all’infanzia violata, tradita, privata dei suoi sogni e delle sue speranze. Su questo argomento ci sarebbe da parlare per ore, e in parte se ne parla, ci si commuove, ci si sente buoni donando pochi soldi che molte volte non sappiamo neanche dove andranno a finire…e poi tutto ricomincia come sempre.
Ma guarda un pò dove mi hanno portato due occhi di bambina!
Mi hanno fatto uscire dal mio piccolo mondo per guardare l'infanzia che soffre e costatare una volta di più quanto poco anch'io faccio per restituire il sorriso a un bambino. E' comunque una spinta a fare di meglio, anche se poi non è così semplice come uno vorrebbe.
Questo ha voluto essere solo un flash, che si è fermato per un attimo sul passato. Ho ripercorso con Renoir, un momento della mia vita, che mi si è presentato tanto nitidamente da poterlo cogliere sin nei minimi particolari e che mi da modo oggi, dopo tanti anni, di ringraziare mio padre e mia madre che mi hanno permesso di aver quello sguardo. Sono andata a spasso con lui attraverso le espressioni di un volto che da sensibile pittore, ha saputo cogliere e interpretare con finissime sfumature e ho ritrovato per un momento me stessa, in quell’attimo sospeso in cui non più completamente bambina, non ancora donna, cercavo con lo sguardo la vita che deve rivelarsi.

Nessun commento:

Posta un commento