Nella
casa di Fuf capita anche di ritrovarsi in un "Quadro d'Autore"
La
ricerca dell’immagine da mettere nel desktop del computer, nel mio caso non è
una scelta casuale, anzi! La prescelta verrà fuori solo quando lo
stato d’animo di quel momento in cui sento il bisogno di dare
un’immagine nuova al mio computer, trova soddisfazione nel guardare
ciò che vede!
E’stato
così per il Crocifisso di Dalì, così per l’Uomo di Vitruvio di
Leonardo, così per alcune delle ‘Donne’ di Modigliani, così per
tanti dipinti di Van Gogh, uno dei miei pittori preferiti. Ciascuno
di questi soggetti ha rappresentato magari anche per soli pochi
giorni, una mia necessità, un ritrovarmi in essi.
Ma non mi era mai capitato di avere un impatto come quello che ho
avuto con Julie Manet. Appena l’ho vista, e non la conoscevo sino a
quel momento, ho saputo che non avrei avuto bisogno di cercare
nient’altro, perché Julie Manet…..sono io!
Al
di là del nome, che sicuramente mi coinvolge e mi intriga, è il
suo aspetto quello che mi ha fatto rimanere a bocca aperta.
Mademoiselle Julie Manet, è opera di Pierre Auguste Renoir, che
oltre a essere autore di tele bellissime è stato anche amico di un
altro grande pittore impressionista: Claude Manet, del quale Julie
era la figlia.
Ma
per me poteva essere anche la figlia di un pescatore, o di un
impiegato, non sarebbe cambiato niente.
E’ il ritratto di una ragazzina che tiene in collo un gatto. Un
ritratto di per sé sobrio e dolce, ma sono gli occhi e il sorriso e
i capelli di quella bambina, nei quali io mi riconosco, come non mi
sono mai riconosciuta in nessun altro ritratto, che mi hanno
catturato. Il modo di tenere la testa, leggermente reclinata da una
parte, i capelli castani, spinti dietro un orecchio che impertinente
fa capolino dai fili restanti e più che altro il sorriso leggero,
appena definito, ma parlante di tante cose, di tanti sentimenti non
rivelati, di vita già scoperta e da scoprire. E poi gli occhi, non
tanto per la forma, quanto per lo sguardo sognante, lontano da tutti
eppure dolce e malinconico, che insegue le favole che solo altri
occhi come i suoi sanno vedere e capire!
Ho a casa una fotografia di me a quell’età che mi ritrae con una
gattina che si chiamava Pirina, lo ricordo ancora, il sorriso a chi
mi ritraeva e lo sguardo perso lontano dietro chissà quali fantasie.
Ma
forse, mi dico, ogni donna potrebbe ritrovarsi sui dolci lineamenti
di Julie Manet, perché qualsiasi donna, prima di diventare tale è
stata una ragazzina capace di volare al di là di se stessa, piena
di aspettative, di domande non fatte, di serenità, di fiducia, con
gli occhi colmi di sogni che si perdono negli abissi insondabili
dell’anima.
E
invece mi devo rispondere subito di no! Che purtroppo non è così,
perché molte bambine non hanno mai avuto quello sguardo perso sui
sogni, semplicemente perché non l’hanno mai potuto avere quello
sguardo che dall’infanzia prelude all’adolescenza.
Molte
di loro non hanno avuto e non hanno neanche oggi la possibilità di
sognare, perché la vita si è mostrata a tante povere creature sin
da subito solo con il suo lato più oscuro, quello nel quale non
brilla il sole del quale ci si nutre per sbocciare lentamente in
tutta la consapevole pienezza di sé. Il lato oscuro della vita è
quello nel quale i bambini non hanno diritto di essere tali e sentono
subito il morso della fame, della miseria, della paura e vivono senza
sogni, perché il lato oscuro della vita non permette di sognare, di
pensare a domani, di sperare, di aspettare l’amore. Nel lato oscuro
della vita lo sguardo resta basso, rivolto solo a quello che oggi ha
permesso la sopravvivenza, che è una dura conquista giornaliera. Il
domani nasce già come lotta.
Sono
troppi i bambini anche oggi che non possono avere lo sguardo dolce e
malinconico di Julie Manet, e troppo poche le persone nel mondo degli
adulti che si preoccupano di restituire quello sguardo che per
diritto spetta a ogni bambino, all’infanzia violata, tradita,
privata dei suoi sogni e delle sue speranze. Su questo argomento ci
sarebbe da parlare per ore, e in parte se ne parla, ci si commuove,
ci si sente buoni donando pochi soldi che molte volte non sappiamo
neanche dove andranno a finire…e poi tutto ricomincia come sempre.
Ma
guarda un pò dove mi hanno portato due occhi di bambina!
Mi
hanno fatto uscire dal mio piccolo mondo per guardare l'infanzia che
soffre e costatare una volta di più quanto poco anch'io faccio per
restituire il sorriso a un bambino. E' comunque una spinta a fare di
meglio, anche se poi non è così semplice come uno vorrebbe.
Questo ha voluto essere solo un flash, che si è fermato per un
attimo sul passato. Ho ripercorso con Renoir, un momento della mia
vita, che mi si è presentato tanto nitidamente da poterlo cogliere
sin nei minimi particolari e che mi da modo oggi, dopo tanti anni, di
ringraziare mio padre e mia madre che mi hanno permesso di aver
quello sguardo. Sono andata a spasso con lui attraverso le
espressioni di un volto che da sensibile pittore, ha saputo cogliere
e interpretare con finissime sfumature e ho ritrovato per un momento
me stessa, in quell’attimo sospeso in cui non più completamente
bambina, non ancora donna, cercavo con lo sguardo la vita che deve
rivelarsi.
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