Amo le giornate calde dell'estate e le
ombre lunghe della sera che si stendono sui campi proiettando le
sagome dei cipressi e dei covoni del grano. Amo perdermi con lo
sguardo in questi paesaggi che nessun monumento può euguagliare in
bellezza e dolcezza. Mi ripeto una volta di più queste cose qui, in
sosta davanti a uno dei tanti murelli del mio paese, terrazze
stupende che sovrastano la valle, sul quale mi sono appoggiata, le
braccia conserte, lo sguardo perso lontano.
E proprio oggi, mentre mi soffermavo,
vuota di pensieri, sulle morbide curve delle nostre colline, mi è
tornato improvvisamente alla mente un ricordo di quando ero
ragazzina, in quell'età in cui non siamo più bambine e ancora non
siamo donne. Un ricordo fatto di nente e di tante cose, per allora.
Le tante cose erano una camicetta
bianca con un colletto larghissimo e una gonna rossa abbottonata
davanti, arricciata in vita, con due tasconi fermati da due
bellissimi bottoni colorati, un paio di sandaletti rossi, con appena
l'abbozzo di quello pomposamente chiamavo tacco,che però faceva la
differenza tra la bambina e la ragazza. Le tante cose erano le parole
che mi aveva detto un ragazzino, definendomi bella; le tante cose era
anche il mio cuore che aveva accelerato i battiti fino
all'inverosimile. Il niente era il fatto che non c'era proprio niente
di diverso dagli altri giorni, se non quei vestiti e il ricordo di
quelle parole, in un tranquillo pomeriggio di giugno, mentre me ne
andavo a studiare a casa di un'amica per prepararci insieme all'esame
di terza media.
La mia amica abitava in campagna e
qualche metro prima della sua casa dovevo costeggiare un campo di
grano, in quel periodo già alto e quasi maturo e più che altro
incredibilmente pieno di papaveri rossi. Una meraviglia mozzafiato!
Che quel giorno, sentendomi un pò papavero anch'io, mi attirò in
maniera per me inusuale e inconsueta....ma decisamente irresistibile.
Ricordo come se fosse oggi, sentendomi
ancora alitare sul viso il caldo vento estivo, di essermi inoltrata
tra quel grano e quei fiori, e di essermi sdraiata tra quelle spighe
calde, lo sguardo rivolto all'azzurro che mi sovrastava e nel quale
decine di rondini volteggiavano senza posa. Intorno a me le api e i
calabroni danzavano accompagnate dal loro monotono bisbiglio che in
altri momenti mi avrebbe dato fastidio e le formiche si arrampicavano
sulle mie mani e sui miei piedi, facendomi un leggero solletico, che
in quel momento, chissà perché, non mi disturbava.
Mi sentivo felice! Di una felicità che
non sapevo spiegare e che non aveva neanche bisogno di spiegazione.
L'accettavo e basta, naturalmente, sentendomi tutt'uno con Dio e con
ciò che mi circondava., ringraziando quel sole caldo che mi
avvolgeva. Era estate, l'inizio dell'estate della mia vita, anche se
io non lo sapevo. Io sapevo solo di essere contenta, che la vita era
bella, che l'attimo che stavo vivendo era altrettanto piacevole di
quello in cui facevo merenda con pane e nutella, che il mondo era
qui, ora, in quel campo di grano che mi aveva regalato il suo
profumo, il suo tepore, il suo vento, il suo mondo nascosto, ma così
pieno di vita. Un attimo che è rimasto impresso in un angolo del mio
cuore.
Tornai pochi minuti dopo, in quel
campo, con la mia amica alla quale avevo raccontato entusiasta la mia
esperienza di simbiosi con la natura, ma non fu la stessa cosa e da
allora capii che certe esperienze devono essere fatte da soli, quando
nessuno può condizionare lo stato d'animo con le quali si
affrontano.
Oggi, pagherei non so che cosa per
poter riprovare le emozioni semplici e intense di allora, oggi che
non ci si stupisce più di niente, dove tutto è dato pe scontato e
dove, quando si parla di estate, si blatera solo di vacanze al mare o
ai monti! Mari e monti nei quali la natura entra sempre di meno,
cedendo il passo a programmi nei quali fa la sua comparsa solo come
effimera cornice.
Il mio sguardo si perde ancora nella
campagna e guardo la valle e il grano che si muove dolcemente, come
allora smosso dal vento caldo che siinsinua tra spiga e spiga e per
un attimo, un attimo solo, torno la ragazzina di quel giorno, che
andava sorridendo fiduciosa incontro all'estate della sua vita.
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