giovedì 8 dicembre 2016

La Donna


Sono andata a votare con la febbre addosso, sentendo che aumentava a ogni passo che facevo. Ma niente e nessuno mi avrebbero impedito di andarci e  non perché c'era questa lotta all'ultimo sangue tra il no e il sì sulla Costituzione, ma perché andare a votare, per me, prima che un diritto, prima che un dovere, è una forma di rispetto per tutti coloro che ci hanno permesso di poter esprimere il nostro pensiero. Poi, tornata a casa, mi sono spaparazzata sul divano, dove sono ancora dopo ben cinque. E da lì, comodamente sdraiata, ho sentito tutto ciò che sta accadendo in Italia. Siamo nel Caos, ma mi sembra che ci siamo abituati non è vero? Può capitare che uno perda, e che decida di andarsene per rimuginare sulla sua sconfitta. Può capitare anche che l'Italia, fragile stivale, stremato dai terremoti, dalla crisi finanziaria, dalla lunga ombra delle banche, dalle diatribe fintopolitiche, diventi ancora più accartocciato, uno di quei stivali elasticizzati che andavano di moda tanti anni fa, che se li tiravi su per bene erano belli, altrimenti di uno schifo mostruoso. Ecco sì...può capitare questo e il ritorno delle cassandre che predicono catastrofi a scelta, volando sui plumbei cieli della tempesta non ancora sedata e può capitare ancora di più, la corsa, neanche nascosta degli alti papaveri a cercare di salvarsi la faccia e anche qualcosa di più, se è vero o no che sulla poltrona ci si sta a sedere. Può capitare anche che ritorni fuori la frase di Brenno "Vae Victis", a dimostrazione che il mondo evolve, la gente si raffina, ma per chi perde, oggi come ieri, non c'è pietà.
Insomma nel mio divano di dolore, tra uno starnuto e qualche visione strana, giustifiata dalla febbre a quaranta, ho visto passare l'Italia intera, mentre io, nel mio stato confusionale, mi sentivo ben al di sopra di queste miserie umane, pensando che un piccolo microbo, di cui non conosco il nome, faceva di me ciò che voleva. Ero lì, al di sopra delle ideologie,e guardavo scorrere davanti ai miei occhi un film, che potrei paragonare a un don Camilo dei tempi moderni, per essere buoni, o a uno sgualcito teatro di marionette, per essere giusti. In certi momenti, anche divertente.  Poi, in questa lotta di corvi, che sanno sempre e solo fare il loro monotono cra-cra, e riempirsi i loro lunghi becchi senza dare più niente a noi, popol bruto, (e chi conosce Ifigonia, vada a farsi una rifrescatina, chi non la conosce, la legga, almeno farà una sana risata, senza un minimo di ipocrisia),improvvisamente è apparsa una colomba. Si è manifestata così, silenziosa, in piedi con un maglioncino bianco e un paio di pantaloni neri, ma in quella semplicità, in quel momento batteva il cuore di una regina. E' vero che avevo la febbre alta, ma mica a tal punto da non capire di stare assistendo a una forma di altissima dignità e di coraggio, che l'ha resa bellissima ai miei occhi, ma credo anche a quelli di tutti gli italiani. In quella donna ho visto il simbolo dell'Italia, che nonostante le umiliazioni che ha subito, i dolori che ha provato, ha saputo essere presente, confortante, pilastro saldo.
Forse è degli uomini, correre verso miraggi, cavalcare onde gigantesche, rompersi la testa contro gli scogli, che c'erano, ma non erano stati guardati; ma senz'altro è delle donne lenire, rialzare, aiutare, porgere la propria mano, restando semplicemente se stesse. E non di tutte le donne....

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