giovedì 3 novembre 2016

Mi ricordo.....

La prima volta che entrai nel suo....non so come chiamarlo, se negozio o laboratorio, avevo vent'anni. Per me, quegli anni erano anni speciali, momenti magici in cui avevo potuto dare sfogo alla mia passione per la pittura e facevo mostre su mostre. I miei quadri venivano venduti e io tornavo a casa soddisfatta di me stessa. Finalmente potevo dire di stare facendo qualcosa di buono, e il fatto di essere così versatile nel dipingere, mi ripagava dell'amarezza di non essere potuta andare all'Università.....per motivi che non vale più la pena di dire, anche se non riesco a dimenticare. L'unico disappunto che avevo era quello che le cornici dei miei quadri erano tutte uguali, tutte dello stesso colore, tutte con lo stesso passepartout, neutro, ma nel mio paese non c'era un corniciaio e anche nei dintorni non ne avevo trovati, e allora avevo risolto andando di tanto in tanto in città per prendere uno stock di cornici di varie misure, ma sempre tutte terribilmente anonime. Fu il mio babbo, che mi seguiva con entusiasmo e con consigli preziosi, che un giorno mi disse di andare da Bruno per vedere se riuscivo a farmi fare qualcosa da lui.
Appena entrai, ricordo che provai la sensazione di essere stata lì decine di volte, per quanto mi piacque quella stanza, con il grande bancone nel mezzo e mobili da aggiustare messi nei posti più disparati, C'era odore di legno, di solventi, di vernici, profumi ai quali ero abituata ad usare nelle mie tele. Mi sentii immediatamente a mio agio e sorrisi all'uomo che mi stava sorridendo di rimando dall'altra parte del bancone. Indossava uno spolverino azzurro e da quel giorno, e di anni ne sono passati, non ricodo di aver mai visto Bruno senza la sua casacca da lavoro. Da allora, tutte le cornici dei miei quadri me le fece lui. Ricordo le prime, fatte con mezzi di fortuna e tanto impegno, del resto Bruno non  faceva di professione il corniciaio. Stava imparando con me e dopo un pò cominciò ad attrezzarsi e le sue cornici diventarono proprio belle. Ma la cosa che mi piaceva di più era andare a scegliere il legno con lui e poi abbinarci la tela del passepartout. Si parlava in quei momenti, io gli dicevo quello che volevo, cioè quello che la mia fantasia proiettava davanti ai miei occhi e lui realizzava i miei desideri, aggiungendoci del suo, consigliandomi, facendomi tornare sui miei passi, quando secondo lui, andavo troppo in là. Dalle cornici passare ai mobili il passo fu breve e naturale. Lui aveva imparato a conoscermi, aveva capito che non mi interessavano i mobili belli, ricchi, decorati, ma amavo le cose semplici e che mi parlassero di vita vissuta, per cui diverse volte andavamo in uno scantinato pieno di mobili vecchi, rotti, pieni di muffa e quando io mi fermave gli dicevo: "Vorrei questo! Ma verrà bene? Sinceramente per come è conciato qualche dubbio ce l'ho!" perché mi aveva trasmesso qualche sensazione, quelle sensazioni strane che io provo così spesso davanti alle cose vecchie che mi parlano di vita, di gente che ne ha goduto prima di me. Lui non era di tante parole, ma guardava attentamente la mia scelta, poi annuiva e quando cominciava a lavorarci, dopo una settimana il lavoro era sempre fatto e io ammutolivo, perché mi sembrava di assistere ogni volta a un miracolo nuovo, e lo dico anche ora, guardando la mia bellissima libreria, che è proprio qui accanto a me. Anno dopo anno, era diventato naturale fermarmi un attimo nel suo negozio, nel quale ora c'erano tanti altri pittori, anche molto più bravi di me, che facevano fare le cornici alle loro tele. Spesso capitava anche la sua bella famiglia, e infatti Bruno forse non era ricco di denaro, ma senz'altro ricco di figli e di amore....si vedeva nell'espressione con cui li guardava sia i figli che la moglie.
Per me passare davanti al suo negozio, che in tanti anni è rimasto sempre lo stesso, era una specie di sicurezza, mi faceva sentire a casa. La stessa sensazione che provo quando entro nell'unica libreria del  mio paese, un posto rimasto immutato negli anni, in cui i libri sembra che escano da tutte le parti in allegra confusione, ma non la cambierei con nessun altra libreria. 
Poi Bruno un giorno se ne è andato e il suo negozio è chiuso e vuoto e prima o poi senz'altro ci sarà qualche altra attività, ma io ogni volta che passo  davanti a quella porta, penso agli anni passati, alla gioia che provavo ogni volta che uscivo con un quadro incorniciato sotto il braccio, penso ai miei sogni di allora e penso a quell'uomo schivo, mite, di poche parole, che, anche se non l'ha mai neanche immaginato, era ed è una delle figure che caratterizzano il mio paese. Lui, insieme al calzolaio che è per la discesa di piazza, e al libraio che è ancora più giù,  fanno parte della nostra realtà paesana, un dipinto in un quadro di autore, firmato 'mi ricordo'. Sembrerà strano, ma vi siete mai accorti che non occorre essere ricchi, celebri, famosi, per essere ricordati? Molte volte invece sono proprio le persone che fanno il loro lavoro con semplicità e costanza, restando fedeli a se stessi, e vivono la loro vita credendo di passare inosservati, ad essere ricordate maggiormente. fino a dare un'impronta al luogo in cui vivono, e a lasciare un senso di vuoto, quando non ci sono più. Ma se è vero che una persona continua a vivere finché ci sarà qualcuno che parla di lei, io credo che Bruno vivrà ancora tanti e tanti anni per le vie del suo paese.

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