domenica 24 gennaio 2016

Perdonare non è come prendere un caffè


 Passeggiando di domenica mattina, possono accadere strane cose. Sarà perché oggi era una giornata magnifica, piena di sole e di luce, una di quelle mattine rare, che quando abbiamo la fortuna di incontrare è bene godersele; sarà perché da qualche giorno sono più portata a fare riflessioni serie; sarà perché doveva essere così e in nessun altro modo, fatto sta che mi sono ritrovata a passare nuovamente davanti alla cattedrale e la porta santa mi ha nuovamente attratto, per cui senza opporre la minima resistenza, sono entrata e mi sono messa in un angolino in silenzio, come faccio sempre. Sono rimasta lì per dieci minuti e sono nuovamente uscita.
Ed è stato allora che un pensiero mi ha attraversato la mente, proprio nella maniera in cui il vento leggero attraversava il cielo.
"Ma io, che voglio e chiedo misericordia e perdono a Dio, e penso che me li debba dare poiché è un buon padre, con che coraggio vado a chiedere di perdonare i miei peccati, se poi io non riesco a perdonare niente, di fare un'opera di misericordia se non farlocca?" A che mi serve venire qui a domandare perdono se poi non sono capace di ridare perdono?" E con questo pensiero mi sono incamminata per la strada che mi ripotava a casa, attraverso i cipressi e gli sterpi dell'inverno, che tra qualche mese torneranno a essere piante rigogliose. E non senza moti di ribellione. "Facile a dirsi eh! Ma perdonare mica è come andare a prendere un caffè al bar e se non è buono , te lo fai rifare. Perdonare vuol dire rinunciare a farselo rifare quel caffè e magari pagare anche quello schifoso che ti sei bevuto!" Ma le mie ribellioni erano solo fuffa, quei piccoli bioccoletti che si formano sulla stoffa e sulla lana e che sono così brutti e che cerchiamo sempre di togliere. Io non avevo bisogno neanche di fare questo, perché capivo che le mie difese erano altrettante idiozie. Ma come era difficile. Perché il perdono deve essere così faticoso? Forse perché sembra di rinunciare a se stessi? Eh! mi sa di sì! E mentre pensavo capivo che stavo cercando di mettere a mia volta la fuffa sulla verità e che il perdono, questa famosa misericordia che non è solo una parola, ma qualcosa di attivo che deve mettere in movimento il nostro essere e il nostro sentire era principalmente una cura per noi stessi, prima che per coloro ai quali era rivolta. Una cura per la nostra pace, per la nostra libertà. Libertà! Questa parola che ritorna sempre nei mie discorsi e più che altro nei miei pensieri e che mi sfugge sempre, come qualcosa che non riesco mai a capire appieno. Avere il cuore libero,  o forse la mente libera, ma non voglio stare a sindacare se il bene e il male siano prerogativa del cuore o della mente,  perché non vedevo né l'uno né l'altro davanti a me, mentre pensavo a queste cose, ma solo l'uomo nella sua interezza, solo me stessa come mondo che posso costruire in un modo o nell'altro, a seconda di dove mi voglio dirigere. Libertà, altro concetto di felicità! Perdonare, avere misericordia dunque è felicità! E mentre camminavo a passo spedito per andare a impastate il mio pane della domenica mi tornavano in mente in maniera discontinua ma sempre più intensamente le parole di quella parabola....


21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».
19 1 Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.

Che volete, qualche volta sono anche questa persona, non spesso, non nel migliore dei modi, ma insomma riesco anche a pensare per cercare di migliorarmi! Ma che bella trovata quella di Francesco di aprire le Porte Sante anche nei nostri habitat. Così vicine a noi, al nostro vissuto, ai nostri disagi e ai nostri bisogni! Questa è davvero una Porta che funziona bene, diciamolo via! Quasi una porta che si apre su uno spazio temporale del nostro essere, dove non è possibile trovare scuse con se stessi e dove tutto appare così semplice, così facile, così ovvio che basta volerlo.....E volere è la cosa più difficile! Più difficile che fare il pane, che stavolta non mi è venuto neanche tanto bene. E menomale che c'è questa Porta che è aperta per tutti, ma proprio per tutti, specialmente ora che sembra vogliano chiudere anche la porta delle frontiere. Schengen docet alla faccia......




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