domenica 17 gennaio 2016

Il Grande Fornaio

Stamani mi sono alzata presto per fare il pane. Mi è sempre piaciuto il profumo del pane fatto in casa, ma stamani e tutta un'altra cosa, me ne sto accorgendo, perché il semplice impastare evoca gesti e pensieri di sacralità, non cercata, non voluta, ma giunta così, dai recessi dei tempi in cui l'uomo cominciò a impastare quell'elemento vivo che è il lievito madre. L'hanno definito 'eterno' e già quattordici giorni fa, quando ho cominciato a mischiare un cucchiaino di miele con un pò d'acqua e un pò di farina, mi sono resa conto che impastavo la vita.
Ierisera, prima di andare a letto, ho 'rinfrescato ' il mio lievito madre, con acqua e farina e l'ho lasciato a lievitare tutta la notte. Stamani era turgido pieno di fermento, pronto da usare. Ho cominciato il mio lavoro e lì, nel silenzio della casa, che ancora dormiva tutta, mentre lavoravo, pensavo e quella parola 'eterno', che avevo letto mentre cercavo il modo di fare il mio lievito, mi tornava in mente e mi richiamava per causa di forza maggiore alla 'Creazione' e mi sono ritrovata a pensare a Dio che prepara il suo lievito madre, con il quale poi darà vita, sapore, profumo, aggiungendo altri ingredienti, a tutto ciò che vediamo intorno a noi e sopra e sotto di noi. Mi è venuto da sorridere, perché mi sono ritrovata a umanizzare Dio e ho provato a vederlo in veste di fornaio,  intento a preparare  quel lievito che poi avrebbe dovuto far scoccare la scintilla del 'Fiat Lux'. Un pò di fantasia non guasta alle sei di una domenica mattina! E così, seguendo questo pensiero, mi è venuto naturale pensare che se il lievito madre è denominato 'eterno', è solo perché va curato ogni giorno, seguito, aiutato nella sua crescita. Se si abbandona a se stesso, dopo un breve periodo, il lievito muore. E allora mi sono detta che Dio deve avere un gran daffare per curare, rinfrescare, aiutare ogni giorno il suo lievito a rimanere vivo, se vuole che tutto ciò che ha fatto continui ad esistere e mi sono ritrovata a capire  questo Dio sconosciuto che ogni mattina prende il suo lievito, lo guarda, se lo rigira tra le mani e poi aggiunge acqua e un pò di farina per dargli nuova forza, prima di rimetterlo nel suo posto dove resterà per tutto un giorno. E ho provato tenerezza per questo Dio, perché queste cose si possono fare solo con la curiosità del ricercatore che vuole capire e l'amore del padre che vuole sfamare i suoi figli. Perché sono queste le sensazioni che ho provato e sto provando io, mentre continuo nella lunga opera di fare un buon pane. Chissà se i fornai, quando vanno alle quattro di notte nel loro laboratorio per cominciare il rituale della panificazione, fanno le stesse riflessioni che sto facendo io? Non so ancora se il mio pane verrà buono, e sono sicura per esperienza che è molto più semplice farlo con un cubetto di lievito di birra, ma so anche che in un angolino vicino alla farina, è rimasta una parte di lievito madre che aspetta cure e attenzioni da me, proprio nella stessa maniera in cui noi le aspettiamo da Dio.

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