giovedì 21 gennaio 2016

A me mi...

"A me mi" non si dice. Lo so, ma lo dico lo stesso perché rende di più l'idea. "A me mi", ti riempie la bocca mentre dici qualcosa, è un rafforzativo, è un qualcosa che fa capire che la cosa che andrai a dire, per te è proprio importante. E così io dico che a me mi piace scrivere. Ma tanto anche! Però non sono un'ingenua e neanche un'illusa e so benissimo che quello che scrivo lo scrivo per me e basta, anche se poi spudoratamente lo mando a una Casa Editrice. Perché lo faccio? La risposta è così semplice e banale che quasi quasi non sembra neanche una risposta. 
Io scrivo perché mi piace raccontarmi e raccontare, perché l'ho fatto fin da quando ero bambina che cambiavo la fine dei riassunti che la maestra mi dava a fare, se questi avevano una fine triste o che non mi piaceva affatto. Ricordo di quando scrissi di un uccellino, che lasciato senza cure da quel bastardo di bambino che doveva accudirlo, morì dentro la gabbietta. Ebbene quando arrivai alla fine proprio non ebbi cuore di far morire quel povero pennuto e così scrissi che il bambino aprì la gabbia e l'uccellino volò felice nel cielo, tra le nuvole. La maestra  invece di lodarmi per la sensibilità che dimostravo, ritenne più opportuno scrivere ai miei genitori che la loro figlia aveva davvero troppa fantasia e che forse era il caso di correggermi. Fortuna volle che avessi un babbo che di fantasia ne aveva anche più di me, per cui non ebbi neanche una ramanzina, ma non mi sono mai dimenticata né del brutto voto che presi, nè della voglia che ebbi fin da allora di infilare un dito in un occhio alla maestra , e in seguito a tutte le persone che non mi andavano a genio. Sì, ma perché mi piace raccontarmi? Semplice, perché quando mi racconto, mentre scrivo, dentro la mia testa si forma la mia immagine a colori nelle varie tappe della mia vita, e questa immagine si muove, ride, piange, fa gli sberleffi, si commuove,  per cui anche se ora ho la mia veneranda età, in certi momenti sono proprio una quindicenne, o una trentenne, o una bambina piccolissima o, meraviglia delle meraviglie, una persona di novant'anni, età che forse non toccherò mai, ma che ho la facoltà di vivere dentro me stessa. Insomma è come se andassi a teatro dove  io recito in prima persona, ma intorno a me ci sono tutte le persone che mi hanno accompagnato nell'arco fatto dai miei anni, nel quale io sono la corda tesa che fa scoccare la freccia. Dove andrà a colpire la freccia domani? E chi lo sa! Ma quello che so è che ovunque andrà lo scriverò.
Per me scrivere vuol dire non ritrovarmi a rispondere come ho sentito dire da una persona tra l'altro molto più giovane di me e molto cara, di stare aspettando che  il tempo passi e se ne vada. E che passi col vuoto che scorre davanti agli occhi, che non vogliono vedere più niente! Ieri, qando ho sentito queste parole mi sono sentita scorrere un lungo brivido lungo la schiena e ho desiderato comunicare a chi mi stava difronte con lo sguardo assente, che basta poco per vivere, per riempire una giornata, per sentire che stai ancora bene con te stesso....ma non ci sono riuscita. E per tutto il giorno sono stata a domandarmi in che modo avrei potuto aiutarla e alla fine ho pensato che lo farò con l'unico mezzo che ho. Le scriverò, scriverò a lei e di lei, la farò tornare col pensiero alle cose belle che anche lei ha vissuto, e anche a quelle meno belle, perché no! Non è fatta forse di entrambe le cose la vita? E la costringerò a pensare, ad arrabbiarsi, a ridere, a mandarmi al diavolo se serve, ma lo farò.
E per finire non è lecito porsi la fatidica domanda: " Ma se sai che scrivi abbastanza bene, ma non sei certo all'altezza di essere presa in considerazione da un Editore, perché mandi i tuoi manoscritti?".
Anche qui la risposta è molto semplice e banale: "Ma per sognare no? Che altro?" Io con i soldi che con la fantasia avrò dal mio editore farò un sacco di cose belle. In poche parole li ho già spesi tutti.

Nessun commento:

Posta un commento