lunedì 29 febbraio 2016

Un vestito per Orso

Certo non avrei mai pensato di passare il pomeriggio della domenica a fare la 'sarta'! E che sarta poi! So a malapena tenere un ago in mano, e lo uso giusto per fare un orlo, attaccare i bottoni o cambiare una cerniera ai Jeans, senza essere mai riuscita a spiegarmi perché a opera finita, è sempre storta. Ma non mi sarei mai sognata di dire di no alla mia nipotina che mi ha chiesto di fare un vestitino a 'Orso', il suo peluche più caro.
 Quello che però mi manca in abilità sartoriale, l'ho messo tutto nella fantasia e, visto, che la piccola mi aveva stupito mandandomi persino il modello, con il disegno che ci voleva, mi sono ingegnata a fare un abitino con tutto ciò che avevo in casa, e che mi desse la possibilità di riprodurre il prato con il fiore, la farfalle e il cielo con il bel sole splendente. Ho dovuto subito desistere da usare i colori, perché non avevo quelli da stoffa, ma da subito  ho cominciato a pensare a cosa avrei potuto inventarmi per far contenta la mia nipotina.
 Non l'avrei mai pensato, ma ho passato un tardo pomeriggio piacevolissimo, e non solo il pomeriggio, perché via via che il lavoro nasceva, nascevano anche nuove idee e le mie mani si sono mosse  velocemente tra aghi e fili e uncinetti e cotone. Per non parlare dei nastrini di raso, che sono sbucati fuori magicamente da un cestino dove erano stati riposti, piccoli avanzi di altrettante incursioni nel mondo impossibile della fantasia, dove tutto si anima e prende vita. Così è stato per me e il prato fatto con un nastro verde a strati, alla fine è diventata erba, e quando ho terminato la farfalla, ho pensato che cominciasse a volare intorno a quel fiore, nato bianco e impreziosito con perline colorate. Che strano mondo è quello dei bambini e delle nonne, che si incontrano a mezza strada in un prato immaginario, scaldato dai raggi di un sole fatto all'uncinetto! Poi magari il vestito non andrà bene, le misure forse non torneranno, ma mentre guardavo il mio lavoro terminato, non ho potuto fare a meno di compiacermi con me stessa. E' piaciuto anche a mia figlia, il che è tutto dire. E qui finisce la parte ludica, che però mi è piaciuta tanto, e comincia quella della riflessione, perché anche un lavoretto così semplice come può essere un vestitino fatto a un orsetto (ma è maschio o femmina le ho chiesto a un certo punto, e quando lei mi ha detto che era femmina, sono stata contenta, perché c'era da sbizzarrirsi di più) alla fine induce alla riflessione. 
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Quella che ho fatto io a lavoro finito è stata del tutto sorprendentemente positiva. Per qualche ora, sono stata completamente fuori dalla quotidianità della vita, persa in un mondo onirico, che mi ha fatto dimenticare tutte le preoccupazioni, tutti i malesseri che ci piombano addosso da questo modo di vivere dei nostri tempi...tutto. Tutto se ne è andato ed è rimasto solo un tavolo pieno di colore, tutto arruffato, di aghi, di filo, di mani che punto dopo punto facevano non solo un vestito ma una trama di unione con la mia nipotina lontana e dentro di me sentivo nascere la leggerezza, quella famosa leggerezza che non è felicità, che è qualcosa di diverso, che però da tanta serenità e fa capire che la vita semplice esiste ancora, anche se noi l'abbiamo nascosta dietro pesanti tendaggi. Basta scostarli e lei è là, pronta a dare il meglio di sé, semplicemente entrando  in un ago e qualche gugliata di filo.
E' un bel modo di meditare, cucire vestitini a bambole e pupazzi, mentre il brusio della televisione che non guardi neanche più, si perde in lontananza e fa inequivocabilmente capire che basta poco per poterla sostituire, basta avere solo qualcosa tra le mani e qualcosa in testa, per dare forma a un'idea, anche piccola, anche minima....ma mia.

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