E' Natale....mi viene quasi da dire è Natale anche quest'anno, e lo dico con un certo stupore, perché è un Natale così diverso, così unico nel suo genere, così informale, così minimo, rispetto agli standard dei Natali passati, se torno indietro con la memoria da ora fino a quando ero bambina. E di strada ormai ne devo fare non poca.....questo infatti è il mio settantesimo Natale.Mi concedo quattro anni di smemorata beatitudine, ma poi i ricordi cominciano e sono tanti, netti, così tangibili, che mi pare ancora di poter toccare con le mani le calde pantofoline scozzesi che spiccavano sui regali di allora, di quando avevo quattro anni. Da allora il Natale si è evoluto, si è arricchito, si è dilatato, si è snaturato fino a diventare una delle più effimere feste, dove tutto è luccichio, a discapito di quella luce che ogni uomo dovrebbe cercare e trovare dentro se stesso, al di là che sia credente o semplicemente pensante.
E' strano accorgersi di come il Natale abbia cavalcato la scia di una cometa illusoria, che si è nutrita della nebulosa del boom economico fino a diventare gigantesca e apparentemente indistruttibile, per poi invece contrarsi in spasmi che l'hanno portata in una crisi che sembra senza soluzioni. Il Natale consumistico, alla fine è diventato ipocritamente quello della salvaguardia dell'ambiente, delle tasse senza paternità, delle attività che chiudono le serrande.
Ma Natale non è né questa, né l'altra cosa. Quello che non sappiamo ancora capire è che cosa sia veramente. Certamente non il disprezzo che viene ostentato da molti, e altrettanto certamente neanche le parole sulluccherose che ci vengono dette dagli altari troppo imbanditi di cose e parole che distolgono la visione, che se ancora non è diretta a Dio, tantomeno lo è verso l'uomo e la sua fragilità, che oggi è una nuova fragilità.
Non ho scelto io di vivere il mio Natale nella maniera in cui l'ho vissuto oggi.
Già nei giorni precedenti però mi ero accorta che sarebbe stato un Natale diverso. Gli altri facessero il Natale che volevano io avrei vissuto il mio che mi portava su una via sulla quale sapevo avrei ritrovato la mia dimensione, il mio vissuto, le regole che mi erano state date e quelle che avevo dato io.Quello che in definitiva volevo per ritrovare me stessa e capire chi ero. E così improvvisamente tutto è stato più semplice, mentre preparavo i cappelletti che non vengono mangiati più da nessuno, ma che la mia mamma preparava ad ogni Natale. Come è stato semplice ritrovare i miei figli e mio padre mentre impastavo la torta di castagne e con la mente riandavo ai tempi indietro, prima col mio babbo che aiutava sempre nei preliminari della preparazione, e poi con i miei ragazzi che si davano da fare per mescolare e assaggiare, e mescolare e assaggiare nuovamente, finché interveniva la nonna, la cuoca, che decideva che almeno un pò di torta a cuocere nel forno ce la voleva mettere. Quei profumi ritrovati, si sono diffusi nell'aria per giorni, insieme all'odore inconfondibile delle candele, che riportavano il pensiero ad altre candeline accese nell'albero. E quelle candeline accendevano anche il cuore, che si preparava a un giorno diverso da tutti gli altri. E così, in silenzio, giorno dopo giorno, da quando ho tirato fuori il calendario dell'Avvento, ho riavuto quel Natale, senza volerlo, senza cercarlo. E' lui che ha cercato me e gliene sono grata. Oggi, questa giornata tranquilla, così uguale a tutte le altre, eppure così diversa è stata vissuta in nome dei miei,di quello che mi hanno dato, del tempo che ho passato con loro, di quello che ancora ci passerò, di quel poco che io riesco ancora a dare a tutti loro, di quelli che sono qui con me, di quelli, che sono oltre oceano, di quelli che non ci sono più, ma che in questi giorni sono stati qui, presenti come allora, con noi, anche se solo io lo sapevo.
Che dire di più se non grazie?
mercoledì 25 dicembre 2019
mercoledì 11 settembre 2019
World Trade Center
lunedì 2 settembre 2019
La filosofia delle tagliatelle
La mia mamma, mi ha sempre detto che per fare un buon piatto di tagliatelle, occorrono tre elementi indispensabili: un buon condimento, una bella grattugiata di Parmigiano, e le tagliatelle fatte a mano....
Di questi tre elementi, secondo lei la cosa più importante sono sempre state le tagliatelle, cioè la pasta fatta con farina, uova e un pizzico di sale.
Maaa......appresa questa cosa, confesso di essere stata presuntuosa perché è stato facile pensare che una volta messi sulla spianatoia questi ingredienti, basti amalgamare il tutto e zac.....il gioco è fatto!!
Mica vero!
Fare le tagliatelle è un'arte che non scaturisce dall'improvvisazione e dall'accrocco degli ingredienti. Mi spiego.
Io, per esempio, le prime volte che mi cimentai nella preparazione delle tagliatelle, dopo che mia madre mi ebbe detto che cosa dovevo fare, la guardai, alzai le spalle e dissi: "E che ci vuole?". Lei mi guardò e non disse niente. Mia madre era una donna semplice, ma la sapeva lunga......e così capii immediatamente che mi conveniva fare tesoro della sua lunga esperienza. Infatti, non appena ebbi visto il risultato, invece di ostentare piacere per lo schifo che stavo mangiando, frutto del mio frettoloso lavoro, ammisi con me stessa che forse avrei fatto bene a ritornare sopra la mia presunzione, shiacciarla sotto il calcagno e rimettermi a pensare a quello che faceva mia madre ogni volta che preparava un piatto di tagliatelle. E così facendo, nel tempo ho capito tante cose, prima tra tutte che non basta avere gli ingredienti, ma che questi vanno saputi dosare, ben impastare in modo che l'uovo non sia più uovo e la farina non sia più farina, ma che la cosa che nasce tra le mie mani stia diventando qualcosa che ha un nome diverso. A questo punto posso partire per fare di quel panetto che mi ritrovo tra le mani una sfoglia, che per essere buona deve essere liscia, consistente ed elastica. Per fare questo devo metterci la mia fatica e col mattarello dare la forma e lo spessore che deve essere proprio quello giusto per fare delle tagliatelle che quando le mangi, ne afferri la bontà.
Il pizzico del sale è indispensabile, è quel qualcosa in più, che sentirai in una buona tagliatella ben impastata, ben spianata e ben tagliata.
La cosa più importante da capire però è che il condimento e il parmigiano, anche se servono ad esaltare la bontà della pasta, non sono quelli che la fanno buona. Ciascuno ci può mettere del suo per condire un piatto di tagliatelle, e ben venga, perché se queste saranno fatte con arte, con fatica e con amore, saranno buone con qualsiasi cosa.
Che dire di più se non che anche le tagliatelle possono essere una filosofia spicciola della vita?
Se al posto delle uova e della farina mettiamo altri ingredienti per esempio, che hanno nomi diversi, e in questo momento molto attuali, il discorso non può andare bene anche per loro?
A questo punto qualcuno potrebbe dirmi;"Ma delle uova e della farina che ce ne facciamo?"
A me è già venuto in mente....Provate a pensarci anche voi.
Di questi tre elementi, secondo lei la cosa più importante sono sempre state le tagliatelle, cioè la pasta fatta con farina, uova e un pizzico di sale.
Maaa......appresa questa cosa, confesso di essere stata presuntuosa perché è stato facile pensare che una volta messi sulla spianatoia questi ingredienti, basti amalgamare il tutto e zac.....il gioco è fatto!!
Mica vero!
Fare le tagliatelle è un'arte che non scaturisce dall'improvvisazione e dall'accrocco degli ingredienti. Mi spiego.
Io, per esempio, le prime volte che mi cimentai nella preparazione delle tagliatelle, dopo che mia madre mi ebbe detto che cosa dovevo fare, la guardai, alzai le spalle e dissi: "E che ci vuole?". Lei mi guardò e non disse niente. Mia madre era una donna semplice, ma la sapeva lunga......e così capii immediatamente che mi conveniva fare tesoro della sua lunga esperienza. Infatti, non appena ebbi visto il risultato, invece di ostentare piacere per lo schifo che stavo mangiando, frutto del mio frettoloso lavoro, ammisi con me stessa che forse avrei fatto bene a ritornare sopra la mia presunzione, shiacciarla sotto il calcagno e rimettermi a pensare a quello che faceva mia madre ogni volta che preparava un piatto di tagliatelle. E così facendo, nel tempo ho capito tante cose, prima tra tutte che non basta avere gli ingredienti, ma che questi vanno saputi dosare, ben impastare in modo che l'uovo non sia più uovo e la farina non sia più farina, ma che la cosa che nasce tra le mie mani stia diventando qualcosa che ha un nome diverso. A questo punto posso partire per fare di quel panetto che mi ritrovo tra le mani una sfoglia, che per essere buona deve essere liscia, consistente ed elastica. Per fare questo devo metterci la mia fatica e col mattarello dare la forma e lo spessore che deve essere proprio quello giusto per fare delle tagliatelle che quando le mangi, ne afferri la bontà.
Il pizzico del sale è indispensabile, è quel qualcosa in più, che sentirai in una buona tagliatella ben impastata, ben spianata e ben tagliata.
La cosa più importante da capire però è che il condimento e il parmigiano, anche se servono ad esaltare la bontà della pasta, non sono quelli che la fanno buona. Ciascuno ci può mettere del suo per condire un piatto di tagliatelle, e ben venga, perché se queste saranno fatte con arte, con fatica e con amore, saranno buone con qualsiasi cosa.
Che dire di più se non che anche le tagliatelle possono essere una filosofia spicciola della vita?
Se al posto delle uova e della farina mettiamo altri ingredienti per esempio, che hanno nomi diversi, e in questo momento molto attuali, il discorso non può andare bene anche per loro?
A questo punto qualcuno potrebbe dirmi;"Ma delle uova e della farina che ce ne facciamo?"
A me è già venuto in mente....Provate a pensarci anche voi.
giovedì 15 agosto 2019
Un flash
Quando il 15 agosto per me era bello semplicemente a nominarlo! E non sta qui dire il perché, mi contento solo di ripensare a lui come a un giorno speciale nella mia vita e non per una volta sola, ma per ben tre.
Per me era una festa nella festa. Non più solo ferragosto, non più solo festa dell'Assunta, ma festa mia, tutta mia, proprio mia.
E con un sorriso il pensiero si colora per un attimo della gioia di allora, semplice, pulita, scevra da ogni sentimento che non fosse gratitudine, per quelle manine che si agitavano verso di me dalla culla che ha accolto per tre volte un bambino nuovo, i miei bambini, che proprio il quindici agosto venivano battezzati, a quattro anni di distanza l'uno dall'altro. Gratitudine non so bene neanche io verso chi o che cosa.....forse a quel senso di appartenenza al creato, che allora in me era così vivo, così tangibile, così scevro di domande. Dire grazie mi bastava. So che l'aria intorno era piena di quella gratitudine che nasceva da me e si mischiava ai profumi dell'estate del solleone. Sono giorni quelli, turgidi di calore, di colore, e l'apice è proprio il 15 di agosto e io lo vivevo con tutta me stessa e forse è per questo che anche negli anni a venire questo giorno è rimasto sempre impresso nel mio cuore, come qualcosa di uno e trino, gelosamente chiuso in uno scrigno, che si riapre ogni anno in questo giorno e anche oggi mi fa dire che la vita è proprio bella.
Un flash! Solo un flash, o forse un raggio di sole che improvvisamente si riaccende anticipando l'alba di questo 15 di agosto, mentre scrivo, seduta al mio tavolino, con la compagnia dei miei ricordi e quella di un grillo che canta attraverso la finestra spalancata sul calore di quest'estate.
Buon ferragosto!
Per me era una festa nella festa. Non più solo ferragosto, non più solo festa dell'Assunta, ma festa mia, tutta mia, proprio mia.
E con un sorriso il pensiero si colora per un attimo della gioia di allora, semplice, pulita, scevra da ogni sentimento che non fosse gratitudine, per quelle manine che si agitavano verso di me dalla culla che ha accolto per tre volte un bambino nuovo, i miei bambini, che proprio il quindici agosto venivano battezzati, a quattro anni di distanza l'uno dall'altro. Gratitudine non so bene neanche io verso chi o che cosa.....forse a quel senso di appartenenza al creato, che allora in me era così vivo, così tangibile, così scevro di domande. Dire grazie mi bastava. So che l'aria intorno era piena di quella gratitudine che nasceva da me e si mischiava ai profumi dell'estate del solleone. Sono giorni quelli, turgidi di calore, di colore, e l'apice è proprio il 15 di agosto e io lo vivevo con tutta me stessa e forse è per questo che anche negli anni a venire questo giorno è rimasto sempre impresso nel mio cuore, come qualcosa di uno e trino, gelosamente chiuso in uno scrigno, che si riapre ogni anno in questo giorno e anche oggi mi fa dire che la vita è proprio bella.
Un flash! Solo un flash, o forse un raggio di sole che improvvisamente si riaccende anticipando l'alba di questo 15 di agosto, mentre scrivo, seduta al mio tavolino, con la compagnia dei miei ricordi e quella di un grillo che canta attraverso la finestra spalancata sul calore di quest'estate.
Buon ferragosto!
lunedì 12 agosto 2019
senso più senso meno
Mi è sempre piaciuto parlare dei nostri sensi. E non solo dei cinque sensi che ci definiscono come animali, ma anche di quegli altri che comunque abbiamo, senza riuscire a definirli bene per farli aggiungere a pieno diritto a quelli che ormai ci incasellano nella scienza dei dogmi, un pò, per intendersi come è successo allo spazio tridimensionale, che è ingabbiato in questa definizione, anche se tutti ormai sappiamo che le dimensioni sono molte, ma molte di più e sfuggono alla nostra arroganza incasellatrice, per il semplice fatto che sfuggono al nostro comprendonio. Ma sì!Anche la scienza dopotutto ha i suoi dogmi, proprio come le religioni, ma questo è un argomento a parte che mi piacerebbe molto approfondire, ma non ora.
Ora si parla di sensi. Esistono, come ho appena detto i sensi certificati e tutti sappiamo quali sono, poi ci sono quelli figli di un dio minore e per questo tenuti in scarsa considerazione, senza neanche cercare di fermarci un attimo a rifletterci sopra, e capire che se i primi sono importanti, i secondi non lo sono di meno, perché l'uomo di oggi è il risultato dell'incontro, dello scontro e della fusione dei molteplici sensi che sono racchiusi tutti dentro la sua mente.
Chi non ha mai sentito parlare del senso dell'onore, del senso della giustizia, del senso del dovere,del buon senso, del senso del rispetto e dai dai dai..............? Tutta roba che diamo per scontato e che invece così non è, come del resto non lo è per la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto, l'udito.
E parlando sempre di sensi positivi, chi non ha mai sentito parlare del senso del pericolo, di quello della neve, del sesto senso e dai dai dai........?
Tutti questi sensi positivi aggiunti, sono un regalo all'uomo, un dono che non tutti possiedono in uguale misura, ma che fanno di lui l'essere unico e irripetibile che tutti decantano senza saper mai dare una giustificazione plausibile del suo perché.
Ma c'è il rovescio della medaglia, che rende una volta di più giustizia all'imperfezione dell'uomo.
Avete mai sentito parlare del senso del ridicolo, del senso del potere, del senso dell'onnipotenza,del senso dell'opportunismo, del senso del compromesso, del senso della prevaricazione, del senso del tornaconto e dai dai dai.....?Fortunatamente neanche questi sensi sono distribuiti in maniera uniforme e in uguale misura, e forse sarà colpa del caldo infernale (che parola appropriata!)di questi giorni, ma in questo momento questi sensi, proprio come gli angeli ribelli, stanno girando tutti intorno a noi, dentro di noi, e non so a voi, ma a me fanno venire in mente il teatro dei burattini, davanti al quale il pubblico di chi non ha in dotazione questi sensi si ritrova frastornato, allibito, spaventato, mentre sente finalmente nascere dentro di sé sempre più forte e vigoroso, un senso che pensava di non avere. Il senso dello schifo. E menomale! Chi avrebbe mai pensato che il senso dello schifo, questa parola che già di per sé parla di putridume, potrebbe invece diventare l'aiuto purificatore di un'aria diventata irrespirabile?
Forse per i più quello che ho scritto non ha senso, ma visto che si parla di sensi, aggiungo che c'è anche il senso del non senso ed è quello che prova l'uomo ogni volta che si trova a un bivio della sua vita, nel quale deve scegliere che cammino intraprendere e seguire.
Ora si parla di sensi. Esistono, come ho appena detto i sensi certificati e tutti sappiamo quali sono, poi ci sono quelli figli di un dio minore e per questo tenuti in scarsa considerazione, senza neanche cercare di fermarci un attimo a rifletterci sopra, e capire che se i primi sono importanti, i secondi non lo sono di meno, perché l'uomo di oggi è il risultato dell'incontro, dello scontro e della fusione dei molteplici sensi che sono racchiusi tutti dentro la sua mente.
Chi non ha mai sentito parlare del senso dell'onore, del senso della giustizia, del senso del dovere,del buon senso, del senso del rispetto e dai dai dai..............? Tutta roba che diamo per scontato e che invece così non è, come del resto non lo è per la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto, l'udito.
E parlando sempre di sensi positivi, chi non ha mai sentito parlare del senso del pericolo, di quello della neve, del sesto senso e dai dai dai........?
Tutti questi sensi positivi aggiunti, sono un regalo all'uomo, un dono che non tutti possiedono in uguale misura, ma che fanno di lui l'essere unico e irripetibile che tutti decantano senza saper mai dare una giustificazione plausibile del suo perché.
Ma c'è il rovescio della medaglia, che rende una volta di più giustizia all'imperfezione dell'uomo.
Avete mai sentito parlare del senso del ridicolo, del senso del potere, del senso dell'onnipotenza,del senso dell'opportunismo, del senso del compromesso, del senso della prevaricazione, del senso del tornaconto e dai dai dai.....?Fortunatamente neanche questi sensi sono distribuiti in maniera uniforme e in uguale misura, e forse sarà colpa del caldo infernale (che parola appropriata!)di questi giorni, ma in questo momento questi sensi, proprio come gli angeli ribelli, stanno girando tutti intorno a noi, dentro di noi, e non so a voi, ma a me fanno venire in mente il teatro dei burattini, davanti al quale il pubblico di chi non ha in dotazione questi sensi si ritrova frastornato, allibito, spaventato, mentre sente finalmente nascere dentro di sé sempre più forte e vigoroso, un senso che pensava di non avere. Il senso dello schifo. E menomale! Chi avrebbe mai pensato che il senso dello schifo, questa parola che già di per sé parla di putridume, potrebbe invece diventare l'aiuto purificatore di un'aria diventata irrespirabile?
Forse per i più quello che ho scritto non ha senso, ma visto che si parla di sensi, aggiungo che c'è anche il senso del non senso ed è quello che prova l'uomo ogni volta che si trova a un bivio della sua vita, nel quale deve scegliere che cammino intraprendere e seguire.
mercoledì 7 agosto 2019
Vi presento l'Autore
Ma...a che ora era l'appuntamento?
ho detto, guardandomi intorno e scoprendo con stupore che l'unica ad essere impaziente sono io. Io che non conto proprio un bel niente. Gli altri lentamente si sono riuniti in un cerchio intorno al grande tavolo centrale, dove sono appoggiati alcuni libri,...diversi libri per essere più precisi.
Cerco di richiamare la loro attenzione.
Ma signori! L'argomento che dovete trattare è di grande interesse e decisamente difficile. Ci vorrà diverso tempo per riuscire almeno a provare a venirne a capo, e quello che dovrebbe essere il più interessato, è in ritardo.....
Nessuno mi ascolta. Sembra che tutti siano molto presi da un'improvvisa conversazione che è nata tra di loro e che esula completamente dall'argomento che dovrà essere trattato.
Mi avvicino lentamente, cominciando a sentirmi anche un pò irritata. Se sapessero quanto tempo ho impegnato per riuscire a organizzare questo convegno, che sta già slittando di oltre venti minuti. I miei ospiti però non sembrano neanche accorgersene di questo tempo che passa, presi come sono ad approfondire un argomento, che mi rendo conto ora, per loro è molto più interessante di qualsiasi convegno. Mi accorgo solo ora che stanno parlando di libri.
Borges è di spalle, ma mentre avanzo verso di loro, lo vedo allargare le braccia e riesco ad afferrare queste parole:
“Mi sono sempre immaginato il paradiso come una specie di biblioteca”
" Proprio vero - interloquisce annuendo Jules Redard - Quando penso a tutti i libri che mi restano ancora da leggere, ho la certezza di essere ancora felice”.
"Parole giustissime - interviene Pasolini con uno dei suoi rari sorrisi - “Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”.
Sono talmente presi dalle loro parole, che non si accorgono nemmeno che mi sono unita a loro per richiamare la loro attenzione. E' come se io fossi un'ombra che disturba quella luce improvvisa che si è accesa negli occhi di tutti loro,......e così semplicemente mi ignorano-
"Sapete che vi dico? - Tiziano Terzani parla mentre sfoglia un libro tra le mani -
“Ho scoperto prestissimo che i migliori compagni di viaggio sono i libri: parlano quando si ha bisogno, tacciono quando si vuole silenzio. Fanno compagnia senza essere invadenti. Danno moltissimo, senza chiedere nulla."
"Hai proprio ragione - aggiunge Luigi Pirandello col suo accento che non ha perso la lieve calata siciliana -
“I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole”.
"Guarda....mi hai tolto le parole di bocca - ha aggiunto con foga Haruki Murakami - "Leggevo e rileggevo lo stesso libro molte volte, e a volte chiudevo gli occhi e mi riempivo i polmoni del suo odore. Il semplice annusare quel libro, scorrere le dita tra le pagine, per me era la felicità”.
" E sai perché? Te lo sei mai domandato? - E' solo perché “Non c’è nessun amico più leale di un libro” Hemingway ha inteso dire ciò molto semplicemente, ma tutti gli altri, nessuno escluso, hanno annuito in silenzio con convinzione.
Li guardo ad uno ad uno, mentre dentro di me comincia a farsi strada che il Convegno è già, non solo iniziato, ma sta evolvendo rapidamente in prospettive così semplici e lineari, che da sola non avrei mai potuto neanche lontanamente immaginare. A questo punto non mi interessa più che il mio Ospite sia in ritardo.
"Ma vi rendete conto che "È un viaggio per viandanti pazienti, un libro.”? Baricco è intervenuto con entusiasmo girando il suo sguardo su tutti.
A questo punto, presa dall'entusiasmo Marguerite Duras ha fatto un piccolo passo avanti e ha esclamato - “Leggere, leggere un libro – per me è questa l’esplorazione dell’universo.”.
“Ricordo che i libri erano come cibo per me quando non avevo cibo.” ha rincarato Bukowski con fervore.
"E la cosa più bella è accorgersi che “I libri migliori sono proprio quelli che dicono quel che già sappiamo.’ ha aggiunto George Orwell
"E più che altro che “Non ci sono libri morali o immorali. Ci sono libri scritti bene o scritti male.”ha detto lentamente Oscar Wilde......e forse voleva aggiungere altro, ma in quel momento l'Ospite è arrivato e mio malgrado sono stata costretta a interrompere quella conversazione che alla fine mi aveva presa totalmente e affascinata oltre ogni dire.....
Signori, vi prego di prendere posto, per poter dare inizio alla nostra riunione. Si dibatterà sul tema:
"Anche agli stessi numeri primi «sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque», senza tuttavia esserne capaci."
A voi Signori dare una risposta a questo quesito. Inizialmente pensavo che fosse molto difficile dare risposte, ma dopo avervi sentito dialogare, credo che la cosa sia più semplice del previsto.Mi è stato detto che il signor Wilde sarà il vostro portavoce, per cui affiderete a lui i vostri pensieri.
Signori, vi presento l'Autore.
ho detto, guardandomi intorno e scoprendo con stupore che l'unica ad essere impaziente sono io. Io che non conto proprio un bel niente. Gli altri lentamente si sono riuniti in un cerchio intorno al grande tavolo centrale, dove sono appoggiati alcuni libri,...diversi libri per essere più precisi.
Cerco di richiamare la loro attenzione.
Ma signori! L'argomento che dovete trattare è di grande interesse e decisamente difficile. Ci vorrà diverso tempo per riuscire almeno a provare a venirne a capo, e quello che dovrebbe essere il più interessato, è in ritardo.....
Nessuno mi ascolta. Sembra che tutti siano molto presi da un'improvvisa conversazione che è nata tra di loro e che esula completamente dall'argomento che dovrà essere trattato.
Mi avvicino lentamente, cominciando a sentirmi anche un pò irritata. Se sapessero quanto tempo ho impegnato per riuscire a organizzare questo convegno, che sta già slittando di oltre venti minuti. I miei ospiti però non sembrano neanche accorgersene di questo tempo che passa, presi come sono ad approfondire un argomento, che mi rendo conto ora, per loro è molto più interessante di qualsiasi convegno. Mi accorgo solo ora che stanno parlando di libri.
Borges è di spalle, ma mentre avanzo verso di loro, lo vedo allargare le braccia e riesco ad afferrare queste parole:
“Mi sono sempre immaginato il paradiso come una specie di biblioteca”
" Proprio vero - interloquisce annuendo Jules Redard - Quando penso a tutti i libri che mi restano ancora da leggere, ho la certezza di essere ancora felice”.
"Parole giustissime - interviene Pasolini con uno dei suoi rari sorrisi - “Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura”.
Sono talmente presi dalle loro parole, che non si accorgono nemmeno che mi sono unita a loro per richiamare la loro attenzione. E' come se io fossi un'ombra che disturba quella luce improvvisa che si è accesa negli occhi di tutti loro,......e così semplicemente mi ignorano-
"Sapete che vi dico? - Tiziano Terzani parla mentre sfoglia un libro tra le mani -
“Ho scoperto prestissimo che i migliori compagni di viaggio sono i libri: parlano quando si ha bisogno, tacciono quando si vuole silenzio. Fanno compagnia senza essere invadenti. Danno moltissimo, senza chiedere nulla."
"Hai proprio ragione - aggiunge Luigi Pirandello col suo accento che non ha perso la lieve calata siciliana -
“I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole”.
"Guarda....mi hai tolto le parole di bocca - ha aggiunto con foga Haruki Murakami - "Leggevo e rileggevo lo stesso libro molte volte, e a volte chiudevo gli occhi e mi riempivo i polmoni del suo odore. Il semplice annusare quel libro, scorrere le dita tra le pagine, per me era la felicità”.
" E sai perché? Te lo sei mai domandato? - E' solo perché “Non c’è nessun amico più leale di un libro” Hemingway ha inteso dire ciò molto semplicemente, ma tutti gli altri, nessuno escluso, hanno annuito in silenzio con convinzione.
Li guardo ad uno ad uno, mentre dentro di me comincia a farsi strada che il Convegno è già, non solo iniziato, ma sta evolvendo rapidamente in prospettive così semplici e lineari, che da sola non avrei mai potuto neanche lontanamente immaginare. A questo punto non mi interessa più che il mio Ospite sia in ritardo.
"Ma vi rendete conto che "È un viaggio per viandanti pazienti, un libro.”? Baricco è intervenuto con entusiasmo girando il suo sguardo su tutti.
A questo punto, presa dall'entusiasmo Marguerite Duras ha fatto un piccolo passo avanti e ha esclamato - “Leggere, leggere un libro – per me è questa l’esplorazione dell’universo.”.
“Ricordo che i libri erano come cibo per me quando non avevo cibo.” ha rincarato Bukowski con fervore.
"E la cosa più bella è accorgersi che “I libri migliori sono proprio quelli che dicono quel che già sappiamo.’ ha aggiunto George Orwell
"E più che altro che “Non ci sono libri morali o immorali. Ci sono libri scritti bene o scritti male.”ha detto lentamente Oscar Wilde......e forse voleva aggiungere altro, ma in quel momento l'Ospite è arrivato e mio malgrado sono stata costretta a interrompere quella conversazione che alla fine mi aveva presa totalmente e affascinata oltre ogni dire.....
Signori, vi prego di prendere posto, per poter dare inizio alla nostra riunione. Si dibatterà sul tema:
"Anche agli stessi numeri primi «sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque», senza tuttavia esserne capaci."
A voi Signori dare una risposta a questo quesito. Inizialmente pensavo che fosse molto difficile dare risposte, ma dopo avervi sentito dialogare, credo che la cosa sia più semplice del previsto.Mi è stato detto che il signor Wilde sarà il vostro portavoce, per cui affiderete a lui i vostri pensieri.
Signori, vi presento l'Autore.
mercoledì 10 luglio 2019
Quel giorno.
Ore 8. Entro in chiesa e mi dirigo dietro l'altare, in quello che viene chiamato 'Coro'. Lì è allestito un tavolino coperto dalla candida tovaglia e un messale. Oltre a me,ci sono altre tre persone. Tra poco avrà inizio la Messa. Ultimamente non sono una grande frequentatrice e non me ne faccio una colpa. Mi conosco bene e so che a momenti di assidua partecipazione, ne ho sempre alternati altri in cui ho bisogno di farmi domande, di risolvere dubbi e anche di entrare in conflitto col Padreterno, al quale ho sempre dato del tu, ma con grande rispetto, proprio come ho sempre fatto col mio babbo. Se stamani sono entrata in chiesa per rimanerci e non fare la mia solita visitina scappa e fuggi, è perché, la Messa che oggi si celebra è quella per i miei genitori. Non è stato semplice per me decidermi a far dire questa Messa, vai a sapere perché, poi ho pensato al giorno del matrimonio dei miei genitori e allora, invece di pensare alla morte, ho guardato alla vita. Ho annuito dentro di me e mi sono detta che quel giorno, almeno per come me ne avevano sempre parlato loro, era degno di essere ricordato. E così alle otto in punto ero lì ed ero serena. Ma mai avrei pensato che di lì a poco avrei vissuto un momento bello, pieno di calore, di colore, di festa.
La Messa ha avuto inizio e dopo due minuti e il primo ...preghiamo,....ero già partita, senza che lo volessi, per un'altra strada, un'altra chiesa, un'altra Messa.
Mi sono ritrovata senza sapere come, in una strada in leggera salita e, lasciate le ultime case del paese, solo la campagna rispondeva ai miei occhi, mentre uno scampanio allegro e prolungato mi incitava ad allungare il passo. Più su, a molti metri da me, una ragazza con un mazzolino di fiori in mano, si affrettava con passo leggero verso la chiesetta che sovrastava la strada. Era attaccata al braccio di un uomo magro, vestito con i vestiti della festa, nei quali,lo percepivo anche a distanza, non si sentiva a suo agio, come succede a chi, abitualmente indossa altri panni. Suo padre. La giovane donna sventolava allegramente il suo mazzolino allo stesso modo in cui ad ogni passo sventolava l'ampia gonna che le scendeva fino al polpaccio. Quella ragazza era mia madre, che quel giorno, 10 luglio 1948, andava a sposarsi. Conoscevo molto bene quel vestito di un caldo marrone, arricchito da un colletto di trina avorio, perché anni dopo, diventata una signorinella, l'avrei non solo rivisto, ma addirittura indossato, tramutato in gonna.Come del resto avrei rivisto anche l'abito grigio a righine che un distinto giovanotto che sarebbe stato mio padre, indossava, mentre fischiettando aspettava davanti alla chiesa la ragazza che di lì a poco sarebbe diventata sua moglie. Tutto era così tangibilmente vero, che per un attimo ho pensato di nascondermi dietro un albero per non farmi vedere, mentre entravano in chiesa circondati da una piccola folla di parenti e di amici allegri, ridenti ed emozionati. Aria di festa, aria leggera, profumo di fiori, voci amiche, un sì che sento ancora aleggiare intorno a me, mentre le immagini sbiadiscono........................La Messa è finita, andate in pace.
Mi sono riscossa, e per un attimo sono rimasta tra sogno e realtà, un leggero sorriso sulla bocca e una gran pace dentro di me. Quando sono uscita dalla chiesa ho provato un vero, sincero senso di gratitudine per aver vissuto questo momento che per me è stato proprio una Messa.
La Messa ha avuto inizio e dopo due minuti e il primo ...preghiamo,....ero già partita, senza che lo volessi, per un'altra strada, un'altra chiesa, un'altra Messa.
Mi sono ritrovata senza sapere come, in una strada in leggera salita e, lasciate le ultime case del paese, solo la campagna rispondeva ai miei occhi, mentre uno scampanio allegro e prolungato mi incitava ad allungare il passo. Più su, a molti metri da me, una ragazza con un mazzolino di fiori in mano, si affrettava con passo leggero verso la chiesetta che sovrastava la strada. Era attaccata al braccio di un uomo magro, vestito con i vestiti della festa, nei quali,lo percepivo anche a distanza, non si sentiva a suo agio, come succede a chi, abitualmente indossa altri panni. Suo padre. La giovane donna sventolava allegramente il suo mazzolino allo stesso modo in cui ad ogni passo sventolava l'ampia gonna che le scendeva fino al polpaccio. Quella ragazza era mia madre, che quel giorno, 10 luglio 1948, andava a sposarsi. Conoscevo molto bene quel vestito di un caldo marrone, arricchito da un colletto di trina avorio, perché anni dopo, diventata una signorinella, l'avrei non solo rivisto, ma addirittura indossato, tramutato in gonna.Come del resto avrei rivisto anche l'abito grigio a righine che un distinto giovanotto che sarebbe stato mio padre, indossava, mentre fischiettando aspettava davanti alla chiesa la ragazza che di lì a poco sarebbe diventata sua moglie. Tutto era così tangibilmente vero, che per un attimo ho pensato di nascondermi dietro un albero per non farmi vedere, mentre entravano in chiesa circondati da una piccola folla di parenti e di amici allegri, ridenti ed emozionati. Aria di festa, aria leggera, profumo di fiori, voci amiche, un sì che sento ancora aleggiare intorno a me, mentre le immagini sbiadiscono........................La Messa è finita, andate in pace.
Mi sono riscossa, e per un attimo sono rimasta tra sogno e realtà, un leggero sorriso sulla bocca e una gran pace dentro di me. Quando sono uscita dalla chiesa ho provato un vero, sincero senso di gratitudine per aver vissuto questo momento che per me è stato proprio una Messa.
martedì 9 luglio 2019
In lingua romagnola
Voce di Forrest Gump:
"Mamma diceva sempre "Devi gettare il passato dietro di te, prima di andare avanti".
Voce Mia:
"Mamma diceva sempre:" Valà valà!!"
Che in lingua romagnola, perché di lingua si tratta e non di dialetto, significa esattamente lo stesso....con l'aggiunta di qualcosina.
giovedì 27 giugno 2019
Dagli Appennini alle Ande
Che caldo oggi! Mi riporta a un pomeriggio di quarant'anni fa, all'improvviso, un flash, mentre spaparazzata sul divano cerco di riposarmi un pò e trovare sollievo a questo senso di fuoco che minuto sopo minuto si impadronisce dell'aria che respiro. Gli occhi sono pesi, c'è voglia di sonno, ma non riesco a dormire, il sonno non viene, respinto dal baluardo di caldo caliginoso, che si muove davanti ai miei occhi stanchi che crea fate morgane che giungono dal passato e si mischiano con i miraggi dell'odierno tempo, quasi a creare piccoli tasselli del puzzle di una vita. Ho la sensazione di essere la spettatrice di un film che si proietta davanti a me a caso,in una ridda di immagini che devono trovare una collocazione, per avere un senso.
Batto gli occhi e un immagine si forma, li riapro e sono nella mia stanza, nel mio salotto, in mezzo alle mie cose. Li batto nuovamente ed ecco apparire un'altra immagine. Li riapro e quella scompare. E poi un'altra e un'altra ancora. Forse ho bisogno di bere qualcosa di fresco. Suona il campanello. Vado ad aprire con un ghiacciolo al limone in mano.Essere originali va bene. Volerlo essere va male (anonimo), ma io non ho voluto essere originale, mi ci sono ritrovata punto e basta. Dopo due minuti, oltre al ghiacciolo in mano ho anche tre paia di calzini. Chi ha suonato era il solito 'vo' cumprà' detto in senso affettuoso, che conosco da una vita e che mi ha anche regalato una pillola di filosofia spicciola: " Qui fa parecchio caldo, ma in Africa molto di più, e c'è molta meno acqua". Già.Mi sento impotente quando vengo scaraventata nei problemi del mondo. Non trovo di meglio da fare, se non mettermi nuovamente seduta sul divano con le gambe stese su una sedia. A una certa età, è bene stare attenti alla circolazione. In mano mi ritrovo i calzini e improvvisamente sorrido perché proprio da quei calzini parte il mio viaggio sconclusionato.
Ghiacciolo al limone
Stavo mettendo i calzini in un cassetto, quando improvvisamente una fitta di dolore acuto mi ha attraversato la schiena e si è diretta alla pancia, giù in basso. Mi sono fermata per riprendere fiato, ho fatto due telefonate importanti e nel giro di poco più di un'ora sono arrivata a Siena. La stanza è in penombra, ma dalle persiane accostate entrano lame di sole infuocato e io le guardo, chiedendomi se per caso oltre quelle c'è la montagna che sto scalando con sudore, fatica, e qualche imprecazione, Una montagna ammantata di sole e di fuoco, ecco la prima immagine che trova il posto nella pellicola del film di una vita, ma che c'entra con gli altri flash che in questa ora meridiana mi sfrecciano davanti agli occhi? E più che altro che c'entrano le immagini di altre montagne verdi, ventose, ricche di acque? C'entrano c'entrano e mi sto accorgendo che pur non avendo vissuto in prima persona le loro ascese a volte coraggiose, altre volte dolorose, altre ancora piene di sfida, fanno parte della mia vita, perché le ho viste con altri occhi non miei, ma che fanno parte di me, e con le aspettative di chi ha trovato dalle loro vette, spinte esistenziali per dare di volta in volta un nuovo senso al proprio andare. Già. E ora viene il bello. Che c'entra tutto ciò con Machu Picchu? C'entra c'entra, eccome se c'entra. Perché proprio attraverso quegli stessi occhi io vedrò il sentiero che verrà percorso, l'Urubamba che scorre tumultuoso a valle, mi affaccerò sugli orridi senza fine e spazierò per le alte cime, al di sopra delle quali solo il condor può volare. Vedrò le antiche rovine che hanno accolto la vita di mitici popoli dei quali più che la loro storia parlerà il loro silenzio. Un sogno della mia vita, un miraggio che viene da lontano, nato il 27 giugno di quarant'anni fa, e che oggi si concretizza senz'altro in maniera più completa che se lo vedessi in prima persona. Già. Allora perché, visto che mi sembra di aver ricomposto il puzzle, perché sento che ancora qualcosa manca? E perché questo qualcosa deve essere proprio Lozzole, un eremo, vicino a Marradi, sperduto tra i monti degli Appennini? Mi sembra quasi un affronto riduttivo alla grandiosità delle Ande e del suo complesso archeologico. Poi mi dico: "Perché no?" In fin dei conti Lozzole è ancora più antico del Machu Picchu...non ce lo scordiamo e non siamo troppo modesti!" E poi capisco perché! Potere del ghiacciolo che mi ha snebbiato le idee. E rivedo i miei passi stanchi che arrancano per una carrareccia, mentre porto in braccio una bambina ed esorto due maschietti ad andare avanti, mentre mio zio, montanaro esperto ci precede col suo solito bastone. E' la montagna con il suo caldo, i suoi ronzii,i rumori furtivi del sottobosco e i profumi dei fiori e l'odore acre della fatica, quello che mi viene in mente. E poi improvvisamente la vedo quella chiesa ora restaurata, ma prima tutta diroccata e per me allora piena di un fascino unico e improvvisamente la sola cosa che sento è il silenzio, e nel silenzio il mio senso di pace, di abbandono totale, di appartenenza. Un attimo di eternità.
Lo stesso attimo di eternità che mi regalano tutti i monti dagli Appennini alle Ande, lo stesso della montagna sconosciuta di quel 27 giugno di quaranta anni fa.
Se qualcuno leggerà queste righe scritte alla rinfusa, probabilmente non ci capirà niente, ma posso dire che fino a due minuti fa non ci ho capito molto neanche io. Ora finalmente sì!
Batto gli occhi e un immagine si forma, li riapro e sono nella mia stanza, nel mio salotto, in mezzo alle mie cose. Li batto nuovamente ed ecco apparire un'altra immagine. Li riapro e quella scompare. E poi un'altra e un'altra ancora. Forse ho bisogno di bere qualcosa di fresco. Suona il campanello. Vado ad aprire con un ghiacciolo al limone in mano.Essere originali va bene. Volerlo essere va male (anonimo), ma io non ho voluto essere originale, mi ci sono ritrovata punto e basta. Dopo due minuti, oltre al ghiacciolo in mano ho anche tre paia di calzini. Chi ha suonato era il solito 'vo' cumprà' detto in senso affettuoso, che conosco da una vita e che mi ha anche regalato una pillola di filosofia spicciola: " Qui fa parecchio caldo, ma in Africa molto di più, e c'è molta meno acqua". Già.Mi sento impotente quando vengo scaraventata nei problemi del mondo. Non trovo di meglio da fare, se non mettermi nuovamente seduta sul divano con le gambe stese su una sedia. A una certa età, è bene stare attenti alla circolazione. In mano mi ritrovo i calzini e improvvisamente sorrido perché proprio da quei calzini parte il mio viaggio sconclusionato.
Ghiacciolo al limone
- 80 ml di acqua.
- 60 gr di zucchero.
- 100 ml di succo di limone.
- buccia grattugiata di limone.
Stavo mettendo i calzini in un cassetto, quando improvvisamente una fitta di dolore acuto mi ha attraversato la schiena e si è diretta alla pancia, giù in basso. Mi sono fermata per riprendere fiato, ho fatto due telefonate importanti e nel giro di poco più di un'ora sono arrivata a Siena. La stanza è in penombra, ma dalle persiane accostate entrano lame di sole infuocato e io le guardo, chiedendomi se per caso oltre quelle c'è la montagna che sto scalando con sudore, fatica, e qualche imprecazione, Una montagna ammantata di sole e di fuoco, ecco la prima immagine che trova il posto nella pellicola del film di una vita, ma che c'entra con gli altri flash che in questa ora meridiana mi sfrecciano davanti agli occhi? E più che altro che c'entrano le immagini di altre montagne verdi, ventose, ricche di acque? C'entrano c'entrano e mi sto accorgendo che pur non avendo vissuto in prima persona le loro ascese a volte coraggiose, altre volte dolorose, altre ancora piene di sfida, fanno parte della mia vita, perché le ho viste con altri occhi non miei, ma che fanno parte di me, e con le aspettative di chi ha trovato dalle loro vette, spinte esistenziali per dare di volta in volta un nuovo senso al proprio andare. Già. E ora viene il bello. Che c'entra tutto ciò con Machu Picchu? C'entra c'entra, eccome se c'entra. Perché proprio attraverso quegli stessi occhi io vedrò il sentiero che verrà percorso, l'Urubamba che scorre tumultuoso a valle, mi affaccerò sugli orridi senza fine e spazierò per le alte cime, al di sopra delle quali solo il condor può volare. Vedrò le antiche rovine che hanno accolto la vita di mitici popoli dei quali più che la loro storia parlerà il loro silenzio. Un sogno della mia vita, un miraggio che viene da lontano, nato il 27 giugno di quarant'anni fa, e che oggi si concretizza senz'altro in maniera più completa che se lo vedessi in prima persona. Già. Allora perché, visto che mi sembra di aver ricomposto il puzzle, perché sento che ancora qualcosa manca? E perché questo qualcosa deve essere proprio Lozzole, un eremo, vicino a Marradi, sperduto tra i monti degli Appennini? Mi sembra quasi un affronto riduttivo alla grandiosità delle Ande e del suo complesso archeologico. Poi mi dico: "Perché no?" In fin dei conti Lozzole è ancora più antico del Machu Picchu...non ce lo scordiamo e non siamo troppo modesti!" E poi capisco perché! Potere del ghiacciolo che mi ha snebbiato le idee. E rivedo i miei passi stanchi che arrancano per una carrareccia, mentre porto in braccio una bambina ed esorto due maschietti ad andare avanti, mentre mio zio, montanaro esperto ci precede col suo solito bastone. E' la montagna con il suo caldo, i suoi ronzii,i rumori furtivi del sottobosco e i profumi dei fiori e l'odore acre della fatica, quello che mi viene in mente. E poi improvvisamente la vedo quella chiesa ora restaurata, ma prima tutta diroccata e per me allora piena di un fascino unico e improvvisamente la sola cosa che sento è il silenzio, e nel silenzio il mio senso di pace, di abbandono totale, di appartenenza. Un attimo di eternità.
Lo stesso attimo di eternità che mi regalano tutti i monti dagli Appennini alle Ande, lo stesso della montagna sconosciuta di quel 27 giugno di quaranta anni fa.
Se qualcuno leggerà queste righe scritte alla rinfusa, probabilmente non ci capirà niente, ma posso dire che fino a due minuti fa non ci ho capito molto neanche io. Ora finalmente sì!
mercoledì 26 giugno 2019
L'Aforisma
Ho cominciato a leggere gli aforismi quasi per gioco, e solo dopo un pò di tempo mi sono resa conto che non erano affatto il passatempo che credevo io, ma tanti spunti di riflessione che giungevano da lontano e da ogni parte del mondo. Filosofi, letterati, scienziati, artisti, persone comuni, hanno lasciato l'impronta del loro vissuto e delle loro esperienze in piccole frasi che sono altrettanti capolavori, perché non è semplice concentrare lo scibile umano in poche ,esaustive parole. E così, di volta in volta, durante l'arco di tanti anni, mi sono ritrovata a leggere aforismi sferzanti, o ironici, a volte dolcissimi, altre pieni di livore, ma tutti, nessuno escluso, mi hanno lasciato qualcosa che sentivo di dover approfondire, per capire i loro autori e attraverso loro, l'uomo.
Potrei citare centinaia di nomi, molti dei quali veramente illustri come Aristotele, Newton, Einstein, Cioran, Bukowski, Baricco, e sono solo alcuni che mi vengono in mente nella ridda affollata che si presenta davanti ai miei occhi, ma confesso che ho una vera passione per gli aforismi di Oscar Wilde, anche se il mio aforisma preferito è uno di Van Gogh. "Non sono avventuriero per scelta, ma per destino".Non spiegherò il mio punto di vista su questo aforisma, né tantomeno dirò dove mi ha portato la riflessione che ci ho fatto sopra, perché ciascuno deve esere libero di pensarlo come vuole, senza essere influenzato da altre considerazioni. Tutto quello che posso dire è che attraverso lui ho cominciato a guardare la vita da un'altra angolazione.
L'aforisma mi parla di intuizione, di cultura, di ironia verso se stessi e gli altri. In definitiva mi parla del pensiero dell'uomo, che si concretizza in poche parole e ci fa vedere che l'uomo di oltre duemila anni fa aveva gli stessi sentimenti, le stesse aspettative, le stesse sofferenze e le stesse speranze nostre....insomma la pensava proprio come noi la pensiamo oggi, e ciò si evince nell'immediato, senza il bisogno di andare a scomodare i massimi sistemi di tutto ciò che è il bagaglio della conoscenza umana. Chi vuole poi può approfondire il senso che trasmette ogni aforisma che tocca le corde della sensibilità individuale, che entra in sintonia con lui.
L'aforisma non coincide
mai con la verità,
o è una mezza verità
o una verità e mezzo.
Karl Kraus
L'aforisma è una pallottola sparata sull'ignaro lettore, da un cecchino, appostato su un tetto, che non si preoccupa affatto che ci sia un altro cecchino che spara nella medesima direzione un proiettile totalmente opposto e che può essere ugualmente veritiero. L'impatto di queste due esplosioni è ciò che spinge chi legge ed assimila, ad interrogarsi e a cercare la cura nella giusta via del mezzo, che è quella dell'equilibrio mentale. Un modo per crescere e salvarsi dalla mediocrità, usando una volta di più la Ricerca. Quella degli altri oltre che di se stesso.
Potrei citare centinaia di nomi, molti dei quali veramente illustri come Aristotele, Newton, Einstein, Cioran, Bukowski, Baricco, e sono solo alcuni che mi vengono in mente nella ridda affollata che si presenta davanti ai miei occhi, ma confesso che ho una vera passione per gli aforismi di Oscar Wilde, anche se il mio aforisma preferito è uno di Van Gogh. "Non sono avventuriero per scelta, ma per destino".Non spiegherò il mio punto di vista su questo aforisma, né tantomeno dirò dove mi ha portato la riflessione che ci ho fatto sopra, perché ciascuno deve esere libero di pensarlo come vuole, senza essere influenzato da altre considerazioni. Tutto quello che posso dire è che attraverso lui ho cominciato a guardare la vita da un'altra angolazione.
L'aforisma mi parla di intuizione, di cultura, di ironia verso se stessi e gli altri. In definitiva mi parla del pensiero dell'uomo, che si concretizza in poche parole e ci fa vedere che l'uomo di oltre duemila anni fa aveva gli stessi sentimenti, le stesse aspettative, le stesse sofferenze e le stesse speranze nostre....insomma la pensava proprio come noi la pensiamo oggi, e ciò si evince nell'immediato, senza il bisogno di andare a scomodare i massimi sistemi di tutto ciò che è il bagaglio della conoscenza umana. Chi vuole poi può approfondire il senso che trasmette ogni aforisma che tocca le corde della sensibilità individuale, che entra in sintonia con lui.
L'aforisma non coincide
mai con la verità,
o è una mezza verità
o una verità e mezzo.
Karl Kraus
L'aforisma è una pallottola sparata sull'ignaro lettore, da un cecchino, appostato su un tetto, che non si preoccupa affatto che ci sia un altro cecchino che spara nella medesima direzione un proiettile totalmente opposto e che può essere ugualmente veritiero. L'impatto di queste due esplosioni è ciò che spinge chi legge ed assimila, ad interrogarsi e a cercare la cura nella giusta via del mezzo, che è quella dell'equilibrio mentale. Un modo per crescere e salvarsi dalla mediocrità, usando una volta di più la Ricerca. Quella degli altri oltre che di se stesso.
martedì 18 giugno 2019
Il mio Oceano mare
“Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare... Ma soprattutto: il mare chiama... Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole... Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti... Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.”
Alessandro Baricco
Il mare l'aveva visto per la prima volta quando aveva otto anni. Se l'era trovato davanti improvvisamente, così, senza che nessuno le avesse spiegato che cosa fosse il mare.
Era una splendida giornata di giugno e quello che si presentò ai suoi occhi bambini, fu qualcosa che le tolse il respiro. Una grandissima tavola azzurra che brillava come se sulla sua superficie si fossero posate tutte le stelle della notte. Fu una sensazione forte, travolgente, che neanche in seguito quando via via ci ripensò nell'arco della sua vita, riuscì a spiegarsi. In quel momento seppe solo istintivamente che doveva esternare quella sensazione in maniera del tutto fisica e cominciò a correre verso quell'azzurro a braccia aperte, mentre una grande gioia sprizzava dentro di lei, e senza che lo sapesse, provò per la prima e forse unica volta cosa volesse dire libertà....specialmente quando si accorse che il mondo adulto, turbato forse da questa eccitazione che vedeva in lei, cominciasse a correrle dietro per fermarla.
Tornata a casa, quando ancora il brillio di quel mare era dentro i suoi occhi, sentì il desiderio di parlare di quella meraviglia ai suoi amici di allora, due ragazzini, uno un pò più piccolo di lei, l'altro più grande di due anni. Provò a spiegare ciò che aveva visto e le sensazioni che erano tornate a casa insieme a lei, senza riuscirci veramente. Del resto, come poteva una bambina descrivere qualcosa che aveva vissuto quasi come se fosse stata una persona grande? E che fosse così, lo seppe negli anni che passarono, quando altre emozioni vennero a giocare ruoli fondamentali nella sua vita adulta.
Il bambino più piccolo ascoltò, e poi continuò a giocare. L'altro invece, forse per vantarsi di una conoscenza che i suoi due anni in più gli davano a pieno diritto, le disse: "Beh! Hai visto il mare, Il mare è bello, ma è solo una pozzanghera in confronto all'Oceano!" e con queste parole chiuse il discorso, senza sapere che la parola Oceano, sarebbe rimasta per sempre nella vita di lei, magari nascosta, magari qualche volta quasi dimenticata, magari a volte anche detestata, ma ci sarebbe sempre stata.
Che cos'era l'Oceano? Lei non lo sapeva ancora, era la prima volta che sentiva quel nome, ma non lo disse e istintivamente rispose: "Io un giorno lo vedrò!" E mentre lo diceva, seppe di crederci veramente.
E finalmente un giorno l'ha visto e l'ha incontrato. Sono passati più di sessant'anni, ma l'Oceano ha avuto pazienza, e onda dopo onda ha aspettato che la bambina arrivasse e gli parlasse senza parole, solo con le onde di quel mare che lei ha sempre avuto dentro di sé e che ora finalmente ha potuto riversare nel grande Oceano, per attendere le sue risposte, come fa il gabbiano, quando si ferma e lo contempla da uno scoglio, e proprio come un gabbiano, non ha corso stavolta, ma ha volato nel cielo della sua vita e ha conosciuto per la prima e forse unica volta la Leggerezza, perché l'Oceano, il suo Oceano mare, le ha detto: "Il Mare è bello, ma è solo una pozzanghera in confronto all'Oceano. L'Oceano è bello perché è più grande e più profondo, ma è solo una pozzanghera in confronto all'Oltre .".
Che cos'è l'Oltre? La bambina non lo sa, è la prima volta che sente parlare di un mare che si chiama Oltre, poi
l'ha guardato lungamente, fino al punto in cui acqua e cielo si incontrano e si fondono in un unico azzurro e istintivamente ha risposto; "Io un giorno lo vedrò". E mentre lo diceva ha saputo di crederci veramente.
giovedì 2 maggio 2019
Era il 2 Maggio
venerdì 12 aprile 2019
Il tortellino di Bologna
La strepitosa immagine della fotografia di un "Buco Nero", ormai è dilagata in ogni dove. In molti l'hanno definita un regalo di Einstein, che aveva teorizzato l'esistenza dei Blak Hole, ma questa fotografia è la prova lampante (si fa per dire) della loro esistenza. Un grande interrogativo all'interno del quale la Fisica, come siamo abituati a conoscerla noi, non esiste più, o se esiste ancora, potrebbe essere suscettibile di tali e tanti cambiamenti da farci rimanere a bocca aperta, se solo potessimo arrivare a vedere che cosa c'è dentro quel nero e come agiscono le forze che si muovono al suo interno.
Io personalmente mi contento di sapere che "Bologna la Dotta", in questo caso ha dato il meglio di sé e che "Bologna la Grassa", per non smentirsi, e senza neanche troppa immaginazione, ha appena annoverato tra le sue ricette il tortellino più pregiato.
Io personalmente mi contento di sapere che "Bologna la Dotta", in questo caso ha dato il meglio di sé e che "Bologna la Grassa", per non smentirsi, e senza neanche troppa immaginazione, ha appena annoverato tra le sue ricette il tortellino più pregiato.
venerdì 29 marzo 2019
Il Libraio
"Il Libraio non è solo colui che vende libri, è anche colui che sfoglia il libro del Pensiero"
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Apro la porta di vetro, entro, richiudo e lascio fuori il vento. Scendo gli scalini e improvvisamente mi sento a casa. Sia come sia la mia giornata, ogni volta che mi ritrovo in quella stanza, per un po' i miei problemi restano fuori. Qualche volta hanno provato anche a bussare, per entrare e riappropriarsi di me, ma alla fine hanno capito che sarebbe stato inutile, perché nel frattempo il mio sguardo, la mia mente, tutto di me, si è perso in ciò che mi circonda e che da sempre sortisce la magia di proiettarmi in un'altra dimensione: quella dei libri. Fin da quando ho ricordo, la mia vita è stata legata ai libri e con loro, al profumo dell'inchiostro, della carta, del tempo che passa lasciando sulle copertine il segno del suo scorrere e delle mani che li hanno toccati, tirati giù dagli scaffali, riposti nuovamente in ordine, o appoggiati sul bancone per essere acquistati e ricominciare con la loro lettura una nuova avventura, per imparare, per allargare gli orizzonti, per poterne riparlare la volta successiva con il Libraio che ha consigliato, suggerito, o a volte guardato con curiosità il titolo di un testo difficile, che non si trova facilmente, e va ordinato. La posso chiamare Vita. Mi sento a casa in quella libreria che ha anche un nome accattivante, avvolgente: Centofiori. Un nome che ha un suo perché, almeno per me e il mio immaginario, in quanto ogni libro è un fiore nel giardino della conoscenza, che spazia tra gli argomenti più disparati, da quelli esilaranti a quelli più seri ed ostici. Centofiori di ogni genere.
E per me è sempre rigenerante scoprire che ogni volta trovo qualcosa che mi incuriosisce ancora, mi spinge ad indagare, a conoscere, a condividere in totale libertà impressioni, che non si possono comunicare a tutti. Ma in quel luogo è diverso, perché ogni giorno lì ci sono persone che capiscono il linguaggio dei libri, quello che vogliono comunicare, e più che altro lo stato d'animo delle persone che si aggirano in quelle piccole stanze. Lui è il Libraio, lei, la sua infaticabile collaboratrice, quella che da il tocco femminile al lavoro e alla figura del Libraio. Oggi, mentre scrivo, lo vedo davanti ai miei occhi il Libraio, che si aggira tra il nuovo e il vecchio. Il nuovo che sono i libri che parlano di futuro, anche quando trattano argomenti passati. Parlano di futuro nel linguaggio, nelle parole scritte in modo diverso da come erano una volta, e che si snodano in paragrafi meno ampollosi, più scarni di aggettivi, più graffianti, seguendo l'evolvere di una società in continuo mutamento, che ha sempre meno tempo per se stessa, e ancor meno per gli altri. Ma è il luogo e l'arredamento che contiene quei libri, quel futuro, di per sé solitario, che va
a mitigare il cambiamento, è quel banco di scuola di legno, quel mobile vecchio, quegli scaffali dalle mensole piegate, quei libri, tanti libri, che in quel piccolo spazio sono accatastati in terra, in piramidi che invitano a entrare per conoscerne il segreto, sono quelli, che danno il senso alla libreria che si proietta in avanti senza dimenticare le radici, la storia passata di un mondo semplice, al quale siamo appartenuti anche noi. Ed è quello che, anche dopo essere entrata nelle più belle librerie, blasonate dai loro nomi e dai luoghi in cui sono sorte, meravigliose, ma terribilmente impersonali, mi fa dire una volta di più, come ho detto tante volte al Libraio "Non togliere mai il calore che questa piccola libreria regala a chi entra, per sostituirlo con qualcosa alla moda!" Lo vedo anche ora, mentre gli dico queste cose, e lui mi guarda con quei suoi occhi intelligenti e il sorriso buono, che mi rassicurano sull'amore che ha per tutto ciò che lo circonda e che fa parte di lui. Come lui fa parte del nostro modo di essere e di vivere. Un tassello importante nella vita del nostro paese, anche ora e nei ricordi futuri.
Due giorni fa il Libraio ha aperto la porta della sua libreria e, dopo averla richiusa, una volta fuori, se ne è andato nel vento, col vento.
mercoledì 27 marzo 2019
TROPPO
"Troppo spesso si passa davanti alla disperazione degli altri senza vederla"
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Perché?
Troppa fretta di vivere la nostra vita? Troppi pensieri? Troppa indifferenza? Troppo menefreghismo? Troppa incapacità di comunicare?
Ci siamo lasciati avvolgere dal TROPPO e prigionieri del nostro ego, sappiamo fare ben poco per noi stessi e meno ancora per la ristretta cerchia dei nostri affetti. Per gli altri, quelli intorno a noi, TROPPO spesso non sappiamo fare più niente.
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Perché?
Troppa fretta di vivere la nostra vita? Troppi pensieri? Troppa indifferenza? Troppo menefreghismo? Troppa incapacità di comunicare?
Ci siamo lasciati avvolgere dal TROPPO e prigionieri del nostro ego, sappiamo fare ben poco per noi stessi e meno ancora per la ristretta cerchia dei nostri affetti. Per gli altri, quelli intorno a noi, TROPPO spesso non sappiamo fare più niente.
lunedì 11 marzo 2019
Anche se il cielo è grigio
Stamani, quando sono uscita, il mio umore era grigio come il cielo, di quel grigio che non fa penetrare niente e niente uscire.
Poi, chissà perché, il mio sguardo è stato catturato da un minuscolo gruppo di fiori azzurri e a seguire da una primula che spuntava timida dal terreno arido intorno a lei.
E' stato un attimo, e parole ormai non più sentite da tanto tempo, da tanti anni, mi sono tornate in mente e sono scese dentro di me richiamandone altre, che ancora non ne volevano sapere di uscire dal buio, come se il tornare volesse dire farmi rimettere in gioco.
"Respira, e da un soffio di vento raccogli il profumo dei fiori che non hanno chiesto che un po' di umiltà..............."
Non è stato un momento molto bello, come potrebbero far pensare i fiori, la loro fragilità, i loro colori. No! E' stata più che altro una sferzata che mi ha richiamato all'ordine, alla consapevolezza che come quei fiori sono nati , magari con sforzo in un terreno non propizio, anch'io dovevo riappropriarmi di una nuova energia per dare ancora colore alla mia vita, proprio come quei fiori, che nonostante tutto, regalavano le loro delicate o smaglianti fioriture e il loro profumo portato da un soffio di vento, e lo regalavano così, umilmente, senza nessuna pretesa , ma solo perché era da sempre loro compito quello di dare il meglio di se stessi. Quei fiori! Chi l'avrebbe mai detto che dei semplici fiori avrebbero avuto il potere di mettermi davanti a me stessa?A metà salita di una strada faticosa, sferzata dal vento di una giornata col cielo grigio? Poi magari saranno calpestati, o se gli va bene sfioriranno e nessuno si ricorderà di loro....ma intanto!
E' mai possibile che pochi piccoli fiori, possano penetrare una corazza, faticosamente costruita? Possibile, possibile, mi sono detta mentre riprendevo la strada. Come tutti i racconti, sarebbe bello che anche questo avesse un lieto fine, ma la serie e vissero tutti felici è contenti fa parte del mondo delle favole, mentre la nostra è realtà, vita faticosa, sempre piena di imprevisti e di tranelli e me lo dicevo mentre a passo veloce riprendevo il mio cammino, quasi volessi allontanarmi in fretta da quel luogo che per un attimo mi aveva reso così vulnerabile.
Se però credevo che aver messo distanza tra me e loro, avrebbe fatto scomparire la strana sensazione che avevo provato, mi sbagliavo di grosso. Quelle parole restavano, e anzi ora erano anche accompagnate da quella musica che le aveva sempre cullate e io le ripetevo, le ripetevo,dentro di me, a dispetto di me, forse nell'inconscio desiderio che alla fine anche le altre si sarebbero aggiunte e ottenuto ciò....basta, stop, alt..non c'è più posto, è stato bello finché è durato, ma io ora non ho più voglia di ascoltare né queste parole né altre. Ascoltare! E lì ho capito di essere stata sconfitta da quei fiori, perché all'improvviso mi sono ricordata dell'inizio di quello che è un canto che mi è sempre piaciuto tanto, perché l'ho sentito mio, e che poi ho voluto dimenticare. In un attimo tutto si è snodato senza interruzione, un fiume di emozioni in piena, che trascinava ricordi, volti di ragazzi, l'infanzia e la prima giovinezza dei miei figlioli, il mio entusiasmo nello scoprirmi capace di fare cose belle e la voglia di dare, di fare qualcosa anche per gli altri oltre che per me stessa
Ascolta il rumore delle onde del mare
ed il canto notturno dei mille pensieri dell'umanità,
che riposa dopo il traffico di questo giorno
e di sera si incanta davanti al tramonto
che il sole le dà.
Respira, e da un soffio di vento raccogli
il profumo dei fiori che non hanno chiesto
che un po' di umiltà.
E se vuoi puoi cantare,
e cantare che hai voglia di dare, e cantare
che ancora nascosta può esistere felicità.
Perché la vuoi, perché tu puoi
riconquistare un sorriso;
e puoi giocare e puoi sperare
che ti hanno detto bugie,
se han raccontato che l'hanno uccisa,
che han calpestato la gioia,
perché la gioia, perché la gioia,
perché la gioia è con te!
E magari fosse un attimo vivila, ti prego,
e magari a denti stretti non farla morire,
anche immersa nel frastuono tu falla sentire,
hai bisogno di gioia come me. La la la la
Ancora, è già tardi ma rimani ancora
per gustare ancora per poco
quest'aria scoperta stasera;
e domani ritorna, fra la gente che corre e dispera,
tu saprai che nascosta nel cuore
può esistere felicità.
Mentre scrivo, questa musica, queste parole sono ancora dentro di me e mi fanno sentire strana, non felice....felice no, ma ho come la consapevolezza di aver ritrovato una parte di me che avevo voluto a tutti i costi rinchiudere in una stanza blindata, non sapendo che sarebbe bastato un fiore per riaprirne la porta. Potere dei fiori!
E mi rendo conto con meraviglia che anche se il cielo è grigio.........................
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