mercoledì 27 dicembre 2017

Andrew Martin

Comincio  a usare il mio nuovo giochino. Si chiama I Pad ed è molto carino. Penso che mi affezionerò molto a lui e che me lo porterò in ogni dove. Certo, io non è che sia un tipo molto tecnologico, ma ho deciso di adottare con lui lo stesso sistema che ho usato, anche se inconsciamente,  per imparare a conoscere i miei amici....quelli veri intendo. Nei primi tempi mi sono avvicinata con circospezione e anche con un pò di diffidenza, per lasciarmi andare sempre di più, mano a mano che passava il tempo, e sentivo di potermi fidare.
Solo che non posso chiamarlo I Pad. E' troppo anonimo.......Lo chiamerò come l'Uomo bicentenario, ....Andrew Martin, un robot dotato di emozioni e di sensibilità. Ho deciso che mi piace, perché  gli altri Andrew che ho conosciuto mi sono andati tutti a genio, primo tra tutti un medico col quale ho fatto lunghe conversazioni sui mantra, mentre a Mirabilandia, sulla scia dei nostri rispettivi figli, andavamo su e giù nelle torri gemelle e in qua e in là sulle montagne russe.
E' bello avere un nuovo amico tutto da scoprire e da qui dico grazie a chi me l'ha regalato.

martedì 26 dicembre 2017

Questo Natale

E così venne  Natale e passò

Ed è proprio vero che ogni Natale se ne va portandosi dietro una storia sempre diversa. Nel mio caso, la mia storia.
Non che la mia sia una storia degna di nota. Apparentemente la mia vita è sempre scorsa un maniera anonima. Sono nata, cresciuta, invecchiata. Ma se torno col pensiero ai ricordi dei miei ormai tanti Natali, quanti fatti, belli  e meno belli, qualcuno addirittura da dimenticare, senza riuscirci mai veramente!
Ci sono stati i Natali dell'infanzia, che con la loro magia hanno acceso la mia fantasia....o viceversa? Magari sono stata io che invece, con la mia fantasia, li ho colorati e li ho resi splendenti e splendidi. Tutta roba da ricordare, da tramandare, specialmente quella luce negli occhi e quel calore che sentivo dentro di me, bastava che fossi insieme alle persono a cui volevo bene. Poi ci sono stati i Natali della contestazione, del dubbio, ma mai per un attimo ho rinunciato al calore che mi veniva da questi giorni, che ho sempre vissuto in maniera particolare. Poi sono arrivati i Natali del Servizio, dei presepi allestiti in chiesa, dei canti, del panettone e dello spumante, delle recite per i bambini, ma in tutto questo, il vero Natale per me è sempre stato il momento in cui accendevo la mia candela per fare una preghiera colorata in cui si mischiavano sacro e profano, una preghiera velocissima dedicata ai miei figli, velocissima perché il cero doveva consumarsi poco per durare tanti anni e così lo sto accendendo da ben quarantaquattro anni. Una fiammella che si alza nitida e splendente insieme alle speranze che le affido e un soffio veloce per spengerla. Rimane l'dore acre della cera bruciata, che per me è migliore di qualsiasi profumo griffato. Ci sono stati anche dei Natali amari, dove non c'erano solo oro, incenso e mirra, ma anche il sapore del fiele, Natali nei quali  sono stata forgiata sull'incudine del dispiacere e quando mi sono rialzata, anche se apparentemente ero sempre io, in realtà non sono mai più stata la stessa di prima. Eppure anche allora, mentre guardavo il mio presepio, con quei pastorelli così semplici e così  pieni di gioia, la parte bambina che è rimasta dentro di me, non resisteva alla voglia di ritrovare la magia di quei Natali antichi, così scevri di pretese e così pieni di affetto vero. 
E così sono arrivata al Natale di quest'anno, un Natale vissuto solo dentro me stessa, un Natale difficile, nel quale, il dispiacere per le condizioni di saute della mia mamma mi impediva di entrare nello stato d'animo che mi è congeniale in questo tempo. Ma alla fine, nonostante tutto, la magia della buona novella, si è fatta avanti dapprima timidamente e poi sempre più insistente e vera, aiutata anche dalle parole che mi ha scritto un amico lontano:  portiamo a Gesù quello che siamo, le nostre emarginazioni, le nostre ferite non guarite, i nostri peccati.
E così, sempre con l'aiuto della mia fantasia, o meglio della fantasia di quella bambina che continua a vivere dentro di me, mi sono vista pastorella, col mio regalo, io, finalmente io, davanti al mistero della vita. E dopo, davanti alla mia candela accesa è stato facile affidare alla fiamma guizzante un pensiero che è salito in alto, in alto, in alto...................Il Natale è venuto ed è passato,  mi ha sfiorato con la solita carezza di speranza e, come vento leggero se ne è andato, solo perché io l'ho lasciato andare e non l'ho trattenuto, perché alla fine la vita riprende il suo tran tran esistenziale, dal quale non riusciamo a liberarci, ma quella carezza, per come va il mondo frettoloso, la considero proprio un bel regalo.

giovedì 21 dicembre 2017

La prepotenza del leone

Versione originale in latino

Numquam est fidelis cum potente societas: testatur haec fabella propositum meum. Vacca et capella et patiens ovis iniuriae socii fuere cum leone in saltibus. Hi cum cepissent cervum vasti corporis, sic est locutus, partibus factis, leo: "ego primam tollo, nominor quoniam leo: secundam, quia sum socius, tribuetis mihi; tum, quia plus valeo, me sequetur tertia; malo afficietur si quis quartam tetigerit". Sic totam praedam sola improbitas abstulit.




Traduzione all'italiano

L'alleanza con i potenti non è mai sicura: questa favoletta dimostra la mia opinione. Una vacca, una capretta e una pecora abituate a sopportare le offese si allearono con un leone nei boschi. Dopo che questi ebbero preso un cervo di grandi dimensioni, il leone, fatte le parti, così parlò:"io prendo la prima, perché mi chiamo leone; voi mi darete la seconda,perché sono vostro alleato; poi la terza mi seguirà poichè sono più forte; sarà afflitto dal male se qualcuno avrà toccato la quarta". Così la malvagità si portò via da sola tutta quanta la preda.

Possibile che questa bellissima favola di Fedro sia stata scritta più di duemila anni fa? A me sembra di un'attualità sorprendente.

martedì 19 dicembre 2017

Spelacchio

Caro Spelacchio,
è vero, sei proprio brutto e triste, tutto addobbato a festa, mentre invece sei morto,  ufficialmente dichiarato proprio morto. E' vero anche che fa anche effetto a Natale, vedere un albero conciato come sei ridotto te. Non fai venire in mente luci e colori, musiche dolci, Natali festosi ed opulenti. Nossignore! L'unico sentimento che ispiri è la pietà, così nudo, a braccia aperte e nessuno vuole pensare che Natale possa essere anche pietà, consapevolezza della nudità del mondo, di gran parte del mondo. Quanti uomini ci sono oggi tra noi, nudi come te, a braccia protese in attesa del giorno dopo ! Sono pastori di un altro presepio, un presepio che nessuno vuol vedere, né tantomeno sapere che esiste, figuriamoci! Del resto non vogliamo vedere più neanche quello col quale siamo cresciuti e che ha incantato i nostri occhi di bambini. Oggi ci piacciono altre cose e del resto i tempi cambiano, le mode pure e ciò che può far pensare a qualcosa di triste, lo mandiamo lontano da noi. Ci nutriamo di luci effimere, senza accorgerci che se per un attimo ci saziano lo sguardo, ci inducono poi a volerne sempre di più e sempre più brillanti. Perché non c'è luce in noi, e non riusciamo a capire e a vedere che anche uno Spelacchio come te parla di  Natale.
Ma sai che ti dico? Non sarai dimenticato. I tuoi tronfi cugini che  ti hanno preceduto nella stessa piazza dove sei ora te, così disprezzato e deriso, e nelle piazze del mondo, in gara di altezza e di addobbi , non reggeranno mai il tuo confronto, perché nonostante la loro opulenza,sfido chiunque a dire che qualcuno si ricordi di loro. Sono passati come meteore, senza nome e più che altro senza lasciare nessun messaggio, se non quello dell'orgoglio. Continua a tenere le tue braccia nude, spalancate su quella piazza frettolosa e a parlare il muto linguaggio, che tanti altri stanno parlando in altre piazze, infischiandotene  altamente delle diatribe pseudopolitiche che stanno nascendo intorno al tuo tronco. Tra i tanti che passeranno, qualcuno capirà il tuo messaggio silenzioso, un messaggio che, sono certa, nessuno aveva programmato, nessuno voleva dare, ma che è nato da sé attraverso le persone sensibili che hanno saputo guardare oltre l'apparenza.

sabato 16 dicembre 2017

Prima neve

Oggi prima neve dell'anno, almeno qui da noi. E' arrivata con un tuono e in un attimo ha imbiancato tutto. Si è posata sugli alberi, sui cespugli, ha coperto le buche della strada e ha reso tutto bianco, magico, luminoso. E così improvvisamente è Natale anche nel cuore, un Natale che entra dentro così... in silenzio, con la dolcezza e la malinconia che è tipica di chi sta vivendo un momento triste vicino a una persona cara che sta male. E sarà che a me la neve piace tanto, ma ogni fiocco che cade, mi porta un ricordo, mi fa rivivere un momento passato, ma mai scomparso del tutto e piano piano, mentre scende la notte, mi torna in mente un treno che corre per i monti, imbocca le gallerie e all'uscita di ognuna ci sono sempre più candelotti di cristallo e una coltre bianca di neve. La littorina arranca per le gole della montagna e il paesaggio cambia e diventa magico, almeno per me che ho tredici anni e sono partita con i miei per andare a passare il Natale a Marradi, dai miei nonni. Sono partita col muso lungo, perché non volevo lasciare casa mia, il mio albero di Natale, il mio presepio, ma mentre mi guardo intorno, mi accorgo che tutto sta diventando presepio, un presepio vero, che pulsa di vita e di allegria. Il trenino, fa uno strappo alla regola e ci ferma proprio davanti a un casello. Dietro c'è il podere e la casa dei miei nonni, e appena la scorgo, rimango senza fiato, perché mai ho visto uno scenario più bello e più suggestivo, con quella casetta ricoperta di neve che si staglia davanti a una corona di monti innevati. Uno dei Natali più belli della mia vita!
Ed ora sono qui e guardo fuori dalla finestra, con lo stesso immutato stupore di quando ero bambina, quando sentivo che il silenzio della neve era qualcosa di diverso da ogni altro silenzio.Scuoto la testa. Gli anni sono passati, ma la sensazione rimane sempre la stessa. Mi richiama il bip del cellulare. E' arrivato un messaggio su whatsapp. Lo leggo e poi, quasi senza renderemene conto, guardo la fotografia che mi ha mandato mia figlia. E' la foto di una 'Casa delle bambole' costruita tutta da lei e mi ritrovo a guardare quel caminetto, i mobili, l'albero di natale, le poltroncine accoglienti. Proietto quell'immagine davanti ai miei occhi e la casetta cresce davanti a me e mi invita ad entrare. Ecco ora sono dentro e mi pare di sentire davvero il calore del fuoco. Il gelo della neve non può niente contro quel fuoco, quella fiamma viva che scalda e illumina tutta la stanza, e lì, al riparo dal freddo, ma immersa nell'incomparabile bellezza della neve mi è più facile dire queste parole che scrissi in un momento così simile a questo................Come è bello il silenzio della neve, così denso, così grande ed avvolgente, sembra quasi che mi copra lentamente con un manto di carezza lieve lieve.


sabato 9 dicembre 2017

La vita è contaminazione

La vita è contaminazione.

 Non sono parole mie, anche se avrei voluto che lo fossero. Ho letto stamani un articolo di Gramellini dal titolo 'Purezza' e mi è piaciuto, come del resto mi piace tutto, non tanto di ciò che scrive, ma di come lo scrive. Un articolo, che comunque, dopo averne apprezzato sia il contenuto, che la dinamica, oltre che il lessico, avrei tranquillamente archiviato, come faccio con tutti gli altri, se non ci fosse stata quella breve frase. 'La vita è contaminazione'.
E chissà per quale alchimia mi è venuto in mente il pane. Una volta andavo a comprare il pane e questo me lo dava il fornaio, con le sue mani, che avevano stretto altre mani, che avevano toccato altre cose. Oggi il pane è rigorosamente incellofanato e ce lo prendiamo da soli nei supermercati, a meno che non troviamo ancora qualche forno che, incurante della sepsi, continua a fare questo  barbarico approccio di contaminazione. E ci accorgiamo immediatamente  della differenza, perché il pane messo negli scaffali in forma anonima e rigorosamente decontaminato, è asettico, lontano, anonimo, mentre il pane toccato dalle mani infarinate di un fornaio ha qualcosa in sé che parla di vita,  di grano, di acqua, di sole, di fatica. 
E' un esmpio banale,ma è pur sempre un esempio, per introdurre alla contaminazione del pensiero. E il pensiero è un fuoco, che per mantenere alta la sua fiamma, ha bisogno, proprio come il fuoco vero di contaminarsi, di arricchirsi, di non involvere in se stesso, ma di allargarsi, per fare brillare la sua luce. Tocco la mano di un altro e mi contamino fisicamente, è l'inizio della contaminazione fisica, che può rimanere in vaghi orizzonti, o fondersi in un unico scenario,proprio come fa il sole quando tramonta. Ascolto il pensiero di una persona, ne afferro l'idea e per ribattere a questa idea mi contamino intellettualmente e faccio la mia parte nell'innescare meccanismi diversi che possono diventare bonaccia o tempesta. Ma vivo. Non sono immobile, lontano dagli altri, in un 'isola dove non esiste approdo.
Conosco la fatica, l'errore, la rabbia, il disgusto, la voglia di rinascere, il desiderio della rivalsa, solo perché sono contaminato dalla vita che è in me, negli altri, intorno a me, in mezzo a noi, con noi, per noi. 
E, con stupore, mi accorgo di crescere, perché questa contaminazione, fatta di bene e di male, è l'energia che mi ha dato forza e mi ha fatto desiderare, non di essere puro, lontano dagli altri, ma di essere migliore insieme agli altri.
E la tanto decantata purezza, allora è soltanto un effimero sogno? 
Non credo, ma sono decisamente convinta che ci si arrivi e non tutti, solo dopo la contaminazione della vita, che fa fare esperienze a volte anche estreme, e ci si arrivi non a discapito degli altri, ma per conoscere meglio gli altri. Non a caso la vita di quelli che noi chiamiamo santi è cosparsa inizialmente di grande contaminazione, attraverso la quale sono arrivati a una resurrezione del pensiero. Il credente dirà a una resurrezione dello spirito.
Altri tipi di purezza, che contemplano l'eliminazione, di ciò che non piace alla nostra forma mentis, sono non solo deleteri, ma distruttivi. E non distruttivi solo per gli altri, ma prima di tutto per noi stessi. Che me ne faccio di una purezza che non ha sapore, proprio come l'acqua distillata? 
Non mi è mai venuta voglia di bere un bicchiere di acqua distillata, figuriamoci se mi viene voglia di bere un bicchiere di quella purezza. Entrambe mi parlano di chimica, una degli elementi, l'altra dei neuroni.

venerdì 8 dicembre 2017

Il Video


Il video è arrivato ierisera sulla mia posta e mi ha fatto fare una bella risata. Ed era proprio l'ora! E' arrivato come la ciliegina su una torta di bischerate al rhum, una di quelle torte, che più ne mangi e più ne mangeresti, perché senti che non solo le digerisci bene, ma ti fanno tornare il sorriso, l'ottimismo, perché vengono inequivocabilmente a dirti che la vita è bella e che bisogna usare l'intelligenza, non per deprimerci sui tanti fatti che oggi stiamo vivendo, tutte tragedie annunciate e qualcuna anche regalata, così, tanto per dare il meglio di questa società decadente, bacata, ripiegata su se stessa, ma per reagire con ironia,alla faccia di tutti i fatti nefasti e maggiormente alla faccia di chi gode di ciò e ci vuole col capo basso.  Una torta fatta di tanti strati allegri, ridanciani, e perché no, anche un pò volgari, ma di quella volgarità non offensiva, di quella che induce ad alzare la testa e vedere che anche se fuori piove, il sole è tornato dentro di te. Una torta al rhum della Giamaica, che fa tornare in mente altre torte e dolcetti vari, che è bene riassaporare di tanto in tanto , per rifare il punto della situazione e capire che siamo ancora vivi e sempre pronti a ridere. E così mi sono mangiata anche una fettina di un'altra bellissima torta, sontuosa, nobile, che ha per nome Ifigonia ed è decorata in cima all'ultimo strato con una lucida begonia, per non parlare di quell'altro dolce tutto nero fatto di cioccolato e burro dall'ineffabile nome di Sculacciabuchi, caro anche a Nerone, e a tanti altri nomi altisonanti. E come poter dimenticare i Cazzetti d'angelo con scappellamento a destra? O a sinistra naturalmente.....Basta ordinarli per tempo! 
E così, a forza di ricordare e gozzovigliare con queste prelibatezze, mi è venuto in mente che, visto il naufragio del mio pomposo circolo culturale, sarebbe bello poter fare almeno una serata CULturale, insieme a chi veramente ama   dissertare su argomenti iniziatici, unendo naturalmente un menù consono al tema in questione. Potrebbe essere l'inizio di un circolo CULturale  da fare invidia anche a M.me de Stael.  







lunedì 4 dicembre 2017

Supermoon

Ho visto delle foto bellissime dove è stata immortalata la 'superluna'. Sono foto scattate in tutto il mondo, piene di fascino e di magia. E così anch'io mi sono armata di cellulare e sono andata a immortalare questo momento così suggestivo, che uomini e donne di tutto il pianeta hanno potuto ammirare, fissare sull'obiettivo di un cellulare o di una sofisticata macchina fotografica e infilare nel cassetto dei ricordi. Mentre cercavo di catturare l'esposizione migliore che potessi trovare nei pressi di casa mia, mi è venuto in mente il vecchio testucchio che è proprio a due passi e l'ho scelto perché il suo tronco contorto parla di lunga vita e di chissà quante 'superlune' passate tra le sue fronde, in questo momento prive di foglie. E mi è piaciuto pensare che le sue braccia che si allargavano e si protendevano verso la luna, potevano benissimo essere un nido accogliente per la nostra pallida amica, che segue le sorti e le avventure dell'umanità in luminoso silenzio, fin dalla nascita dei tempi.
E così è stato facile ritrovare la parte di me che si commuove davanti all'universo e ai suoi misteri, e mi è tornata in mente una poesia che scrissi qualche anno fa, quando la ragazza romantica non voleva lasciare ancora il posto alla donna pragmatica che la vita mi ha fatto diventare. E' stato bello ritrovare per un attimo la sognatrice che ero allora e insieme a lei ho guardato la luna in silenzio, lasciando alla parte di me che tornava per un attimo a trovarmi il privilegio di rivolgere ancora una volta un canto alla Luna.




Alla Luna

Stamani al tramonto,
ti ho salutato, pallida amica
della mia notte bianca.
La tua presenza luminosa
stanotte ha raccolto
i segreti dell'anima mia
che sono volati a te
sulle ali del ricordo
e tu li hai racchiusi
nello scrigno del tuo silenzio.
Ho dato un arcobaleno al tuo cielo
ho regalato due gabbiani al tuo mare,
ho dipinto due cipressi,
giardino di una casa di nuvole,
dalla quale stanotte ho seguito
la via della stella polare.
Ti ho dato un palpito di vita
e tu mi hai regalato
due piccole gocce d'acqua
che hanno illuminato
di cristallo i miei occhi.
Torna stanotte amica mia
e con te rivivrò questa nuova dimensione
di sogno.

domenica 3 dicembre 2017

La cena delle beffe

La mail è arrivata proprio così e all' oggetto gli smemorati lettori a cui era indirizzata, potevano leggere: "Annuale cena delle beffe", e sorridere, ricordando improvvisamente, che la missiva non era nient'altro che l'invito a organizzare e successivamente a partecipare all'annuale cena che noi vecchi scout facciamo ogni anno, da tanto tempo ormai. Forse, chi quest'anno si è dato la briga di ricordare a sé e agli altri il consueto appuntamento, non immaginava di aver scelto un titolo per questa cena del 2017, che non avrebbe potuto essere più azzeccato, ma così è stato, e non per una precisa volontà degli interessati, ma perché si sono messe insieme svariate cosette, per cui alla fine è parso proprio che le beffe  calzassero a pennello. In effetti, avrebbe potuto anche chiamarsi la cena dello 'scappa e fuggi', nel senso che si fa una scappata alla cena,  giusto per non disattendere a una tradizione, che bene o male ciascuno di noi ha dentro il cuore, e poi si fugge verso altri impegni, più o meno importanti, ma tutti più o meno presi prima della fatidica data del nostro incontro,o piombati tra capo e collo in un tranquillo weekend, che improvvisamente diventa di paura, con la notizia che proprio la domenica mattina si deve partire alle cinque per un lavoro al quale non si può dire di no. Si poteva chiamare nel caso mio anche la cena dell' 'incastro', nel senso che prima di poter arrivare a mettermi a sedere davanti a un tavolo insieme agli altri, ho dovuto sistemare diverse cosette nel menage di casa mia, per cui sono arrivata a incastrarmi proprio nel momento in cui il nutrito gruppo di cui parlavo prima si alzava da tavola per andarsene ciascuno per la sua strada.Ed è così che per non perdermi niente dei dieci minuti che mi permetteva di stare insieme a tutti, mentre mi avvicinavo al posto che mi era stato lasciato, ho ritenuto non solo giusto, ma anche doveroso, carpire dai vari vassoi del tavole dei bambini, (rigorosamente vuoto, perché i rampolli giustamente si stavano scatenando in un orgia di strilli e di salti), fette di prosciutto, crostini appetitosi, fettine di pecorino, in modo che quando sono arrivata davanti al mio piatto e la cameriera è venuta a servirmi l'antipasto, ho potuto rispondere che ero già pronta per i pici, proprio come tutti gli altri. Questa cena però poteva avere anche un altro nome ancora e si poteva chiamare la cena della 'diserzione', perché la Comunità Capi in servizio ha pensato bene di dare forfait in toto, chi per un motivo, chi per un altro, chi solo con un diniego, ma insomma il risultato è stato questo...e si è visto tutti. Intendiamoci! Non è che questo non si capisca. Ragazzi di vent'anni preferiscono senz'altro passare la sera del sabato in discoteca, piuttosto che con dei quasi cinquantenni che per loro sono matusa, se va bene, e babbioni ultrasessantenni. E chi non farebbe altrettanto? O perlomeno,chi non ci penserebbe? Bello sarebbe stato pensarci, sì, e poi capire che per una volta all'anno si può sacrificare anche qualcosa di noi stessi, in nome di una tradizione che per mantenersi ha bisogno dell'apporto di tutti. Perché poi alla fine , la forza dell'uomo sta in quello che riesce a costruire insieme agli altri e che lo fa sentire più sicuro e meno solo. Questo ha un nome e si chiama 'crescere'.
 Magari dopo aver scritto tutto ciò, si potrebbe pensare che le beffe siano state proprio queste, che alla fine hanno fatto di una cena rituale, una cena sconclusionata. No no! Chi pensa negativo, pensa male. Le beffe sono quelle che abbiamo fatto noi, persone comuni, che magari nella vita di tutti i giorni non si incontrano mai, e che forse non sempre vanno d'accordo e pensano alla stessa maniera, ma che lì, in un luogo molto semplice, sono semplicemente scout, solo scout, ragazzi e ragazze che hanno condiviso fatica, gioia, fuoco, notti di stelle,  e gli anni che sono passati e hanno imbiancato i capelli e incurvato le spalle, non hanno tolto niente alla lucentezza dei ricordi, che conservano sempre lo stesso irrefrenabile smalto di gioventù. Io li guardavo tutti, mentre ascoltavo gli episodi che giungevano dal passato e mi dicevo che mai come in questa cena delle beffe si è visto finalmente lo scorrere della vita, non come una cosa passata, non come tempo che non torna più, ma come fermento di persone che devono correre, andare, lavorare, disertare e magari chiedere anche, proprio come fanno i figli con i genitori. E in tutto ciò, guardare lontano con la speranza di nuove consapevolezze, come del resto è sempre stato nell'arco di questi ormai tanti anni Questo e solo questo sono le beffe che sono state il leitmotiv di una cena sicuramente al di sopra delle righe del solito spartito, un leitmotiv che alla fine mi è piaciuto e mi ha fatto capire che ci si deve rinnovare continuamente, per non venire meno allo spirito che ci ha sempre accompagnato, e che mentre attendiamo, dobbiamo anche precorrere, non restare immobili, ma anzi,  distanziare chi, se vorrà raggiungerci, dovrà darsi da fare.