martedì 26 settembre 2017

Il montgomery

Avevo sei anni, quando la mia mamma mi cucì il 'montgomery'. Ricordo ancora la stoffa bellissima e caldissima. Mi dissero che era stoffa di cammello e mi dovetti contentare di quella spiegazione. Ricordo anche le prove interminabili di quel cappotto fatto a crescenza, perché doveva durarmi almeno due o tre anni....e io crescevo e cambiavo. Allora c'era la filosofia che nel tanto ci sta il poco, per cui anche se sparivo dentro quello che doveva diventare il mio nuovo cappotto, nessuno ci faceva caso....purché tornasse bene, cioè piombasse bello dritto. E invece quel cappotto non ne voleva sapere, ragion per cui una sera, dopo aver imbastito e riscucito non so quante volte, la mia mamma fu presa da quello che comunemente si chiama uno scatto di rabbia e si sfogò sulla bella stoffa del mio cappotto ancora da finire e lo fece con tanta forza, che con orrore si vide formarsi un grandissimo sette. La rabbia sparì d'incanto e tutti restammo a guardare l'incredibile risultato di una prova sbagliata. Passati i primi dieci minuti di attonito stupore, mia madre si fece coraggio e mi disse: "Non ti preoccupare, ci farò un rammendo e sopra ci metteremo una bella tasca". Io non dissi niente, del resto che cosa avrei potuto dire? I bambini allora non avevano voce in capitolo come oggi, o se l'avevano la facevano uscire solo attraverso segnali subliminali, che non sempre venivano compresi. A lavoro ultimato il cappotto risultò essere bello, anche se le tasche erano un tantino più basse di come avrebbero dovuto essere, ma di necessità era stata fatta virtù....e amen!
Risultati immagini per montgomeryMa quando lo rinnovai, non mi sentii per niente a mio agio, e cominciai subito a lanciare i miei messaggi silenziosi. Perché io sapevo che c'era un vistoso rammendo, che, anche se fatto con arte, non sarebbe mai scomparso, e che improvvisamente aveva trasformato un cappotto da rinnovare in uno vecchio e malandato, allo stesso modo in cui avvertivo inequivocabilmente che per me , mettere le mani in tasca non era un movimento logico e naturale, ma un movimento studiato verso il basso, che mi teneva in una posizione innaturale. Cominciai a trovare pretesti per non metterlo più. Preferivo andare in giro col mio vecchio.cappottino, ormai sfuggito, pur di non indossare quello che oltre a farmi sentire a disagio, mi ricordava ogni volta lo stridio della stoffa che si strappava.  Mia madre, che è sempre stata una donna intelligente, capi. Un giorno al mio ritorno da scuola, trovai il mio cappotto completamente scucito e ridotto nuovamente in pezzi di stoffa. Sopra c'era un modello di carta e mia madre, raggiante mi disse: "Ho fatto un modello nuovo, così lo strappo verrà tolto definitivamente e le tasche torneranno nel posto giusto. Sarà un pò più corto, ma avrà anche un colletto del tutto diverso. Sono sicura che ti piacerà molto" E così fu. Sparita la causa del mio disagio, indossai il nuovo cappotto, completamente diverso dal primo,e lo portai per tre anni, sentendomi per la prima volta  scaldata da quella stoffa meravigliosa, che aveva rischiato di rendere infelice una bambina, ma che improvvisamente la ripagava di tutto.


Perché ho scritto questo ricordo? Perché a me è servito per spiegare che molte volte, prima di disfarsi di qualcosa, è giusto cercare delle soluzioni diverse. Nel caso del mio cappotto, si partiva da una stoffa calda, buona, bella , perché deve essere tagliata, cucita e abbellita per diventare qualcosa di utile e duraturo. Perché buttare via una stoffa che poteva servire in maniera egregia per tanti anni ancora? Stessa cosa nella vita. Perché buttare le cose belle che ci ha dato, senza prima domandarsi se ci sono possibilità per continuare ad averle? Poi c'erano i rammendi e le toppe, che mi servono per dire che "Indietro non si torna". E' inutile rattoppare qualcosa che si è rotto. Questo anche nella vita. Chi si contenta di ciò, deve fare i conti con se stesso e sapere che ogni giorno, la sua mano o il suo pensiero passerà su quei rammendi e su quelle toppe e il ricordo di ciò che li ha provocati, sarà sempre un disagio destinato a non scomparire. Poi ci sono i pezzi della stoffa, che sono sempre quelli, così come è sempre quella la vita che abbiamo da vivere. E allora è bene fermarsi davanti a quei pezzi e studiare il nuovo modello che vogliamo avere. E infine c'è il cappotto nuovo, diverso dal primo, cucito su un modello che dia la giusta soddisfazione a chi dovrà indossarlo, senza farlo andare indietro nei ricordi. Perché se è vero che indietro non si torna, è altrettanto vero che "Si deve comunque andare sempre avanti" e questo bisogna cercare di farlo nella maniera migliore per noi e per gli altri.

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