Questa è una favola, una piccola favola di quelle di una volta, che sono vere anche oggi
Pioveva quel giorno, ricordava bene, perché anche lei pioveva. Grosse lacrime le scendevano dagli occhi e si mischiavano alle gocce di pioggia che le battevano sul viso. Ricordava bene anche il momento, perché era appena uscita dal supermercato dove era andata a comprare il pane e il magone che fino a quel momento era andato su e giù per la gola, improvvisamente era esploso, al di là della sua volontà e le lacrime avevano cominciato a scendere lente e silenziose. Era un periodo così, dove tutto le sembrava che dovesse avere nuovamente inizio. Davanti a lei c'era gente che correva attraverso la pioggia che veniva sempre più fitta, dietro a lei altre persone si preparavano a fare altrettanto. Ricordava ancora che una bambina piccolissima, tenuta per mano dal padre, la urtò, mentre veniva trascinata via, ma più che altro la colpì il suo grido disperato: “E' caduto il mio soldino, babbo fermati...rivoglio il mio soldino!” e le parole del padre “Non ti preoccupare del soldinio, è solo un centesimo, a casa te ne do quanti ne vuoi.....dai che ti bagni tutta!” E presa in collo la bambina piangente si era avviato rapidamente alla macchina. Anche lei corse e fu in quel momento che lo vide. Il piccolo centesimo si era adagiato in una pozzetta d'acqua, mentre grosse scarpe e scarpe più leggere gli giravano intorno. Lo superò, ma senza sapere il perché, quel centesimo abbandonato in una pozzanghera d'acqua le fece pena. Si può provare pena per un centesimo? Lei pensava di no, per cui si disse subito che la pena che provava era per se stessa, perché in quel momento le pareva di avere lo stesso valore di quel centesimo, che si può abbandonare o buttare via senza il minimo rimpianto.
Pioveva quel giorno, ricordava bene, perché anche lei pioveva. Grosse lacrime le scendevano dagli occhi e si mischiavano alle gocce di pioggia che le battevano sul viso. Ricordava bene anche il momento, perché era appena uscita dal supermercato dove era andata a comprare il pane e il magone che fino a quel momento era andato su e giù per la gola, improvvisamente era esploso, al di là della sua volontà e le lacrime avevano cominciato a scendere lente e silenziose. Era un periodo così, dove tutto le sembrava che dovesse avere nuovamente inizio. Davanti a lei c'era gente che correva attraverso la pioggia che veniva sempre più fitta, dietro a lei altre persone si preparavano a fare altrettanto. Ricordava ancora che una bambina piccolissima, tenuta per mano dal padre, la urtò, mentre veniva trascinata via, ma più che altro la colpì il suo grido disperato: “E' caduto il mio soldino, babbo fermati...rivoglio il mio soldino!” e le parole del padre “Non ti preoccupare del soldinio, è solo un centesimo, a casa te ne do quanti ne vuoi.....dai che ti bagni tutta!” E presa in collo la bambina piangente si era avviato rapidamente alla macchina. Anche lei corse e fu in quel momento che lo vide. Il piccolo centesimo si era adagiato in una pozzetta d'acqua, mentre grosse scarpe e scarpe più leggere gli giravano intorno. Lo superò, ma senza sapere il perché, quel centesimo abbandonato in una pozzanghera d'acqua le fece pena. Si può provare pena per un centesimo? Lei pensava di no, per cui si disse subito che la pena che provava era per se stessa, perché in quel momento le pareva di avere lo stesso valore di quel centesimo, che si può abbandonare o buttare via senza il minimo rimpianto.
Tornò
sui suoi passi, incurante della gente, della pioggia, del mondo
intero. Si chinò e raccolse la monetina, sentendosi stranamente
contenta. Le sembrò che anche il centesimo fosse contento e così lo
infilò in tasca e tornò a casa.Stranamente non lo mise nel
portamonete, ma in un calice di cristallo che aveva sulla libreria e
si dimenticò di lui.
Stava
vivendo giornate strane, molto diverse da quelle che avevo vissuto
fino ad allora e che avevano dato l'impronta alla sua vita.
Improvvisamente era stato tutto diverso, tutto da rifare, da
ricominciare e il peso del mondo che sentiva sulle sue spalle non le
dava tregua.
'Non arrendersi mai!'
Questo
era diventato il suo motto da un certo punto della sua vita in
poi...e in genere funzionava. Fu pochi giorni dopo, che tornata a
casa si accorse che il suo portamonete era pieno di monetine di rame.
“Sembra di avere chissà che e invece sono ingombranti e basta!”
si disse, per cui si accinse a toglierle dal borsellino e
guardandosi intorno le tornò davanti agli occhi il calice di
cristallo. Il centesimo era lì, dove lei lo aveva messo e suo
malgrado si ritrovò a dirgli “Guarda ti ho trovato compagnia” e
mise acanto a lui il piccolo mucchietto di spiccioli, stando bene
attenta a non mischiarlo con lui “Sennò non sono più capace di
riconoscerti!” gli disse, ma neanche lei capì bene perché lo avesse detto. Da quel giorno il calice si riempì di tante monetine di rame
e lei stette sempre attenta a non perdere di vista il suo piccolo
centesimo, per cui lo segnò con un puntolino rosso. Non aveva un
programma, ma qualcosa le diceva che quella monetina sarebbe servita
a qualcosa e dall'oggi al domani si ritrovò a dargli anche un nome e
lo chiamò Piccolo Cent.
E
poi venne il giorno che il calice di cristallo fu veramente pieno, e
pensare che lei aveva altre monetine da aggiungere! Fu così che
cominciò a contarle e a cambiarle con monete di ottone,gialle, più
grandi e necessariamente dovette trovare un' altra dimora per le
nuove arrivate, per cui prese un bel posacenere di cristallo con i
bordi ondulati e ci adagiò il suo piccolo tesoro. I giorni passavano
e venne quello in cui anche il posacenere fu pieno, per cui lei si
ritrovò a contare e a cambiare con monete di maggior valore. Queste
finirono dentro un a sacchetto, ma non un sacchetto normale, bensì
uno di quelli ricamati e rifiniti col punto a giorno, come usavano
una volta le nonne, che se lo legavano con un nastro in vita, sopra i
lunghi mutandoni che avevano sotto le ampie gonne e il sacchetto fu
portato ogni tanto al bar dove lei faceva colazione. Le monete da
dieci, da venti e da cinquanta venivano cambiate con fogli di carta
di diverso colore. Una parte del tesoretto andava a finire nella
sorridente bocca del salvadenaio di coccio dalla corpulente pancia, e
un altra parte, in banca, in quella banca che le pareva fosse a sua
dimensione, così schiva e senza pretese, fatta di piccoli sportelli
dai vetri satinati, di scatoline antiche che era un mobiletto della
bambola più amata, quando era piccina. La Banca delle bambole. E così
la chiamò, quella Banca fondata da lei, nella quale lei aveva il
ruolo della contabile e Piccolo Cent quello del cassiere. Mancava un
direttore. Si era mai vista una banca seria che non avesse il suo
direttore? E doveva essere un direttore di quelli che si vedono nei
film: imponente, serio, ma col sorriso accattivante. E chi meglio del
vecchio salvadenaio , dal glorioso passato? Così anche lui ebbe
finalmente un nome e si chiamò Giò Condo, perché i Direttori
devono avere anche un cognome, sennò che direttori sono?Intanto
Piccolo Cent continuava a sorvegliare l'ingresso delle monete
di rame, senza stancarsi, senza perdere la sua lucentezza, guardando
il domani insieme a lei. Passarono gli anni, molti anni e accaddero
tante cose, belle, meno belle, in tutti i modi, ma lei non andò mai
in deroga al suo modo di fare e di essere. Piccolo Cent non cambiò
per niente, nonostante fosse passato tanto tempo. Rimase sempre lo stesso scintillante soldino e Giò Condo
non perse neanche un centimetro della sua imponente corpulenza, né
il il suo sorriso sbiadì, come in genere accade col passare degli
anni. Lei era contenta, di quella contentezza lieve che hanno gli
adulti, quando riscoprono in sé i bambini che sono stati una volta.
I
centesimi, nonostante la grande crisi, contiuarono ad affluire nel
calice di cristallo, e le monete di ottone nel posacenere ondulato.
Qualche volta il salvadenaio fu svuotato, altre volte fu lasciato
chiuso aspettando tempi migliori. A lei sembrava di vivere una storia
simile a quella che aveva visto nel film “La fabbrica di
cioccolato”, surreale eppure bella, impossibile eppure attuabile.
Quando
qualcuno le parlava dei grandi numeri, lei cambiava subito discorso,
perché le davano alla testa, erano una realtà che non le
apparteneva più, ma i piccoli numeri continarono ad affascinarla e
così diventò un'esperta di quei minicapitali che potevano essere
realizzati con i piccoli numeri, perché i piccoli numeri possono
dare quelle piccole soddisfazioni che però fanno tanto bene, come un
bombolone e un cappuccino, o un libro desiderato da tanto tempo, o
quei piccoli regali per le persone care, che gratificano oltre ogni
dire. E quante cose furono fatte con l'aiuto di quei poveri
centesimini, disprezzati da tutti e sorvegliati così bene da Piccolo
Cent. In un giorno ormai molto lontano Piccolo Cent le aveva fatto
capire come si poteva ripartire da zero, senza mai perdersi d'animo e
credendo sempre nel domani migliore dell'oggi.
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