E vai, alla fine ho fatto la mia capsula del Tempo, ci ho messo dentro solo una cosa e da ora in poi, conoscendomi comincerò a fantasticarci sopra.
Sarà mai ritrovata?
E se sì, dove sarà ritrovata?
E quando?
Magari invece non la troverà mai nessuno, o forse sì, tra mille anni........
e mi torna in mente il racconto che ho scritto alcuni anni orsono, dove la mia fantasia è andata a briglia sciolta.
L'Epopea di Trepi
Trepi non era un tipo comune, o meglio non era un tipo come tutti gli altri, o meglio ancora, gli altri, quando parlavano di lui dicevano tutti che era un pò 'a modo suo'.
Cosa volessero dire con quel 'a modo suo' probabilmente neanche loro lo sapevano, ma istintivamente sentivano che il modo di pensare di Trepi, il modo di fare di Trepi, il modo di parlare di Trepi era proprio diverso da quello che invece caraterizzava un pò tutti loro.
Il risultato era stato che comunque sentivano che Trepi era qualcosa più di loro e per quello lo rispettavano, qualcosa di diverso da loro e per quello lo temevano, qualcosa di incomprensibile per loro e per quello lo sfottevano, ma il risultato di tutto ciò è che comunque alla fine ciascuno era orgoglioso di conoscerlo e di poter dire 'sono amico di Trepi', anche se proprio amicizia non era, ma forse più lo sfoggio di qualcosa che faceva dire 'ma guarda quello è amico di Trepi' e quindi un aumento del prestigio personale.
Forse fu per questo e per altro ancora che alla fine il suo nome diventò semplicemente Pi scritto però P e più tardi, ma molto più tardi, dopo le vicissitudini che vi racconterò, divenne 'Il P' assurgendo a quell'importanza e a quella gloria imperitura che un articolo può dare a un nome. Ci possono essere centomila P, ma solo uno diventa Il P, e non c'è niente da fare.
Ma torniamo a noi!
P, come lo chiameremo noi da qui in avanti, stava da una parte del mare, del grande mare, nessuno sa se dalla parte est o dalla parte ovest, ma comunque quello che si sa era che stava di là dal mare a seconda da quale parte si guarda. Della sua vita sappiamo solo notizie framentarie che giungono dai luoghi più impensati. C'è chi lo descrive, chiamandolo Pi,come un cavaliere, raffinato conoscitore dello scibile umano, dei megabyte e dei giga, dei quali purtroppo oggi si è persa la conoscenza e se ne parla solo grazie a pochi reperti che sono stati ritrovati da archeologi lungimiranti che hanno capito che quei segni, quei circuiti, erano qualcosa di più di semplici pezzetti di metallo. Altri parlano di lui chiamandolo Pu, come grande curatore di cervelli a dimostrazione del ritrovamento di crani aperti e ricuciti, nessuno sa con quale tecnica, ma sicuramente le cicatrici parlano di grande civiltà e di sopravvivenza all'operazione. Tutti i reperti ritrovati hanno in comune una 'P' incisa vicino al lobo frontale. Molti invece parlano di P come di una donna e l'appellano Pa, consolatrice di tutti gli animali ai quali dedicava la sua vita la sua tecnica e le sue conoscenze, fino a diventare per il grande bestiario della terra una specie di dea, che veniva adorata, specialmente dai gatti.
Il mito ha fatto il resto e P è giunto a noi Uno e Trino, Padre e Madre, Dio e Dea.........e tant'altro che ora non sto a dire.
I fatti che vado a narrare accaddero in tempi lontanissimi, dei quali solo da poco si è ritrovato il ricordo, grazie a una tavoletta di materiale sconosciuto, rinvenuta casualmente nell'orto di un contadino che zappava per piantare i cavoli.Questo ritrovamento ha aperto le porte di un passato che nessuno di noi immaginava e che .............
"Bertingause! Bertingause! La zuppa è pronta...ti decidi a venire a mangiare prima che i tuoi figli te la facciano fuori tutta?"
"Arrivo Malorna, arrivo e dì ai ragazzi che se si azzardano a mangiare un mestolo della mia zuppa, assaggeranno il bastone sulla schiena. Fammi finire di piantare questi tre cavoli..........oh! Ma questo cos'è? Che strano aggeggio..."
"Ma che dici Bertingause? Ti sei messo anche a parlare da solo? Vieni sì o no?"
"Arrivo! Arrivo! Un attimo......devo vedere che questo affare che sta sbucando da sottoterra......" e si rimise a zappare finché non tirò fuori una tavoletta che tanto 'etta' non era e aveva non solo la forma strana di una barca senza sponde ma anche le dimensioni di quella specie di zattera con la quale lui andava a pescare i salmoni solo che questa era affusolata in cima e più piatta in fondo ed era fatta di un materiale leggerissimo, tant'è che potè mettersela con un pò di fatica sotto il braccio e trascinarla a casa, ma la cosa più strana è che era tutta segnata da incomprensibili disegni e segni per lui indecifrabili
Passarono gli anni e la strana barca un giorno di circa seicento anni dopo capitò in mano a un giovane che la scoprì nella cantina di suo nonno.
Farolfo era un ragazzo curioso e aveva anche un certo grado di cultura, sapendo leggere e scrivere e far di conto. Si mise a guardare la lunga e affusolata tavola e decise che era una cosa piuttosto antica e seppe che avrebbe fatto bene a portarla a Megrofina, una tizia strana, che raccontava cose incredibili, di antiche civiltà, di regni splendidi, di paradisi perduti. Tutti pensavano che fosse un pò tocca, ma non lui che fin da quando era bambino si era appassionato a tutte le cose che lei diceva. Ricordava ancora quando aveva parlato di strane torri alte fino al cielo...
"E in queste torri abitavano migliaia di persone e erano torri fatte di vetro e di ferro che dondolavano al vento.....per arrivare in cima usavano dei congegni che volano in alto e lasciano le persone davanti alla loro abitazione e poi c'erano delle strane palle di luce che illuminavano la notte fino a farla splendere come se ci fosse il sole ....e gli uomini parlavano lingue diverse ed erano anche diversi tra loro,chi chiaro di pelle, chi scuro, chi giallo........"
Quando Megrofina parlava tutti l'ascoltavano affascinati loro malgrado, ma poi qualcuno scuoteva il capo e si toccava la fronte facendo chiaramente capire che non aveva tutti i lunedì a posto.
E a proposito di lunedì Megrofina parlava sempre di un grande globo sospeso nel cielo, che con la sua pallida luce illuminava le notti e si divertiva a cambiare forma e a volte si faceva vedere solo sotto forma di esile falce, altre volte scompariva per notti e notti, altre ancora sembrava quella palla con cui da un pò di tempo a questa parte giocavano i ragazzi del villaggio.
Ma quando Farolfo ascoltava questi racconti, vedeva davanti a sé le grandi città con le torri altissime e nel cielo il grande globo che doveva esserci stato una volta. E ci credeva. E fu per quello che andò da lei una sera sfidando il grande gelo che attanagliava perennemente la terra
"Mi caro ragazzo -gli disse Megrofina dopo aver guardato tutti quei segni- non so dirti cosa può esserci scritto sopra questa cosa strana, ma sono sicura che qualnque cosa sia, viene da molto lontano. L'unica indicazione che ti posso dare riguarda questi pochi segni, che ho già visto in altri frammenti giunti fino a noi dal passato. Vedi? Sono questi qui – e indicò con il dito rugoso e ricurvo pochi segni strani che a Farlofo non dicevano proprio niente – Guarda, confrontali con quest'altri....vedi? Sono gli stessi anche se qui sono più dritti e in questa specie di barca pendono a destra.....ecco! Guarda per bene!- e gli fece luce con una torcia più grande che aveva accesa al fuoco – li vedi?
"Sì Megrofina li vedo, li vedo! - rispose eccitato Farolfo – quindi vuol dire che questa è una scrittura, un messaggio, qualcosa che chi l'ha scritto vuole fare arrivare fino a noi...."
"Già – rispose tranquilla Megrofina – questi sono i segni che sono scritti così.....2012D.C........ma cosa vorranno dire?
Il tempo passò e passò ancora e le costellazioni si spostarono nell'arco del cielo
Quando Radon si alzò quella mattina non sapeva che avrebbe fatto la scoperta più importante di tutta la sua vita.
Era giovane e pieno di belle speranze e viveva in un periodo in cui, dopo il buio dei tempi oscuri la mente si riapriva a nuove scoperte e a nuove invenzioni. Qualche tempo indietro un certo Galino aveva fatto un'invenzione che aveva del prodigioso. Aveva trionfato sulle tenebre della notte con una cosa di sua invenzione che spandeva luce nel giro di tre o quattro metri e questa luce non si consumava come il fuoco. La mente degli uomini era in fermento da quando un altro giovane pensatore aveva teorizzato che Ameropa, il luogo in cui vivevano non fosse altro che una gigantesca palla sospesa nel vuoto.......Lui, intanto sognava sui reperti che aveva trovato e su quelli che gli erano pervenuti dalla sua famiglia, conservati gelosamente di generazione in generazione da quando la sua antenata Megrofina li aveva definiti la chiave di volta della storia dell'uomo. Primo tra tutti l'esile barca, leggera e maneggevole fatta di un materiale resistente e incorruttibile. Ma il cuore accelerò il battito quando pensò alla grande tavola di pietra che gli era stata portata da Radico, un ragazzotto che pascolava il suo gregge nella collina prospicente. Sin da quando l'aveva avuta davanti a sé aveva intuito di essere davanti a qualcosa di importante. La tavola era coperta di una scrittura fatta con segni strani,ma la cosa più strabiliante era che c'erano almeno tre scritture diverse tra loro e la cosa ancora più entusiasmante era che uno di quelle scritture lui la conosceva.
Avrebbe dovuto ringraziare Megrofina per il resto dei suoi giorni perché era proprio grazie a lei e alla sua mania di raccogliere le cose del passato che era potuto venire in contatto con quella scrittura e riuscire a comprenderla almeno in parte.Non vedeva l'ora di mettersi all'opera e confrontare con il nuovo reperto le cose misteriose che erano scritte su quella tavola affusolata e leggera che veniva dalla notte dei tempi. L'unica cosa che sapeva era che aveva un solo dato da cui partire.....2012D.C. Doveva cercare, confrontare, senza stancarsi, senza perdersi d'animo.......cosa che fece per circa trecento ombre lunghe, che era sempre il modo più usuale di misurare il tempo,anche se nuovi esperimenti parlavano di ipotesi ardite e meccaniche......... finché un giorno chiese un colloquio con il Grande Maestro del Venerabile Ordine degli Anziani e quando si tròvò al suo cospetto parlò con voce emozionata:
"Grande Maestro ciò che sto per dirti è talmente incredibile che io stesso fatico a dirlo , ma le scritture parlano chiaro, per cui ti prego di ascoltarmi"
"Parla Radon...conosco la tua prudenza e so che non faresti o diresti mai niente di avventato...Ti ascolto"
"Allora ascolta o Grande Maestro! Tu sai che da quando ho l'uso della ragione mi sono dedicato a studiare la tavola misteriosa che è in possesso della mia famiglia da tante di quelle generazioni che ho perso il conto......ecco, senza fare tanti ed inutili preamboli ti posso dire che finalmente ho decifrato i suoi segni e dunque so che cosa c'è scritto,.........ma ciò che c'è scritto è talmente strano, talmente inaudito, talmente stupendo che mi lascia attonito, mi rende euforico e timoroso allo stesso tempo....."
"Bene Radon! Capisco la tua eccitazione, ma non ti sembra che faresti bene a illuminare anche me?"
"Hai ragione, scusami Grande Maestro...dunque ecco ciò che c'è scritto sulla grande tavola:
"Questa è l'epopea di Trepi. Ascoltate voi tutti che ancora potete ascoltare e tramandate ciò che affido a questa tavola che una volta si chiamava surf. Al tempo in cui accaddero questi fatti nuvole nere si stavano addossando all'orizzonte, nuvole predette e non credute. L'anno vecchio se ne era appena andato e il 2012 D.C già annunziava ciò che sarebbe accaduto a breve. L'aria era sempre più carica di elettromagnetismo e il timore incombente di una catastrofe cominciava a prendere forme sempre più precise. Il mondo tutto sapeva che di lì a poco niente sarebbe stato più come prima e che la civiltà splendente che l'uomo viveva avrebbe avuto un duro colpo. Le distanze che ora erano facilmente superabili, a breve sarebbero state insormontabili, la conoscenza sarebbe caduta nell'oblio, il buio della notte non sarebbe più stato vinto dalla luce conquistata dal genio dell'uomo.Fu allora che Trepi decise o decisero di costruire il grande uccello di fuoco, un uccello meccanico sulle indicazioni di un certo Da Vinci, un grande uccello che nutrendosi proprio del nemico del mondo, l'elettromagnetismo, avrebbe coperto le grandi distanze per portare messaggi ai sopravvissuti e riceverne in cambio. Se fu Pi,o Pu, o Pa o se furono tutti e tre insieme ciò non è noto neanche a me che scrivo, io so che fu un tipo un pò a 'modo suo' a restituire la speranza agli uomini e quel tipo si chiamava Trepi, ma più tardi tutti lo chiamarono 'il P.'......Il grande uccello di fuoco volò nei cieli da una sponda all'altra dell'oceano per lungo tempo, fino a che ci fu qualcuno capace e in grado di ricaricarlo, tra lo stupore, l'ammirazione e il terrore degli uomini, che ormai privi delle conoscenze del passato pensarono che fosse un dio e lo mitizzarono fino a farlo diventare un'unica leggenda con ' il P'.
Ciò che ho udito è giunto fino a me di generazione in generazione ma ora sento il bisogno di scriverlo anche su questa tavola che affiderò al mare. Chi lo troverà avrà l'arduo compito di diffondere il messaggio che tramanda: Nessuno mai sconfiggerà l'uomo.
Vengo in pace dal grande lago ghiacciato e vado in pace verso Proto, la stella del mattino. Neber"
Il silenzio regnò totale per un lungo momento poi il Grande Maestro si alzò, si avvicinò a Radon e abbracciandolo gli disse:
"Tu oggi hai reso un grande servizio all'umanità intera. Di qui in avanti questo giorno sarà dedicato al ricordo del grande P e della sua epopea e il tuo nome non sarà dimenticato".
E fu così che Trepi, quello un pò 'a modo suo' , che un giorno decise che qualunque cosa avrebbe riservato il 2012, sarebbe sempre rimasto in contatto con i suoi fratelli in barba al mondo intero, troneggia in un colossale monumento alla cui base si snoda un corso d'acqua di ampie dimensioni.
Uomo, Donna? Nessuno anche oggi sa dirlo. Il suo volto che nessuno conosce è stato rappresentato sotto le nobili sembianze di un cane il cui sguardo ardito si posa lontano inseguendo un sogno che solo lui conosce mentre corre a perdifiato per la valle e fa incredibili salti sulle rotoballe.
Mah! Qualche volta è salutare e piacevole fare andare a zonzo il cervello. Basta ricordarsi di tenerlo legato con un filo proprio come un palloncino
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