Qualche volta capita che la notte non finisce con l'alba. A me è successo proprio stamani. Sì sì, lo so che c'era il sole, ma la mia notte continuava ancora e non parlo della notte fisica, dove brillano le stelle e c'è la luna, ma della notte dell'anima, quando ti sembra che niente di bello possa più accadere nella tua vita e dai per scontato che i giorni che verranno saranno tutti uguali e privi di qualsiasi cosa che te li faccia amare. Per cui per me era ancora notte stamani quando sono uscita a fare la mia passaggiata, e lo è stato per quasi un'ora....poi sono arrivata in una strada a sterro e improvvisamente la notte se ne è andata. Non me ne sono accorta subito, proprio perché in me c'era la notte e anche se guardavo, non vedevo, ma dopo un pò mi sono resa conto che qualcosa intorno era cambiato, e quando sono uscita dal mio torpore non ho potuto fare a meno di spalancare gli occhi e guardare attonita. Intorno a me, nella stretta strada era un tripudio di fiori. Erano in ogni dove....nelle siepi di biancospino, nei mandorli, nei susini, nelle grotte e nei campi circostanti. Il mondo si rinnovava e con lui tutto riprendeva vita. Improvvisamente mi sono ritrovata a guardare i passerotti che si posavano di ramo in ramo e poi il mio sguardo è andato più in alto dove gli uccelli volteggiavano festosi nell'azzurro, per arrivare al sole. Non le ho cercate io quelle parole....sono venute da sé, ma mi hanno riempito improvvisamente il cuore.
Meraviglioso
ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia
meraviglioso.........
Si sono messe a cantare dentro di me, e non hanno più smesso, mentre altre parole, che arrivavano trasportate dal vento leggero da altro luogo, e da un tempo molto più lontano,mi raggiungevano mentre continuavo a guardare lo scenario incredibile che avevo intorno a me e mi sussurravano insistentemente.....
Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano
nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi
forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora
se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata
nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?
E così, finalmente è stato giorno anche per me, la Pasqua che continua e mentre tornavo a casa con uno spirito del tutto diverso da quello che avevo quando sono uscita non ho potuto fare a meno di canticchiare stonata ma sincera.....
e ti sentivo ancora
sapore della vita
meraviglioso
meraviglioso.
mercoledì 30 marzo 2016
lunedì 28 marzo 2016
Biancospino
Per me Pasqua quest'anno è binacospino. Non il biancospino dei giardini, ma proprio quello selvatico, che nasce seguendo un disegno della natura, nei luoghi più disparati e anche di nessun conto, trasformandoli in altrettanti capolavori.
Il binacospino fiorito in questo tempo di Pasqua, mi ha parlato di resurrezione, durante ogni mia passeggiata e ha dato un volto all'anima. E' leggiadro il biancospino, quasi etereo, elegantissimo nel suo sottile biancore. Parla immediatamente di vita che si rinnova, mentre il cielo e il ventoche si insinuano delicatamente tra i suoi rami lo animano, ce lo fanno quasi venire incontro nel nostro cammino. Non si può fare a meno di rallegrarsi quando vediamo le siepi di biancospino e anche le rose, regine dei fiori e dei giardini, devono inchinarsi davanti alla sua bella e delicata armonia. Così è l'anima, almeno per me. E proprio come il biancospino, anche l'anima ha le sue spine, che non sono appariscenti, che sfuggono nel primo stupore dell'incontro, dove solo la bellezza e l'armonia sono i protagonisti, ma che ci sono e pungono, piccola difesa verso chi cerca di fare del male. Chi coglie il biancospino, sa che deve farlo con rispetto ed attenzione,per non sciuparlo e per non bucarsi proprio come deve fare chiunque voglia cogliere un'anima, specialmente quando è nel massimo fulgore della sua resurrezione.
E questa riflessione, come dicevo, quest'anno è la mia Pasqua.
Il binacospino fiorito in questo tempo di Pasqua, mi ha parlato di resurrezione, durante ogni mia passeggiata e ha dato un volto all'anima. E' leggiadro il biancospino, quasi etereo, elegantissimo nel suo sottile biancore. Parla immediatamente di vita che si rinnova, mentre il cielo e il ventoche si insinuano delicatamente tra i suoi rami lo animano, ce lo fanno quasi venire incontro nel nostro cammino. Non si può fare a meno di rallegrarsi quando vediamo le siepi di biancospino e anche le rose, regine dei fiori e dei giardini, devono inchinarsi davanti alla sua bella e delicata armonia. Così è l'anima, almeno per me. E proprio come il biancospino, anche l'anima ha le sue spine, che non sono appariscenti, che sfuggono nel primo stupore dell'incontro, dove solo la bellezza e l'armonia sono i protagonisti, ma che ci sono e pungono, piccola difesa verso chi cerca di fare del male. Chi coglie il biancospino, sa che deve farlo con rispetto ed attenzione,per non sciuparlo e per non bucarsi proprio come deve fare chiunque voglia cogliere un'anima, specialmente quando è nel massimo fulgore della sua resurrezione.
E questa riflessione, come dicevo, quest'anno è la mia Pasqua.
mercoledì 23 marzo 2016
Cammino e la vita cammina con me
Cammino
e la vita cammina con me
Calpesto prati verdi
e dune sabbiose nel mio andare
e passo ogni giorno per il sentiero
dove il bene e il male
formano un lungo viale
di alberi in fiore nell'eterna lotta
che non vede vincitori e vinti.
Cammino
e la vita cammina con me
Quanta strada ho percorso
nel mio continuo andare
alla ricerca di me stessa
senza mai trovarmi veramente.
Ma dove vado?
Che domanda idiota!
Quando neanche la vita stessa
sa dire dove va.
Io so solo che cammino
e la vita cammina con me.
e la vita cammina con me
Calpesto prati verdi
e dune sabbiose nel mio andare
e passo ogni giorno per il sentiero
dove il bene e il male
formano un lungo viale
di alberi in fiore nell'eterna lotta
che non vede vincitori e vinti.
Cammino
e la vita cammina con me
Quanta strada ho percorso
nel mio continuo andare
alla ricerca di me stessa
senza mai trovarmi veramente.
Ma dove vado?
Che domanda idiota!
Quando neanche la vita stessa
sa dire dove va.
Io so solo che cammino
e la vita cammina con me.
lunedì 21 marzo 2016
Il primo giorno di primavera
La porta era leggermente socchiusa, ma già così lasciava filtrare un'intensa luce e un inebriante profumo di fiori.
La guardava senza decidersi ad aprirla, anche se la curiosità era forte, anzi fortissima. Però intuiva dentro di sé, che se l'avesse aperta e ne avesse varcato la soglia, non sarebbe più potuta rientrare nella sua vecchia stanza, o meglio, ci sarebbe tornata, ma vrebbe avuto nuovi occhi. Gettò uno sguardo veloce su tutto ciò che la circondava e che fino ad allora aveva costituito il suo mondo. Le sue bambole la fissavano dalla solita poltroncina con i loro occhi vitrei, i pupazzi ridevano col loro sorriso immobile, sempre uguale, i libri le rimandavano i titoli dalle loro copertine. Quante favole, quanti personaggi, quante principese, quante fate...e quanto cuore! Guardò il suo letto nel quale aveva sempre fatto sogni bellissimi popolati di fantastiche avventure, di colori vividi e di una farfalla dai colori smaglianti ...poi il suo sguardo tornò alla porta e al suo richiamo. Era un richiamo potente, come mai l'aveva sentito, e d'un tratto senza neanche rendersene conto, senza nemmeno capire cosa stesse succedendo l'aprì e quando varcò la soglia, vide un mondo nuovo. Era il primo giorno di primareva, il primo giorno della primavera della sua vita.
La guardava senza decidersi ad aprirla, anche se la curiosità era forte, anzi fortissima. Però intuiva dentro di sé, che se l'avesse aperta e ne avesse varcato la soglia, non sarebbe più potuta rientrare nella sua vecchia stanza, o meglio, ci sarebbe tornata, ma vrebbe avuto nuovi occhi. Gettò uno sguardo veloce su tutto ciò che la circondava e che fino ad allora aveva costituito il suo mondo. Le sue bambole la fissavano dalla solita poltroncina con i loro occhi vitrei, i pupazzi ridevano col loro sorriso immobile, sempre uguale, i libri le rimandavano i titoli dalle loro copertine. Quante favole, quanti personaggi, quante principese, quante fate...e quanto cuore! Guardò il suo letto nel quale aveva sempre fatto sogni bellissimi popolati di fantastiche avventure, di colori vividi e di una farfalla dai colori smaglianti ...poi il suo sguardo tornò alla porta e al suo richiamo. Era un richiamo potente, come mai l'aveva sentito, e d'un tratto senza neanche rendersene conto, senza nemmeno capire cosa stesse succedendo l'aprì e quando varcò la soglia, vide un mondo nuovo. Era il primo giorno di primareva, il primo giorno della primavera della sua vita.
domenica 13 marzo 2016
Le parvenu
Chi si arroga il diritto di trattare da 'imbecilli' gli altri uomini, non è forse così intelligente come crede.
Ciascun uomo ha il suo vissuto e nessuno, neanche se fosse il musicista più sublime, il letterato più illustre della terra, neanche se conoscesse tutto lo scibile umano, neanche se nelle sue vene scorresse l'arte dell'immagine che attraverso le sue mani si fissa sulla tela, neanche se giocasse con i massimi sistemi dell'universo, può catalogare come 'imbecilli' persone che non sono come lui, e che forse nella loro essenza sono molto migliori di lui.
Già il fatto di giudicare, ridimensiona molto il suo vero essere e lo fa apparire come un parvenue, che ha ben poco da insegnare agli altri, e tanto meno da lasciare. Non a me, sicuramente.
Ciascun uomo ha il suo vissuto e nessuno, neanche se fosse il musicista più sublime, il letterato più illustre della terra, neanche se conoscesse tutto lo scibile umano, neanche se nelle sue vene scorresse l'arte dell'immagine che attraverso le sue mani si fissa sulla tela, neanche se giocasse con i massimi sistemi dell'universo, può catalogare come 'imbecilli' persone che non sono come lui, e che forse nella loro essenza sono molto migliori di lui.
Già il fatto di giudicare, ridimensiona molto il suo vero essere e lo fa apparire come un parvenue, che ha ben poco da insegnare agli altri, e tanto meno da lasciare. Non a me, sicuramente.
giovedì 10 marzo 2016
La Benedizione
Avevo scritto più di mezza pagina per parlare della benedizione della casa o meglio della famiglia, che ho avuto oggi. Avevo scritto, ma ho fatto presto anche a cancellare, perché ciò che avevo scritto non era per niente bello, e non è da me gettare fango su questa usanza che si rinnova ogni anno, aimè, in maniera molto diversa da una volta. Preferisco stendere un velo e non parlarne, volendo credere fermamente che non per tutti è così e che esistono ancora persone e sacerdoti, per i quali, questa purificazione ha sempre lo stesso valore di una volta. Un modo di incontrarsi, di parlare, di poter condividere gioie e preoccupazioni, di ricevere una parola di conforto, di sentire, che nessuno è solo, perché quell'acqua che viene a benedire è il legame che ci fa sentire fratelli, partecipi della vita del mondo, del suo evolversi, delle necessità altrui; che quella è l'acqua della speranza in un domani migliore, dove ci si incontra e ci si tende la mano.
E allora, per non amareggiare questa giornata che era cominciata proprio con lo spirito giusto, preferisco parlare di una benedizione ricevuta, tanti, tanti anni fa, quando ero una ragazzina di tredici anni e avevo un cane nero, un bel koker che si chiamava Ares. Peferisco ricordare la casa tutta pulita anche allora, tirata a nuovo nella sua semplicità e infiochettata e la tavola apparecchiata con torta di mele e vinsanto, mentre il caffè veniva su piano piano nella moka, spandendo il suo aroma, che nessuna essenza del più bravo profumiere può eugualiare.
Entrava il sacerdote seguito da cinque o sei chierichetti dagli sguardi lunghi e malandrini. Cercavano caramelle e cioccolatini, che dopo un pò mia madre distribuiva a piene mani. Entrava il sacerdote, dicevo, e con lui entrava l'aria nuova, anche se nel camino scoppiettava ancora il fuoco. Portava il primo vento di primavera, che si posava sulle giunchiglie, colte nei bordi dei prati e messe nel vaso più bello per ingentilire la tavola e dare più significato alla benedizione. Era un frate francesacano, dallo sguardo burbero e severo, ma quando cominciava a parlare veniva fuori tutta la sua umanità. Faceva il giro della casa e benediceva tutte le stanze, soffermandosi in ciascuna di esse per dire una breve preghiera e qualche parole diretta a chi l'abitava. Poi tornavamo in cucina, ci sedevamo intorno al fuoco e i chierichetti si sedevano sullo scalino che avevamo per arrivare alle finestre. La nostra era una casa molto antica e tutto era grande, anche le finestre, anche gli scalini. Quell'anno posò il cestello d'argento con l'acqua benedetta su uno di quegli scalini e mentre i ragazzini mangiavano beati tutte le buone cose che aveva preparato la mia mamma. lui si sedette a parlare con i miei genitori. Io ascoltavo e imparavo. Erano buoni amci lui e il mio babbo, e per mezz'ora parlarono tranquillamente dei vari problemi che tutti avevano anche allora, dopodiché si rialzò per continuare il suo giro. Andò a riprendere il secchiello....e lo trovò vuoto. Il mio cane, aveva bevuto tutta l'acqua! Quanto ridemmo quando disse che quell'anno Ares aveva ricevuto una benedizione speciale! E quanto ci sentimmo sereni, dopo che ebbe ripeso l'acqua in casa nostra e l'ebbe nuovamente benedetta alla nostra presenza. Anch'io ero felice. Sentivo che dentro di me mi preparavo alla Pasqua, in maniera semplice, forse più istintiva che consapevole, ma bella, così bella, così bella......
Oggi invece...
E allora, per non amareggiare questa giornata che era cominciata proprio con lo spirito giusto, preferisco parlare di una benedizione ricevuta, tanti, tanti anni fa, quando ero una ragazzina di tredici anni e avevo un cane nero, un bel koker che si chiamava Ares. Peferisco ricordare la casa tutta pulita anche allora, tirata a nuovo nella sua semplicità e infiochettata e la tavola apparecchiata con torta di mele e vinsanto, mentre il caffè veniva su piano piano nella moka, spandendo il suo aroma, che nessuna essenza del più bravo profumiere può eugualiare.
Entrava il sacerdote seguito da cinque o sei chierichetti dagli sguardi lunghi e malandrini. Cercavano caramelle e cioccolatini, che dopo un pò mia madre distribuiva a piene mani. Entrava il sacerdote, dicevo, e con lui entrava l'aria nuova, anche se nel camino scoppiettava ancora il fuoco. Portava il primo vento di primavera, che si posava sulle giunchiglie, colte nei bordi dei prati e messe nel vaso più bello per ingentilire la tavola e dare più significato alla benedizione. Era un frate francesacano, dallo sguardo burbero e severo, ma quando cominciava a parlare veniva fuori tutta la sua umanità. Faceva il giro della casa e benediceva tutte le stanze, soffermandosi in ciascuna di esse per dire una breve preghiera e qualche parole diretta a chi l'abitava. Poi tornavamo in cucina, ci sedevamo intorno al fuoco e i chierichetti si sedevano sullo scalino che avevamo per arrivare alle finestre. La nostra era una casa molto antica e tutto era grande, anche le finestre, anche gli scalini. Quell'anno posò il cestello d'argento con l'acqua benedetta su uno di quegli scalini e mentre i ragazzini mangiavano beati tutte le buone cose che aveva preparato la mia mamma. lui si sedette a parlare con i miei genitori. Io ascoltavo e imparavo. Erano buoni amci lui e il mio babbo, e per mezz'ora parlarono tranquillamente dei vari problemi che tutti avevano anche allora, dopodiché si rialzò per continuare il suo giro. Andò a riprendere il secchiello....e lo trovò vuoto. Il mio cane, aveva bevuto tutta l'acqua! Quanto ridemmo quando disse che quell'anno Ares aveva ricevuto una benedizione speciale! E quanto ci sentimmo sereni, dopo che ebbe ripeso l'acqua in casa nostra e l'ebbe nuovamente benedetta alla nostra presenza. Anch'io ero felice. Sentivo che dentro di me mi preparavo alla Pasqua, in maniera semplice, forse più istintiva che consapevole, ma bella, così bella, così bella......
Oggi invece...
mercoledì 9 marzo 2016
Una pagina di filosofia
Ogni giorno è una pagina di filosofia. Solo che noi difficilmente ce ne accorgiamo, e forse ciò non è un male, perché altrimenti a forza di filosofeggiare diventeremmo noiosi, pedanti e strambi come sono stati tutti i filosofi. Però anche non volendo, qualche volta ce ne dobbiamo proprio accorgere che la vita cerca di insegnarci proprio la difficile arte di vivere. E' perseverante la vita! Non demorde e continua imperterrita a voler penetrare le nostre ottusità umane, molte delle quali sono il frutto di insegnamenti frustranti, che forse hanno avuto inizialmente un valido motivo, perso un pò alla volta nei meandri dell'interesse personale e pubblico che sono stati sempre alla base delle costruzioni di qualsiasi sistema di potere, nessuno escluso e sostituito con ciò che più conveniva al momento. Ed ogni momento è sempre quello buono per tenere la gente nell'ignoranza, nella superstizione, nel dogma.
Poi però capita un giorno, un giorno qualsiasi, nel quale il sole sorge come in ogni giorno e magari fuori piove anche e tira vento, ma non è quello che conta. Quello che conta è invece che questo giorno, senza averlo programmato, è scandito da tre avvenimenti che si susseguono neanche a farlo apposta parlando di futuro, di presente, di passato. Tradotto in parole comprensibili, nient'altro che un impegno con un bambino, un funerale, un appuntamento con una realtà che non è più la mia.
La prima immagine che viene davanti agli occhi è una di quelle bilance con due piatti e un ago centrale. La vita tiene con la sua poderosa mano l'asta dell'ago e sul piatto destro c'è il futuro che però non ti apparterrà, sul sinistro il passato che non ti appartiene più. La bascula che oscilla per trovare cosa pesa di più,non ci crederete, ma è il funerale, cioè il presente.
Mi spiego: Di mattina, molto presto, mi sono prestata per fare un piacere agli amici per qualcosa che riguarda il loro futuro. Ho partecipato quindi alla possibilità di portare a termine una cosa importante, che però non mi riguarderà mai. La sera sono andata ugualmente per dare una mano per portare avanti un lavoro che ormai non mi compete più. Come si chiama? Trasmissione dei dati? Ho passato la mia esperienza ad altri e da quest'anno non ci sarò più. Il fulcro è proprio il pomeriggio e quindi il funerale. Mentre assistevo alla cerimonia, non potevo fare a meno di guardare quella cassa ferma, immobile e naturalmente pensare a chi c'era dentro. Anche quella persona, come tutti noi del resto, si è affannata per tutta la vita cercando di avere sempre di più, di accumulare, a discapito dell'essere, del dare, del vivere veramente e ora era lì, ormai più niente se non un nome da piangere per un breve tempo e poi sparire nel nulla. Di tutto ciò che aveva non ha potuto portare con sé neanche uno spillo, e forse nel momento supremo, non glien'è fregato proprio un bel niente. E allora, alla fine della giornata mi sono chiesta se non metteva conto di vivere il presente cercando più di essere che di avere e magari gettando solo uno sguardo al futuro degli altri, anche se gli altri sono persone molto care, e uno sguardo al passato anche se lì ci sono persone ugualmente care. Molte volte per guardare troppo al futuro e al passato, ci dimentichiamo del presente e più che altro ci dimentichiamo che non si deve vivere solo per gli altri né si può vivere solo per avere, ma conviene vivere per vivere e non è come può sembrare a prima vista lasciarsi vivere, no, no,,ma proprio vivere per vivere, cioè per respirare questo cielo che non vediamo più, per sentire il profumo di questa terra fatta per noi, per riempirci gli occhi di tutti i colori che ci sono stati regalati e le narici di tutti i profumi che non sentiamo più e per meravigliarci con la meraviglia che solo i bambini sanno avere, delle cose belle che l'uomo sa e può fare, per le sue scoperte, per il suo volersi avicinare sempre di più a ciò che non riesce a spiegarsi.... e per dare di ciò che sa agli altri, per stupire e stupirsi di ciò che gli altri gli danno, e per dare non intendo beni materiali, o almeno non solo quelli, ma dare di se stesso, dei pochi o molti talenti che ha avuto in dote quando è venuto al mondo, lasciare qualcosa di sé, la sua gioia, il suo dolore, la sua forza e la sua debolezza, che trascenda quella misera cassetta fatta di quattro assi di legno, dove a ben pensarci non c'è nessuno dentro.
martedì 8 marzo 2016
Ma quale Festa!
8 Marzo - -Festa della Donna
Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subìto, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!
William Shakespeare
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