Eppure il portone centrale è completamente spalancato sulla piazza prospiciente, che si allarga davanti a lui.
Più che sentirlo, intuisco che un lieve, lievissimo sorriso mi spiana la bocca, un sorriso che non arriva agli occhi, ma pur sempre un sorriso. Perché d'un tratto ricordo che è sempre stato così, perché ogni volta mi sono domandata come fa quel silenzio ad essere così dominante, anche se si sentono i rumori delle macchine che passano a non molti metri di distanza e le voci delle persone che parlano, si scambiano saluti.......
Anche ora mentre il mio sguardo corre lungo l'unica navata della Chiesa e raggiunge l'altare, sento che quel silenzio avvolge tutto ciò che è lì dentro e istintivamente mi metto in ascolto, per catturare qualche fessura di quella cortina che mi ha sempre estraniato dal mondo esterno, ma non riesco a trovarla.
Mi siedo automaticamente nell'ultima panca, come ho sempre fatto nell'arco dei tanti e tanti anni, che però in quel luogo sono sospesi e mi ritrovo ad essere sempre la stessa, con i miei mille dubbi, le mie centinaia di domande, con i miei pentimenti e i miei buoni propositi che non riesco a mantenere fino in fondo...... ma con quel bisogno di essere, non di stare, ma di essere, cinque minuti in quel luogo, dove dopo cinque anni lentamente ritrovo me stessa.
Non sono mai stata capace di pregare, o meglio, non sono mai stata capace di pregare nella maniera in cui forse si sono sempre tutti aspettati che io facessi. Non è che non voglio, ma proprio non mi riesce. Per me la preghiera assume la forma di divagazione attraverso la quale il pensiero si libera e dice cose che in altro modo non si sognerebbe mai di dire. Semplicemente guardo, osservo gli angioletti che si rincorrono sulle pareti, mi fermo sulla statua della santa che tiene nella sua mano il nostro paese, e un altro sorriso mi spiana la bocca. Sento che in quel sorriso c'è più dolcezza, perché improvvisamente ricordo che molti anni fa proprio guardando quella mano, invece di pregare con gli altri, costruii la trama di un racconto per ragazzi, dall'improbabile titolo "Le avventure di Bepi e Marilù".
Poi il mio sguardo vola ancora più in alto, a quel quadro appeso, molto bello quando si poteva guardare da vicino, ma che così, a seconda della prospettiva, sovrasta in maniera minacciosa proprio la testa della statua, a mò di ghigliottina, togliendo la giusta importanza a due belle opere d'arte . Poi giro gli occhi sulle bandiere delle contrade , che indubbiamente danno colore a quell'ambiente che di per sé è molto bianco. Ma qualche volta il bianco ha ragione di esistere, e questo lo dico per me, che da sempre, quando vado (mi accorgo di aver scritto vado, come se cinque anni di lontananza non fossero esistiti) in quel luogo ho bisogno di leggerezza per andare più lontano col pensiero. Io lo chiamo pensiero, ma sarà davvero solo quello, o un inesprimibile bisogno .....non so neanche io di che, o di chi? Magari lo sapessi! Io so solo che lì sto bene, seduta nell'ultima panca, a pensare ai miei affetti più cari, agli amici, quelli veri,ai fatti della vita, ai tremendi giorni che stiamo vivendo e che sembra non debbano avere fine, alle tante cose fatte tra quelle mura, ai sogni che si sono realizzati e a quelli che ancora aspettano.
Cerco con gli occhi il crocifisso ai piedi dell'altare e mi accorgo con un piccolo dispiacere che non c'è più. In effetti era così brutto, ma forse era per quello che lo avevo adottato! Me ne faccio una ragione e alzo le spalle. Anche lui è andato nel dimenticatoio allo stesso modo in cui ci sono andata io. I tempi cambiano, le persone anche, le idee vanno avanti, almeno le mie.
Dopo aver dato quell'occhiata circolare, una panoramica sul passato, mi concentro nuovamente sul silenzio e il mio pensiero se ne va a zonzo per altre vie. Mi viene in mente il periodo che ho vissuto, quando non riuscivo più a entrare in quella chiesa che per tanto tempo avevo considerato casa. Risento per un attimo quel senso di vuoto terribile nel quale sono stata sola, completamente sola e che mi ha accompagnato per tanto tempo e alla fine capisco che quello era un silenzio diverso da questo che oggi mi fa stare così bene. E in un attimo, come se non aspettassero altro, tante scene della mia vita passata lì, mi scorrono davanti come se fossero un film e rivedo volti che pensavo di aver dimenticato, sento voci stonate che si illudono di cantare bene al ritmo di una chitarra suonata nella notte di natale, nelle notti di tanti natale, e la luce delle candele che accendevo perché il bagliore di quelle piccole fiamme nelle quali tuffavo le mie speranze e i miei desideri e le mie strane preghiere, aiutassero chi ne aveva bisogno in quel momento . E che importa se quelle persone oggi sono diverse da allora? Non sono forse diversa anch'io?Molto diversa e molto più vera.
Il ritorno è lo stupore dei fiori che non aspettavi più |
E oggi sono nuovamente lì, in altra veste senza dubbio, ma sono lì, e finalmente il sorriso raggiunge gli occhi perché sento che quello che provo ora non è nient'altro che un ritorno. Senz'altro diverso, ma proprio questa è la cosa che mi stupisce di più e che mi fa finalmente sorridere, perché è un ritorno dove non trovo più niente di ciò che è stato e mi ha fatto male. Questo mi fa dire che la vita non finirà mai di sorprendermi, perché mi accorgo sempre di più che ci plasma continuamente, ci cambia e ci permette allo stesso tempo di essere le persone di sempre .... è un ritorno che ha bisogno di ritrovare fiducia e poche cose certe, una delle quali, ma non la meno importante, sono io......io cammino e la vita cammina con me. Ci porta da tante parti la vita, ci fa imboccare strade sconosciute, strade in salita, strade che a volte ci fanno passare nuovamente nei posti dove siamo già stati e che vengono visti con i nuovi occhi di chi torna.
Questo, in questa piccola parte della mia vita, è il ritorno, il mio ritorno.
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