
Io ho smesso di correre, per tanti motivi. Non è stato certo merito mio, è stata la vita che ha creato una serie di circostanze per cui dovessi smettere questa gara in cui si cerca sempre di essere più bravi degli altri. E quando ho smesso ho guardato il mio mondo, che è solo un piccolo mondo, un mondicino, un bruscolino rispetto a quello degli altri, ma era il mio mondo, che ormai non cercavo più di trascinare dietro di me e che ce la metteva tutta per restare nel posto in cui doveva essere. Terminata la mia corsa, anche il mio povero mondo si è fermato, e si è anche un pò afflosciato e guardandolo ho potuto vedere le sue rughe, la sua aria stanca, il bisogno di ritrovare riposo, contemplazione, stupore. E ho provato una grande tenerezza, il giorno in cui, dopo una forte pioggia, ho visto il sole che splendeva nuovamente su di lui e gli rilucidava tutti i colori. C'erano tante more, quel giorno, lì vicino a me, e allungando una mano per coglierle, ho pensato che correre non serve a niente, se si deve rinunciare al sapore doce asprigno di una mora che cresce in un rovo. Perché la vita vera è questa, e non l'arrivismo estremo che caratterizza il nostro mondo odierno, ma credo anche quello del passato. Non la speculazione, non il ladrocinio, non le vittime innocenti di un terremoto, di tanti terremoti, sulla coscienza, per non aver assolto ai doveri basilari di una sicurezza che prevede più ferro e più cemento, non fiumi sotterranei di soldi spariti, rubati , per le proprie ambizioni, per il proprio potere, per la propria immagine. Tutto quello che potrà rimanere a queste persone è una lapide lussuosa che parlerà di nessuno.
E allora, me lo può dire qualcuno, a chi serve questo mondo di corsa?
Nessun commento:
Posta un commento