giovedì 1 settembre 2016
Il mondo di corsa
Forse una volta il mondo era rotondo, ma sicuramente oggi non lo è più. Lo vedete quell'omino dall'espressione bischera, che con lo sguardo stralunato corre per andare ad afferrare non si sa che cosa? Ebbene, quell'essere è l'immagine stereotipata di ciascuno di noi. Noi tutti corriamo dalla mattina alla sera per andare ad afferrare l'illusione dell'immortalità. Ci affanniamo da quando ci alziamo fino a quando non torniamo a letto, per accumulare, accaparrare, alzare il nostro status, fare le scarpe agli altri, dimostrare la nostra intelligenza, far vedere quanto siamo bravi. E il giorno dopo si ricomincia. Qualcuno non smette neanche la notte.... E il tutto sempre più in fretta, sempre più di corsa, per battere gli altri che fanno le stesse identiche cose che facciamo tutti,....... per andare dove? Per avere che? E questo povero mondo, nel quale tutto era stato studiato a puntino per farci vivere il signore della creazione, almeno così ci è stato detto e detto e ridetto e ripetuto milioni di volte, che alla fine ci abbiamo dovuto credere per sfinimento, questo povero mondo, bistrattato, cincischiato, stiracchiato, calpestato, sfinito e rifinito, alla fine non ce l'ha fatta più a contenere la bramosia dell'uome che corre verso il vuoto, dove fa capolino un miraggio sotto forma di denaro, che canta la canzone suadente dell'immortalità. "Vieni, vieni, sii tu il primo ad arrivare, che ti avvolgerò di oro che ti renderà immortale!" E noi come tonti, tutti dietro a questo richiamo, come Ulisse alla voce delle sirena, ma senza la sua arguzia. Lui almeno si fece legare all'albero maestro della nave.
Io ho smesso di correre, per tanti motivi. Non è stato certo merito mio, è stata la vita che ha creato una serie di circostanze per cui dovessi smettere questa gara in cui si cerca sempre di essere più bravi degli altri. E quando ho smesso ho guardato il mio mondo, che è solo un piccolo mondo, un mondicino, un bruscolino rispetto a quello degli altri, ma era il mio mondo, che ormai non cercavo più di trascinare dietro di me e che ce la metteva tutta per restare nel posto in cui doveva essere. Terminata la mia corsa, anche il mio povero mondo si è fermato, e si è anche un pò afflosciato e guardandolo ho potuto vedere le sue rughe, la sua aria stanca, il bisogno di ritrovare riposo, contemplazione, stupore. E ho provato una grande tenerezza, il giorno in cui, dopo una forte pioggia, ho visto il sole che splendeva nuovamente su di lui e gli rilucidava tutti i colori. C'erano tante more, quel giorno, lì vicino a me, e allungando una mano per coglierle, ho pensato che correre non serve a niente, se si deve rinunciare al sapore doce asprigno di una mora che cresce in un rovo. Perché la vita vera è questa, e non l'arrivismo estremo che caratterizza il nostro mondo odierno, ma credo anche quello del passato. Non la speculazione, non il ladrocinio, non le vittime innocenti di un terremoto, di tanti terremoti, sulla coscienza, per non aver assolto ai doveri basilari di una sicurezza che prevede più ferro e più cemento, non fiumi sotterranei di soldi spariti, rubati , per le proprie ambizioni, per il proprio potere, per la propria immagine. Tutto quello che potrà rimanere a queste persone è una lapide lussuosa che parlerà di nessuno.
E allora, me lo può dire qualcuno, a chi serve questo mondo di corsa?
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