mercoledì 31 gennaio 2024

Meditazione

Non c'è che dire! La solitudine, se me la scelgo da me, è proprio bella, e qualche volta la voglio proprio  con l'impazienza del neofita convertito alla meditazione.

Sarà che non me ne intendo, ma io immagino la meditazione come l'ombra dell'albero proiettato su un muro, che ho fotografato due o tre giorni fa. L'albero vero è dalla parte opposta della strada ed è vivo, mentre quella proiezione è atarassica.



Il problema è che io posso meditare al massimo per venti minuti, no, facciamo dieci,  poi il mio pensiero vola verso altri luoghi , sedi di immagini belle e anche grottesche, che però non mi appartengono, oppure che sono mie in minima parte e che io coloro di tinte luminose o paurose, a seconda della storia che vivrò, fino a renderle completamente mie.

Per farla breve, durante queste fantomatiche meditazioni mi porto dietro tutte le mie aspirazioni e purtroppo anche tutti i miei problemi e ci costruisco dei film di un realismo impressionante che non fanno altro che acuire i miei momenti di gloria o di disfatta. 

Per cui da un bel po' di tempo a questa parte cerco di  meditare solo quando sono a letto, con le palme delle mani rivolte in su, sapendo benissimo che dopo cinque minuti me la dormirò saporitamente, rimandando al giorno successivo lo sgombro della mente dai pensieri fastidiosi...e anche dai sogni ottimistici, che mi sono resa conto, sono ancora più nefasti dei problemi.

Quando invece la solitudine parla di una giornata trascorsa tra padelle e tegami,a cucinare,o di una scopa in mano a spazzare casa, cosa otremodo meditativa, o peggio ancora di uno strofinaccio in una mano,a levare la polvere del mondo dai miei mobili, in questo caso meditazione estremamente minuziosa e fastidiosa,  ecco, allora quella solitudine non la sopporto proprio, pianto tutto e vado all'aria aperta a farmi una lunga e salutare passeggiata, e al diavolo tutto.

Certe volte la solitudine arriva con un corriere, o meglio, aspettando un corriere che deve consegnare materiale urgente che va messo subito al sicuro in frigorifero e allora quella solitudine è proprio esasperante perché mi costringe a rimanere in casa per ore e ore. In questo caso mi sembra che mi abbiano messo una catena al piede, e mi ritrovo sempre a pensare che vorrei essere al supermercato a scambiare due parole con qualcuno, chiunque sia, anche con quella persona che non riesco davvero a sopportare e che mi viene sempre incontro al banco dei surgelati a impicciarsi degli affari miei. Tutto è preferibile che aspettare un corriere che arriva quando gli pare, in una qualsiasi ora del giorno, possibilmente dopo ore e ore che sei dovuto rimanere in casa e mi rendo conto che quell'attesa ha distrutto i miei progetti, non fossero altro che una passeggiata, o un salto in paese per rendermi conto che esistono ancora poche vetrine illuminate in questo periodo, dopo che tutti i turisti se ne sono andati e le strade sono tornate percorribili, i parcheggi liberi e lo sporco ai bordi dell'acciottolato, sparito per magia. In questo caso la solitudine diventa insopportabile e la meditazione va a farsi friggere.

Arrivata a questo punto la solitudine proprio non mi piace per niente e cerco di ovviare con una telefonata a qualche amico/a. Ma al primo squillo mi rendo conto che ho fatto la cosa peggiore che potessi fare. Vorrei riagganciare, ma tanto ormai il danno è fatto perché sarei richiamata subito.Vorrei ridere, dire due baggianate, passare dieci minuti di leggerezza, ma so che invece alla fine verranno fuori tutti i problemi degli altri oltre che i miei. Io sono un ricettacolo naturale dei  problemi degli altri e così quando riattaco, mi rendo conto che anche in questo caso comunque non  è preferibile la solitudine, che però nel frattempo è andata a finire sotto i piedi e lì ci si è addormentata, altro che meditazione.

Che fare allora?

Scrivere, sì ecco, scrivere. Mi è sempre piaciuto scrivere lettere, perché pur essendo in perfetta solitudine, la persona alla quale sono destinati i miei pensieri olografi, si materializza davanti a me, e mi sembra che mi capisca, che approvi o scuota la testa in senso di diniego, a qualche parola che allora mi affretto ad enfatizzare oppure a cancellare. Ecco sì, scrivere è bellissimo, ed è parte di me in maniera oserei dire perfetta, anche quando le risposte non arrivano. Mi rendo conto che scrivere una lettera è svuotare la mente da tanti pensieri e da tante preoccupazioni, per ritrovare quella serenità alla quale tutti aspiriamo, è pura condivisione gratuita, è un trait d'union che attraversa mari e monti, entra dalle finestre e dai camini delle case  e allo stesso tempo è un modo fantastico di trasmettere una gioia intima, che non se ne va nell'arco di un attimo, ma rimane scritta a documentare un momento di vita irripetibile.

Sono sola e sono in compagia, e anche ora che scrivo questo post,  provo un senso di calore e di soddisfazione perché so che qualcuno leggerà queste parole, che forse fanno parte anche di lui o di lei, e per brevi attimi questa solitudine davanti al computer sarà stata piena di vita e di meditazione.


martedì 16 gennaio 2024

L'importanza di chiamarsi Arturo

 Mi è sempre piaciuto il nome Arturo, forse perché fin da piccola sapevo che esisteva una stella che aveva questo nome. Me ne aveva parlato  il mio babbo,  durante le passeggiate con i nostri cani, nelle notti stellate mentre andavamo verso il leccione.. Con lui ho incontrato Vega, Antares,Venere , Mira, .....e Arturo.

Mi affascinava quel nome maschile dato a una stella, e un pò lo temevo, perché Arturo, sapeva di forza, almeno io lo immaginavo così.Arturo, una brillante stella protagonista dei cieli primaverili | Passione  Astronomia


Poi nella mia vita, oltre a una stella sono entrati altri quattro  Arturo, molto,mooolto diversi tra di loro, ma tutti molto piacevoli da ricordare.


Arturo e la bicicletta

Ho conosciuto il mio primo Arturo durante le annnuali vacanze a Marradi. All'epoca avevo circa sei,sette anni e lui era già molto avanti con l'età. Insieme alla moglie era il proprietario del piccolo bar che era vicino  a casa nostra, nonché gestore abusivo, ma col consenso di tutto il vicinato, della fonte proprio di fronte al suo bar, sotto la quale aveva sistemato una cassetta di ferro che aveva contenuto le munizioni di una mitragliatrice e che lui aveva sostituito al termine della guerra con coca cola e aranciate, molto più rassicuranti. Mi fu subito simpatico, perché gli piaceva raccontarmi aneddoti della sua vita passata e io mi facevo ripetere spesso quello della bicicletta.

"Nel 1943 a Marradi, che era sulla Linea Gotica, di notte c'era il coprifuoco, e anche la scarsa illuminazione pubblica di allora, era stata tolta.

Una sera, me ne stavo tornando a casa in bicicletta, senza  lume, nel buio pesto, quando all'improvviso mi sono ritrovato catapultato in aria con la bicicletta. Ho fatto un grosso capitombolo e la bici mi è atterrata sopra. Non capivo cosa potesse essere stato a tagliarmi la strada all'altezza del petto e lì per lì mi sono molto impaurito, finché non ho sentito una voce che mi diceva arrabbiata: "Ma boia d'en mond later, bela maniera ed pedalé senza lume, mi avete impaurito la vacca". Ho riconosciuto la voce di Toniné e mentre mi toglievo da sopra la bicicletta gli ho domandato: "Ma che ci fate con la vacca in mezzo alla strada a quet'ora di notte?" "Bella domanda- Ero andato al mercato delle bestie e poi a me so fermé all'osteria con gli altri a ciacarè un pò e a ber en bicier e quando am'so rimesso in strada an me so acorto che la vacca era da una parte della strada, io dall'altra e la corda che la legava proprio tesa in mezzo alla strada.... ma visto che non vi siete fatto niente, qua datemi la mano che vi aiuto a rialzarvi"

E così da bravi amici siamo tornati a casa insieme, io, Toniné, la vacca e la bicicletta"

 

Arturo e la scuola 

Alle Superiori, ho avuto la fortuna di essere in classe mista. E lì ho incontrato il mio secondo Arturo.

Non era così scontato come si potrebbe pensare, perché prevalentemente le Magistrali erano una scuola femminile, ma io ebbi la fortuna di avere con me diversi ragazzi del Collegio Magnanet, chiamato allegramente dai suoi ospiti Magnaniente, oltre ad altri ragazzi dei dintorni. Ho sempre privilegiato l'amicizia maschile, essendo cresciuta in una caserma di carabinieri, dove gli altri bambini con cui potevo giocare erano solo maschi, per cui mi affrettai a fare amicizia con loro, e con loro ho passato uno dei periodi più belli della mia vita. Ma senz'altro l'amico al quale ho voluto più bene è stato Arturo, un simpatico  ragazzo di origine partenopea ,che sapeva essere allegro e scherzoso in tanti momenti, ma anche serio e riflessivo in altri. Senz'altro molto più di me, che allora vagavo decisamente tra le nuvole. Siamo stati molto amici e da lui allora ricevetti anche buoni consigli, che purtroppo mi affrettai a disattendere. Poi la scuola finì, e ciascuno di noi si incamminò per la sua strada, ma nella mia vita Arturo è sempre rimasto in un angolino privilegiato, tant'è che ci siamo rivisti,e via via ci sentiamo, ed è così bello riandare ai nostri beati tempi, in cui non sapevamo ancora che cosa ci avrebbe riservato il domani e ci accontentavamo di vivere l'oggi con tutta l'allegria e la spensieratezza che riuscivamo a trovare. Negli anni di reclusione del Covid, ci siamo confrontati e cofortati a vicenda, sull'andamento dell'epidemia, che tutto il mondo stava vivendo in maniera drammatica, noi compresi, anche se siamo riusciti anche a fare qualche risata telefonica.


Arturo a quattro zampe


Il terzo Arturo che è entrato nella mia vita, stava con i suoi proprietari in una via che io e i  miei figli percorrevamo tutti i giorni per andare prima all'asilo e poi a scuola. Era un cagnetto, simpatico, un pò grigio un pò nero, sempre inzaccherato, ma molto indipendente. Il boss di quella via.

Per me diventò importante quando la maestra di uno dei miei figli mi chiamò a scuola, e ridendo fino alle lacrime mi mostrò il tema che il mio rampollo aveva scritto

Titolo "Parla di un animale che ti è simpatico"

Svolgimento: "Io parlerò del cane Arturo. ....." E snocciolò un racconto  dove descrisse il simpatico cagnolino come un insuperabile tombeur de petite chienne.

Da allora il cagnolino Arturo è entrato a far parte dei miei ricordi più piacevoli.


Arturo e il Buco Nero

E così da Arturo in Arturo, sono arrivata a parlare dell'ultimo in ordine di tempo.

Di sicuro non posso dire di conoscerlo, perché l'ho visto solo una volta mentre parlava con una ragazza, in un raccontino che stavo scrivendo proprio in quel momento. 

Non stupirà quindi sapere che questo racconto avrebbe dovuto parlare dei famosi Buchi Neri, o per meglio dire dei Black Hole, termine con i quali sono conosciuti meglio.

Non mi sarei soffermata neanche su questo personaggio, se non avessi deciso che si sarebbe chiamato Arturo, ma così è stato, e dopo avergli dato questo nome, mi sono dovuta rendere conto che era un tipo veramente particolare, talmente particolare, che dopo aver ascoltato quello che stava dicendo , mi sono completamente dimenticata di continure il racconto, che è andato a finire alle ortiche, e mi sono concentrata su ciò che aveva detto l'Arturo in questione.

"Vedi cara Inga, i buchi neri, non sono solo quelli che oggi la scienza comincia a farci conoscere. Noi pensiamo che siano tanto lontani da noi, che non facciano parte della nostra realtà, ma ti assicuro che invece sono in ogni dove. Personalmente proprio due giorni fa sono entrato in uno di questi, e ci sono rimasto per un periodo di tempo che non so quantificare. Non guardarmi a bocca aperta. Non sono rimbecillito. Ascoltami dunque.

Camminavo tranquillamente per i fatti miei, guardando con occhio distratto tutto ciò che avevo intorno, quando all'improvviso sono entrato dentro.....qualcosa. All'inizio non sapevo rendermi conto che  cosa fosse successo, perché vedevo comunque la realtà, anche se mi appariva diversa sia nei colori, sia nei suoni e nelle immagini in generale. Tutti era più dilatato. Io stesso mi sentivo diverso, come sospeso in un attimo infinito del tempo. Alla fine ho realizzato di essere entrato in un buco nero, anche se ci son rimasto......già! Quanto posso esserci rimasto? Non lo so, però di una cosa sono certo. Un attimo prima le foglie degli alberi erano tutte verdi e subito dopo avevano i colori dell'autunno. Ho avuto paura e non ne  ho mai parlato con nessuno. Tu sei la prima persona a cui lo dico"


Come ho già detto non ho continuato il mio racconto, chissà, forse ho avuto paura anch'io della mia fantasia......perché alla fine, anche se chi parlava era Arturo, quella che scriveva ciò che diceva ero io! 


Meglio aspettare il prossimo Arturo.

 



 



venerdì 5 gennaio 2024

La Befana

 Il 5 Gennaio era stata una giornata strana. Una giornata uggiosa, di quelle grigiastre senza essere proprio grigie, freddine, senza essere proprio fredde, umide senza essere proprio piovose. Insomma una di quelle giornte che non dicono proprio niente, una di quelle che non vedi l'ora di andartene a letto , di dormire e sperare che il mattino successivo sia completamente diverso.

Il mattino successivo sarebbe stata l'Epifania, che tutte le feste porta via, e menomale, perché non ne poteva proprio più.

Ma pensare al domani le aveva fatto tornare in mente la Befana, la buona vecchietta che mette nelle calze appese ai camini, dolci e dolcetti e anche aglio, cenere e carbone.

 Buona vecchietta?

 Mica tanto, si era detta con un piccolo sorriso, perché lei, quando era piccola, aveva paura della Befana e più che altro dell'immancabile carbone, che significava che non era stata proprio buona, per cui la mattina del 6 gennaio , quando andava ad aprire la sua calza aveva sempre la febbre.

Poi gli anni erano passati e lei era diventata la Befana dei propri figli, quella che riempiva le calze, anzi i calzettoni , perché erano più lunghi e c'entravano tanti dolcetti in più. C'era anche qualche pezzetto di carbone e un capo d'aglio, ma le nuove generazioni, molto più sveglie, non se ne curavano, le riconsegnavano l'aglio per fare gli "spaghetti aglio olio e peperoncino", e si mangiavano i dolci con la coscienza pulita.Vigilia dell'Epifania 2024, arriva la Befana. Le IMMAGINI più belle per gli  auguri su Facebook e WhatsApp

Quante volte si era vestita da vecchia signora trasandata portandosi dietro una scopa di saggina che aveva visto tempi migliori. La Befana non le piaceva, non le era mai piaciuta, però cercava di dare gioia ai suoi figli, sapendo che quello era l'ultimo giorno di vacanza e poi di nuovo tutti a studiare. 

Poi venne il giorno in cui non lo fece più. I tempi erano decisamente cambiati e lei lo sapeva.

Però la sera del 5 gennaio, ripensò alla dolce vecchietta che vola sopra i camini, con una sorta di tenerezza, come si fa con le cose passate, che sono state sostituite da nuove tendenze. Un attimo, solo un attimo fugace, ma sufficiente per chiedersi cosa avrebbe messo quella sera nelle calze dei propri figli e non dovette pensarci neanche tanto. 

"Una boccetta d'aria che sa di libertà. Una piuma che parla di leggerezza. Un refolo di vento che è come una carezza.....e una fetta di pane spalmata di Nutella che è felicità"

Ecco,  le calze le aveva preparate anche questa volta, anche se la Befana continuava proprio a non piacerle.