domenica 25 dicembre 2022

Il Natale tranquillo

 Cosa c'è di più bello, dopo una cena movimentata della Vigilia, che passare il pomeriggio del giorno di Natale, comodamente seduta sul divano, tra le mie cose, e cominciare la lettura del nuovo libro che mi è appena stato regalato?

Specialmente se questo libro si intitola "Viaggiare nello SPAZIOTEMPO" ed è stato scritto da Kip Thorne, premio Nobel per la Fisica 2017.

L'ho iniziato stasera e ne ho già letto sessanta pagine, poi mi sono fermata per riflessione, perché ciò che scrive deve essere centellinato, assimilato, elaborato, anche se solo nel modo che può fare una profana come me.

Ma è bello stare seduta sul divano, che diventa improvvisamente la navicella spaziale di Interstellar, vedere più da vicino Gargantua e cominciare a conoscere il wormhole, che può essere visualizzato come un tunnel con due estremità in punti separati nello spaziotempo. Spettacolare, semplicemente spettacolare, per chi riesce a crearsi l'immagine davanti ai suoi occhi. Per chi non riesce, basta che guardi il film Interstellar. 

Mi vengono incontro la brana di tre dimensioni che entra nell'iperspazio che invece di dimensioni ne ha quattro .....eppoi che succede? Leggerò di  Scienza e Teologia che si incontrano, si fondono, si dividono nuovamente per andare in dierzioni diverse, ma non più nemiche, che cercano entrambe l'Oltre?......

E quale giorno può essere migliore di oggi per andare verso l'Oltre? 

Ho chiuso il libro e mi sono ritrovata a pensare. La scienza si dice tale solo attraverso ciò che è dimostrabile. La religione è tale attraverso il dogma. 

Da un pò di tempo però la parola congettura non fa più paura, perché nell'uno e nell'altro caso prima di arrivare a punti fermi c'è bisogno di congetture. E che cos'è la congettura se non libero pensiero?

E nel caso di persone profane come me, sia nell'una che nell'altra cosa, solo un senso istintivo che spinge in una direzione, senza rinnegare l'altra, con l'assoluta convinzione che le due colonne  stanno reggendo l'architrave della stessa cosa?

Tempo fa feci questo disegno, semplicemente seguendo un pensiero nebuloso, al quale per molto tempo non ho saputo dare una spiegazione. Oggi, e non per merito mio, comincio in minima parte a decifrarlo.Le prime conclusioni che ne traggo sono che l'uomo ha bisogno di pensiero e di fede.

Tutto sommato insomma oggi un Natale tranquillo, ma che mi ha appagato.

giovedì 22 dicembre 2022

Asor Rosa

 Alcuni anni fa ho avuto il piacere di conoscere il Prof. Asor Rosa, una conoscenza che si è protratta per diversi anni, visto che il prof. veniva a fare le cure nel centro termale dove io lavoravo. Una conoscenza, che si approfondì nella durata del tempo, fino a rendermi audace tanto da portargli un manoscritto da leggere per chiedere il suo giudizio.

Mi batteva forte il cuore, mentre glielo consegnavo e lui l'accettava di buon grado, o almeno così mi sembrò, e quando mi disse "le farò sapere", feci un grosso sospiro di sollievo.

Ma i mesi passarono, e di una risposta neanche l'ombra. Pensai che se ne fosse dimenticato, che l'avesse gettato da una parte e invece un giorno si presentò con una cartellina sotto il braccio e mi disse "parliamone".

Non solo l'aveva letto, ma l'aveva letto proprio bene, perché quando ne discutemmo insieme con dovizia di particolari, mi resi conto che non aveva per niente sorvolato sulla lettura.

Il suo giudizio andò oltre le mie aspettative. Sapevo di essere una modesta scrittrice, ma essermi sentita apprezzata mi fece un immenso piacere. "Non è facile esere normali", mi disse quando ci salutammo. Allora non capii che cosa volesse dire, oggi sì. Solo molto dopo ho scoperto che questa frase è diventata uno dei suoi aforismi.

Quel suo benevolo giudizio e il suo incoraggiamento a continuare a scrivere, fece si  che tanti anni dopo,il  Prof. diventasse uno dei personaggi di un mio racconto giallo, che purtroppo non ho ancora


terminato.



"Da un occhiata rapida al mio tabulato vedo che tra mezz’ora verrà il Prof . Non so perché, ma all’improvviso mi sento agitata. Voglio la stima di questa persona, che è di poche parole, ma di sguardi molto eloquenti, nel senso che non ha bisogno di parlare molto per farsi capire.

E’ una persona molto educata e riservata e sinceramente non riesco a dargli un’età, proprio per quegli incredibili occhi vivi, che forse lo fanno sembrare più giovane di quello che è, o meglio ancora, lo elevano al di sopra di ogni possibile datazione. Non è più giovane ma non è ancora del giurassico. Mi pare che somigli un po’ ad Albert Einstein, con quei capelli bianchi di media lunghezza, che gli incorniciano il viso in maniera bizzarra, mettendo in rilievo il naso importante ma bello, che i grossi baffi esaltano in maniera quasi raffinata. Ha ancora un fisico di tutto rispetto, che forse molti giovani gli invidierebbero, ma come ho già detto, non è quello che colpisce in lui, ma lo sguardo intelligente e ironico, che, me ne sono resa conto fin dalla prima volta che l’ho visto, trapassa da una parte all’altra....".

 

 

Anche oggi, che il Prof Asor Rosa, ha raggiunto altri lidi, la sua immagine resta indelebilmente impressa nella mia mente, nella maniera in cui l'ho descritta


domenica 18 dicembre 2022

Aspettando Natale

Anche quest'anno, come ogni anno, il 13 Dicembre ho preparato l'albero e il presepio. E mentre attaccavo ai rami del mio abete datato, altrettante palline vetuste, e sistemavo  nel presepio le statuine che, al contrario di me, sono rimaste tali e quali a tanti tanti anni fa, mi chiedevo che Natale sarebbe stato questo che deve arivare tra pochi giorni. Non c'era tanta allegria nell'aria intorno a me, neanche in quella proprio vicino a me, che in genere mi ha sempre catturato in una dimensione di beata aspettativa, quando anno dopo anno mi accingevo a fare queste cose

Io ci provo a tornare bambina toccando i piccoli oggetti che mi hanno accompagnato per una vita, facendomi provare piccole gioie ogni volta che uno nuovo si aggiungeva agli altri.....ci provo, ma con sempre maggior fatica. Ogni anno che li ritiro fuori dalle scatole dormienti.....mi ci provo, perché le sensazioni di allora erano belle, ma che dico belle, meravigliose e vorrei  ritrovarle dentro di me nel momento stesso in cui apro quelle scatole magiche....ma la magia funziona sempre di meno, il senso di aspettativa anche, proprio come  il mantra che mi sono costruita da sola,e che dice che la parte più bella della mia vita deve ancora arrivare.

Mi concedo un pensiero veloce al passato, ai tanti alberi di Natale allestiti in casa e fuori, fino a giungere ai presepi viventi e alle mostre di presepi fatti con i materiali più strani da mani abili o semplicemente volenterose, che tenevano insieme tanta gente...aspettando Natale. 

Torno subito coi piedi per terra! Questi sono tempi diversi. Peggiori? Migliori? Non lo so. E così una volta terminato di appendere l'ultima pallina luccicante, ho alzato le spalle e ho deciso di adeguarmi ai tempi.

Questa decisione è durata per due giorni, perché il 15, verso l'ora di pranzo suona il campanello e quando vado ad aprire , il postino mi mette in mano una busta bianca con l'indirizzo scritto a mano, due piccoli cuori a suggellarne la chiusura e più in basso un'immagine della Natività. Mi è piaciuta subito quella busta, perché così agghindata non poteva contenere altro che cose belle.

Mi aspettavo un biglietto di auguri, ma quando l'ho aperta per tirarne fuori il contenuto e ho visto uscire  il margine del foglio che c'era dentro,vergato da una calligrafia , che ho immediatamente riconosciuto, mi sono dovuta mettere seduta, e aspettare che passassero due minuti, il tempo che mi ci è voluto per riprendermi da una sorpresa inaspettata. Perche quella calligrafia inconfondibile, almeno per me, era quella di mio padre e mio padre è morto da quarantasei anni.

Passato quell'attimo, ho tirato fuori il foglio e ho cominciato a leggere, e l'emozione è stata tanta.

Il mio babbo, appena tornato, dal campo di concentramento in Germania,  al suo paese distrutto, dove l'unica casa rimasta miracolosamente illesa era la sua , il 12 luglio 1945, scriveva a suo fratello, per dare e ricevere notizie, di ciò che era rimasto della loro storia passata e per dire di voler 


dimenticare il prima possibile ciò che aveva vissuto, per trovare dentro di sé la forza di rifarsi una nuova vita. Non dirò altro di ciò che c'era scritto, perché sono cose personali.

Dirò invece quello che ho provato io, perché mentre leggevo, vedevo mio padre con occhi diversi. Davanti a me si proiettava l'immagine di un giovane, provato dalla vita, ma che aveva tutta l'intenzione di non arrendersi. Del resto nel momento in cui scriveva quella lettera non aveva ancora ventinove anni, la mia mamma ed io eravamo ancora nel mondo dei suoi sogni....e lui voleva nuovamente nascere.

Io credo che niente accade per caso, e in questo specifico caso, mio e solo mio, leggere le parole di mio padre, ritrovarlo così vicino, di quella vicinanza che solo una lettera manoscritta sa dare, mi ha regalato qualcosa alla quale non riesco a dare un nome, ma che è bellissima e che di punto in bianco mi ha fatto guardare il mio presepio e l'albero che avevo fatto con così scarso entusiasmo, con occhi diversi.

Ho ritrovato il mio Natale, quello che pensavo di non trovare più dentro di me.

Non finirò mai di ringraziare mia cugina, al cui padre era indirizzata la lettera, per avermi procurato questa grande gioia......e da quel momento, aspettando Natale, ho ritrovato la voglia dell'attesa, delle piccole cose, dei preparativi per festeggiare il momento di una nascita, che si ripete ogni anno, per chi crede nella vita.

martedì 6 dicembre 2022

E ora dipingi!

 La vita è come una tela che mi hanno regalato. Una tela grande e bianca. Mi è stata consegnata con queste parole: "E ora dipingi".

E io mi sono ritrovata a guardarla con occhi alquanto smarriti, perché non sono abituata a dipingere nel grande, e a farmi la domanda che ci facciamo spesso per ciò che riguarda la nostra vita: "E ora che cosa faccio?"

Per più di due mesi l'ho spostata da un posto all'altro, nella speranza che non mi capitasse troppo spesso davanti agli occhi, ma non è servito a niente Stessa cosa per la vita. Troppe volte ci nascondiamo per non prendere decisioni che ci fano paura, ma anche la tela della vita è sempre lì che ci aspetta e ci interroga in silenzio.

Poi a un certo punto, a forza di guardarci facendo finta di non vederci, un bel giorno ho preso la mia tela incellofanata e ci ho scritto sopra con una rabbia, rivolta a me: "E datte 'na mossa!". E giorno dopo giorno ho sempre aggiunto qualcosa che rivelava uno stato d'animo, fino a che è stata tutta piena. Un percorso di vita!

A quel punto ho appeso la tela, che ora sento finalmente MIA. Perché l'ho appesa? e proprio in salotto? Perché non scappo più e  aspetto che l'idea che mi è frullata per un attimo in testa e che ho subito accantonato, diventi colore, via via che il mio sguardo si poserà su di lei. Senza avere fretta, ma con approccio dinamico, che mi porterà a prendere le spatole in mano  per fare qualcosa di nuovo, proprio come nella vita.

E se il risultato non sarà quello che avevo sperato, la considererò comunque un'esperienza, un arricchimento, un'evoluzione del pensiero. Così va per la tela del pittore, così va per la tela della vita di ciascun uomo.