Questi giorni che stiamo vivendo, sono veramente molto strani. Se mi volto a guardare indietro, e arrivo a un mese fa, faccio fatica a ricordare la vita che vivevo allora, anche se da molti anni ormai il mio modo di trascorrere le giornate è sempre stato riservato, schivo, essenziale. Se provo a guardare avanti, non vedo un bel niente, perché non riesco neanche a immaginare che piega prenderà la nostra esistenza, una volta usciti da questo periodo di pandemia, che sembra non avere mai fine e provoca tanti lutti. Stiamo vivendo segregati in casa da ormai un mese, e sembra che il tempo si sia arrestato, che i problemi che ci angustiavano fino a pochi giorni fa, non esistano più, che non ci sia più bisogno di fare progetti. Neanche quello di uscire per andare a mangiare con gli amici di sempre una pizza. Esistiamo ma senza vivere in questi giorni che una volta di più mi viene da definire sospesi.
Qualche anno fa, andando dietro ai miei pensieri, scrissi qualcosa, che oggi, rileggendo, ritengo ancora attuale, per descrivere gli stati d'animo di questo periodo. Il brano sottostante esplica sentimenti già vissuti e sperimentati, circa quindici anni fa, e che oggi ririscriverei parola dopo parola.
“I
giorni sospesi” è un mio modo di dire, un modo per racchiudere un
periodo temporale in cui la vita sembra scorrere in maniera diversa
dal solito.
Altre
persone avranno trovato sicuramente definizioni diverse per parlare
di questi giorni, ma al di là del loro nome, penso che ciascuno di
noi abbia avuto in qualche periodo questo modo particolare di vivere
certi momenti della sua vita.
I
miei giorni sospesi, sono uno stato d’animo dissimile dal solito,
un momento interiore in cui la vita mi appare sotto un’ottica
diversa da quella di tutti i giorni.
I
giorni sospesi, sono attimi di vita che non necessitano di passato e
di futuro; sono l’hic et nunc, in cui si concentrano tutte le
energie, le aspettative, i desideri; sono attimi di grande
introspezione che ci affascinano e ci impauriscono allo stesso tempo,
perché ci mostrano un senso della vita diverso da quello che siamo
soliti attribuirle.
Sono
momenti di grande solitudine, di atarassia, alla quale purtroppo non
siamo abituati e quindi sono anche il nodo gordiano che ha bisogno di
essere sciolto in qualche modo, per potersi riappropriare di ciò che
è stato e ancora di più per potersi impadronire nuovamente della tensione a
ciò che sarà.
Non
c’è velleità, non c’è, invidia, non c’è odio, non c’è
senso di possesso, non c’è amore, o perlomeno non quell’amore
del quale viviamo abitualmente, nei giorni sospesi, c’è solo uno
stato d’animo fluido che ci fa fluttuare sopra la vita che scorre
sul tempo che non ha sosta, ma che in quel momento non può essere
calcolato.
Nei
miei giorni sospesi infatti il tempo perde la connotazione che gli
viene data abitualmente dal ritmo della nostra vita sociale e ne
assume una diversa di volta in volta, facendomi capire come sia
effimera e relativa la misurazione che noi diamo a questa dimensione,
quando cerchiamo di rinchiuderla dentro i rigidi schemi dei nostri
limiti. Si vive in pochi minuti ciò che a volte viviamo nell’arco
di mesi, di anni…
I
giorni sospesi sono momenti intensi di vita vera, di riappropriazione
del significato dell’essere, che mi accorgo sempre con stupore, è
totalmente diverso da quello che gli viene dato abitualmente.
Scorrono
i giorni sospesi, con un senso di meraviglia per tutto ciò che è
vita, con un contatto mentale e spirituale con tutto ciò che non è
umanamente spiegabile, molto più semplice , naturale e privo di
imbarazzo e quasi sempre mi ritrovo a pensare ai bellissimi versi di
Giovanni Paolo II, riferiti all’uomo :
“Ed
era solo col suo stupore, tra le creature senza meraviglia, per le
quali esistere e trascorrere era sufficiente….L’uomo con loro
scorreva sull’onda dello stupore! Meravigliandosi sempre emergeva
dal maroso che lo trasportava; come per dire a tutto il mondo :
“Fermati! – in me hai un porto, in me c’è quel luogo
d’incontro col Primordiale Verbo”- “Fermati, questo trapasso ha
un senso…ha un senso…ha un senso!”.
I
giorni sospesi forse sono un portale, invisibile ai nostri occhi
impegnati a cercare altre cose più contingenti o che noi crediamo
tali, un portale che qualche volta ci troviamo ad attraversare anche
inconsapevolmente, spinti dai nostri stati d’animo mutevoli e a
volte molto intensi, che ci proietta in una dimensione che ci
restituisce nei brevi attimi in cui ci restiamo, la primitiva
dignità umana.
Non
si esce mai uguali a come eravamo, dai giorni sospesi. Qualcosa in
noi cambia per sempre in senso positivo per ciò che riguarda la
crescita interiore, volta a cercare il senso vero della vita; in
senso negativo per quello che riguarda il vivere comune, inteso come
scala dei valori sul quale è stato costruito.
I
giorni sospesi sono simili all’avvicendarsi delle stagioni, che
hanno quel momento di immobilità in cui non ci si rende conto che un
albero spoglio, improvvisamente è ricco di gemme appena sbocciate e
vanno vissuti alla stessa maniera in cui prendiamo l’arrivo della
primavera che subentra all’inverno.
L'unica cosa veramente certa, quando si esce dai giorni sospesi, è che non siamo più uguali, non siamo più gli stessi. Migliori? Speriamo di sì. Peggiori? Mi auguro di no. Non so dirlo. Ho passato altri periodi all'interno di giorni sospesi, ma non ho mai vissuto un momento come questo, nel quale si parla della sopravvivenza della nostra civiltà, come noi la intendiamo, e della consapevolezza della nostra pochezza, che fino a un mese fa poteva essere detta senza crederci veramente e che oggi è diventata una triste realtà. Oggi la nostra sconfitta come supereroi, la nostra caduta degli Dei che fino ad oggi ci siamo ritenuti, si chiama Covid 19, domani si chiamerà come? Nel frattempo cerchiamo di utilizzare questo tempo di quarantena per ritrovare dentro di noi nuovi modelli di vita, che ci rendano più forti perché più vicini, più solidali, più altruisti e soprattutto più semplici.
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