lunedì 26 febbraio 2018

E alla fine...fu Burian

Si chiama Burian.....e non lo conoscevamo. O meglio, ci sembrava di non conoscerlo, perché poi, quando finalmente è arrivato e ci è venuto incontro con il suo solito impeto, non ho potuto fare a meno di dirgli: "Ah! Ma allora sei tu! E che hai fatto in tutti questi anni, nei quali non ti avevo più visto? Hai per caso cambiato nome, oppure è sempre stato il tuo e io non ti conoscevo come Burian, ma semplicemente come Gelo?"
E così sono andata col ricordo a tutte le volte in cui il Generale Inverno è venuto a trovarmi, e ho cominciato dalla lettura di due episodi di storia, il primo letto sulla Storia di Napoleone Bonaparte, il secondo in 'Centomila gavette di ghiaccio' storia molto più recente, che non ha fatto tesoro delle esperienze del passato. Da questi due episodi così importanti e così eclatanti, sono arrivata già tutta infreddolita a quelli della mia vita e specialmente all'inverno del '56, quando la neve spinta dal gelido vento che non so se fosse Burian, o avesse altro nome ugualmente intrigante, entrò dalla finestra chiusa della mia camera, in un antico palazzo del '500 e si adagiò come una coltre leggera sul mio letto, non riuscendo per altro a diaturbare il mio tranquillo sonno di bambina. Mia Martini ha reso immortale 'La nevicata del '56' con l'omonima canzone scritta da Califano, ma anche la mia nevicata, almeno per me, è rimasta memorabile. Gli inverni si succedevano e il Gelo veniva sempre a trovarci, mai annunziato allora. Ce lo ritrovavamo con noi all'improvviso, forse solo presagito dai dolori articolari dei vecchi. E anche allora, creava disagi, ma non come ora. Le scuole per esempio, rimanevano aperte, tanto si stava sempre al freddo e un pò di neve non ha mai fatto male a nessuno. Ma quando la campanella suonava, specialmente qui a Montepulciano, dove per tornare a casa dalla Fortezza, sede allora delle scuole medie, era tutta discesa, cominciava la settimana bianca. Non c'era nessuno che dentro la cartella, o nascostro tra i libri, non avesse un sacco della spazzatura, per mettersi sotto il sedere e improvvisare fantastiche discese sullo slittino. Poi venne l'inverno in cui andai a festeggiare il Natale a Marradi e ci ritrovammo immersi in un letto di neve altissima, tant'è che il conducente della littorina, invece di farci scendere alla stazione, ci fermò proprio davanti al podere dei miei nonni. Acche allora eri te mio caro Burian che ci eri venuto a trovare e avevi fatto per accoglierci quella miriade di candelotti che scendevano all'imbocco delle gallerie, qualcuno lungo più di un metro? Se non eri te, era senz'altro il tuo cugino, che sferzandomi nel viso, mi ridusse la bocca con quello che noi chiamiamo 'ruscio' a una maschera grottesca, che sarebbe stata bene in un film di Dario Argento. E  che dire dei -23 nell'anno, mi pare l'85, in cui si gelarono tutti gli ulivi? E noi continuavamo ad andare come matti con gli slittini giù per la discesa del Vecchio Cimitero, con beneplacito dei cipressi,pronti ad accoglierci premurosi sui loro tronchi? O dell'inverno in cui mi fratturai il braccio. C'era la Guerra del Golfo, lo ricordo bene, perché non riuscendo a dormire per il dolore, ne seguivo tutte le fasi alla televisione in notturna. Ero sola, avevo tre figli che dovevano continuare scuola, impegni vari, e c'era tanto freddo e tanta neve.....eppure! Neanche allora riuscìì a stare in casa e ho davanti a me un'immagine di una donna che arrancava con un braccio al collo, al quale aveva fissato la custodia con dentro il violino, mentre con l'altra mano si tirava dietro una bambinetta di sei anni, che affondava fino al ginocchio nella neve, il tutto perché doveva andare a lezione, in preparazione non ricordo più di quale concerto, ma molto di più, perché era l'avventura che chiamava. Un'avventura semplice, nostrana, fatta di piccole cose e di amicizia verso il candore della neve e il gelo dell'aria che respiravo. O di quando , guidando con una mano sola, mi avventuravo con la mia mitica 127 ad accompagnare i miei ragazzi a scuola e poi mi facevo i complimenti da sola per essere tornata sana e salva a casa. Questo fino al giorno in cui, proprio arrivata a dieci metri da casa, persi il controllo della macchina e andai a sbattere vistosamente contro il muro. Da allora giurai a me stessa che non avrei più guidato con la neve, non tanto per la mia incolumità, quanto per quella degli altri.
Vedi quanti ricordi mio caro Burian? Quante cose abbiamo condiviso?
Ma erano altri tempi. Oggi ci sei stato strombazzato da tutte le parti, sapevamo quando dovevamo aspettarti, il punto preciso in cui saresti arrivato, e tutti ci siamo preparati per accoglierti, cercando di mettere in salvo tutto ciò che potevamo. C'è chi ha fasciato la mimosa, chi ha avvolto con la lana la pompa del'autoclave, chi, che come me, ha fatto la spesa per una settimana (e menomale, perché abbiamo letto proprio ora che essendo la Conad chiusa, l'Eurospin non ha più niente negli scaffali), pensando di metterci al sicuro nel calore delle nostre case. Ma tu ci hai riso bellamente in faccia e hai continuato con noi il gioco di sempre, ed è per questo che ti ho riconosciuto. Hai mandato in un attimo in frantumi tutte le nostre barricate, e noi abbiamo dovuto adeguare i nostri ritmi convulsi di vita, al tuo volere, mio caro Generale Inverno.
Ed è così, che in queste ore passate in casa, in una ritrovata e antica dimensione, ho pensato di farmi il vin brulè, che lì per lì, mi sembrava mi fosse venuto una grande schifezza, e che invece mi sto bevendo a piccoli sorsi aromatizzati da buccia di arancia, chiodi di garofano, mela,cannella, ginepro....e zucchero naturalmente .......e saranno i ricordi, o il vin brulè, o entrambi, ma sento nascere in me una bella allegria. Cin cin Burian!

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