Questo ricordo risale a quando avevo circa otto anni.
I mobili della camera che avevamo a Marradi erano 'importanti'. O almeno a me sembrava così, ma si sa, che può capire una bambina di otto anni?
Erano mobili imponenti di legno scuro e semilucido (solo molti anni dopo ho saputo che era mogano), ma quello era niente. Sulla testata del letto, un'alzata che terminava in due appliques incastonate nel legno, c'erano anche delle belle rifiniture di bronzo, e al centro una lastra sempre bronzea, dove era stata portata a rilievo una Madonna con bambino. Non ricordo che Madonna fosse, ma aveva tratti fini e gentili. La cosa che però mi affascinava di più erano due sculture di angioletti, sempre di bronzo, che erano nella parte terminale del letto. Niente che dire! Era una camera sontuosa e imponente. Era solo la stanza che era un pò troppo piccola, per il grande armadio che terminava con sportelli arrotondati, per un comò, altrettanto fastoso e una toelette appena più piccola, per non parlare di due poltroncine deliziose con gli schienali arrotondati. Io la guardavo ogni volta che andavo là, accarezzavo gli angioletti e inventavo favole, nelle quali io ero sempre una gran dama. Poi, mio zio, il fratello del mio babbo, (allora la casa era ancora indivisa) ebbe la bella idea di permutarla con un armadio, un letto, un comò, che esistono tuttora e che non mi sono mai piaciuti, più la giunta di un pò di denaro, che non ho mai saputo quanto fosse.
E la camera volò via con i suoi angioletti e la sua dolce Madonna. Ma rimase per sempre impressa in quella che era la fantasia di una bambina.
Fu allora che in me prese forma l'idea, che i mobili dei miei nonni, dovevano rimanere con me, almeno quei pochi che erano rimasti, ma chi da ascolto a una bambina di otto, nove, dieci anni? E così le cose che erano state dei miei nonni, continuarono a sparire e ad essere sostituite con le brutte cose degli anni 'sessanta. Non che negli anni sessanta non siano state fatte cose belle, anzi! Ne sono state disegnate di stupende. Ma quelle erano design. Il resto era paccottaglia. Fu quando avevo poco meno di undici anni che dissi a mio padre e a mio zio, che non si azzardassero a vendere la vetrina della mia nonna. Ero legatissima a quel mobile. Per me lì dentro c'era tutta la storia della mia famiglia e questa consapevolezza si affacciava nebulosamente nella mia testolina che cominciava a entrare nell'adolescenza. Ma neanche il turbine ormonale riuscì a farmi dimenticare il rapporto che avevo instaurato con la vecchia signora Luisa, come cominciai a chiamarla, per ricordare una nonna che non avevo mai conosciuto. E da allora è rimasta sempre con me., non tanto come mobile, quanto come simbolo. Del resto quanto contassero le cose della mia famiglia fu chiaro, quando andai a richiedere una vetrinetta di nessun valore venale, ma di grande valore affettivo, che aveva costruito il mio nonno materno, e della quale, si erano impadroniti gli inquilini che stavano allora al Drudolo.
L'acqua del Lamone continuava a scorrere sotto il ponte, e io diventai una ragazza e poi una donna e infine una madre.
Un giorno, di diversi anni fa, sfogliando la rivista di arredamento AD, alla quale ero abbonata, mi ritrovai a guardare con occhi spalancati oltremisura un servizio fotografico fatto alle camere più belle. Lei era lì, con tutti i suoi angioletti, tutte le ghirlande e la bellissima Madonna, valorizzata da una stanza oltremodo spaziosa e curatissima, spettacolare, colma di tendaggi di velluto e di sete, degna di Francesca Bertini all'apice della sua celebrità e del suo amore con D'Annunzio. Io la guardavo e mi chiedevo come mai, nessuno dei miei, avesse dato valore e importanza a quei mobili. Rimpianto? No! Ma da allora mi dissi che i miei mobili, anche quelli che nessuno voleva più, specialmente nelle nuove generazioni, non sarebbero stati dati via così sconsideratamente, come è avvenuto nell'immediato dopoguera, anche se ciò può essere comprensibile, ed è per questo motivo che pochi giorni fa quando mio figlio mi ha parlato di un armadio con uno specchio bellissimo, che ha già una storia alle spalle, gli ho detto: Non te ne disfare, caso mai dallo a me. E ora, mentre aspetto che i mobili per il mio figliolo d'oltre mare e la sua famiglia, comincino la loro avventura sull'oceano, per giungere fino a loro, in modo che la storia della nostra famiglia possa continuare, preparo mentalmente il posto per quest'altro pezzetto di storia, che ha diritto di vivere.
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