Dicono che scrivere sia uno dei modi di rilassamento più proficui.
In effetti sono molto d'accordo con questa corrente di pensiero, perché nell'arco della mia vita ho dovuto constatare che scrivere mi rilassa molto e alla fine di ogni mio scritto, bello o brutto che sia, agisce positivamente sul mio umore.
Per cui oggi, che è uno dei giorni in cui mi sento cime tempestose, mi associo al tempo inclemente che sta provocando nuovamente tanti danni alla gente di Romagna, e parlerò del mio fiume.
Il mio fiume è il Lamone, che scorre proprio sotto casa nostra, quella casa che di generazione in generazione è arrivata fino a noi e che è stata testimone del bello e del brutto di quelle acque, da circa duecento anni.
Infatti la nostra casa, che non è la nostra dimora abituale, ma è sempre il luogo nel quale torniamo volentieri appena possiamo, che io sappia era abitata di sicuro dai miei bisnonni, ma forse lo era anche da prima. Considerando il fatto, non irrilevante, che io ho settantacinque anni, posso solo dire che di acqua sotto di lei, che è proprio sull'argine, ne è scorsa tanta.
Il Lamone è un bel fiume, il più delle volte amico, ma in altri momenti acerrimo nemico.
Ricordo di aver visto numerose piene fin da quando ero piccola, una delle quali, non ricordo bene in che anno, ma avrò avuto circa cinque o sei anni, talmente grossa, che arrivò a oltrepasare un ponte del paese e a tracimare leggermente sul muro di recinzione della nostra casa. Dalla finestra di casa vedevo passare tronchi di alberi, carretti di legno, copertoni di automobili, suppellettili di ogni tipo, trascinati e avvolti dalla corrente che ribolliva in ogni direzione. Questo è il Lamone nemico.
Una vista paurosa, e da allora ho sempre avuto timore dell'acqua. Anche quando è calma, nonostante il fascino indiscutibile che continua a esercitare su di me, specialmente quado la sento cantare in maniera argentina mentre si infrange leggera sui sassi del fiume.
Quel canto mi ha accompagnato sempre nelle calde nottate di agosto, confondendosi col gracidio delle rane, a trovare quel sonno tranquillo pieno solo di cose belle e buone. Il sonno dei bambini. E a cercare un piccolo mondo fatto di libellule, di girini, di pesci argentei, di raggi di sole che si rifrangono nell'acqua fresca dove il verde lussureggiante di centinaia di piante diverse, getta ombre misteriose. Questo è il Lamone amico.
E poi c'è il Lamone della memoria, quello delle bombe inesplose del secondo conflitto mondiale, ritrovate e da ritrovare, quello della gigantesca frana del monte che collassò sul suo corso, provocando morte e distruzione, quello dell'eccidio perpetrato in un piccolo borgo dai signori della guerra, quello delle guerre più antiche e di quella del conte Lando, quello dei mulini che si alimentavano con le sue acque, quella di Dino Campana che l'ha immortalato nei suoi versi, quella di tutta la gente che è nata e nasce sulle sue sponde, mentre la sua acqua va e va verso il mare.
Lo scorso agosto, mentre il solleone infuriava su di noi, ero prima sulle sponde del Lamone, poi su quelle del Senio con le mie nipotine e le guardavo fare il bagno senza nessun timore, nelle pozze di acque limpide. Loro erano felici e io gioivo con loro. Allora ho visto solo il bello di quei fiumi, il lato amico, e non avrei immaginato che di lì a breve sarebbero stati nuovamente forieri di nuove inondazioni, con la stessa forza distruttrice dei guerrieri neri di Tolkien.
Ecco, questo è il Lamone, almeno il Lamone che conosco io,il Lamone che si snoda tra i monti e che non ha ancora raggiunto la pianura.
Anche stavolta le sue acque si calmeranno e lentamente saranno nuovamente cristalline e torneranno a cantare l'eterna canzone della vita, ma non bisogna mai dimenticare il suo lato oscuro creato dalla natura e dall'incuria dell'uomo.
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