Fu quando frequentavo la scuola media nel lontano 1964, che cominciai a sentire parlare di Unione Europea. Improvvisamente opuscoli e libretti vari apparvero nelle nostre aule e ci furono consegnati senza tante spiegazioni da parte dei professori, se non quella di un progetto futuro, e con nessuna domanda da noi ragazzi. Ci contentammo di prendere i libretti.
Ricordo che lessi qualcosa, senza capirci molto e l'unica cosa che mi rimase impressa allora, fu che ci sarebbe stata una lingua comune a tutti gli Stati europei partecipanti. Questa lingua si chiamava Esperanto e a dimostrazione di che cosa si trattasse, era riportata una frase, che mi è rimasta sempre impressa: la bona kato trinkas rapide, che si traduce, il bravo gatto beve rapidamente.
Quando la lessi, mi venne subito da ridere e la considerai una frase molto stupida, poi però pensai che a studenti più grandi forse era stato proposto una frase più incisiva, e non ci pensai più.
Non ci pensai più per tanto tempo, anche perché passarono mesi e mesi senza che si sapesse più niente dell'Unione Europea, o forse non lo sapevo io, che nel frattempo crescevo e vivevo la vita che mi si apriva davanti con tutti i problemi esistenziali legati solamente alla mia persona e alla mia verde età. Insomma il mondo girava intorno a me.
Io ero Italiana, e questo era un dato di fatto, ma anche da quel punto di vista, per un lungo periodo, tutto si limitava a questo. Per quanto mi riguardava mi contentavo di esistere, sospesa sui problemi e i cambiamenti del mondo che si avvicendavano sotto di me.
Passò il '68, passò il Vietnam, passarono tante cose. Passò anche la caduta del Muro di Berlino. Con quello passò anche la mia lunga gioventù, nel senso che ormai decisamente adulta e madre di tre figli, cominciai a guardare al futuro non per me ma per loro, per le loro prospettive e le loro aspettative. Insomma cominciai a tornare con i piedi per terra e a sperare in un mondo migliore di quello su cui stavo camminando. La vita con me in quegli anni e in quelli che avevano seguito, aveva fatto la sua parte e mi aveva insegnato tante cose, anche troppe in verità. In quel periodo l'Unione Europea apparve sempre più spesso nei dicorsi politici e non e anche nei miei..
A me sembrava ancora un bel sogno che speravo si traducesse in realtà. Se non potevo essere cittadina del mondo, sarei stata contenta di diventare cittadina europea e non solo italiana. L'Europa, mi rendevo conto, aveva un potenziale altissimo, fatto di cultura,di arte, di storia di tradizioni, di tecnologia, un potenziale che avrebbe potuto diventare una molla propulsiva che ci avrebbe messo sullo stesso piano delle grandi potenze mondiali.
E finalmente l'Unione Europea fece il suo primo vagito e io mi resi conto che erano passati tanti anni da quando avevo sentito parlare di lei sui banchi di scuola e capii che proprio come un bambino avrebbe avuto bisogno di essere guidata, sorretta, fatta crescere, e infine lasciata camminare da sola, proprio come fa un bambino che si avvia su gambe dapprima incerte e poi sempre più sicure sulla strada che lo condurrà a diventare persona adulta. Passo dopo passo.
Oggi il bambino è diventato grande e si appresta a camminare per la strada che nacque nell'isola di Ventotene dal grande sogno di un uomo che si chiamava Altiero Spinelli. Ma può un sogno restare confinato sulle sponde di una picola isola? Il sogno volò sulle ali del vento e dilagò nell'Europa, che cercava una nuova dimensione e un nuovo futuro.
Oggi per la prima volta, anch'io ho sentito quel vento che non ha mai smesso di incitare a cercare ciò che unisce invece che ciò che divide.
Forse oggi, in questi giorni strani che stiamo vivendo, nonostante le difficoltà, le incomprensioni, i diversi modi di pensare, le idee diverse dei vari popoli europei, è stato capito che è più bello camminare insieme, perché i passi dei tanti possano sincronizzarsi fino a diventare un unico passo di un Continente che vuole camminare nella Pace.
L'Esperanto non verrà adottato sicuramente, ma "la bona kato trinkas rapide", resterà dentro di me come il ricordo di un progetto cominciato tanti, tanti anni fa, e oggi forse arrivato a compimento.