Tutto è stato preparato a puntino. L'albero brilla di lucine, il presepio si snoda dentro la libreria, protetto dalla curiosità dei gatti, le candele spandono la loro calda luce dalle lanterne, disseminate per tutta la casa. C'è tutto, proprio tutto. Ancora manca solo quel qualcosa di indefinibile, che ogni anno entra dentro di me e mi fa andare in un'atmosfera diversa, avvolgente, fatta di dolcezza e di malinconia, di ricordi e di attesa, di semplicità ritrovata e di introspezione.
Guardo tutti i miei allestimenti, e mi dico che alla fine non sono diversi da quelli delle vetrine dei negozi, fatti per catturare l'attenzione dei passanti sulle cose da vendere. Ma che devo vendere io?
Sicuramente non il mio amore. Quello lo regalo da sempre e intensamente ai miei cari, nella maniera in cui so farlo, senza troppe parole, senza grandi effusioni, non perché non voglia farlo, ma perché da sempre sono fatta così.
Sicuramente non il mio affetto. Anche quello lo dono a piene mani ai miei più cari amici, con le stesse modalità, e non solo agli amici che mi sono vicini nei momenti bui della vita, ma anche a quelli più distanti e più distratti, che comunque fanno parte del mio vissuto.
Sicuramente non tante altre cose che fanno parte della mia quotidianità, del mio andare verso gli altri con piccole cose, con piccoli gesti, con piccoli pensieri. Con i miei tanti limiti.
Non ho niente da vendere, è vero, solo da regalare, perché mi accorgo solo ora che ho avuto tanto dalla vita, e non perché questa mi abbia dato solo gioie, anzi! Ma ho avuto il piacere di conoscere la vera amicizia, che ritrovo via via che il tempo passa in tante persone una volta ragazzi e ora uomini e donne, e la cosa più insostituibile che è l'affetto dei miei figli.
Guardo nuovamente le luci del mio albero, le candele che brillano e scuoto il capo sorridendo. Come ho potuto pensare di paragonarle alle luci delle vetrine? Loro sono lì, che mi parlano della mia vita, dalla prima statuina del presepio fino all'ultima candelina ritrovata nel dimenticatoio e nuovamente accesa per dare la sua luce.
E' una scitilla che aspetto e se ancora non è arrivata, avrò la pazienza di aspettare, perché so che verrà anche quest'anno quel piccolo guizzo che non è gioia, non è felicità, ma qualcosa di molto diverso e molto di più.
Avrà un percorso lungo da fare, dovrà attraversare i fitti veli di un periodo non facile, ma arriverà e me ne renderò conto quando a Natale e solo a Natale accenderò la mia storica candela che quest'anno compie cinquant'anni. Lei è invecchiata come me, ha le sue rughe che le si sono spalmate addosso, rendendola meno bella ma piena delle esperienze che ha vissuto con me anno dopo anno in un muto linguaggio di chi mi conosce e sa chi sono io senza bisogno di parole.
Io aspetto.